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Autore: Plando    23/08/2019    2 recensioni
Nick è in un momento difficile, riuscirà a venirne fuori con l'aiuto di una nuova conoscenza?
Genere: Dark, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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“Ouuuuh”.

La iena si stava pian piano riprendendo dopo il tremendo colpo ricevuto sui gioielli di famiglia da parte della lepre, che a quanto pare non si era in alcun modo trattenuta mentre lo colpiva.

“Dio...mi vuoi ammazzare?”.

“Ti dirò, non sarebbe male come idea”.

Finita la frase la lepre si avvicinò al predatore, afferrandolo per il bavero della maglia, cominciando a tirare finchè non lo sollevò col muso alla sua altezza.

“Anche perché per un attimo mi era quasi venuto il dubbio che tu volessi fare lo stesso con me”.

“Che ne sai? Magari ne ho ancora voglia...”.

“Cosaaaah”.

In un attimo la iena si era alzata in piedi, lo sguardo sofferente tenuto fino ad un attimo prima mutò improvvisamente in uno divertito, che non mostrava alcun segno di dolore o incertezza, quasi non fosse mai nemmeno stato colpito dalla lepre, che venne prontamente afferrata per una gamba per poi trovarsi capovolta a testa in giù, nuovamente in svantaggio rispetto al suo aggressore.

“Ah ah ah ah ah, non cambi mai, piccola Jess, pensi ancora di poter qualcosa contro di me? Quando lo capirai che è tutto inutile? Io sono inelut...”

Si fermò poco prima di finire la frase, abbassando lo sguardo alla preda che in quel momento teneva sotto-sopra e che a sua volta lo osservava perplessa da quel drastico cambio di umore, per lei quel mammifero era sempre stato un dilemma, da quando lo aveva visto la prima volta al momento in cui lo vide partire, per non fare apparentemente più ritorno, ed ora era lì, a prendersi gioco di lei come in fondo aveva sempre fatto.

“Naaa, questa è di quello stronzo viola col mento a scroto!”.

“Cosa?”.

Abbassò il braccio, posandola poi a terra e mollandole la caviglia, dandole modo di rimettersi in piedi, nonostante Jessica avesse ormai capito che non aveva cattive intenzioni non abbassò minimamente la guardia, prestando attenzione ad ogni singolo movimento che il predatore faceva.

“Che sei venuto a fare qui, Mason?”.

La iena fece sparire il sorriso dal muso, osservando per un po' in silenzio la lepre.

“È veramente questo che mi vuoi chiedere dopo tutto questo tempo?”.

“In effetti no...”

Si avvicinò al predatore e gli sferrò un pugno sul muso, facendo piegare di poco la testa del predatore di lato, senza che comparisse alcuna espressione di dolore sulla sua faccia, nemmeno stavolta.

“Sei un bastardo, dove cazzo sei stato tutto questo tempo? Hai idea di cosa ho passato dopo la tua sparizione? Pensavo che fossi morto, che non ti avrei più rivisto, ed ora ritorni così?”.

“Preferivi che tornassi in una bara?”.

“Almeno avrei avuto una certezza, che dovrei pensare ora? Perché sei qui? Rispondimi cazzo!”.

Mason la osservava in silenzio e lo stesso fece lei dopo lo sfogo, lui l’aveva addestrata per diventare quello che era, poi quando ne aveva più bisogno sparì nel nulla, erano passati più o meno vent’anni da quando si erano conosciuti.









Le due amiche erano sedute una di fronte all’altra sul tavolo da picnic del parco, entrambe con la massima concentrazione sulla scacchiera che avevano di fronte a loro, Dawn aveva fatto la sua mossa ed ora toccava a Jessica, la pecora guardava orgogliosa il suo ricco bottino di pezzi mangiati all’avversaria, sostanzialmente la leprotta aveva avuto la meglio solo su due pedoni ed un alfiere, mentre lei aveva già decimato quattro pedoni, entrambi i cavalli, una torre ed un alfiere, era nettamente in vantaggio.

“Si mette male”.

Jessica stette ad osservare per un po' la scacchiera, la pecora aveva messo sotto scacco il suo re, e si rese conto subito che per salvarsi da questa situazione avrebbe dovuto compiere un estremo sacrificio, con un po' di titubanza prese la regina, spostandola in modo che coprisse il suo re dalla torre nemica, mettendola però alla portata di un misero pedone, Dawn non si voleva perdere l’occasione, finalmente dopo molte partite sarebbe riuscita a vincere, ora bastava solo portare via il pezzo più forte alla sua avversaria ed il resto sarebbe venuto da se.

“Eh eh, regina mangiata con un pedone, stai perdendo colpi cara mia!”.

Prese il pezzo e lo mosse in diagonale in modo da mangiare la regina avversaria, godendo non poco mentre faceva la mossa in questione.

“Che succede Jess? Di solito mi batti in una decina di mosse, oggi sei distratta, qualcosa non va?”.

Mentre la pecora la canzonava allegramente e senza malizia notò un cambiamento nella leporide, uno strano ghigno le aveva contornato il viso, un ghigno che Dawn riconobbe subito, quello che l’amica metteva su appena prima di batterla a qualcosa, abbassò velocemente lo sguardo alla scacchiera, cercando di capire in anticipo quello che avrebbe fatto l’altra.

“NO, non dirmelo!”.

La lepre alzò lo sguardo verso la sua avversaria, sorridendole.

“Hai voluto a tutti i costi mangiarmi la regina, un bersaglio troppo ghiotto da non far fuori con un misero pedone, ed ora quel tuo stesso pedone ostacola la tua torre coprendo il mio re”.

“Dannazione, lo sapevo che c’era la fregatura...”.

“Vuoi sapere qual è il tuo problema, Dawn?”.

Mentre le parlava spostò l’alfiere superstite nella posizione desiderata.

“Tu non sei disposta a sacrificare nulla, per questo perderai sempre, scacco matto”.

Dawn guardò in basso, osservando come l’alfiere della sua avversaria aveva fregato il suo re, senza che potesse fare nulla per impedirlo.

“Cavolo, io con te a scacchi non ci gioco più”.

La lepre le rispose con una pernacchia, la pecora, infastidita, ribaltò la scacchiera per poi correre dietro l’amica, il tutto sotto lo sguardo attento di Cristina, la madre di Jessica.

Nonostante Charles le avesse detto più volte che non ce n’era alcun bisogno, che non c’era alcun pericolo per le bambine, lei continuava imperterrita a tenerle d’occhio ogni volta che uscivano di casa, da una parte tuttavia il montone la capiva, erano passati ormai cinque anni da quando la famiglia di lepri era stata accolta nella sua famiglia, di cui ormai ne erano diventati parte integrante, ed in quel lasso di tempo aveva avuto modo di scoprire qualcosa di più su di loro, sull’orrore che era stata la loro vita prima della loro fuga, gli avevano raccontato di Marco, il fratello gemello di Jessica, brutalmente ucciso all’età di appena otto anni solo per il motivo che non poteva lavorare.
Non mancò di notare come Mattia e la moglie, ma anche i tre figli più grandi, in quei cinque anni avessero allacciato rapporti di amicizia proprio con quei mammiferi che nel momento in cui erano più bisognosi di aiuto gli avevano sbattuto la porta in faccia, in alcuni casi l’evento veniva preceduto da minacce ed insulti alla disperata famiglia, per la prima volta Charles si rese conto che l’ipocrisia era un talento naturale per molti abitanti di Bunnyburrow.

“Pyspeha, dove vi posso vedere!”.

A voce alta, senza tuttavia urlare, la lepre si fece sentire dalle due giovani che a suo parere si stavano allontanando troppo, sebbene con estrema difficoltà anche lei ci si era messa d’impegno per imparare il zootopiano, per lo più aiutata dai figli, quando vide che il messaggio era stato recepito tornò con lo sguardo al passeggino, osservando i quattro cuccioli che vi dormivano beati dentro, fosse stata ancora a Farthingwood non avrebbe mai nemmeno lontanamente preso in considerazione l’idea di metterne al mondo altri, tuttavia ora la situazione era ben diversa, i suoi tre figli maggiori, ormai ventenni, si stavano costruendo una vita tutta loro, e Jessica, che ora come Dawn aveva quindici anni, da li a qualche anno avrebbe fatto lo stesso.

Non appena udì la voce della madre la leprotta si fermò, seguita da Dawn, che si volse prima verso la lepre che le teneva d’occhio e poi verso l’amica con aria perplessa.

“Pyspeha? L’ho già sentita ma non ricordo che vuol...”.

“Bambine, non vuole che ci allontaniamo troppo”.

“Si, quello lo avevo capito...non c’è bisogno che ci controlli”.

“Porta pazienza Dawn, vuole solo essere sicura”.

“E di che? Qui non succede mai nulla”.

Nel frattempo che le ragazzine discutevano tra di loro, Cristina prese il giornale comprato prima di andare al parco, sebbene con qualche difficoltà nella lettura, non le sfuggì l’articolo in prima pagina, quello che riguardava una lite tra alcuni bambini delle elementari di qualche giorno prima, le si gelò il sangue non appena lo lesse nella sua interezza, una volpe di nove anni aveva aggredito una coniglietta sua coetanea, lasciandole una brutta ferita sul muso con gli artigli, brutti ricordi tornarono a galla nella sua mente, facendola arrivare a pensare che forse Bunnyburrow non era poi così sicuro come tutti volevano farle credere, improvvisamente ebbe una brutta sensazione, come se da lì a poco sarebbe successo qualcosa di brutto, e quello che la spaventava era che il più delle volte ci azzeccava.

“Dawn, Jessica, andate a chiamare Elly, torniamo a casa”.

Stavolta non c’era la calma di prima nella voce della lepre, si era alzata di scatto in piedi, urlando alla figlia e la sua amica quella frase facendo svegliare i neonati nel passeggino, Jessica se ne accorse e, al contrario della pecora, capì che avrebbe dovuto fare quello che diceva, le volte che sua madre si era comportata così erano più uniche che rare, ma sempre le avevano permesso di salvarsi da una brutta situazione, secondo suo marito lei riusciva a “fiutare” il pericolo, come sette anni prima, quando le venne ucciso il figlio davanti agli occhi, purtroppo allora contro una volpe armata di fucile non aveva potuto far nulla, ma non avrebbe perso anche Jessica, dopo la loro fuga si era ripromessa che i suoi figli non avrebbero mai più sofferto, per nessun motivo.

“Siujadaje, chiamate Elly”.

“Dawn, facciamo come dice”.

La pecora, che ancora non si capacitava di questo cambio di umore in entrambe le lepri, decise di darle retta, se non altro per poi poter mostrare alla sua amica e sua madre quanto si sbagliassero ad essere sempre preoccupate per tutto.

“Ok, Elly è andata di là con le sue amiche, vicino il vecchio capanno degli attrezzi”.

Il luogo in questione era una piccola costruzione in legno che una volta veniva usato per tenere le attrezzature per la manutenzione del parco, poi spostate in una zona più comoda, il vecchio capanno tuttavia al posto di venire demolito venne lasciato al suo posto, il lucchetto alla porta non venne più rimesso, dato che ormai era vuoto, e già da diversi mesi i bambini lo utilizzavano per giocarci, erano quasi arrivate quando videro le amiche di Elly correre nella direzione opposta alla loro, sembravano spaventate al che Dawn fermò la prima che gli capitò a tiro, una coniglietta dell’età di sua sorella.

“Susan, dov’è Elly? Dov’è mia sorella?”.

La leporide, già abbastanza scossa di suo, si volse lentamente dietro di se, osservando il capanno.

“L..la, è arrivato Larry...”.

Non appena sentirono quel nome sia Dawn che Jessica sbiancarono, l’ultima volta che avevano avuto a che fare con quel lupo di sedici anni ci era quasi scoppiata una rissa, il solo pensiero che Elly fosse lì da sola con lui le fece rabbrividire, Dawn fu la prima a prendere coraggio, lanciandosi verso la porta per poi spalancarla, quello che vide fu troppo per lei, che si bloccò sulla soglia, la sua sorellina era distesa in terra, con un occhio nero e delle ferite sul viso che sanguinavano, il muso era gonfio per i troppi pugni presi e la pecorella non sembrava a prima vista dare segni di vita, il lupo si girò verso di lei, mostrando un’espressione allarmata.

“Dawn? I..io non volevo, davvero se lei non avesse insistito a non privarsi del...è colpa sua che ha opposto resistenza...”.

Il modo in cui cercava di arrampicarsi sugli specchi per trovare delle scuse sarebbe anche stato divertente, se non fosse che aveva pestato a sangue una bambina di tredici anni, tuttavia non riuscì a portarle a termine, dato che nello stesso istante gli arrivò una sassata in pieno muso, facendolo cadere a terra mentre mugugnava per il dolore, in quello stesso istante Dawn si avvicinò alla sorella mentre Jessica, che aveva già preso in mano un altro sasso, andò verso il lupo, che cominciò ad insultarla non appena la vide.

“Argh...la mia faccia...brutta bastarda...me la pagherai...te e tutta la tua schifosa fami...”.

Manco a dirlo, la giovane lepre non lasciò nemmeno il tempo al lupo per finire la minaccia, si avvicinò e dopo averlo atterrato mettendogli un piede sul petto cominciò a colpirlo in faccia col sasso che teneva stretto nel pugno, sotto lo sguardo terrorizzato di Dawn che cominciava a vedere schizzi di sangue partire dal muso del canide.

Uno, due, tre, quattro, stava per dare anche il quinto colpo, quando la sua zampa venne bloccata da una forte presa, qualcuno alle sue spalle l’aveva fermata, bloccandole il braccio, si volse per vedere che a fermarla era stato un cervo adulto.

“Ho visto abbastanza e ne sono soddisfatto, ma ora basta”.

Senza perdere altro tempo il cervo prese una pistola con la zampa libera, per prima sparò a Dawn che cadde a terra senza emettere un fiato, poi senza battere ciglio spostò lo sguardo verso la leprotta, puntandole l’arma contro, era talmente terrorizzata che non riusciva a muoversi né a reagire, lo sparo così come quello che aveva abbattuto la pecora un attimo prima non emise alcun rumore, i suoni divennero ovattati e gli occhi le si chiusero senza che potesse far nulla.







“Ti sei svegliata finalmente”.

Jessica si stropicciò gli occhi, era ancora un po' intontita a causa del dardo anestetico che l’aveva abbattuta senza che nemmeno se ne accorgesse, dopo essersi presa qualche secondo per ricordare cosa fosse successo si osservò attorno, era dentro una stanza quadrata, su tre lati le pareti erano bianche, mentre su una ci stava un grosso specchio all’altezza di un metro da terra e lungo come tutto il muro, al centro c’era un tavolo con due sedie, su una di queste vi stava seduto il cervo che l’aveva fermata dal picchiare Larry, la teneva d’occhio con lo sguardo e prima di alzarsi dal pavimento anche lei lo squadrò per bene, era sicuramente un adulto, lo si poteva notare non solo dalle dimensioni, ma anche dal fatto che il corno destro era estremamente lungo e ramificato, mentre del sinistro non restava altro che un moncone lungo una decina di centimetri, anche se, probabilmente, un tempo doveva essere speculare a l’altro, il manto appariva brunastro e un po' tendente al rossiccio.

“Do...dove sono?”.

La voce le tremava, era terrorizzata, gli ultimi cinque anni vissuti a Bunnyburrow era stati tra i più belli di tutta la sua breve vita, ma ora che si ritrovava in quella situazione, in trappola e alla mercé di un mammifero che dal suo punto di vista non poteva avere buone intenzioni, la paura che pensava l’aveva abbandonata durante la loro fuga da Farthingwood si rifece avanti.

“In una struttura segreta della National Intelligence Department, l’agenzia federale di cui sono al comando, anche detta NID, come ti chiami? Quanti anni hai?”.

“J…Jessica, ho quindici anni…lei chi è?”.

Il cervo si alzò in piedi, camminando avanti e indietro rimuginando tra se e se, la leprotta lo seguiva con lo sguardo, non sapendo cosa fare in quella situazione, finchè non si fermò, dandole le spalle.

“Il mio nome non ha importanza, sai, mi è stato suggerito che avrei dovuto cercare nuove reclute a Bunnyburrow ed ho subito pensato che fosse una perdita di tempo, in questo posto si trovano solo campagnoli e smidollati, ma tu oggi mi hai dato prova che forse non è così”.

Finita la frase si volse verso di lei, avvicinandosi e facendola arretrare spaventata finché non arrivò con la schiena contro il muro.

“Ora dimmi, cosa hai provato mentre rovinavi la faccia di quel lupo?”.

Pensando che la volesse punire per quello che aveva fatto Jessica cominciò a tremare e balbettare.

“Mi…mi dispiace…i…io non volevo, lui ci…ci dava fastidio…sempre…la prego…non mi faccia del male”.

“Ma io non sono qui per punirti, volevi difendere le tue amiche da un bullo giusto? Non è forse una buona causa?”.

Il tono rassicurante con cui gli aveva parlato le fece diminuire lo stato di ansia e paura che aveva addosso, abbastanza da ricordarsi che non era sola prima di finire in quel posto.

“Dawn…Elly…dove sono loro? Stanno bene”.

“Le tue amiche? Si stanno bene, anzi vieni qui, ti mostro una cosa”.

Le tese una zampa vicino, lei si alzò senza tuttavia afferrarla, per poi seguirlo fin davanti lo specchio che occupava l’intera parete, lui prese una sedia avvicinandola facendole poi cenno di salirci sopra, in modo che potesse osservare la superfice riflettente, quando ci fu la piccola lepre lo osservò con sguardo curioso, finchè lui non premette un pulsante spegnendo la luce nella stanza e contemporaneamente accendendola in quella adiacente, lo specchio divenne di colpo trasparente, mostrando a Jessica cosa si trovava dall’altra parte, sdraiata a terra in un angolo ci stava Dawn, apparentemente incosciente, mentre su una brandina era coricata Elly, anche lei priva di sensi e con delle fasciature dove era stata colpita dal lupo.

“Come puoi vedere, loro stanno bene, ma se vuoi che continui così, tu dovrai fare una cosa per me”.

Un po’ preoccupata da questa frase, lei si girò verso il cervo, osservandolo per qualche secondo.

“Che cosa?”.

Senza dare una risposta il cervide si avvicinò alla porta, battendoci contro tre volte con la zampa, qualche secondo dopo quest’ultima si spalancò, ne entrò un rinoceronte che trasportava qualcosa, Jessica ci mise un attimo a capire di cosa si trattava, una sedia con sopra legato Larry, il lupo che aveva aggredito Elly, lui al contrario delle sue amiche era cosciente, la bocca era nastrata e riusciva si e no a mugugnare, sul muso si vedevano benissimo i segni che lei gli aveva lasciato prendendolo a sassate, una volta dentro e deposta la sedia il pachiderma se ne andò in silenzio come era entrato, chiudendosi dietro la porta, timorosa di essere punita per quello che aveva fatto la lepre cominciò a scusarsi col cervo

“Mi…mi dispiace…io non volevo colpirlo così…io…”.

“Invece…credo che la verità sia un’altra, lui ha pestato la tua amica, ed avrebbe fatto lo stesso con l’altra e te, non hai avuto altra scelta giusto?”.

La lepre non fece in tempo a rispondere che venne subito interrotta dal cervo.

“Inoltre, ho visto la foga con cui lo colpivi, ho visto come ti brillavano gli occhi mentre gli fracassavi il muso, lui è uno stronzo e se lo è meritato, quindi perché non finire quello che hai iniziato?”.

“Io…voglio solo andare a casa…”.

“E ti ci porterò, ma non prima che tu abbia fatto una cosa per me”

Si avvicinò nuovamente al tavolo, ne aprì un cassetto tirandone fuori un coltello bowie per poi sfilarlo dal fodero in similpelle e lasciarlo cadere vicino la piccola lepre.

“Prendilo”.

Jessica esitò, osservando l’arma per poi scuotere la testolina, a far capire che non lo avrebbe fatto.

“Prendilo ho detto”.

Stavolta la voce era tutt’altro che calma, non lo sapeva nemmeno lei il motivo, ma qualcosa nel tono che aveva usato l’aveva fatta rabbrividire, al punto da pensare che, se non avesse obbedito a quella che all’inizio sembrava una semplice richiesta poi diventato un ordine, l’avrebbe pagata cara, si abbassò quindi, prendono il coltello con entrambe le zampe osservando poi il cervide.

“Molto bene, ora mia cara, voglio che ti avvicini a lui, poi voglio che gli pianti quel coltello per tutta la lunghezza della lama nella pancia, poi potrai estrarlo, sono stato abbastanza chiaro o ti devo fare un disegnino?”

Una valanga di pensieri senza alcun controllo attraversarono la testolina della lepre, mentre la sua presa sull’arma perdeva sempre più di efficacia man mano che passava il tempo.

“No…non voglio…”.

Il cervo sospirò, osservandola per un attimo, era palese che fosse spaventata e lo era anche l’altro mammifero legato alla sedia, forse anche più di lei.

“Ok, allora mettiamola così, visto che con le buone non lo capisci”.

Si abbassò fissandola negli occhi con uno sguardo talmente penetrante e deciso che lei non poté fare nulla per evitarlo, era rimasta completamente bloccata davanti quel mammifero.

“Se tu non farai quello che ti ho detto, allora lo farò io, ora in questo momento, poi, dato che sei poco collaborativa, ti porterò nella stanza di là, e ti mostrerò due modi molto creativi per ammazzare due pecore, quella più giovane le staccherò la testa dal collo a mani nude, e credimi che ne sono capace, mentre l’altra te la sbudello davanti gli occhi, con quel coltello, in quanto a te…meglio che non te lo dico…”.

Quello che dal suo punto di vista doveva essere un discorso “motivazionale” per la ragazzina era servito più che altro a paralizzarla a terra ulteriormente, arrivando alla conclusione che probabilmente non ci sapeva fare coi cuccioli, comunque non volle demordere, in quella leporide ci aveva visto molto più di quanto pensasse mai di trovare a Bunnyburrow.

“Alzati”.

Con un rapido scatto si era avvicinato alla preda, prendendola per la maglietta e sollevandola da terra.

“Lo capisci o no? Lo devi fare, solo così uscirai da qui. È così difficile per te scegliere tra la vita di quel lupo e quella tua e delle tue amiche?”.

Glie lo gridò letteralmente in faccia, ottenendo solamente che si spaventò ancora di più, ormai era andata e si rese conto di aver sbagliato, che in lei non c’era nulla di più di una semplice lepre che aveva paura della sua ombra.

“Va bene, a quanto pare mi sono sbagliato”.

La rimise giù, lei ancora scossa lasciò cadere a terra il pugnale che venne prontamente recuperato dal cervide, il quale si avviò verso la porta, venendo fermato dalla flebile voce della leprotta.

“Possiamo…tornare a casa?”.

“Certo che no, ti ho detto cosa avrebbe comportato un tuo rifiuto, ed ora andrò nella stanza di là ad ammazzare le tue amiche, poi tornerò per te”.

Stava per farlo veramente, tanto ormai aveva perso ogni interesse in quella creatura che gli stava dietro ed ormai sapeva fin troppo per permettersi di lasciarla andare, doveva sparire senza lasciare traccia.

“Ok!”

L’urlo echeggiò nella stanzetta, poco prima che aprisse la porta.

“Come scusa?”.

“Va…va bene…lo farò, ma ti prego…non fare del male a Dawn ed Elly”.

Un ghigno soddisfatto si stampò sul muso del cervo, che richiuse la porta per poi mollare il coltello davanti la sua prigioniera.

“Bene, ma muoviti, non ho tutto il giorno”.

Lentamente si alzò in piedi, abbassò lo sguardo all’arma e la prese, sebbene con pochissima decisione, al punto che le tremavano le zampine, facendo tremolare di conseguenza anche la lama, ma ormai aveva capito in che guaio era finita e sapeva che c’era un solo modo per uscirne.
Si avvicinò a piccoli passi a Larry, per tutto quel tempo era rimasto li ad osservare, ancora imbavagliato e legato alla sedia, per un attimo sembrava quasi che tutti si fossero dimenticati della sua presenza nella stanza, mentre invece lui c’era, aveva sentito tutto il discorso ed ora era visibilmente terrorizzato vedendo quella che fino a poco prima altro non era che una delle sue solite vittime delle sue bravate avvicinarsi a lui con un coltello, cominciò ad agitarsi sulla sedia, facendola muovere sul posto ed interrompendo la marcia di Jessica verso di lui.

“Fermo”.

Il suo aguzzino gli aveva posato lo zoccolo sullo schienale bloccandolo completamente, per poi volgere lo sguardo verso la giovane lepre per farle capire che aveva il via libera.

“Avanti, lui ha pestato a sangue la tua amica…ed avrebbe fatto lo stesso con te”.

Il lupo scosse agitato la testa di fronte la lepre, volendo negare quella affermazione, cercando di convincerla a non fare quello a cui stava pensando, e da una parte ci era quasi riuscito, in lui Jessica non ci vedeva più il bullo prepotente che tormentava lei e le sue amiche.
Consapevole che stava perdendo la volontà di andare fino in fondo, il cervo decise di tentare il tutto per tutto, avvicinandosi da dietro alla sua ospite per poi sussurrarle all’orecchio.

“Ascolta, puoi farcela lo so, so benissimo che hai già avuto a che fare con la morte, so di tuo fratello e so che è stata una volpe ad ucciderlo, figurati quella volpe nella tua mente, pensa e concentra tutta la tua rabbia su di lui, non è diverso dal lupo che ora hai davanti, non perché predatori, ma perchè criminali, uno ti ha portato via una parte della tua vita, e l’altro stava per farlo, non permettere che la storia si ripeta.
Ascoltami Jessica, respira, prendi il pugnale, stringi il legno del manico nella tua presa, osserva la lucida lama su cui si specchia il tuo volto e senti l’adrenalina che ti scorre nelle vene, quest’arma ora fa parte di te, è diventata un’estensione naturale del tuo braccio con cui punirai chi non è meritevole, in te c’è molto di più che una semplice contadina, la tua innocenza, la ragazzina che vedeva un mondo migliore dello schifo che effettivamente è, tutto questo ormai non fa più parte di te, tutto questo è morto quel orribile giorno a Farthingwood”.

Da quando erano giunti a Bunnyburrow non avevano mai parlato con nessuno tranne Charles del loro passato, questo mammifero sapeva tutto e le parole che aveva pronunciato erano penetrate nella testa di Jessica così fermamente da toglierle ogni paura che aveva addosso, se ne andarono i dubbi su cosa fare ed aveva solo una certezza, Dawn ed Elly per lei erano come sorelle, aveva già provato il dolore di perdere un fratello e non voleva ripeterlo, smise di tremare, prese il coltello e strinse forte l’impugnatura, mentre si avvicinava al lupo quest’ultimo la osservava mugugnando supplicante, sperando che fermasse il suo avanzare verso di lui, non appena lo raggiunse senza dire una parola sollevò il pugnale e conficcò la lama per tutta la sua lunghezza nello stomaco del predatore, quest’ultimo lanciò un grido di dolore soffocato dal bavaglio.

“Ottimo, adesso devi solo…”.

Non poté terminare la frase che Jessica aveva già estratto l’arma, peggiorando ulteriormente la già orrenda ferita con la parte dentellata superiore della lama, per poi cominciare a pugnalare con violenza il ventre del lupo per svariate volte, facendo risuonare una risata isterica che in un primo momento fece rabbrividire pure il mammifero che l’aveva spinta a tanto.
Dopo la settima, forse ottava pugnalata, il cervo si decise a fermarla, afferrandole il piccolo braccino ed osservandola negli occhi, per un attimo ci intravide qualcosa in quelle iridi viola, una scintilla di pura follia, arrivando a chiedersi se l’avesse creata lui in quel momento o se invece fosse sempre stata presente, in attesa che qualcuno la liberasse, in un modo o nell’altro aveva raggiunto il suo scopo, si compiacque del lavoro svolto, il cadavere del lupo era un vero e proprio disastro, le innumerevoli pugnalate lo avevano sventrato a tal punto che le budella avevano iniziato a venire fuori ed una grossa pozza di sangue stava cominciando a formarsi sul pavimento.

“Benvenuta Jessica Schrader, ora tu fai parte del NID”










Note

Eccomi qua, come sempre in estremo ritardo, purtroppo il tempo è quello che è e sono rimasto molto indietro anche con le recensioni, ma prometto che recupererò tutto, datemi tempo.
Capitolo leggermente più lungo del solito, manca ancora una parte ma se l’avessi messa qua non avrei più pubblicato, per cui rimando al prossimo, intanto ringrazio Redferne per la recensione al capitolo precedente ed EnZo89 per quella del capitolo 24.

Alla prossima
Davide

4501 parole
   
 
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