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Autore: SOULVATORE    23/08/2019    2 recensioni
SEQUEL DI "UNSTEADY"
Come se non fosse successo niente, come, se dopo tre anni, avesse il diritto di presentarsi lì con gli stessi occhi di sempre, la fossetta al centro del labbro e un nuovo giacchetto di pelle nera.
Come se non le avesse già fatto male a sufficienza.
Come se non l'avesse lasciata totalmente senza speranza, e con in mano solamente un fottuto pezzo di carta.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The day I first met you
You told me you'd never fall in love
But now that I get you
I know fear is what it really was
Now here we are,
So close yet so far,
Haven't I passed the test?
When will you realize
Baby, I'm not like the rest?







Mystic Falls, Gennaio 2019, 12.05 AM

“Ei, auguri! Non riuscivo più a trovarti, anche gli altri di là vorrebbero farteli.”
“Io… mi dispiace.” Elena tolse lo sguardo dalla finestra e fece scontrare il suo bicchiere con quello di Caroline. “Buon anno.”
“Che ci fai chiusa nel mio bagno alla mezzanotte del primo gennaio? Va tutto bene?”
Si passò una mano tra i capelli, rendendosi conto di quanto realmente fosse stupida. Seduta sul water, nel suo vestito blu, a fissare i fuochi di artificio dei vicini di Care.
“È solo che…” Provò, morsicandosi il labbro.
“Che l’anno scorso ti trovavi su un tetto a New York con lui mentre ora sei qui, a fare quello che fai sempre, con le persone di sempre.”
“No! Caroline, il problema non sei tu, o insomma, tutti voi, o il fatto di fare sempre le stesse cose, io sto bene quando mi state attorno, mi piacciono le nostre tradizioni e non cambierei mai nessuno di voi per niente al mondo.”
“Okay, ma ti manca.” Continuò, accarezzandole il viso. “Ei, sono io. Puoi dirmelo.”
“Sì.” Ammise, finalmente, abbassando lo sguardo. “Sì, mi manca. Da impazzire. A volte, a volte penso di essere pazza per davvero. Insomma com’è potuto succedere che in così poco tempo questa cosa abbia mandato all’aria tutta la mia vita?”
“Non si può scegliere. Guarda me, mh? Conosco Klaus da un mese e già sento che potrebbe essere quello giusto, per sempre. Non lo puoi spiegare, succede e basta. Non rimproverarti, non tu.”
“Significa che dovrei rimproverare lui?” Chiese, scuotendo poi la testa. “No, io…l’ho fatto a sufficienza, non riesco più ad arrabbiarmi, sono solo tanto triste in momenti come questo, quando ci penso.”
Qualcosa scattò negli occhi di Caroline, il suo istinto iperprotettivo, il suo sguardo da leonessa e il suo indice alzato, facevano capire che avrebbe fatto fumo dalle orecchie di lì a poco.
“Be’, ti sbagli!” Gridò. Già, infatti. “Lo difendevo all’inizio, quando se ne era appena andato, sai? Quando Stefan alludeva a voi come se lui l’avesse fatto di proposito, io dicevo: non piaceva neanche a me, ma l’ha aiutata. Sul serio.”
“Non lo sapevo.” Rispose Elena, ora decisamente confusa.
“Però poi è passato un mese. Tre. Sei. Otto. E ora guardati, se n’è andato da quasi un anno e ancora non hai smesso di soffrire. Io non posso accettare di vederti star male per un ragazzino del genere, perché questo è, un ragazzino. Non ha avuto il coraggio di restare per affrontare Stefan, per affrontare i suoi sentimenti, per affrontare cose che tu invece hai preso di petto. Mi fa schifo, e gli conviene non tornare mai più, a meno che non voglia finire molto male.”



Mystic Falls, 2021

Ed ecco spiegato perché era fondamentale tenere Caroline il più lontano possibile da Damon.
Non che Bonnie o Matt non condividessero la sua scuola di pensiero, ma era diverso, insomma, si trattava pur sempre del giorno delle sue nozze e rovinarselo con una scenata sarebbe stata la cosa peggiore.
Ovviamente, però, c’era un problema più grande.
Stefan.
“Damon…ti prego, vattene.”
“Non possiamo parlare?”
“Ah si, ora vuoi parlare? Pensi che sia tutto così semplice, non è vero? Sono passati quasi tre anni, si può sapere che vuoi?”
“Io non… non lo so. Mi manchi.”
“Va’ all’inferno.”
“Okay, certo. Me lo merito.”
“Mi hai seguita in bagno?”
“Sì e no. Cioè, ammetto di averti vista entrare, ma in realtà ho anche urgente bisogno del lavandino.”
Elena prese il respiro che le sembrò il più grosso della sua vita, e poi fece scattare la serratura, pensando che si fosse sporcato con qualcosa e dovesse pulirsi, l’avrebbe fatto entrare e poi se ne sarebbe andata a gambe levate. Ma, una volta aperta la porta, la situazione che si trovò davanti fu ben diversa.
“Oddio, ma che hai fatto?”
Damon aveva un taglio sullo zigomo, non sanguinava eccessivamente, ma comunque la zona era gonfia e molto rossa.
“Mio fratello si è dimostrato molto felice di vedermi.” Sollevò un po’ un labbro, e ad Elena venne l’istinto di colpirgli anche l’altra guancia, ma fortunatamente riuscì a reprimerlo.
“Nessuno qui lo è. Comunque, sciacqualo, poi immagino che avrai del ghiaccio alla postazione del bar. Io vado a parlare con Stefan.”
“Okay. A dopo.”
Ma quale dopo? Non gli era chiaro che non era per niente piacevole averlo attorno?
In ogni caso, una volta uscita da lì, individuo subito Elijah, e quasi corse nella sua direzione.
“Ei, ma si può sapere che fai? Ti avevo chiesto per favore di tenere controllato Stefan, non avresti potuto fare più attenzione, anziché pensare ai miei capelli e al mio trucco?”
“Mi dispiace, ma sai, è il matrimonio di mio fratello, ho un mucchio di parenti a cui dare retta e forse non mi sono reso conto che il tuo ex avesse sete.” La zittì, con un tono acido che aveva tutto il diritto di usare. Elena si rese conto istantaneamente di essere stata una stronza, e chiese scusa. Non era con lui che ce l’aveva.
“Hai per caso visto dov’è andato?”
“Credo che sia sul retro.”
“Okay, grazie, e scusami di nuovo.”
Uscì, cercandolo con lo sguardo in tutte le direzioni, di quando finalmente non lo vide, seduto su una scalinata della villa.
“Stefan”
“Mh?” Si voltò, facendo ciondolare una bottiglia di whisky con la mano. Elena corrucciò la fronte. “Oh, questa?” Chiese lui. “L’ho rubata. Dopo aver messo KO il barman.”
“Sì, l’ho saputo. Che bella idea, molto matura.”
“Che c’è, lo stai difendendo, sul serio? Perché non vai a disinfettargli il taglio allora? Credo ti stia bene, l’uniforme da crocerossina. Una volta l’hai indossata ad Halloween.”
“Io non difendo proprio nessuno!” Sbottò, furiosa, con le mani che le tremavano. “Ma ti sembra il luogo e il momento adatto per metterti a picchiare qualcuno ed ubriacarti? È il matrimonio della tua migliore amica!”
“Care avrebbe fatto lo stesso, se lo avesse visto.”
“Già, ecco perché non deve vederlo e non deve saperlo. Non oggi. Ora potresti bere un po’ d’acqua, lavarti il viso e tornare in te? Te lo chiedo per piacere. Aspetta qualche minuto però, c’è lui in bagno.”
“Resterà, sai?” Disse, mentre barcollava per alzarsi. “Lui fa così. Arriva, spazza via tutto, lo rivoluziona, poi se ne va, qualche tempo dopo ritorna, e ricomincia punto e a capo.”

Atlanta, 2011

C’era del caffè, tanto caffè, troppo caffè.
Katherine, quando era nervosa, tendeva a peggiorare la situazione preparandone quantità industriali.
“Damon lo sa. Ti chiamo non appena posso.”
Un messaggio, era bastato uno stupido sms per farle crollare il peso del mondo sulle spalle, di nuovo. Non era pronta.
Stefan aveva riportato il sole dentro di lei, il buonumore, la voglia di vivere e di affrontare ogni giorno con un pizzico di allegria, perché “è meraviglioso sentirti ridere.”
Erano stati l’uno per l’altra un cerotto, una medicina, e per questo, entrambi, avevano cercato in tutti modi di ignorare le loro coscienze che più volte avevano gridato che fosse tutto un errore.
Katherine non avrebbe saputo vivere senza Stefan, non si sarebbe rialzata, questa volta.
Dei colpi alla porta del suo appartamento la fecero sussultare, e la tazza le tremò tra le mani. L’abbadonó sul ripiano della cucina, trascinandosi, già distrutta, ad aprire.
“Me lo sarei dovuto aspettare.”
Non salutò. Non chiese il permesso per entrare lì dentro, seppur fossero passati anni. Non fece nulla che qualsiasi altra persona avrebbe fatto, e lei non ne rimase sorpresa. Decise che gli avrebbe riservato lo stesso trattamento, la stessa freddezza, la stessa nonchalance.
Si strinse nel suo maglione, assorbendo l’immagine di lui che calpestava di nuovo il suolo di casa sua, senza nemmeno capire come questo la facesse sentire. Non lo amava più, di questo era certa. Ma in ogni caso, vedere quello che sarebbe potuto essere il padre di suo figlio, non la rendeva completamente indifferente.
“Ti va del caffè?” Katherine si vergognò di sé stessa. Erano passati anni, e quella era l’unica cosa che le era venuta da dirgli. Patetico.
“Ma non mi hai sentito?”
Lei alzò le spalle, per poi passarsi una mano tra le onde dei suoi capelli. “L’ho fatto. Ma non so risponderti. Okay, dici che avresti dovuto aspettartelo, ma cosa dovrebbe significare, mh? Che sei consapevole di quanto io sia stronza? Che credi io lo abbia fatto apposta? Che lo abbia usato?”
“Già. Tutto questo.” Damon era arrabbiato, poteva dirlo dalla mascella testa, la pupilla rimpicciolita, la camminata nervosa. Lo conosceva bene, forse fin troppo.
“Mi dispiace deluderti.” Gli rispose, senza accennare a cedere. “Ma non è così. Mi sono innamorata di Stefan. Non sarà eticamente corretto, rispettoso nei tuoi confronti, o ben visto dalla tua famiglia, ma è successo. Prima te ne farai una ragione e meglio sarà per tutti.”
“Katherine Pierce, la donna che sussurrava ai Salvatore.” Disse, facendo scontrare uno stivale sul parquet. Lei rise, non potendo davvero farne a meno. Forse era stato quello che all’epoca le aveva fatto perdere la testa, la cosa che lo differenziava da tutto il resto del mondo, anche da Stefan.
Damon possedeva un’intelligenza particolare, sottile, affascinante. Diceva frasi che molti avrebbero classificato come stupidaggini, ma che in realtà erano pregne di un qualcosa di più profondo; quell’ironia, se solo la sapevi cogliere, ti apriva le porte per la sua conoscenza. Era intrigante.
“Scusa.” Disse infine, al termine di quella risata fuori luogo. “So di averti mancato di rispetto, anche se non c’eri, anche se mi hai abbandonata. Non giustifica il mio comportamento. Mi sono innamorata di tuo fratello, e mi sono sentita orribile tante volte, per questo. Ma ora basta. Ho perdonato me stessa, Damon. Spero che possa farlo anche tu.”
“Anche se perdonassi te” La prese alla sprovvista, avvicinandosi e passandole un pollice sulla guancia. Lei non si ritrasse, anzi. Si spinse di più contro la sua mano, desiderosa di quell’addio, consapevole di averne bisogno. “E non è detto che lo farò, perché, a differenza tua, non ho mai smesso di amarti. Neanche per un giorno. Neanche quando rotolavo fuori da lenzuola diverse ogni mattina.”
“Damon…”
“Anche se lo facessi.” Proseguì. “Non potrei mai perdonare lui. È mio fratello, e lo sapeva, che sono innamorato di te. Lui lo sapeva.”
“Non è colpa sua se ho dei sentimenti per lui, adesso! È semplicemente successo.”
“Lo so. Ma non puoi chiedermi di perdonarlo. Non ce la faccio.”


Mystic Falls, 2021

Il matrimonio era ufficialmente finito.
Caroline si era cambiata, e ora stava distribuendo baci e abbracci a tutti quanti prima di salire in macchina e dirigersi all’aeroporto per la luna di miele.
“Allora, a quanto pare ce l’ho fatta!” Esclamò, alzando la mano sinistra per mostrare la fede.
“Ce l’hai fatta, Care.” Sorrise Elena, saltandole al collo. “Ti voglio bene. Tanto.”
“Anche io. Allora, sei pronta ad essere il direttore di Action News per una settimana?”
“Ma sì, certo! Non devi preoccuparti di questo, promettimelo. Goditi questi giorni.”
“Lo farò.” Sorrise la bionda. “Mi fido ciecamente di te. Mi farò sentire non appena atterro! Mi mancherai.” La strinse ancora un pochino, per poi salutare i suoi genitori e schizzare via nell’auto di Klaus. Quando Elena aveva salutato lui, l’aveva ringraziata trecento volte per non averle parlato della questione di Damon.
Non era stato facile, ma la parte più complessa sicuramente restava dover accettare la sua presenza lì. Sapeva che ora era tutto finito, ma le parole di Stefan la tormentavano.
Sarebbe rimasto? Quanto? Che avrebbe fatto?
“Tesoro? Andiamo?”
Guardò Liam, annuendo debolmente. Era esausta. Voleva soltanto farsi una doccia e filare a letto per le successive dodici ore. Evitare il mondo, evitare di pensare.
“Hai lasciato questo nel bagno.”
Non riusciva a sopportare oltre, sentiva che sarebbe esplosa. Ma non poteva. Non davanti a Liam, ma neanche se fossero stati soli, gli avrebbe dato quella soddisfazione, per nulla al mondo. Così si voltò, e allungò una mano.
Damon le porse il suo copri spalle, con il suo solito sorrisetto beffardo. Lo zigomo era diventato verdognolo e il taglio aveva fatto la crosta.
“Ce lo hai messo il ghiaccio?” Non resistette, spinta di chissà quale impulso, ma si pentì all’istante di averlo chiesto.
“Non ne ho avuto il tempo. Troppi clienti. Ma sto bene, non preoccuparti.” Alzò le spalle. “Lui chi è?”
“Non ti riguar-”
“Liam.” La interruppe lui, avanzando. “Il ragazzo di Elena. Con chi ho il piacere di parlare?”
“Wow.” Damon rimase sorpreso, decisamente. Come se non se lo aspettasse per niente, e la cosa la innervosì non poco. Cosa pensava, che lo avrebbe aspettato in eterno? “Damon Salvatore, il piacere è tutto mio.”
“Salvatore? Come Stefan?”
“Sì, loro…” Elena si grattò una tempia, imbarazzata. Non gliene aveva mai parlato prima. “Sono fratelli.”
“Questa sì che è una notizia, non avevo idea che avesse fratelli.”
“A Stefan non piace vantarsi.”
“A Stefan non piace vantarsi.”
Lo dissero insieme, in automatico, senza pensare. La loro prima conversazione, i primi scontri, la prima risata. Elena li rivide, e fu come se qualcuno le aprisse lo stomaco con un coltello. A corto di salivazione, con il cuore che le correva impazzito, prese Liam per un braccio e lo trascinò al parcheggio. “Possiamo andarcene?”
“Ma io…Stavamo parlando. Che c’è che non va?”
“Sono stanca. E Damon non mi sta particolarmente simpatico. Mi porti a casa?”
“Se è questo che vuoi.”


Bonnie insegnava letteratura alla scuola superiore di Mystic Falls, e ogni volta che Elena doveva vedersi con lei direttamente dopo una lezione, le sembrava di tornare la sedicenne ingenua ed inesperta di anni prima. Camminare per quei corridoi da adulta, con un tailleur e i tacchi ai piedi, mentre gli studenti stringevano i libri al petto e la squadravano con quello sguardo che diceva “lei è adulta”, la faceva sentire strana.
“Ei prof”
“Gilbert, interrogata!” Scherzò la sua amica, mentre raccoglieva una pigna di scartoffie.
“Mio dio, non farlo mai più. Solo sentire quelle parole mi fa venire l’ansia.”
Bonnie ridacchiò, prima di avviarsi all’uscita. Avrebbero pranzato insieme, Elena l’aveva praticamente supplicata perché non se la sentiva proprio di restare da sola. Era stato il suo primo giorno da direttrice al lavoro, ne mancavano ancora sei ed era già esausta. Per non parlare di ciò che ovviamente le frullava per la testa grazie al matrimonio del giorno precedente. Si sentiva una bomba ad orologeria e sapeva che se fosse rimasta troppo tempo da sola avrebbe iniziato a singhiozzare senza sosta.
Il Grill era quasi vuoto, Elena ordinò il solito toast, dopodiché Bonnie lasciò che il cameriere se ne andasse, prima di iniziare a guardarla in quel modo che sapeva non avrebbe portato a nulla di buono.
“Allora, mh, ti va di dirmi come ti senti?”
“Confusa e arrabbiata, credo.” Alzò le spalle, sconfitta e per nulla convinta.
“Solo?”
Sbuffò, graffiando con le unghie il legno del tavolo. “Sarei bugiarda se ti dicessi che nel rivederlo non ho sentito qualcosa, la solita scintilla che in qualche modo tra noi c’è sempre stata, ma io non ce la faccio. So che dovrei perdonarlo per lasciarlo andare, Bonnie, ma non ci riesco. Sono patetica.”
La sua amica le prese una mano, a incoraggiarla, e scosse un po’ la testa. “Non lo sei. Hai provato tanto amore, e non puoi semplicemente scacciarlo così.”
“Ma sono passati anni!”
“Sai che i sentimenti non hanno età, Elena.” Bonnie detestava Damon, l’aveva sempre fatto, eppure era lì a supportarla e a darle consiglio. In quel momento si sentì estremamente fortunata di averla nella sua vita, e la perdonò per il suo essere stata asfissiante nel periodo in cui lei stava iniziando a provare qualcosa.
“Vorrei che ce l’avessero, e che i miei fossero scaduti.”
Bonnie sogghignò, quasi strozzandosi con la sua acqua. “Sentimenti scaduti. Questa sì che è nuova.”
“Sarebbe un sogno, veramente. Starei cento volte meglio.”
Non sapeva se era vero, perché in realtà, qualsiasi cosa fosse quella che ancora la teneva inesorabilmente legata a lui con un filo invisibile, la faceva sentire bene. Oltre la rabbia, il rancore, la voglia di prenderlo a schiaffi e di gridare a tutti quanto fosse stato un codardo, c’erano sempre Damon ed Elena. Le pelli brucianti, i sospiri, il modo in cui lui strizzava gli occhi per catturare la sua attenzione, e lei, arrendevole, finiva sempre con l’incantarsi e guardarlo, guardarlo, guardarlo con la paura che si sciupasse per fino, che scomparisse, le scivolasse via dalle mani come sabbia con una folata di vento.
“Fumi ancora?”
Elena sollevò la testa dal suo piatto, sorridendo istintivamente. “Lo facevo due giorni fa, Kai, perciò evidentemente lo faccio ancora. Ti serve l’accendino?”
Mystic Falls era noiosa.
Vivere nella stessa cittadina per anni ti porta a conoscere e interfacciarti sempre con le stesse persone, senza mai davvero farti imparare a stare al mondo. Menomale che ogni tanto qualcuno di nuovo arrivava.
Malachai Parker aveva lavorato al matrimonio di Caroline, l’agenzia di wedding planner della quale faceva parte aveva sede a Portsmouth, ma lui gironzolava per il grill e in generale per la città da mesi, grazie a quelle nozze.
“Sì, per favore. Se alla tua amica non dispiace puoi unirti a me, così non dovrò rubartelo.”
“Non importa, Park. Tienilo pure come ricordo, so che ti mancherò un mondo.”
“Oh, Ellen, non preoccuparti di questo. Mia sorella Jo è arrivata in città da poco, e anche se non mi è molto chiaro il perché, sembra che resterà un po’. Le farò da guida turistica, non che ci sia molto da vedere.”
Elena, normalmente, lo avrebbe corretto sulla pronuncia del suo nome e avrebbe riso alla sua battuta, ma era ferma a “mia sorella Jo”. Poteva essere una coincidenza?
“Tua sorella hai detto?” Chiese, cercando urgentemente Bonnie con lo sguardo, la quale capì, e si allarmò quasi quanto lei.
“Sì, mi sono affidato a Josette per il catering di Caroline e Klaus, non per nepotismo o qualcosa del genere, solo che è davvero brava e sapevo di non poter deludere i Signori Mikaelson, così l’ho pregata di occuparsene nonostante stesse a-”
“New York?”
“Già.” Kai aggrottò la fonte, confuso. “Come lo sapevi?”
“Oh io… Klaus mi ha parlato di questa storia, più o meno.” Poi, deglutì, senza neanche provare ad apparire più tranquilla. “Resterà per un po’, hai detto?”
“Sì! Sembra che il suo fidanzato e il socio abbiano ceduto la gestione del locale che possedevano a qualcun altro e che questo amico di Ric abbia degli affari qui, non so.”
Per l’ennesima volta, si ritrovò col dover dare ragione a Stefan.


“Che significa che hai degli affari qui?”
“Lena?”
Damon sembrava sorpreso da quella telefonata, non che lei non lo fosse. Aveva composto il numero spinta dalla rabbia, con la foga del momento, senza nemmeno sapere se, dopo tutto quel tempo, fosse ancora quello corretto.
Lena.
Lo odiava.
“Sì, sono io. Puoi rispondere ora? Hai ceduto il locale? Che diavolo credi di fare qui? Nessuno ti vuole.”
Lo sentì ridere, e riuscì a figurarselo perfettamente, con quel suo ghigno amareggiato. “Credi che questo mi abbia mai fermato?”
“C’e qualcosa di profondamente sbagliato in te. Quando le persone ti desiderano nella loro vita, scappi. Quando invece la ricostruiscono senza di te, imponi la tua presenza. Perché vuoi ancora farmi del male?”
“Mi manchi.” Era la seconda volta che lo diceva, ma non sarebbe bastato. Anzi, la faceva arrabbiare ancora di più. E in quegli anni in cui la mancanza le aveva logorato l'anima, lui dov'era stato?
“Non mi interessa. Sono fidanzata, sono andata avanti.”
“Sei innamorata?”
“Qualcuno mi ha insegnato che l'amore è doloroso, sopravvalutato e senza senso.”
   
 
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