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Autore: djlarsy65    23/08/2019    1 recensioni
Lui prevede il mio colpo un secondo prima che gli arrivi in faccia e lo blocca con una mano, mentre con l’altra blocca il polso dell’altro mio braccio e mi schianta al muro.
Mi ha colto di sorpresa, non c’è nulla da dire!
< È troppo forte! Non riesco a liberarmi dalla sua presa. Cosa faccio ora. Probabile che mi sganci ora un suo destro o un suo sinistro. > Sono pronta a ricevere, ma fa tutt’altro. Avvicina pericolosamente il suo viso al mio...
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Ti Va Di Scherzare? Eh?
 
“Ehi, Cindy!” saluto la mia migliore amica.
“Chi si vede!” sbuffa lei con la mano, poi mi sorride!
“Pronta per una nuova giornata?” le chiedo
“Come sempre! Hai il quaderno per gli appunti?”
“Certo, vuoi che scordi la cosa più importante a casa?” le ribatto io e la guardo di sottecchi divertita.
Il mio quaderno per gli appunti è tutto per me! Senza di lui, mi scorderei tutto, non avrei spasso, non avrei nulla, ecco, mi rappresenta. Il mio quaderno degli appunti è la mia fotocopia… è curioso, è simpatico, segreto ed è riservato solo ed esclusivamente a me e alla mia amica Cindy! In pratica questo quaderno è la via dei segreti. Ci sono bigliettini, buste, segreti, numeri, lettere, cifre, codici. Sembrerebbe che io e la mia B.F.F.  siamo le nuove Bond Girl, dell’epoca moderna, per intenderci. Si potrebbe rispondere ad una domanda così un sì positivo e sincero, ma le Bond Girl, essendo “agenti segreti del gossip” nessuno le conosce. Quindi, eccoci qui in persona, ma ssh!!!
“Jess, dai entriamo?!” piagnucola la mia amica tirandomi la felpa.
“ Si aspetta, saluto Jake e poi andiamo!” le urlo mentre mi avvicino ad un ragazzo alto qualche centimetro in più di me, biondo, con degli stupendi occhi azzurri, di un anno in più di me.
“Ciao fratellone, come va?” gli chiedo tirandogli una spallata.
“Sì, abbastanza bene. Te?” mi chiede
“Pure… mm, questo pomeriggio mi vieni a prendere tu dopo pallavolo? O Roy?”
“Credo lui, io non posso. Ricordi? Oggi è martedì!” risponde con un lucente sorriso.
“Ah, sì. Me l’ero scordato! Ma se vuoi ti posso aspettare quando hai finito gli allenamenti!”.
“Boh, vedi tu e con Roy!”
“Sì, come no? Mettiamo bene in chiaro: 1) io non lo sopporto 2) avrà qualche punizione 3) non mi riporterà mai a casa, lo sai bene pure tu! Si porterebbe a casa qualcun'altra!” faccio una faccia avvilita e poi sorrido. Jake mi guarda qualche secondo e poi ci mettiamo a ridere! Quella carogna di suo fratello è veramente stressante. Sì è popolare e bello, il solito belloccio, ma io non l’ho mai visto con quegli occhi. Per me è sempre stato mio fratello, come per Jake. A dirla tutta però non siamo veri fratelli, ma sin da quando avevo cinque anni avevo condiviso la casa con loro. Io abitavo sotto e loro sopra. Così ho legato molto con Jake e solo fino a qualche anno fa pensavo veramente che fossimo tutti fratelli. Mi aveva sempre detto così e ormai per me lo erano e io per loro era la loro semplice sorella. Da quel giorno condividiamo sempre la parola fratello o sorella, anche se non lo siamo, quindi potremo definirci amici per la pelle. Roy per me non è mai stato qualcosa, era tutto e niente. Per me non era neanche un fratello, mi stava sempre lontano e poi io non mi avvicinavo mai a lui. Aveva, ed ha, un’aria del tutto innaturale. Mi guardava storto e di sottecchi spesso. Così abbia iniziato a non calcolarci più, tranne se non ci fosse veramente bisogno, per il resto eravamo perfetti estranei. Forse gli unici legami che avevamo erano la casa, i nostri genitori e Jake. Jake mi parlava e mi ha sempre detto che Roy non era così, era più dolce e più affettuoso fina a quando papà non se ne è andato. Non sopportava la casa doppia, non sopportava me perché ero femmina e quindi si è incamminato verso le montagne per trovarsi un rifugio tutto per sé. Una volta al mese la madre e il padre di Jake si scrivono e ogni week-end Roy va a trovare suo padre a nord, verso i pendii. Non riesco ancora a capacitarmi di trovare un Roy affettivo. Probabilmente, e così è, pensa che la causa della divisione con i suoi genitori sia solo colpa mia. Io non riesco mai a togliermi dalla mente questi pensieri soprattutto dopo aver scoperto, una volta, quand’ero in cantina con Jake, che mia madre da ragazza usciva spesso con suo padre. Ci sono, infatti, molte foto di loro assieme, ma non ho mai visto una dove si baciavano e questo mi sembrava al quanto strano. Avevamo trovato miriadi di foto e piccoli documenti sgualciti dove non si riusciva a comprendere un fico secco. Senza farci beccare, così abbiamo preso il mio quaderno degli appunti: il Bond Girl e abbiamo iniziato a fare 0cchi di Gatto e Sherlock Holmes! Indagavo con Jake il più possibile, ma non riuscivamo a comprendere, così abbiamo lasciato in sospeso la cosa e siamo andati avanti con la vita, lasciando nell’angolino anche questi pochi dettagli che avevamo sul motivo per cui il padre dei miei “fratelli” aveva deciso di andarsene. La questione inizialmente era per altro complicata. Roy aveva iniziato a sospettare di quello che tramavamo io e suo fratello, così un giorno riuscì a beccarci e a far cambiare la serratura della cantina a mamma. Non capivo che ci fosse di male, ma entrambe le nostre famiglie erano d’accordo. Non volevano più permetterci di sbirciare, così Roy mi diventò sempre più antipatico tanto che, quella stessa sera gli feci un dispetto. Mi intrufolai di sopra, nella sua camera mentre dormivo e gli colorai i capelli di un blu metallizzato veramente adeguato per i suoi capelli scuri e i suoi occhi verde smeraldo. Si accorse solo l’indomani dell’enorme dispetto che gli avevo combinato. Rimase così con i capelli, per circa una settimana. Non c’era sapone, balsamo, creme o qualsiasi altra cosa in grado di togliergli quel luccichio blu che al sole s’illuminava come il colore del mare profondo. Adoravo quei suoi capelli, ma se li avessi potuti avere anch’io. Mi maledissi perché non gli avevo fatto un disastro l’avevo reso più attraente nei confronti delle ragazze della scuola. Lui invece non la pensava così, tanto che le respingeva una dopo l’altra. Bè, di quello che successe mi ricordo anche che nessun membro delle nostre famiglie commentò, anzi rideva quando lui non li notava. Però comunque non la passai liscia per due motivi. Primo, mi presi una bella sgridata e una grande sculacciata da parte dei miei e mi fecero fare la servetta di Roy, finché il colore dei suoi capelli non sarebbe ritornato normale. Però non mi torturarono molto perché a quel tempo ero solo in terza elementare e lui in prima media. Ovviamente Roy si vendicò, non gli bastavano le punizioni dei miei. Così che quand’ero in prima media mi lasciò rinchiusa nella stanza accanto alla cantina per tutto il week-end dato che i nostri genitori non c’erano, mentre di sopra, lui si sgolava assieme a Jake, e si divertivano come matti con tutta la scuola nella nostra casa. Inizialmente pensai che fosse meglio così, di certo non volevo mettermi in mostra come loro e allora ne fui anche felice, ma quando capii che la pappa non sarebbe arrivata fino quaggiù inizia ad urlare e a strillare, invocando cibo e aiuto. Non che fossi una golosona, ma già l’aria diventava sempre più pesante e poi non avevo neanche una bottigliata d’acqua per dissetarmi. Fu una tormenta. Dovetti aspettare mezzanotte prima che arrivasse qualcuno. Quando vidi Roy ne fui talmente felice che lo abbracciai, cosa alquanto rara. Appena si avvicinò di più, sentii l’odore di birra provenire fin dalle sue narici. Sembrava che non avesse nemmeno ossigeno per respirare! Così, appena si avvicinò alla “cella di detenzione” ne fui felice, ma non per molto. Riuscii a prenderlo fra le mie braccia prima che colasse a terra. Presi la chiave dalle sue mani e aprii la porta a sbarre. Lo presi così per un braccio e lo sbatacchiai un po’. Rimaneva ancora mezzo addormentato, probabilmente nelle sue orecchie rimaneva ancora e solamente il suono assordante della musica. Lo trainai quindi nel mio letto e lo appoggia sopra delicatamente. Non ce l’avrei fatta se avessi dovuto portarlo fin di sopra nella sua camera. Quando mi diressi verso la cucina per spegnere la musica che rimbomba e rimbombava come se ci fosse un concerto in piena regola nel salotto di casa MIA, mi accorsi che non c’era solo la radio da spegnere. Mi sarei fatta la notte in bianco ripulendo casa, perché l’indomani i nostri genitori sarebbero ritornati. Così rimasi per una trentina di secondi con la bocca spalancata e gli occhi tirati. Spensi la musica, dopo il mio stato di trans e poi presi un trancio di pizza e bevvi un sorso d’acqua per mandar giù il tutto. E da lì sarebbe iniziato il bello. Presi scopa, pattumiera, stracci e sapone. Così mi diedi da fare e solo alle tre di mattina era tutto pronto. Ora sarei potuta andare a dormire… a dormire, eh? Sì, ma chi c’era nel mio letto? Quell’intelligente di Roy. Decisi comunque di andare a vedere se la sbornia l’era passata, dirigendomi verso la mia camera da letto. Era accucciato per bene tra le coperte, quasi mi faceva pena svegliarlo, fargli la ramanzina e mandarlo a dormire nel suo letto, così mi distesi sul pavimento, sopra il tappeto e gli rubai un cuscino sotto la sua testa. Mi chiedevo se forse, un giorno avrei mai visto la sua parte dolce, coccola e simpatica, ma per ora ancora niente. Ogni volta che lo vedo, o vedo le lettere di suo padre mi maledico di esserci. Perché dovevo combinare tutto questo? E solo io? Solo perché c’ero?
L’indomani mi svegliai con il sole in faccia, almeno credevo, in realtà era Roy che mi stava guardando sorridente. Ma quando si accorse che ero sveglio tornò subito serio.
“Ciao” gli sorrisi. “Che ci fai nella mia camera?” chiesi.
“Mi ci hai portato tu” mi rispose scrutando la mia stanza con le braccia conserte e uno sguardo cupo, duro ed infastidito, eppure secondi avrei giurato che stesse ridendo.
“Aaaah, sì. È vero… Avevi bevuto!” gli risposi permalosa.
“Mhm! Vedo che ricordi.” mi guardò male e rispose secco. Mentre mi tirai su dal tappeto, lui mi si avvicinò sempre più e io dovetti retrocedere fino a quando non trovai un ostacolo.
pensai tra me. Si sporse invadendo il mio spazio vitale e mi sussurrò all’orecchio un delicato “Grazie!”. Per un secondo mi venne un colpo. Non sapevo se tirargli un ceffone, fare l’indifferente o rimanere impalata a guardare lui che usciva dalla mia stanza senza prima avermi dato un bacio sulla guancia. O forse me lo sono solo immaginato, perché sembrava così delicato che poteva anche esser stata solo la stanchezza. Così, credetti che fosse solo ed esclusivamente quella. Non avrei mai potuto dire a qualcuno che Roy si era addolcito, così le giornate trascorsero e trascorsero, fino ad oggi, ad ora, ad adesso…
   
 
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