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Autore: Red Owl    24/08/2019    0 recensioni
Agnese e Caterina non si incontreranno mai, perché le dividono quasi cent'anni di storia. Eppure hanno qualcosa che le accomuna: qualcosa celato nei boschi che circondano il paesino di San Giorgio della Valle, dove entrambe sono cresciute. C'è un segreto antico, nascosto tra i castagni e le vecchie mura di un paesino della montagna lombarda: Agnese ha scelto di dimenticarlo, Caterina, forse, non l'ha mai conosciuto. Verrà però un giorno in cui entrambe dovranno fare i conti con il passato, quando un nemico subdolo e ingannatore verrà a bussare alla loro porta, alla ricerca di qualcosa che soltanto loro possono dargli.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Oggi

Caterina allungò i piedi nudi sull'erba tenera e mosse le dita, avvertendo sotto di esse la consistenza calda e asciutta del terreno intiepidito dal sole di giugno. Dal lago spirava una brezza leggera, troppo debole per infastidire le persone distese a prendere il sole, ma comunque sufficiente per mitigare la calura estiva.

La ragazza sospirò felice, osservando un gruppetto di adolescenti intenti a disputare una partita di beach volley sulla spiaggetta sabbiosa immediatamente antistante al lago. Con un sorriso, ricordò quando anche lei aveva pensato di poter intraprendere una carriera nel campo della pallavolo, prima di rendersi conto di essere troppo scoordinata per praticare uno sport del genere.

«Non si sta male, vero?» le chiese Michael, sollevando gli occhiali da sole scuri che gli celavano gli occhi.

La ragazza scosse i capelli all'indietro, sentendosi decisamente rilassata. «No, non si sta affatto male» concordò. Certo, non era il mare, ma il lago le parlava comunque di estate, vacanze e intere giornate passate a oziare: era un piacevole diversivo dalla temperatura sempre più rovente che abbracciava la pianura, stringendola in una morsa umida e opaca che si appiccicava alla pelle.

Seguendo con gli occhi una piccola barca a vela che sfrecciava al largo stagliandosi bianca contro le enormi placche di roccia nera che emergevano ripide dall'altra sponda del lago, Caterina spinse lo sguardo più a nord, fino al promontorio di Bellagio, lì dove il Lario si divideva in due rami distinti, e poi ancora più in là, verso le prime montagne dell’Alto Lago, rese azzurrine e sfumate dalla lieve foschia sospesa a mezz'aria. Quando i suoi occhi sfiorarono quei rilievi fatti di speroni rocciosi, boschi di abeti e pascoli verdeggianti, qualcosa in lei si contrasse e la ragazza si sentì improvvisamente annegare in un'ondata di nostalgia. Non erano quelli, i monti tra i quali era cresciuta, ma sapeva che San Giorgio della Valle, il paese natale di sua madre, si trovava in quella direzione. Non ci tornava da troppo tempo, ma i giorni che vi aveva vissuto da bambina erano ancora ben impressi nel suo cuore.

«Tutto a posto?» le chiese Michael, accorgendosi forse del velo di tristezza che era scivolato sul suo volto.

Caterina si riscosse e annuì. «Sì, certo» disse, rivolgendogli un piccolo sorriso. «Stavo solo pensando che è da un sacco di tempo che non vado più nel paese in cui è nata mia madre» spiegò, indicando con un cenno del capo il ramo del lago che puntava verso nord. «Un po' mi manca, quel posto.»

Il ragazzo la studiò con gli occhi socchiusi, poi si mosse sulla coperta di pile su cui era seduto, avvicinandosi un po' di più a lei. «È lo stesso paesino di cui mi parlavi quel giorno che abbiamo fatto colazione insieme in Città Alta? Quello di cui hai dei ricordi un po' confusi?»

Lei inclinò la testa di lato. «Il paese me lo ricordo perfettamente: ho solo qualche vuoto di memoria qui e là. Fatico a ricordare le azioni, non i luoghi.»

Il giovane la guardò come se si aspettasse che elaborasse ulteriormente il suo pensiero, ma Caterina lasciò cadere il discorso e si allungò fino ad afferrare una bottiglia d'acqua mezza vuota. Non aveva voglia di discutere di quell’argomento. Non lì, con gli amici di Michael a pochi metri di distanza: erano persone strane e Caterina gradiva poco la loro presenza.

Le due ragazze, una francese di nome Manon e una giovane milanese che si faceva chiamare Coco, ma che rispondeva in realtà al nome di Carlotta, avevano passato tutto il tempo a digitare furiosamente sui loro cellulari e Caterina aveva avuto la netta impressione che non fossero minimamente interessate a fare amicizia.

Dei tre ragazzi, invece, l’unico che si fosse dimostrato interessato a lei era Lorenzo, un giovane bruno e con le spalle larghe, che le aveva illustrato con somma dovizia di particolari le meraviglie della barca a vela, offrendosi addirittura di portarla a fare un giro, se avesse voluto. Gli altri due, Giorgio e Mirco, l’avevano a malapena degnata di un’occhiata e di una stretta di mano frettolosa.

Non che Caterina se ne dispiacesse, comunque. Le erano bastati cinque minuti per capire che gli amici di Michael appartenevano al genere di persone che aveva sempre cercato di evitare, i ricchi figli di papà eternamente convinti di essere un gradino al di sopra della volgare plebaglia. Schifosissimi fighetti, pensò la giovane, lanciando un’occhiata disgustata alle due ragazze chine sullo smartphone. Manon, la francese bruna, indicava qualcosa con un’unghia laccata di rosso, mentre la bionda Carlotta annuiva piano, le labbra piegate in un sorrisino di scherno.

Caterina non riuscì a reprimere un brivido di repulsione.

«Hai freddo?» chiese Michael, che si era accorto del tremore che le aveva scosso le spalle.

La ragazza fece un segno di diniego, evitando però di spiegare quale fosse la reale causa di quel brivido. «No, ma credo che andrò a fare due passi: inizio a essere stanca di stare seduta.»

Così dicendo, la ragazza si alzò e infilò i piedi scalzi nei sandali di cuoio, chinandosi poi per allacciare il cinturino usurato dall’utilizzo. Semisdraiato sulla coperta scozzese, il giovane la guardò dal basso in alto e poi si mise a sedere. «Hai ragione, farei pure io due passi» fece, stiracchiandosi. «Ti accompagno… se non ti dispiace, ovviamente.»

Caterina, che aveva segretamente sperato che Michael le facesse un’offerta del genere – se non altro per non gironzolare da sola – sorrise. «Ma figurati: vieni pure!»

Quando il ragazzo balzò in piedi rivolgendole un sorriso radioso, l’istinto spinse la giovane a lanciare un’occhiata veloce in direzione di Carlotta e Manon: se la ragazza bionda era completamente assorbita dal piccolo schermo che aveva davanti agli occhi, la francese aveva abbandonato il cellulare e ora stava seguendo i movimenti di Michael. Nei suoi occhi verdi, Caterina credette di scorgere un’ombra gelosa e la cosa la mise immediatamente di buonumore.

«Andiamo da questa parte?» propose Michael, indicando con una mano il sentierino curato che correva serpeggiando tra salici e ontani. «Se non ricordo male, a una decina di minuti da qui c’è un punto panoramico che guarda verso nord: è un posto carino.»

Allettata dalla prospettiva di camminare tra le ombre danzanti che i rami dei salici proiettavano a terra, la ragazza annuì. Quando ebbero percorso poche decine di metri, però, Caterina divenne consapevole dello sguardo di Michael, puntato su di lei. Scostandosi i capelli dagli occhi, gli rivolse uno sguardo cauto. «Sì?»

Lui sorrise di nuovo, ma sul suo volto alla giovane parve di intravedere un moto di incertezza. «Sei silenziosa, oggi» esordì Michael, dopo qualche istante. «Non mi hai detto cosa ne pensi dei miei amici.»

Caterina volse lo sguardo al lago che brillava alla sua sinistra, solo in parte oscurato dagli alberi. «Be’, non mi pareva carino fare commenti su di loro… non in loro presenza, almeno.»

«Ah.» Michael la guardò con fare eloquente. «Quindi suppongo che non ti abbiano fatto una gran bella impressione, eh?»

La ragazza avvampò. «No, be’… Lorenzo sembra simpatico» si affrettò a precisare, con la lingua che inciampava un po’ nelle parole. Quando il giovane non commentò, ma sorrise ironico, Caterina sospirò platealmente e allargò le braccia in segno di resa. «Non sono la gente che frequento di solito, ok? I due… Mirco e Giorgio, se non sbaglio, non mi hanno nemmeno guardata in faccia, quando mi hanno stretto la mano, e comunque mi hanno ignorata per tutto il tempo. E le due ragazze non hanno praticamente alzato gli occhi dal cellulare. Non mi sembrano esattamente la quintessenza della simpatia, ecco.»

Michael parve sul punto di ribattere, ma poi scrollò le spalle. «Non posso darti tutti i torti, in effetti. Ma non sono cattivi, sai? È solo che siamo un gruppo molto unito e per un nuovo arrivato può essere difficile entrarne a far parte.»

Caterina fu sul punto di dire che lei non aveva proprio nessuna intenzione di entrare a far parte della cricca degli amici di Michael – a lei interessava lui, non gli individui che lo circondavano – ma si morse la lingua prima che le parole potessero lasciare la sua bocca. Non essere asociale, si rimproverò mentalmente. ­«Diciamo che la prima accoglienza è stata piuttosto freddina» disse, invece. «Magari la prossima volta che mi vedranno si scalderanno un po’ e smetteranno di fingere che io sia del tutto inesistente?»

Gli occhi del giovane parvero brillare. «Oh, questo vuol dire che ci sarà una prossima volta? L’esperienza odierna non ti ha fatto venire voglia di fuggire a gambe levate?»

Quelle parole solleticarono qualcosa nella sua mente e Caterina si chiese se quello fosse il momento giusto per affrontare una questione che l’aveva angustiata per tutta la giornata. «No, direi di no» disse, cercando di capire quale fosse il modo migliore per introdurre l’argomento. «Anche se, in effetti, ci sarebbe un po’ di gente che sarebbe ben felice, se lo facessi.»

Sul volto del giovane passò un’espressione che la ragazza non seppe interpretare. «Per esempio?» indagò Michael.

Caterina si strinse appena nelle spalle. «Manon. Quando ha visto che siamo andati via insieme, aveva l’aria tutt’altro che soddisfatta.» Non appena ebbe pronunciato quelle parole, la ragazza arrossì, temendo che Michael vi leggesse qualcosa di più di quello che lei aveva voluto intendere. E se adesso pensasse che ho accettato di rimanere da sola con lui perché speravo che succedesse qualcosa? Si chiese, mentre l’imbarazzo le stringeva la gola. Magari pensa che io voglia entrare in competizione con Manon o qualcosa del genere…

Mordicchiandosi nervosamente le labbra, la ragazza cercò di allontanare quei pensieri. Dopotutto, lei e Michael erano rimasti da soli innumerevoli volte, nelle ultime settimane, e mai l’aveva sfiorata il pensiero che il giovane potesse credere che lei avesse un doppio fine. Anche se, in realtà, un fondo di verità potrebbe anche esserci, in quel pensiero.

Con la coda dell’occhio, Caterina studiò la reazione di Michael. Quando questo scoppiò a ridere, però, si voltò verso di lui e lo guardò confusa. «Beh?» chiese, senza capire il perché di quella risata improvvisa.

«Sono più che sicuro che Manon sia più interessata a te, che a me» sghignazzò. «In ogni caso, però, c’è un’altra deliziosa francesina che l’aspetta trepidante dalle parti di Grenoble e non mi risulta che sia attualmente in cerca di un’avventura estiva.»

Caterina rimase in silenzio per qualche istante, sorpresa dalla risposta del giovane. Che strano, pensò. Da come lo guardava, non avrei mai detto che fosse lesbica. Comunque si vede che non sono proprio il suo tipo, perché mi ha schifata alla grande.

«Ah», abbozzò, dopo qualche istante, ­«allora avrò interpretato male la situazione.»

«Direi proprio di sì!» annuì Michael con vigore. Poi il suo sguardo si fece di nuovo acuto. «C’è qualcun altro che vorrebbe opporsi alla nostra fruttuosa e promettente amicizia?»

La ragazza esitò, distratta anche dal tono vagamente insinuante con cui il giovane aveva pronunciato la parola “promettente”. «Ah… Hasim» esalò, poi, provando un inspiegabile senso di vergogna nel pronunciare il nome del buttafuori al cospetto di Michael.

Il ragazzo corrugò la fronte. «Chi?» chiese, gli occhi socchiusi come se si stesse sforzando di ricollegare quel nome a un volto.

«Hasim» ripeté Caterina in un sospiro. «Il buttafuori del Dream. Quello che hai incontrato la sera in cui… ehm, la sera in cui ci siamo conosciuti.»

Michael smise improvvisamente di camminare e sul suo volto passò un lampo di comprensione. «Oh… quel tizio» mormorò, in un tono che alla ragazza parve quasi irritato. «L’hai visto ancora?»

Sentendosi improvvisamente sotto accusa, Caterina incrociò le braccia davanti al petto e si piantò davanti a Michael, le gambe leggermente divaricate come per guadagnare maggiore stabilità. «Be’, ovviamente sì: per quanto poco mi piaccia, ultimamente al Dream ci vado spesso, visto che ci suona la mia migliore amica. Hasim lavora lì, quindi mi è capitato di incontrarlo in un paio di occasioni.»

Michael sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso ironico. «Va bene», concesse, «ma perché dici che quel tipo ha qualcosa contro il fatto che noi due ci frequentiamo?»

La giovane fu tentata di mentire, di dire che Hasim non l’aveva mai interrogata in proposito e che si trattava solamente di sue supposizioni, ma poi decise che era giunto il momento di andare in fondo a quella faccenda. Anche a distanza di parecchie ore, le parole che l’uomo le aveva rivolto la sera prima risuonavano sinistramente nella sua testa e Caterina sentiva che esse avevano creato una microscopica crepa nella fiducia che aveva deciso di concedere a Michael. E questa cosa non va bene, decise, risoluta. Prima sgombriamo il campo da dubbi ed equivoci e meglio è!

Sospirando, la ragazza si passò una mano tra i capelli. «Ieri sera, mentre ero al Dream con un paio di amiche, mi ha chiesto di potermi parlare in privato» confessò. «Per farla breve, Alessandra, la ragazza che suona al locale e che lui conosce bene, gli ha detto che ci stiamo frequentando, per così dire. E Hasim… ecco, mi ha detto che non dovrei farlo. Non so perché, ma sembra convinto che tu non sia esattamente una persona affidabile: non ricordo le testuali parole, ma mi ha praticamente fatto capire che, secondo lui, saresti un poco di buono.»

«Ma si può essere così bastardi?» sibilò Michael.

Quando si rese conto che il giovane non sembrava intenzionato ad aggiungere altro, Caterina gli si avvicinò di qualche passo, arrivando a sfiorargli il torace con le braccia. «Ma io non ho capito una cosa: vi conoscete?»

Il volto del ragazzo si contrasse in una smorfia di frustrazione. «No!» gemette. «Non l’avevo mai visto prima di quella sera al parcheggio e, grazie a Dio, non l’ho più rivisto nemmeno in seguito.»

«E allora perché ce l’ha tanto con te?» insistette la giovane, pur essendo consapevole che difficilmente Michael avrebbe avuto una risposta a quel quesito.

Il ragazzo si strinse infatti nelle spalle. «E che cazzo ne so? Si vede che ha deciso di avercela con me per un qualche motivo!»

«Forse…», azzardò lei, «forse non gli hai fatto una gran bella impressione quella sera nel parcheggio. Se davvero non ti conosce, magari pensa che tu sia uno sbandato o uno che passa le giornate a bere. Non vedo davvero nessun’altra spiegazione.»

Michael sbuffò. «Sì, va be’, è uno che lavora in un locale notturno: hai idea di quanta gente ubriaca incontra, quello, in una settimana? Non so perché abbia deciso di ricordarsi proprio di me.» Il giovane tacque tutto d’un tratto, poi sgranò gli occhi. «A meno che… lo conoscevi già, la sera che ci siamo incontrati?»

Caterina scrollò le spalle. «Solo di vista: ci avevo giusto parlato un paio di volte. Me l’ha presentato Alessandra tempo fa.»

Sul volto di Michael comparve un sorriso tagliente. «Secondo me, quello si è preso una cotta per te.»

L’idea le parve talmente ridicola che Caterina non riuscì a trattenere una risatina. «Eh? Non credo proprio!»

«E io invece ne sono praticamente convinto!» ribatté il giovane, appassionandosi all’idea. «È una spiegazione perfetta, se ci pensi: è venuto a salvarti quando eravamo nel parcheggio, perfetta reincarnazione dell’indomito cavaliere che trae d’impiccio la donzella in difficoltà…»

«… stava semplicemente facendo il suo lavoro» lo contraddisse lei.

Il ragazzo non l’ascoltò nemmeno. «Probabilmente pensava di aver fatto colpo e di certo non si aspettava che noi due ci incontrassimo ancora. Poi ha scoperto che abbiamo continuato a vederci e…» Michael si interruppe, come se il flusso dei suoi pensieri l’avesse condotto in un luogo inaspettato. «Suppongo», riprese, parlando più lentamente, «che abbia equivocato la natura del nostro rapporto e si sia fatto chissà quali film mentali. Credendo di doversi disfare di un fidanzato indesiderato, avrà ben pensato di fare un po’ di insinuazioni sul mio conto. Così, giusto per spaventarti un po’ e spingerti ad allontanarti da me.»

Caterina boccheggiò per qualche istante. «Ma io gli ho spiegato come stanno le cose» si difese, cercando di formulare le parole con una lingua che si era fatta d’un tratto secca. «Gli ho detto che mi hai aiutata a passare un esame…»

«E lui ti ha creduto?» la interrogò Michael, inarcando le sopracciglia.

«Non so» replicò lei. «Suppongo di sì, però. Non ha insistito per sapere se tra di noi ci fosse… ecco, qualcosa.» Nel pronunciare quelle parole, la ragazza sentì il ben noto rossore farsi nuovamente strada sulle sue guance. Odiava arrossire in quel modo: la faceva sentire una ragazzina alle prime armi. La sua pelle terribilmente pallida, però, si comportava come una cartina al tornasole e traduceva in sfumature di colore tutte le sue emozioni. E adesso Michael capirà perfettamente che l’idea di noi due insieme mi fa un certo effetto! Pensò la giovane, lanciando un’occhiata di soppiatto al ragazzo.

In effetti, Michael la fissava come se stesse analizzando il rossore che le macchiava il viso e faceva scolorire le lentiggini che le coprivano guance e zigomi. Le sue labbra si piegarono in un sorriso appena accennato. «Forse, allora», riprese dopo qualche secondo, «si preoccupa di quello che potrebbe accadere in futuro: magari vuole disfarsi di un possibile rivale.»

Caterina ebbe l’impressione di trovarsi su un terreno ripido e scivoloso. La discesa conduceva in un luogo in cui desiderava fortemente arrivare, eppure quel primo passo, lo slancio verso il vuoto a cui non sarebbe poi più stato possibile porre rimedio, la spaventava. In imbarazzo, cercò una risposta che dirottasse la conversazione dalla direzione che Michael aveva voluto darle. «In ogni caso», disse, con voce un po’ strozzata, «è un bene che tu non sia venuto, ieri sera. Non avevo nessuna voglia di assistere a uno scontro diretto!»

Il ragazzo sobbalzò, improvvisamente distratto. «Oh, già! Che cretino: non ti ho più detto perché ieri ho deciso di non venire!»

Con un’esalazione che era per metà di sollievo e per metà di delusione, Caterina sorrise. «In effetti me le devi, delle spiegazioni: ieri mi hai praticamente sbattuta fuori dalla macchina…» disse, cercando di imprimere alla propria voce un tono e un’intonazione normali.

Lui le rivolse uno sguardo dispiaciuto. «Scusami» gemette, giungendo le mani davanti al viso in un cenno di preghiera. «È che sono superstizioso e non mi andava di sbottonarmi troppo. “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”… cose del genere, sai.»

Incuriosita, Caterina inclinò il capo verso una spalla. «Cosa vorrebbe dire?»

Michael sorrise e si lisciò la maglietta con aria di sussiego. «Ebbene, ieri sera ho preferito restare in casa perché stavo aspettando una telefonata importante.»

«Ovvero?» gli resse il gioco lei, che già credeva di aver capire dove sarebbe andato a parare.

«Ho ottenuto uno stage di sei mesi alla Brembo!» annunciò con orgoglio il ragazzo. «I dettagli non sono ancora definiti, ma dovrei riuscire a occuparmi proprio di marketing, il che sarebbe semplicemente perfetto. Non è un lavoro vero, è chiaro, ed è solo per sei mesi, ma è un’azienda talmente importante che anche un semplice stage fa curriculum.»

«Oh, bene!» sorrise Caterina, sinceramente felice per il successo del giovane. «Da qualche parte bisogna pur iniziare, giusto? E poi, finito lo stage, potrebbero sempre tenerti, no?»

Il ragazzo si strinse nelle spalle. «Non so se in questo periodo stiano assumendo, ma uno può sempre sperarci. Per adesso, però, mi va bene così.»

Così dicendo, Michael riprese a camminare lentamente, dirigendosi verso il punto panoramico che aveva menzionato poco prima. Caterina lo seguì, senza riuscire però a scacciare l’impressione che ci fosse qualcosa in sospeso, tra di loro. Il silenzio intervallato dal frusciare delle foglie e dalle grida dei bagnanti era denso d’attesa, e la ragazza sentì montare dentro di sé il bisogno fisico di dire qualcosa.

«Te la sei presa?» la precedette però Michael.

Lei lo guardò, senza capire a cosa si stesse riferendo. «Eh?»

«Ieri pomeriggio, quando ti ho detto che non potevo accompagnarti al Dream: te la sei presa per il fatto che ti ho scaricata senza spiegarti quello che stava succedendo?»

Certo che sì! Pensò Caterina. Tuttavia, ingoiò quella risposta: non aveva il coraggio di parlargli della gelosia che l’aveva colta quando se l’era immaginato in compagnia di un’altra donna. «Ammetto di esserci rimasta un po’ male» confessò invece. «Ho pensato di aver fatto qualcosa di male, magari di essere risultata troppo invadente…»

Michael si voltò verso di lei e i suoi occhi parvero accendersi di una luce calda, quasi in contrasto con il blu profondo delle sue iridi. «Non risulteresti mai molesta, tu» le disse, e Caterina seppe che era assolutamente sincero.

Sentendosi quasi timida, abbassò gli occhi, combattuta tra il desiderio di ristabilire la distanza tra sé stessa e il ragazzo e il bisogno di avvicinarsi ulteriormente a lui. Sospesa in quella sorta di limbo, Caterina non mosse un muscolo fino a quando non sentì le dita di Michael sfiorarle il viso. Il giovane le percorse la guancia in una carezza leggera, scivolando dalla curva dello zigomo fino alla rotondità del mento, e la ragazza sentì qualcosa cedere all’altezza delle ginocchia e un calore liquido raccogliersi al centro del petto.

Quasi per caso, Caterina alzò lo sguardo e inciampò in quello di Michael. C’era qualcosa nel suo volto, nell’essenza stessa del suo essere, che la attirava con una forza ineluttabile, e la giovane ebbe l’impressione che la gola le si facesse più stretta per l’emozione.

«Dici?» chiese in un sussurro involontario.

Michael non replicò, ma mosse il capo in un piccolissimo cenno d’assenso. Quasi come se la voce della ragazza l’avesse spinto ad agire, il giovane fece scorrere un braccio attorno alla vita di lei e l’attirò dolcemente a sé. Caterina quasi incespicò e si sbilanciò in avanti. Le sue mani volarono istintivamente sul petto di Michael e lì rimasero, stregate dal tepore solido che riuscivano ad avvertire attraverso il sottile strato di cotono azzurro della maglietta.

Alla fine, siamo davvero alti uguali, notò in maniera del tutto estemporanea la ragazza, ricordando il dubbio che l’aveva assalita quando il giovane le si era parato davanti nel parcheggio.

Ma le circostanze ora erano mutate e, senza che lei se ne accorgesse, Michael si era fatto più vicino. Caterina fece appena in tempo a risucchiare un mezzo respiro tremulo che le labbra del giovane si posarono sulle sue, morbide e calde. Per uno o due secondi, tutti i pensieri parvero evaporare dalla testa della ragazza, che rimase sospesa in uno stato di deliziata sorpresa. Poi si rese conto di quello che stava accadendo e un gemito leggero si levò dalla sua gola. Istintivamente, Caterina socchiuse la bocca e i denti di Michael si strinsero delicatamente sul suo labbro, facendola rabbrividire.

Proprio mentre le dita della ragazza affondavano nella stoffa della maglietta del giovane, quello si allontanò dalle sue labbra e retrocedette di mezzo passo. C’era un’ombra di incertezza, nei suoi occhi, e Caterina provò un profondo moto d’affetto nei suoi confronti.

Non era mai stata una persona che amava fare il primo passo, ma, giunti a quel punto, non vedeva il senso di prolungare oltre l’attesa e di prestare orecchio ai dubbi che la stringevano con tentacoli sottili e taglienti.

Michael socchiuse la bocca, forse avrebbe voluto dire qualcosa, ma le mani della ragazza si strinsero sulle sue spalle e la giovane lo attirò a sé, baciandolo di nuovo. Lo sentì sorridere contro le sue labbra e poi il braccio che ancora le circondava la vita si fece più forte, mentre l’altra mano di lui saliva tra i suoi capelli, arrivando poi a posarsi sulla sua nuca. Quando il ragazzo approfondì il bacio, Caterina si sentì leggera e al tempo stesso incredibilmente pesante: si spinse verso di lui, unendo il petto con quello del giovane, come se solo quel contatto caldo fosse in grado di tenerla ancorata alla realtà.

La mano di Michael si strinse sulla sua vita, quasi possessiva, e, per tutta risposta, Caterina gli morse le labbra, facendolo sussultare per la sorpresa. Michael si staccò da lei e rimase per qualche istante con la fronte appoggiata a quella della giovane, gli occhi scintillanti e sulle labbra un sorriso che gli illuminava il volto.

Anche Caterina sorrise, sentendosi stordita e incredibilmente fortunata a essere lì, con un ragazzo così bello che, per qualche oscura ragione, ricambiava il suo interesse. Michael le accarezzò di nuovo il viso e strofinò il naso contro quello di lei, strappandole una risatina.

«Allora», sussurrò il ragazzo, con voce leggermente roca, «hai visto che Hasim faceva bene a preoccuparsi?»

Ancora sconvolta da quel bacio tanto desiderato quanto insperato, Caterina riuscì solo a scuotere il capo con aria di finto rimprovero.

 

   
 
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