あなたに負けた
(Anata ni maketa)
Lost On you
Note pre fic: l’ispirazione è venuta grazie alla canzone Lost on you di LP, e di una traduzione sommaria che ha fatto il mio cervello e che non corrisponde proprio a quella vera.
Let's raise a glass or two
To all the things I've lost on you
“Haruko
brindiamo” la mia voce è più profonda
rispetto a quella che avevo al liceo, e
la giovane donna che ho davanti non è più quella
priva di malizia e un tantino
ingenua di cui mi ero follemente e perdutamente innamorato. Lei prende
il suo
bicchiere di vino, mentre io impugno una pinta di birra scura, scura
come il
mio umore. Lei non sa che io so, e l’ho portata in questo bel
locale alla moda.
Non sono stato un talento precoce come Rukawa, ma anch’io
sono stato ingaggiato
in NBA, lui ha saltato la trafila dei campionati universitari, si
è trovato
catapultato in questo circo, perché non è
più solo basket, ma sono gli sponsor,
è l’immagine che conta, e lui è sempre
così bello e irraggiungibile, ma non
siamo qua a parlare di lui e dell’impeccabile impressione che
fa ai media
americani. Io non sono riuscito a tenermi fuori dalle cronache rosa, ma
le
uniche cose che sono uscite su di me è che sono un bravo
ragazzo fidanzato con
la ragazza del liceo ormai da una vita. Sulla nostra relazione ho
investito il
mio tempo, il mio amore, le mie emozioni, il bene il male, come nelle
promesse
matrimoniali, ci sono sempre stato per lei, e i primi anni, quando
eravamo
ancora in Giappone è stato così. Siamo stati per
un periodo io e lei contro il
mondo, poi siamo arrivati qua, e ho cominciato la mia carriera da
professionista a venticinque anni, e lei è cambiata, lei ha
cominciato ad
uscire per club tutte le sere, per tutta la notte, ha cominciato a
vedersi con
molte, moltissime “Amiche” se pensa che io sia
stupido ha sbagliato, sono solo
stato innamorato, ma l’amore è un sentimento su
cui investi, su cui lavori ogni
giorno. Ci sono state molte giornate no, all’inizio ero
quello nuovo, quello
che parlava inglese e che alcune espressioni americane proprio non le
capiva, e
per loro parlavo troppo velocemente. Poi mi sono abituato a loro e loro
a me, e
abbiamo fatto squadra, e sono diventato un pilastro per la mia squadra,
sono
alle soglie dei trentanni, e qualcuno potrebbe chiosare che sto
diventando
vecchio per questo gioco. Ma non sono vecchio per il basket, ma sono
solo più
vecchio, più noioso, per quanto riguarda il rispetto e
l’amore. Io ho perso le
mie emozioni inseguendola, dandole possibilità di spiegarsi,
dandole tutto il
tempo che le serviva “Sai Hanachan stiamo aspettando un
bambino” la guardo e
sgrano gli occhi nocciola. “Di grazia, amore, io non sono
così geniale da
mettere incinta qualcuna con la mia sola presenza ed è un
anno che non facciamo
sesso, in quale universo vivi? Credi di incastrarmi così?
Possiamo uscirne bene
tutti e due o meno” le dico e alzo nuovamente il boccale,
siamo in un pub, la
musica soffusa e un sacco di tavoli, e siamo al mio preferito, quello
sul
fondo, quello da cui posso osservare questa variopinta serie di persone
che si
diverte, o prova a dimenticare, o entra per curiosità, qua
il basket trasuda da
ogni muro. Un paio di colleghi hanno rilevato questo posto che stava
fallendo,
ma che è sempre stato il locale del Basket di questa
bellissima città, è a poca
distanza dal Dome. Lei mi guarda stranita “brindiamo a tutto
quello che ho
investito sulla nostra relazione e che ho perso” lei mi
guarda con astio adesso
“Tu vuoi fare uno scandalo e mettere in pericolo la mia
carriera, e io voglio
impedirtelo, quindi cara e dolce Harukina cosa vuoi per sparire dalla
mia vita,
anzi cosa volete tu e il tuo adorato fidanzatino, non fare quella
faccia, te
l’ho detto non sono stupido, so che te la fai con lui da
molto tempo, e che non
è un tuo amico gay, e non è nemmeno
più un mio amico.” “Bene, vai subito al
sodo”
dice lei “Non siamo più dei ragazzini, io non
voglio più stare con te, mi hai
svuotato di ogni emozione, e tu non vuoi stare con me da quando siamo
arrivati
qua, e non so se la tua storia con lui sia iniziata prima del nostro
trasferimento qua” scrollo le spalle “Non mi
interessa in realtà” aggiungo e
lei sorride, un sorriso tirato, di circostanza “Bene,
vogliamo un assegno di
mantenimento, tu guadagni bene e ci accontentiamo del 10% del tuo
stipendio
mensile.” la guardo e faccio qualche calcolo, e non sono mai
stato così ingenuo
da dirle anche le mie entrate attraverso gli sponsor, adesso sono
ricco, sono
riuscito a comprare una bella casa a mia mamma e a darle la
stabilità economica
che si merita. “Bene, metteremo per scritto tutto, ho fatto
preparare i fogli
al mio avvocato, e ho pensato al 15%, però tu dovrai firmare
e seguire tutte le
clausole , e mi sono permesso di invitare una persona
“Noma” saluto il nuovo
arrivato e gli faccio segno di sedere, gli riempo un bicchiere di vino
“Brindiamo” ripeto “A tutte le cose che
ho perso grazie a voi, alla vostra
felicità e a vostro figlio. Voi firmerete
l’accordo, e lo seguirete alla
lettera, tiene conto della legislatura americana e giapponese, quindi
vedete di
non fare i furbi” li avverto sorridendo e finendo la mia
pinta. Loro due
sembrano basiti, da una cartelletta che avevo poggiato a fianco a me,
sulla
quarta sedia di questo tavolo quadrato. “Bene servono le
firme dove ci sono i
post it a forma di freccia, di entrambi.” dico e il mio amico
Noma cerca di ribattere
“E se non firmiamo?” sorrido “Io le
chiederò di sposarmi al Dome e lei a quel
punto avrà due possibilità da cui
uscirà male entrambe le volte, sposarmi e
firmare un accordo prematrimoniale oppure rifiutarmi in diretta tv in
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stati.” sorrido e lui sembra accogliere questa mia minaccia
come tale.
“Perfetto” firma in tutti gli spazi dopo aver letto
e così fa anche Haruko, ci
sono cinque copie che provvedo a firmare anch’io
“una per uno, queste sono
vostre, nel caso aveste dei dubbi”. Loro due fanno segno di
diniego con la
testa. Loro non sanno che questi soldi andranno in un fondo fiduciario
a nome
del bambino gestito dal mio avvocato, non hanno letto, così
allettati dai miei
soldi. A loro andrà solo una piccola parte della somma per
poter vivere dignitosamente.
Mi alzo e faccio un piccolo inchino, un refuso della mia vita in
Giappone “Ora
se volete scusarmi, vado a godermi la mia prima sera da scapolo dopo
quasi
quindici anni” mi lecco le labbra lentamente e mi allontano
da loro due. Non
voglio più avere a che fare con loro, ma prima di congedarmi
completamente “Vi
conviene tornare in Giappone, sapete ho qualche prova del vostro
tradimento,
prove che risalgono fin dal secondo mese della nostra permanenza qua.
Ho
provato a darti una seconda possibilità ad ogni litigata, ho
provato a farti
confessare, ma tu nulla, e io ho pensato che fosse solo una questione
fisica,
ma poi ho visto foto, che una fotografa di un giornale, che prima di
pubblicare
le foto mi ha contattato, e mi sono reso conto che voi facevate, o
eravate
fidanzati, e io ero solo il tuo bancomat Haruko. Ora tutto quello che
ho perso
con te è andato, ma non hai più nessun potere su
di me. Non sono più uno
stupido innamorato. Solo ingenuo”. Stavolta mi allontano e
non rivolgo più
nemmeno lo sguardo a quei due.
Vado
al bancone e mi siedo in modo sgraziato “Qualcosa di
forte”. “Ramirez fa un the
verde al signore” una voce familiare chiama il barman, alzo
lo sguardo e i miei
occhi si specchiano in dei pozzi blu, profondi, le Fosse delle Marianne
della
sua anima tormentata. “Kitsune” lui mi sorride
alzando solo i lati
della bocca “Do’hao” sono quasi
affezionato a quel soprannome “Perché
Do’hao” gli chiedo dopo tutti questi anni
e lui mi risponde con una domanda “perché
volpe?” parliamo in inglese per
abitudine ormai, ma come al solito lui non è molto loquace,
almeno non ci
stiamo menando. “Un the verde signore?” e lui
annuisce “Si, domani qualcuno ha
gli allenamenti prepartita” un ispanico sulla ventina ci
guarda “Ok capo,
andate al solito tavolo” e Rukawa annuisce “Dai
andiamo nel mio ufficio” mi
sprona a seguirlo, il suo ufficio è nella zona dei
divanetti, quello più
appartato “La tua tana?” e lui annuisce, sul tavolo
un pc e un po’ di
scartoffie. “Non amo i luoghi troppo chiusi”
aggiunge e io ridacchio “solo le
distese artiche?” e lui sbuffa “me la devi spiegare
questa” ripete e io mi
butto sul divanetto con poca grazia, e lui si siede poco lontano
“Vorrei
sbronzarmi” gli dico e lui scuote la testa “Non
sarebbe divertente stracciarti
se ti facessi ubriacare stasera” inclino la testa da un lato,
adesso siamo
uomini non siamo più ragazzi, o ragazzini, siamo cresciuti,
e con lui il tempo
sembra si sia fermato a quel giorno del terzo anno, dopo la fine del
campionato
nazionale estivo che abbiamo vinto insieme, lui come capitano della
squadra e
io come vice, avevamo fatto una tregua. Lui aveva fatto un camp negli
Stati
Uniti “Sono stato la quattordicesima draft e andrò
a giocare in NBA” era
entusiasta lo avevo imparato a conoscere in quei tre anni come compagni
di
squadra, sono rimasto folgorato da quella notizia.
“Diventerai capitano, e mi
raccomando vinci il campionato nazionale” lo guardo adesso
come allora
estasiato da quei lineamenti così perfetti da sembrare
scolpiti nell’alabastro
più puro e privo di imperfezioni. “Va bene, vada
per il the verde” e lui
sorride, sul serio stavolta e ne rimango incantato, negli anni a scuola
gliel’ho visto fare giusto qualche volta
“Genmaicha, il tuo preferito,
direttamente da casa, me lo manda mio zio” strabuzzo gli
occhi “ancora te lo
ricordi?” e lui sospira e distoglie lo sguardo, peccato, mi
son sempre piaciuti
i suoi occhi, così esotici. “Sei una volpe, ma non
una volpe rossa, sei una
volpe artica, sei sempre stato gelido, non hai mai considerato nessuno
alla tua
altezza, e sei così irraggiungibile, non lo so, sei furbo, e
risolvi sempre i
tuoi guai da solo.” scrollo le spalle. “Lo sai che
le volpi sono monogame?” mi
chiede e io scuoto la testa, ormai tengo i capelli rossi di media
lunghezza e
si muovono con i movimenti della mia testa, senza però
infastidirmi quando
gioco, lui ha un taglio migliore rispetto al liceo, e fa ancora
più conquiste,
ma nessuno è mai riuscito a trovare foto compromettenti su
di lui in compagnia
di chicchessia. “Sei misterioso come quelle volpi”
aggiungo. Lui sospira e
sembra voler dire qualcosa ma poi si blocca “Tutto ok con
l’Akagi?” mi chiede e
io crollo, non riesco ad essere lo stesso, sono dilaniato, non mi rendo
nemmeno
conto dell’arrivo del barman con due tazze di the e tutto il
necessario per
prepararlo. Percepisco i movimenti di Rukawa ma non metto a fuoco,
scoppio a
piangere “L’ho lasciata e le ho fatto firmare un
contratto” sento una mano
calda che mi carezza la testa “giravano le voci
nell’ambiente lo sai?” annuisco
“Ho investito tutti i miei sentimenti su di lei, volevo una
storia bella come
quella dei miei genitori, le ho perdonato le scappatelle, i club, e le
scenate
di gelosia una volta a casa.” comincio ad aprirmi con la mia
nemesi, lui
continua la carezza lenta sulla mia testa e mi sembra una cosa tanto
giusta.
“Sai, ero innamorato, ora penso di essermi innamorato
dell’idea che mi son
fatto di lei, ma non mi hai detto perché continui a
chiamarmi Do’hao” alzo lo
sguardo per vedere lui che abbassa il proprio sulle tazza di the in cui
sta
versando il contenuto della teiera, mi porge una tazza e si nasconde
dietro la
sua. “Sono uno che osserva molto e agisce poco” mi
spiega e questo l’ho capito
anch’io negli anni, all’inizio pensavo fosse sempre
addormentato, invece spesso
lo sembrava e basta, le orecchie volpine ad ascoltare le persone.
“Non mi sono
mai fidato delle persone, e quindi le ho sempre studiate prima di
approcciare
qualcuno” ridacchio, “ti rendi conto che fai il
solitario anche qua” e lui
annuisce “bene tu hai dichiarato il tuo amore per una che io
ho etichettato
come arrivista, arrampicatrice sociale, e in cerca di attenzioni la
terza volta
che l’ho vista, come non chiamarti
Do’hao?” lo guardo assottigliando gli occhi
“tu, avevi previsto?” gli chiedo e lui scuote la
testa “No, con te sembrava
sincera, almeno al secondo e terzo anno, speravo di essermi
sbagliato.” si
lecca le labbra lentamente. “Speravi di esserti
sbagliato?” sto scoprendo un
uomo diverso da quel ragazzino impaurito dalla vita che è
partito da Kanagawa
con una sola valigia e tanti sogni. “Sei una delle poche
persone che ho fatto
entrare nella mia vita” si mordicchia il labbro e poi
sorseggia la bevanda
calda e io faccio altrettanto “Ho sempre sperato che almeno a
te le cose
andassero bene su quel frangente” sospira e io lo osservo
“Sono una volpe, sono
monogamo, mi sono innamorato e l’uomo che amo non fa
altrettanto” lo dice come
si potrebbe leggere l’orario di un treno e sento qualcosa
dentro di me
incrinarsi “Per questo non sei stato visto con
nessuno?” chiedo e lui annuisce
“ho fatto entrare qualche persona nella mia vita, ma non
riesco a volere nessun
altro.” Mi spiega e io sono più confuso di prima,
e più addolorato. “Scusa, non
parliamo di me, ne ho abbastanza” dice ma ora ha acceso la
mia curiosità “Perché
non gli dici niente?” l’ho sempre saputo che fosse
gay dopo una sfuriata che un
mio amico definirebbe la sfrantiata, la sfuriata sfranta ha detto
davanti a
tutta la scuola e soprattutto a quelle invasate del suo fan club
testuali
parole “Lo volete capire che mi piace il cazzo, e voi non lo
avrete mai?” sono
dovute venire delle ambulanze per gli svenimenti di massa, e poi ha
continuato
a ricevere lettere adesso dalla popolazione maschile e a tutti ha
comunque
rifiutato con maggior delicatezza rispetto a come faceva con le
ragazze, ma non
ha mai accettato nessuno. “Non sono il suo tipo, ho qualcosa
di troppo tra le
gambe, e non sono abbastanza per poterci solo provare” lo
guardo stranito, è un
campione nel NBA da più di dieci anni è
bellissimo, così bello da sembrare
scolpito nella pietra da mani abili, e non si sente abbastanza, e se
lui non è
abbastanza io cosa sono? Sospiro e lo guardo “Magari
riusciresti ad andare
avanti” gli dico con un filo di voce e lui mi guarda, la sua
espressione adesso
è impregnata del suo dolore, ed io mi nascondo nel mio the
finendo di berlo.
“sfogati, non pensare a me” dice e stavolta si
avvicina di più a me e mi fa
poggiare la testa sulla sua spalla solida. “Sei tu quello che
sta soffrendo”
dice e io non capisco come faccia. Riuscire ad entrare nella sua
cerchia di
conoscenze è difficile, ma è di una
lealtà estrema, e poi ha queste braccia
forti che sembrano fatte per gli abbracci e il suo dopo barba mi sta
inebriando, sento una carezza sulla schiena mentre piango sulla sua
spalla.
“Avrei voluto che quel figlio fosse mio, vorrei un
figlio” lui mi stringe a se
e poggia le sue labbra sulla mia testa. Sento il calore del suo corpo
solido,
forte e così virile, che mi culla e mi sembra quasi un
balsamo sulle mie
ferite. Siamo sempre i soliti due animali selvatici, che agiscono per
istinto,
per un momento quando ho scoperto della gravidanza di Haruko mi son
chiesto CFR
cosa farebbe Rukawa, il freddo e calcolatore, e sono andato
dall’avvocato in
modo da poter concludere la mia relazione con lei, e poi scopro che
invece lui
non è così calcolatore, o almeno non lo
è adesso, in questo momento è solo un
amico che consola un amico. “Quello che mi fa più
male è che Noma si
professasse gay e che fosse mio amico” mi carezza i capelli
nuovamente “non
tutti quelli che dicono di essere tuoi amici lo sono, così
come quelli che
dicono di essere tuoi nemici lo sono.” Mi dondolo nel suo
abbraccio e riesco a
versare tutte le mie lacrime, quelle di frustrazione, quelle di dolore
per il
tradimento, quelle della perdita del figlio che non è
nemmeno mio.
“Puoi
sempre adottare” mi dice ancora con le labbra tra i miei
capelli “faresti
felice un bambino o una bambina” mi da un bacio, o almeno
sembra che mi abbia
baciato sulla testa, non capisco più niente devo guardarlo
in viso, lo stacco
da me con delicatezza infondo ci comportiamo spesso come se fossimo
selvatici,
e forse lui un po’ lo è
“Guardami” gli dico e noto che anche lui ha pianto,
ma
il suo volto sembra tranquillo. “Perché”
scuote la testa “ho sentito come se il
tuo dolore fosse mio” sono sempre rimasto stupito
dall’empatia di questo
ragazzo, sembra sempre senza emozioni, invece riesce a sentire quelle
degli
altri come se fossero sue, e non vuole essere letto, e non ne mostra in
modo da
non attirare l’attenzione, ma come si fa a non dare
attenzione a un tipo così
talentuoso e particolare? “Il tuo amore deve essere stupido
per non rendersi
conto di te” lui mi sorride amaro “Spero che vada
meglio” e annuisco “Sai non
avevo pensato, in questo stato anche i single possono
adottare” vedo che si
rilassa “ora devo andare a fare un po’ di presenza
al banco o il mio socio mi
distrugge, visto che sono così poco in
città” inclino la testa da un lato, il
suo socio è il capitano della mia squadra, è
più grande di noi ed uno straniero
anche lui, viene dal Canada, e bo i canadesi sono così
polite, che non sai mai
come fare con loro. Ha giocato con Kaede mentre io ero ancora a cercare
di
farmi strada in Giappone, e poi quando lui è andato a
giocare altrove son
arrivato io in squadra e il capitano ha preso anche me sotto la sua ala
protettrice. Il mio ex compagno di squadra e prossimo avversario mi
lascia solo
a questo tavolo a rimuginare ancora sul mio cuore che avevo affidato a
quella
che si è rivelata la peggiore scelta della mia vita. Le
sarò sempre grato per
avermi fatto innamorare del Basket.
Parole Sparse
Ok ed eccomi ad iniziare una nuova fic, prometto che finirò anche le altre!
Niente è un momento in cui devono uscire parole, sono in fase logorroico/grafomane
SYS