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Autore: dispatia    26/08/2019    1 recensioni
[negativeshipping | per il contest "verdadeiras cores" di Carachiel, pacchetto grigio]
C'era del bello nel dare poesia alle cose corrotte. Yuma lo aveva imparato danzando nel grigio di un amore rosso pallido, esitante su se stesso, che cresceva inciampando e sanguinando. Lo aveva capito quando aveva tentato di trattenere Vector dal buio della morte, e lo aveva davvero apprezzato soltanto quando per la prima volta aveva visto i suoi occhi illuminarsi di una luce pura e sincera, bagnata di una triste malinconia di cose che potevano ma non erano state.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bekuta/Vector, Yuma/Yuma
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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VUOTO IN TRE ATTI
 
 
Era una farsa divertente quella che si era creata. Un patetico spettacolo giocato a due, malato e contorto per il piacere di anime dannate senza volto e senza nome.
Non era stato costruito sul nulla, certo che no; era stato plasmato nella pioggia torrenziale per essere impreziosito dalle lacrime e pensato nel caldo torrido dell'estate per bruciare la pelle di una passione sconsiderata e maligna. Il copione era stato battuto a macchina da emissari d'ombra, affinché fosse la piena delizia di ogni spettatore.
Esisteva forse modo migliore di alzare il sipario se non nel buio più totale e indesiderato di un'eclissi solare?
Il sole, nell'arco di cielo dove avrebbe dovuto splendere, aveva deciso di sparire, sdegnando il suo sguardo dai milioni di attoniti; non era stato previsto, quel buio - che strano - ed era avanzato nel silenzio di una condanna a morte.
C'era del bello nel dare poesia alle cose corrotte. Yuma lo aveva imparato danzando nel grigio di un amore rosso pallido, esitante su se stesso, che cresceva inciampando e sanguinando. Lo aveva capito quando aveva tentato di trattenere Vector  dal buio della morte, e lo aveva davvero apprezzato soltanto quando per la prima volta aveva visto i suoi occhi illuminarsi di una luce pura e sincera, bagnata di una triste malinconia di cose che potevano ma non erano state.
Atto primo, due anime si macchiano a vicenda.
Il bianco allungava le dita smaniando, tremando, fremendo e pregando per afferrare l'epicentro del buio; il nero gridava e si contorceva nello straziante terrore del fuoco che marchiava la pelle. E mentre l'angelo si macchiava le braccia di ogni impurità per santificare quel che rimaneva di un'ombra, donandogli una nuova salvezza, quella si chiedeva che cosa spingesse un seme fra le rocce ad insistere a spingersi verso il sole.
Come potevano diventare una rosa, se si pungevano delle loro stesse spine?

C'era il sole, e c'era Yuma con la testa sul suo petto; c'era la luna a coprirlo col proprio manto, e c'era Vector che respirava piano, per non turbare i singhiozzi regolari.
Non sapeva a che punto si fosse reso conto che il suo dolore era divenuto il proprio; era semplicemente successo, e le loro anime si erano fuse assieme senza lasciargli scelta.
E allora poteva solo ripetere quel dolce miele avvelenato, lasciarlo colare dalle labbra nelle sue, che fosse per la lingua biforcuta o per gli occhi incantatori; « Ti amo »
A forza di ripeterlo ogni volta che nella mente spezzata si affacciavano i dubbi non sapeva più se lo dicesse per convinzione o per essere convinto. Stringeva quel corpicino fra le braccia, passava le dita fra i capelli, e si rifiutava di scavarsi dentro per paura di cosa avrebbe potuto trovare sotto quello strato di giallo che Yuma gli aveva accuratamente dipinto sul petto. Temeva che se si fosse aperto la serratura che aveva saldamente chiuso a doppia mandata, e si fosse spalancato il petto, avrebbe visto nient'altro che il battito putrefatto girare a tempo di marcia funebre.
Era così bella, quell'anima pura, che non voleva lasciarla andare via. Era il suo prezioso canarino in gabbietta che cantava un canto paradisiaco ogni volta che ne aveva bisogno, curandogli le ferite con nettare e ambrosia. Vedeva il suo piumaggio sporcata dalla fuliggine dalle sue stesse mani, ma non poteva farci nulla, perché era l'unica strada per riavere le proprie ali.
Farlo cadere, per tornare in Paradiso.
Era stato quello il suo primo pensiero.
« Ti amo anch'io »
Era buio nella stanza, non avevano acceso la luce. Non sapevano quanto sarebbe durata quell'eclissi, non sapevano fra quanto il sole sarebbe tornato a splendere.
Non sapevano per quanto sarebbero stati in quella stasi di un grigio stentato, nella confusione e la paura di capirsi davvero.
Yuma poteva solo chiudere gli occhi e avvertire l'altro con ogni senso, per non perderlo in quel mare di catrame che vedeva davanti a sé. Ascoltare ogni suo fruscìo, assaporare ogni secondo, sentire il suo profumo nelle narici e toccare la pelle delle sue mani, stringendola, intrecciandola, cercando di diventare un'unica cosa con lui.
Era bello, ma faceva male.
« Ma mi ami davvero? »
Atto secondo, le due anime ricercano loro stesse.
Il diavolo aveva cercato per tempo le sue corna, spaventato del suo peccato. L'angelo aveva a lungo pianto la sua aureola, dolendo del suo errore.
Il nero si era reso conto di essersi sbiadito; e ne piangeva.

« Perché? »
Forse sarebbe stato più accurato il silenzio, mentre scorreva lentamente ogni angolo di quel posto per non incrociare il suo sguardo, ora puntato sul suo viso.
La risposta era sì, ma lo soffocava.
La risposta era no, ma lo uccideva.
E cosa poteva fare, se non scappare come il codardo che era, Vector, scappare finché tutto non finiva?
« Perché? »
La confusione nella sua voce lo costringeva a una risposta. Un semplice bivio, due scelte, nessuna alternativa. Qualsiasi cosa avesse detto era definitiva, e per qualcuno come lui, distaccato da se stesso pur di non soffrire, sarebbe sempre stata una bugia.
E davanti a quegli occhi di rubino, così colmi di speranza, di quieta ma forte energia vitale, Vector, il peggior peccato che Yuma potesse commettere, non poteva mentire, per la prima volta in vita sua.
« Non ti fidi di me? »
Prendeva tempo, come aspettando che tornasse la luce e tutto fosse obbligato a finire. Era un pensiero sciocco, infantile; sapeva che quella domanda sarebbe rimasta per sempre nell'aria, anche quando entrambi fossero tornati a colori.
Yuma si alzò dal suo petto, e subito lui sentì il vuoto tornare a riempirlo.
L'angelo era ogni cosa buona gli fosse mai successa, l'unico motivo per il quale dal cattivo della storia era stato trascinato ad essere la spalla dell'eroe.
Coscientemente sapeva che entrambi si stavano snaturando per incastrarsi a vicenda, che lo stava distruggendo, ma solo vederlo sorridere bastava a illuderlo di mille cose, accecandolo all'unica verità; come vederlo piangere bastava a fargli capire quale fosse l'unica cosa da fare per il bene di entrambi.
« Certo che mi fido di te »
Era vero. Era orribile, ma faceva bene.
Si guardarono negli occhi, e Vector decise che strada prendere al bivio.
Atto terzo, verità.
Lo scorpione sarà sempre se stesso, anche a costo di pungersi col suo stesso veleno.
Ogni spettacolo deve giungere alla propria conclusione; gli epiloghi possono solo essere, per storie destinate a rimanere sospese o concludersi in un taglio netto

Lentamente i primi raggi del sole iniziavano a intrufolarsi nella stanza, scivolando come pigri serpenti dorati dalla finestra lasciata aperta.
Tutti riprendevano a respirare come dopo un'apnea, rilassando i muscoli e ricominciando a parlare.
Era stato il silenzio più pesante della storia di Heartland, ma nessuno era sicuro del perché.
Qualcuno disse che era un segno del destino, che era successo qualcosa - o che sarebbe successo. Si parlò a lungo dell'evento straordinario, trasmesso addirittura in televisione. Nessuno sapeva spiegarsi un'eclissi improvvisa, o la sua netta durata (undici minuti, undici secondi, undici millisecondi), come la sua improvvisa scomparsa.
Vector, che di quella storia ne aveva capito più degli altri, non ne parlò mai più. Neanche Yuma, del resto.
In fin dei conti, gli spettatori si erano saziati degli eventi già narrati. A che valeva esprimere chiaramente un finale?
Certe cose erano più belle solo se lasciate nel loro limbo.


spazio dell'autrice

Ehi, qui è Stella, dopo tanto, tantissimo tempo (anni, ormai). Ho cambiato user da shiamachy a dispatia per una questione di comodità, nulla di più.
Passando alla storia, sono un po' nervosa nel pubblicarla, perché era davvero tantissimo tempo che non scrivevo una ff (o che in generale non scrivevo con un'idea precisa in testa). Sono sicura ci siano tantissimi errori, probabilmente più stilistici che di battitura, ma non volevo passare ore a scrivere e riscrivere. Prendiamoli tutti come una cosa leggera insomma.
Ho scelto la negative perché è una delle mie ship preferite onestamente, per la dinamica che ci corre (friends to enemies, enemies to friends, friends to lovers) che la rende assurdamente facile all'angst.
Ogni aiuto/recensione è largamente apprezzato, ovviamente.
Grazie per aver letto <3

[se vi state chiedendo cosa ne sarà dell'altra mia fic in corso: continuerò a lavorarci, appena troverò una ship crack che mi ispiri abbastanza. Inoltre sto lavorando sul ripubblicare 'un anno da incubo', ovviamente riscritto e migliorato]
- Stella

 
   
 
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