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Autore: IfIWas    27/08/2019    1 recensioni
Dal prologo: Mi chiamo Frank Iero, e da quando ho deciso che era arrivato il momento di prenderne in mano le redini della mia vita, ho sempre fatto scelte che poi mi si sarebbero ritorte contro.
Non che mi reputi proprio un perfetto idiota incosciente e irresponsabile, ma quasi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Jamia Nestor, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Buongiorno signor Iero” Mrs. Cabello mi accolse gentilmente non appena arrivai in perfetto orario, come era nelle mie abitudini ogni mattino.
“Buongiorno professoressa Cabello”
Salutai educatamente, ma con fare un po’ civettuolo, come al mio solito, sperando che quel fascino che generalmente mi era d’aiuto nella conquista delle ragazze, mi avrebbe anche fatto guadagnare una A+ al prossimo esame di spagnolo. Naturalmente scherzavo.
Padrone della mia sicurezza, camminai approfittandone per improvvisare una sfilata davanti alla cattedra, e con gli occhi di tutti gli altri miei compagni di classe puntati addosso come da copione, raggiunsi il mio banco regalando qualche sorriso anche a chi normalmente reputavo un povero sfigato.
Quella mattina chissà perché ma mi sentivo di buon umore più degli altri giorni.
Era come se persino il sole, sorgendo e illuminando tutto, avesse voluto dirmi di stare sereno e di essere felice, perché quella settimana non me la sarei mai dimenticata. E no che non lo avrei fatto, infatti ancora non lo sapevo, ma presto lo avrei capito.
Così con i miei buoni presentimenti aprii il mio libro a pagina 50 e alzai la mano per richiamare l’attenzione su di me.
“Si, signor Iero?”
“Vorrei cominciare io con la lettura oggi, se non le dispiace” esclamai con l’energia di una scolaresca dell’asilo che mi sprizzava da tutti i pori.
“Por supuesto que si Ieri, puedes empezar, y todos los demás deben prestar atención”
 
Jamia Nestor era da sempre la mia migliore amica.
I miei genitori lavoravano con i suoi da anni, ma in realtà era da quando avevano la nostra età che si conoscevano. Le nostre madri erano state migliori amiche ai tempi del liceo, e così lo era per i nostri padri. Inutile dire quante furono le uscite a quattro alle quali parteciparono tutti insieme.
Tutti e quattro erano imprenditori, avevano studiato economia nella nostra stessa scuola, una delle più prestigiose del mondo se proprio vogliamo precisare, e ben presto decisero che per la forte fiducia che si erano da sempre scambiati reciprocamente erano disposti a tentare di collaborare per creare un’azienda di loro proprietà.
E così fecero, partendo da zero, da una semplice start up di basso livello, si ingegnarono e si rimboccarono le maniche senza bussare alla porta di mammina e paparino, e crearono una dinastia, dando vita ad una delle creazioni più meravigliose di sempre, dopo i loro figli (anche se ancora oggi nutro dei seri dubbi, e ho il sospetto che per i miei genitori il figlio preferito rimanga la loro compagnia). Fu così che alla fine nacque la Winterperial.
E nonostante le comode ricchezze delle loro famiglie che potevano tornare utili come una risorsa preziosa da avere per sicurezza alle spalle nel caso in cui le cose fossero andate storte, fecero tutto da soli, ed è da quando ero piccolo che mi hanno inculcato in testa l’idea che le cose vadano sudate, per potersi in futuro guardare indietro e sentirsi veramente soddisfatti e orgogliosi di ciò che si è costruito con gli anni.
Ecco cosa mi spinge ad ammirarli da allora, o perché io aspiri a diventare come i miei genitori, e ci tenga sul serio a far sì che la mia carriera scolastica sia brillante, per permettermi di accedere alle migliori università senza il famoso biglietto da visita che dica “piacere, mi trovo qui perché sono il figlio di”.
Sia io che Jamia avevamo imparato ad emulare le esperienze istruttive delle nostre famiglie, e gli eravamo eternamente grati per questo, e per come ci avevano cresciuti.
Lei più di me a volte.
Si impegnava tantissimo per non deluderli, persino ogni ragazzo che frequentava c’era il pericolo che fosse oscurato dall’intelligenza e dalla forza di Jamia. Così era lei subito pronta a metterlo in riga, a fargli capire quali erano i veri valori, gli stessi che un giorno sognava di trasmettere ai propri figli, e forse era questo dettaglio che li spaventava a morte e li induceva a scappare. D’altronde di ex ne aveva avuti parecchi.
E tutti erano convinti che un giorno io e lei saremmo stati destinati a sposarci, semplicemente perché eravamo uguali, come due anime gemelle, nessun altro era come noi due, o ci capiva come ci capivamo noi due.
E da un po’ di tempo quest’idea di unione tra di noi si era semplicemente lasciata andare nella mia testa, e io ci avevo fatto l’abitudine, e aspettavo solo che quel momento fatidico sarebbe arrivato.
Certo, l’idea di essere quasi “promesso sposo” ad una persona che avevo sempre reputato come una sorella, soltanto perché avevamo molto in comune, non aveva granché di romantico, vista da questa prospettiva, però era sempre meglio che cacciarmi in una relazione imbarazzante e totalmente sbagliata, come qualche volta mi era anche successo con qualcuna non del mio livello. Attenzione, non intendo proprio in senso economico, non sono mica così snob, intendo solo dire che di norma le ragazze che frequentavo non avevano le mie stesse aspirazioni, e tendenzialmente alla fine si rivelavano essere soltanto parecchio superficiali e poco colte.
Quella mattina Jamia mi aspettò insolitamente fuori dal cancello.
Le andai incontro salutandola. “Ehi, come mai sei ancora qui? Non dovevi finire prima?” Mi stupii.
“Si, la prof di latino non è venuta, ma io ero troppo in ansia di dirti una cosa, e quindi ti ho aspettato per questo”
Il mio cuore ebbe un sussulto di colpo, il battito accelerò, le mani iniziarono a sudare. Che quel momento fosse già arrivato e Jamia avesse trovato il coraggio di dichiararsi a me?
“C-cosa?? Che ansia? Di che parli?” balbettai, distogliendo lo sguardo dal suo viso e velocizzando un po’ il passo. Io che non mantenevo il contatto visivo con qualcuno? A quel punto sperai che si dichiarasse davvero, dato che mi aveva praticamente destabilizzato quella sua imboscata a sorpresa.
“Ma come? Stamattina non hai notato nulla di strano uscendo di casa?” mi interrogò con un aria perplessa.
Okay, il momento avrebbe potuto aspettare, perché evidentemente si trattava di altro. Tirai un sospiro di sollievo.
“No, che avrei dovuto notare?” chiesi ignaro, tornando a guardarla e esaurendo la fretta di prima per poi rallentare.
“Ho capito, come al solito dovrò aggiornarti io sulle news, perfetto. Hai dei nuovi vicini di casa. E non dei vicini qualunque. La famiglia Way”
“E io dovrei sapere di chi tu stai parlando perché...?” aggrottai la fronte, infastidito, forse addirittura con una punta di gelosia nei miei toni improvvisamente sgarbati.
“Beh, se sei di questo mondo e di questa generazione si” mi prese in giro, ripagando il mio poco entusiasmo con una smorfia.
“Ah-ah spiritosa, allora illumina questo povero ignorante uscito dal medioevo”
A quel punto Jamia iniziò a gesticolare entusiasta. “Si tratta dei proprietari di una delle marche di orologi più famosi del mondo. Pensa che i nonni erano imparentati con un’importante regina, e i figli, Gerard e Mikey, entreranno a far parte della nostra scuola” sottolineò, come se quel dettaglio la interessasse da vicino in qualche strano modo.
“Bene, avremo due nuovi compagni di scuola. È tutto qui?” Feci io sminuendo subito quell’apparente grandiosa notizia.
“Sei proprio un guastafeste”
“Lo so, non preoccuparti” l’assecondai.
“Dai, sul serio! Devi aiutarmi a fare amicizia con loro” continuò supplicandomi disperata “Tu sei il loro vicino, li conoscerai per forza, e devi presentarmeli”
“Non ci credo, è per questo che oggi sei stata così carina ad aspettare che io terminassi le lezioni?” smisi di camminare, sentendomi profondamente offeso e deluso. “Avevi bisogno di un cupido e così hai pensato a me perché ora si da il caso che casa mia si trovi esattamente a 10 metri da quella della tua potenziale prossima preda, ho capito bene?”
Jamia quasi sbiancò incredula difronte alle mie parole, e sicuramente le prese come un insulto visto come reagì. “Preda? Non ci credo che l’hai detto” esclamò con un sorriso amaro stampato in faccia. “Sai che ti dico? Ti ringrazio, ma credo che farò a meno del tuo aiuto. E comunque wow, è bello sapere di poter contare sul mio migliore amico quando ne ho bisogno, sul serio, complimenti”
Solo a quel punto mi resi conto di essere stato un po’ troppo duro, e che forse avevo esagerato senza alcun motivo concreto, ma ormai era tardi per rimangiarsi tutto. “Jamia, aspetta... ti prego, Jam” insistetti a chiamarla ad alta voce.
Ma lei non volle saperne niente, e in ogni caso ormai si era già allontanata a sufficienza da non sentirmi neanche più.
Così decisi di tornarmene a casa da solo, e che nel pomeriggio magari sarei passato da casa sua, e complici i suoi genitori, l’avrei convinta a perdonarmi con una scatola di cioccolatini o con una cena fuori a base di pesce e patatine fritte, il suo piatto preferito, perché infondo conoscendola avrei fatto prima a far breccia nel suo stomaco che nel suo cuore irremovibile.
Tirai fuori dalla tasca della giacca le chiavi del cancello del giardino, quando avvertii una presenza avvicinarsi dietro di me.
Mi voltai e mi imbattei in un ragazzo alto, una figura slanciata e di bella presenza, indossava una polo a righe bianche e blu, capelli di un nero molto profondo - decisamente tinti - e lisci, ma non impeccabilmente pettinati, anzi, a dire il vero erano abbastanza arruffati e disordinati, e quasi davano l’idea di una capigliatura in stile rock star dei primi anni 2000.
“Cerchi qualcuno?” Domandai confuso.
Il ragazzo rimase per qualche secondo in silenzio, squadrandomi in maniera del tutto sfacciata e disinvolta. Alzò un sopracciglio e colpito forse dai miei modi, pensò di informarmi che “In realtà no, facevo solo un giro nei dintorni” specificò, senza mai distogliere effettivamente lo sguardo da me. “Oh, perdonami. Ho dimenticato le buone maniere” aggiunse, fingendo un sorrisetto colpevole e porgendomi la mano subito dopo. “Io sono Gerard” si presentò “Gerard Way” ci tenne a precisare poi.
Ah.
Non ci volle un genio per capire che lui era il mio ricco e illustre nuovo vicino di casa, al quale molto probabilmente persino io - milionario e figlio di due importanti personaggi del mondo degli affari - avrei dovuto portare rispetto.
Beh col cazzo, il rispetto è una cosa che ci si deve meritare, come tutto quanto del resto. Forse lui non era abituato, ma da queste parti le cose funzionavano così.
“Io sono Frank” ricambiai, “Frank Iero” gli dissi a testa alta. Non avevo intenzione di provocarlo, o di entrare in competizione con lui, dopo tutto quella giornata era partita così bene, e non volevo guastare il mio buon umore per l’ennesimo ragazzino benestante da quattro soldi che mi si presentava davanti. Era solo uno dei tanti, niente di straordinario.
Avrei instaurato con lui un educato e civile rapporto fatto di “buongiorno e buonasera”, se proprio avessi dovuto. Bastava solo che non mi ronzasse intorno più di tanto, e speravo proprio che non lo facesse.
“È un piacere Frank” mi comunicò, per poi specificare che: “Ah e non preoccuparti, di solito non sono uno stalker, e non piombo così a caso alle spalle delle persone per poi stare impalato a fissarle come un pazzo maniaco. È solo che stavo notando che la tua uniforme è praticamente identica a quella che mi hanno portato oggi i miei genitori, dunque immagino che tu frequenti quella che diventerà la mia nuova scuola” dedusse, cercando nel frattempo di giustificare i suoi comportamenti.
Fingendo di non esserne già a conoscenza mi limitai ad un “Wow, che coincidenza, no?” indugiai a disagio.
Gerard si lasciò sfuggire un sorriso e uno sguardo sinceri, che per la prima volta in quella conversazione sembravano provenire dal cuore e non da una mente fredda e inquadrata.
“Si esatto” rispose con gentilezza misurata. Poi il telefono nella sua tasca squillò, lui diede un’occhiata rapida per vedere chi fosse che lo stesse chiamando, e tornò a posare la sua attenzione su di me un’ultima volta. “Beh, ti lascio alle tue cose, e spero di incontrarti domani in classe, Frank Iero” mi fece sapere, insistendo alla fine nel pronunciare il mio nome per intero, prima di lasciarmi di nuovo solo davanti al cancello, per riavviarsi verso casa sua.
Rimasi stupito di come per un attimo quasi credetti alle sue parole, e alle sue false buone intenzioni. Ma era tutta tattica. Era uno spocchioso che trapelava egocentrismo e arroganza da ogni dove, e cercava solo di capire con chi aveva a che fare.
Ma io non sapevo dire esattamente dove lo avrebbe portato tutto ciò, eppure di una cosa ero sicuro: Jamia doveva stare alla larga il più possibile da Gerard Way.
   
 
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