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Autore: _Akimi    27/08/2019    0 recensioni
[low-key Jason/Kirk - 1993
Questa storia partecipa alla Fast Challenge dei Fandom Deserti: Occhi indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp]
"Oltre il passare dei giorni, rimanendo un po' uguali – un po' diversi – senza mai farsi domande troppo scomode sul loro rapporto.
«Eh, certe cose non si dimenticano.»
Qualcosa Jason sa, ma non dice. Qualcos'altro Kirk immagina, ma rispetta il suo silenzio."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II.
Wasurerarenai


Nagoya, Giappone
Marzo 1993

Il chiacchierio leggero dei passanti riecheggia nella piccola via – così minuta da obbligare tutti a stringersi un poco, spalle contro spalle, per poter curiosare tra le varie bancarelle esposte.
Le insegne al neon iniziano ad accendersi adesso, all'ora del crepuscolo, anche se il cielo è ancora di un azzurro limpido – adornato dalle rosee sfumature dei primi fiori di ciliegio.
Dicono sia questo il periodo giusto – la primavera inizia a giungere in tutto il suo candore, costellando le strade di boccioli e vaghi profumi che evocano tempi lontani, tempi diversi.
E la mente di Jason è occupata da quell'inconveniente –, dal passare inesorabile del tempo, da quei suoi trent'anni da poco compiuti. Uno sputo di anni, se pensa a quanti giorni ancora potrà vivere.
Eppure, alle volte – forse ingenuamente – crede di aver già sperimentato tanto, troppo: un divorzio alle spalle, alcune costanti delusioni e, ancora, il peso dell'umana debolezza.
Sì, la consapevolezza di non avere potere di fronte a tutto ciò, di essere una pedina, dopotutto, di un qualcosa più grande di lui.

E si distrae, allora, Jason – sfogliando pigramente la prima rivista che si ritrova tra le mani, guardando foto di luoghi che non conosce, osservando volti di celebrità a lui sconosciuti.
Le dita scivolano sulla carta lucida, piegano i bordi delle pagine, e il cicaleccio delle persone attorno a lui sembra sparire per un lungo attimo.
Solo un momento, prima di sentire un paio di occhi posarsi su di sé.
È uno sguardo che gli solletica la pelle, strisciando lungo la sua schiena sino al collo – quasi si pente di essersi rasato i capelli, pensa, perché ora non ha più ciuffi ramati dietro cui nascondersi.
Spoglio, esposto alle attenzioni di un uomo che riconosce già senza neppure voltarsi al suo fianco; gli basta il buffo abbozzo di baffi neri e i ricci, sì, quei dannati ricci.

«Hai intenzione di fissarmi ancora a lungo?»
Lo bisbiglia cercando di mostrarsi infastidito, ma una spontanea bontà riaffiora ogni volta sempre quando lui è nei paraggi. Solo un folle riuscirebbe ad arrabbiarsi davanti a tanta goffaggine.
«Stavo solo pensando ad una cosa.»
Finalmente una lingua conosciuta in mezzo a esotica cortesia e razionali ideogrammi; una voce familiare, un tremolio di parole che lo portano a trattenere un sorriso. Alla fine cede, le sue labbra si increspano appena e non ne conosce neppure il motivo.
Se ne vergogna un poco – persino - anche se il senso di imbarazzo scompare non appena posa lo sguardo sull'altro.

Eccolo, Kirk – con una screziatura di malinconia nelle iridi, accompagnati da una smorfia che pare accennare ad un senso di gioviale sollievo. E Jason si sente confuso, intrappolato da quegli occhi che suggeriscono un'inusuale tristezza, mentre le labbra esortano a beatitudine condivisa.
«Beh,» mormora allora, quasi a voler scacciare il brivido che gli lambisce la pelle. «a cosa stavi pensando?»
A qualche stupido fumetto, ai robottoni che occupano gli incroci, alle svariate pellicole horror che ha deciso di comprare, pur non comprendendo la lingua.
No, deve essere qualcos'altro.

Deve essere qualcos'altro perché vede Kirk tentennare, distrarsi con i primi oggetti che si trova davanti: sono ventagli spiegazzati che non utilizzerebbe mai, omamori dai colori cangianti e tante altre cianfrusaglie a cui Jason non sa dare neppure nome.

«È che sono passato davanti ad un café, lì, all'angolo, e mi è ritornato in mente...»
Cosa? – vorrebbe aggiungere Jason, ma le labbra di Kirk si muovono ancora, una, due volte, senza alcuna parola a susseguire quei movimenti.
Ma aspettano, aspettano assieme; non riescono a capire cosa, eppure una rivelazione giunge poco dopo, placida nelle menti di entrambi.
L'iniziale impazienza si dissolve e Jason la capisce, finalmente, l'inquietudine sul volto del chitarrista.
«Già, ai tempi avevano esposti in vetrina i cartelloni di quegli stupidi guerrieri, sai, quelli con dei capelli impossibili.»
Non sa come ha fatto a ricordarselo, ma la memoria era ancora lì, sedimentata in qualche parte anonima della sua mente.
Kirk, in risposta, non fa altro che ridere – esatto, ride alle sue parole, con le spalle che gli tremano appena mentre invano cerca di trattenersi. Jason si sente lusingato, lasciandosi sommergere da una puerile sensazione di autocompiacimento.
Sono passati mesi, forse più, dall'ultima volta che lo ha visto così spensierato.
Anche questi, sì, sono tempi diversi.

«Cazzo,» finalmente si ferma, ma un accenno di rossore rimane sulle sue guance così come un sorriso divertito sulla bocca. «non pensavo te lo ricordassi.»
E Jason vuole confessarlo – dirgli che non potrebbe mai dimenticare l'agitazione delle prime volte, quando era più un fan dei Metallica che un membro vero e propria della band; i loro fottuti scherzi, il piombare di silenzi quando si ricordavano di Cliff.
Lui era lì, il nuovo arrivato – un ruolo che alle volte gli fanno pesare ancora, nonostante siano passati così tanti anni dal suo esordio.
Eppure, non riesce a provare rabbia – forse perché molto è destinato a preservarsi nel tempo: le sere trascorse a vagare nell'autunno giapponese, chiudendosi negli stravaganti locali che, molte volte, avevano da offrire loro cose che neppure pensavano di desiderare.

Oltre il passare dei giorni, rimanendo un po' uguali – un po' diversi – senza mai farsi domande troppo scomode sul loro rapporto.
«Eh, certe cose non si dimenticano.»
Qualcosa Jason sa, ma non dice. Qualcos'altro Kirk immagina, ma rispetta il suo silenzio.
Il chiacchierio leggero dei passanti ritorna a riecheggiare nella piccola via – così minuta da obbligarli a stringersi un poco, vicini, con le spalle a sfiorarsi.
E nel caos cittadino, senza neppure parlare, si dicono che c'è ancora tempo, dopotutto.




 
Note:
- Il 23/03/1993 tennero un concerto a Nagoya per il tour "Whenever we may roam" (praticamente del Black Album)
- Entrambi divorziarono dalle loro prime mogli nel 1990
- Il resto è in riferimento ad uno dei primi concerti che Jason fece con la band all'estero (il secondo, se non sbaglio) nel 1986 - sempre a Nagoya.



 
  
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