Fumetti/Cartoni americani > Voltron: Legendary Defender
Segui la storia  |       
Autore: Yuki Delleran    27/08/2019    2 recensioni
Keith è il principe di Marmora, ha perso la sua famiglia, la sua casa e la sua patria in un modo inaspettato, violento e tragico.
Lance è un cecchino della resistenza, non ha mai avuto davvero una patria e ha rinuciato alla sua famiglia per scelta obbligata.
La Resistenza è in lotta con l'Impero da secoli per liberare l'universo dal giogo dell'oppressione e la profezia che designa colei che metterà fine al dominio galra è l'unica luce a illuminare un cammino oscuro.
Ma non tutto ciò che è stato rivelato dalle stelle è eterno e immutabile. A volte può essere riscritto.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap. 7

 

L’appostamento a Beta Traz si protrasse per diversi giorni, finché il manipolo di inviati della Resistenza non ebbe registrato con certezza gli spostamenti di ogni singola guardia della prigione. Le falle nella sicurezza erano poche e difficili da individuare, sarebbe stata necessaria una grossa dose di fortuna per riuscire a entrare e una ancora più grossa per uscire.
Come era stato stabilito, Keith sarebbe stato il centro dell’azione: sarebbe toccato a lui presentarsi all’ingresso con una falsa navetta cargo fingendosi un fattorino dell’Impero e consegnare casse di viveri che avrebbe invece contenuto alcuni membri della squadra. Lance sarebbe stato tra questi.
Sulle prime, il giovane cecchino aveva insistito per fiancheggiare il principe all’ingresso, timoroso all’idea di lasciarlo solo in balia delle sentinelle galra, ma quell’idea era stata bocciata sia dal controllo missione che dai suoi compagni. Se fossero stati fatti controlli più approfonditi, come quello con lo scanner del DNA, la  semplice modifica dell’aspetto esteriore non sarebbe stata sufficiente e un suo smascheramento avrebbe portato al fallimento della missione.
Lance lo capiva, ma non riusciva comunque a darsi pace. L’idea che Keith fosse solo, senza che nessuno di loro potesse intervenire in caso di bisogno, lo tormentava.
« Rilassati, andrà tutto bene. » tentò di blandirlo Hunk, mentre si preparavano per la sortita. « Keith ha la testa sulle spalle e negli ultimi giorni è migliorato un sacco nelle esercitazioni. Vedrai che non avrà problemi. »
Lance scosse la testa, agitato.
« Razionalmente so che hai ragione, che, in ogni caso, ci sarai tu a guidarlo dal radar, ma non riesco a non pensare che, se qualcosa dovesse andare storto, potrebbe finire male. Non me lo perdonerei mai. »
« Forse dovresti assicurarti che sia pronto per questa missione e concentrato. Probabilmente, se lo vedrai con i tuoi occhi, ti tranquillizzerai. Lui sa che questo è il primo passo per la liberazione di Marmora, non si concederà nessun errore. »
« Sì, farò così. » annuì Lance. « E poi un incoraggiamento dal capo missione di certo lo farà sentire più sicuro. »
A quel commento Hunk sollevò un sopracciglio, scettico, ma Lance nemmeno lo notò.
Keith era ancora nella sua cabina, intento a sistemare la divisa galra che gli avevano procurato. Lance rimase per un attimo a fissarlo prima di palesare la propria presenza. Quell’abbigliamento stonava su di lui, non era per nulla adatto alla sua figura elegante e lo rendeva troppo simile a quei nemici che tanto detestava.
Eppure, nonostante tutto, non poteva dichiararsi immune a quel fascino sottile che emanava sempre da lui. Doveva trattarsi della tanto decantata attrattiva dei sangue misto, creature in grado, si diceva, di incantare chiunque con un solo sguardo.
Lance scosse la testa: quelle erano solo leggende metropolitane, era sciocco da parte sua applicarle a Keith, conoscendo la sua personalità e la sua storia. Keith non voleva incantare nessuno, faceva solo del suo meglio per raggiungere un obiettivo e probabilmente era questo che lo rendeva così…
« Ehi! »
L’esclamazione fece riscuotere Lance.
« Ehi. » rispose abbozzando un sorriso. « Volevo accertarmi che stessi bene e fossi pronto. »
Anche se quelle erano davvero le sue intenzioni, pronunciate ad alta voce suonavano come una patetica scusa, infatti Keith gli rivolse un’occhiata dubbiosa.
« Stai cercando di rassicurare me o te stesso? »
« Se dico entrambe le cose non sono credibile? »
Keith ridacchiò.
« Non mi suiciderò mandando a monte la missione, se è questo che ti preoccupa. »
« Falla finita con questa storia, non lo pensavo minimamente! In ogni caso non ti lascerei fare nessuna sciocchezza, almeno fino a quando non rimetterò personalmente la corona di Marmora sulla tua testa! »
Keith sgranò gli occhi, quegli occhi dal colore incredibile, colto completamente alla sprovvista.
« Sei serio? » chiese, spiazzato.
« Completamente. Almeno quanto è vero il fatto che adesso vorrei baciarti, in barba a tutti i protocolli e al fatto che ti piaccia Shiro. »
Al diavolo tutto, stavano per imbarcarsi in una missione ad alto rischio, non potevano essere certi di vedere l’alba del giorno dopo, non voleva più avere rimpianti.
Keith, dal canto suo, sembrava aver appena ricevuto una secchiata d’acqua gelida in pieno volto.
« Sai, vero, che questo potrebbe minare ma mia “stabilità emotiva” durante la missione? » disse dopo alcuni istanti di silenzio attonito, mimando con le dita il segno delle virgolette.
Lance prese un respiro: non era così che se l’era immaginato. Quelle poche volte che si era concesso di fantasticarci sopra, si era figurato in un contesto molto più romantico, con fiori e candele magari, una scena perfetta, non certo nella cabina spoglia di una navetta della Resistenza prima di una missione vitale. Ma ormai era andata e poteva prendersela solo con sé stesso e la sua impulsività.
« Lo so, ma sono giovane e vorrei baciare il ragazzo per cui ho una cotta prima di rischiare di morire. »
« Tu non morirai, Lance. »
« Lo spero, ma quando saremo là fuori potrebbe scatenarsi l’inferno da un momento all’altro. Non voglio più avere rimpianti. »
« Tutto questo è troppo strano… »
Keith aveva le guance arrossate, che accendevano la sua pelle pallida, e le orecchie abbassate per l’imbarazzo, come un felino sul chi vive. Lance lo trovava adorabile.
« Se non vuoi, dillo e basta. Non ti forzerei mai, lo so che ti piace ancora Shiro. »
« Non mi piace ancora Shiro, smettila di dirlo! » esclamò Keith, passandosi nervosamente le mani sui lati dell’uniforme. « E non è che non voglia. Solo che è strano, non ti sono mai piaciuti i nobili, non andiamo particolarmente d’accordo, anzi discutiamo spesso. È assurdo che tu mi dica queste cose e che io… ripensi a ogni cosa che mi dici, a ogni vota che mi guardi… È stupido, ho un pianeta da riconquistare e mia madre… »
Lance lo interruppe, prendendo una mano tra le sue.
« Ehi. Certe cose succedono e basta. Siamo in guerra, è vero, ma siamo di carne e sangue e proviamo sentimenti. Può essere strano, ma può anche essere bello… »
Una mano gli accarezzò la guancia e Keith inclinò il volto per potervelo appoggiare. Un gesto talmente tenero che Lance abbandonò ogni remora e, quando lo vide socchiudere gli occhi, si chinò sulle sue labbra. Al primo contatto Keith s’irrigidì ma, a poco a poco, lo sentì tranquillizzarsi e affidarsi alla sua guida.
Per un magico momento non furono più il principe esiliato di Marmora e il miglior cecchino della Resistenza, ma solo due ragazzi che desideravano che la guerra potesse attendere il tempo di un altro bacio. Poi quell’istante passò e Keith scostò l’altro da sé, gentilmente.
« Dobbiamo andare. C’è una missione che ci aspetta, Slav non si libererà da solo. »
Era tristemente vero, quindi Lance sospirò e lo lasciò andare.
« Hai ragione, diamoci da fare. Seguiamo il piano e andrà tutto bene. »

In realtà andò tutto bene solo fino a un certo punto. Purtroppo Slav si rivelò quel tipo di prigioniero difficile da liberare senza conseguenze, non tanto per la sicurezza interna della prigione spaziale, quanto per il suo stesso comportamento, che rendeva difficoltoso muoversi velocemente e con discrezione. Sembrava che ogni particolare incontrato sulla sua strada fosse una una scusa per rallentare i suoi soccorritori, al punto che Lance si ritrovò a domandarsi se quella bizzarra creatura non stesse tentando di ingannarli e venderli tutti al nemico. Si fidava di Allura, se lei lo aveva indicato come necessario per la Resistenza, allora anche loro non potevano fare altro che avere fiducia, anche se era dannatamente difficile.
Mancavano pochi metri all’hangar dove si trovava la finta navetta cargo con cui Keith era riuscito a entrare nella base, dovevano solo svoltare un angolo e sarebbero arrivati. Hunk, dallo scanner, aveva segnalato che alcune guardie erano state piazzate davanti alla navicella stessa, ma si trattava solamente di un paio di individui che Lance e Ryan sarebbero riusciti a mettere fuori combattimento in un attimo. Keith li seguiva tentando di tenere a bada Slav e Ina, una delle migliori strateghe di cui disponeva la Resistenza, chiudeva il gruppo tenendo sotto controllo la via percorsa.
Fu in quel momento, proprio un attimo prima che si apprestassero a cogliere di sorpresa le guardie, che Slav sgusciò dalle braccia di Keith, allarmato da chissà quale particolare che solo lui aveva notato, piombando nell’hangar con uno strillo e attirando l’attenzione delle guardie. Queste si resero immediatamente conto che qualcosa non andava e diedero l’allarme, sparando sugli intrusi.
Il gruppetto riuscì a raggiungere la navicella solo grazie a Lance e Ryan, che attirarono su di loro il fuoco nemico mentre Ina azionava il comando a distanza che sbloccava lo sportello della navicella. Sia lei che Ryan riuscirono a salire a bordo senza danni, mentre Keith afferrava al volo Slav, per trascinarlo verso la rampa. Lance copriva loro le spalle, destreggiandosi nel fuoco incrociato dei laser.
« Muovetevi! » gridò Ryan, allungando una mano per afferrare una delle tante braccia di Slav. « Se dovessero riuscire a modificare i codici di apertura del portellone esterno, non avremo più modo di uscire! »
Lance balzò sulla rampa nel momento stesso in cui Slav arrotolava il suo lungo corpo attorno alla vita di Ryan e Keith si protendeva verso il primo gradino. La sua mano aveva quasi raggiunto il bordo esterno della scaletta quando un dolore bruciante alla spalla sinistra lo fece accasciare su sè stesso. Non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa fosse stato: un raggio laser passò a pochi centimetri dalla sua testa, abbattendo la guardia che lo inseguiva, e uno strattone deciso lo issò a bordo, mandandolo a ruzzolare sul pavimento mentre la navicella schizzava a tutta velocità.
« Il portellone si sta chiudendo! » esclamò Ina dalla postazione di pilotaggio. « Hanno modificato i codici, quello che abbiamo hackerato non funziona! »
« Lance! » chiamò Ryan, impossibilitato a ogni movimento da Slav che gli si era raggomitolato addosso.
Dolorante sul pavimento della navetta, Keith lo vide arrampicarsi lungo la scaletta che portava al portello superiore e spianare il fucile a lunga gittata.
Un respiro, un colpo deciso e il pannello di comando esplose, bloccando la chiusura del portellone.
Ina approfittò dell’occasione per spingere avanti la leva che dava energia ai propulsori e lanciare la navicella nello spazio aperto.
Diversi caccia galra si lanciarono al loro inseguimento, ma con abili manovre Ina riuscì a seminarli e anche ad abbatterne alcuni.
« Matricola IL239 a comando missione. » esclamò afferrando il comunicatore. « Stiamo rientrando. Aprite un wormhole alle coordinate che che vi sto inviando. »
« Qui comando missione. » rispose la voce familiare di Pidge. « Wormhole in attivazione. State tutti bene? »
« Affermativo, comando missione. Pieno successo. La squadra di recupero ci seguirà a breve. »
Keith riuscì a tirare un sospiro di sollievo solo una volta attraversato il wormhole e giunti dove nessuno avrebbe potuto intercettarli. Una volta rilassato, si rese conto di quanto male gli facesse la spalla e che quello che inzuppava l’uniforme era più probabilmente sangue che sudore.
Lance lo raggiunse in un balzo, dalla postazione degli armamenti superiori.
« Fammi vedere. » ordinò senza mezzi termini.
Il primo istinto fu quello di ritrarsi e Keith non pensò nemmeno di frenarlo.
Sapeva di essere stato ferito perché era stato imprudente e non abbastanza veloce. Aveva rischiato di compromettere l’esito della missione, esattamente come Lance temeva.
« Stai tranquillo. » continuò Lance, ammorbidendo il tono. « È andata bene, siamo tutti salvi e abbiamo portato a termine la missione. Però tu sei stato ferito e, in quanto capo missione, è mio preciso dovere verificare le tue condizioni. »
Poi, inaspettatamente, si chinò a posargli un furtivo bacio sui capelli.
« Sei stato bravo. »
Troppo stupito per replicare, Keith lo lasciò fare mentre armeggiava con la sua uniforme, aprendola e abbassando la stoffa lungo le spalle. Quando il tessuto strofinò contro la ferita, gli sfuggì un sibilo di dolore e sentì chiaramente le dita di Lance esitare.
« Quel maledetto… sparare alle spalle… » lo sentì mormorare irosamente. « Beccarsi un colpo in fronte era il minimo. »
« Grazie per avermi salvato. » sospirò Keith, consapevole di essere lì solo per merito dell’altro.
« Sciocchezze, ci si copre le spalle a vicenda, tu avresti fatto lo stesso. Questa però non è una bella ferita. Appena arriveremo, una sessione nella cryo-pod non te la toglierà nessuno. E spero che salvare quel tizio pazzoide sia servito a qualcosa o lo rispedirò personalmente a calci a Beta Traz, per questo! »
Quelle parole, in qualche modo, fecero sentire meglio Keith. Nonostante il dolore, il senso di inadeguatezza per aver messo a rischio il lavoro di tutti e il vago imbarazzo di essere stato mezzo spogliato da Lance davanti a tutti, sentì per la prima volta che qualcuno oltre a Shiro si preoccupava per lui e lo apprezzava.

Rientrati alla base su Altea, vennero accolti dalla principessa in persona, che li ringraziò e si congratulò con loro per il successo ottenuto. Slav si allontanò immediatamente con lei per discutere di questioni tecniche e strategiche, mentre Keith venne subito affidato alle cure di Coran e condotto a una cryo-pod.
Quando riprese conoscenza, ancora stordito dal liquido anestetico, percepì vagamente qualcuno al suo fianco.
« La...nce… » mormorò, con la bocca ancora impastata a causa del sonno forzato.
Tentò di aprire gli occhi, ma le palpebre erano ancora pesanti.
« Verrà presto, non preoccupatevi. » rispose la voce accanto a lui.
Il timbro, diverso da quello che si aspettava, lo indusse a sforzarsi di più per mettere a fuoco la figura seduta al suo capezzale.
« Shiro? »
« Buongiorno. » lo salutò il capitano con un sorriso. « La vostra ferita è completamente guarita, senza conseguenze. Smaltito l’effetto dell’anestetico sarete come nuovo. »
Keith lo scrutò da sotto le ciglia scure, aspettandosi, dalla sua mente ancora annebbiata, un senso di imbarazzo che però non provava davvero. Era felice che Shiro fosse lì, ne avvertiva la familiarità e, in qualche modo, il dolore che aveva provato giorni prima sembrava attutito e distante.
« Sono molto fiero di te. » continuò Shiro. « Ammetto di essermi preoccupato parecchio, temevo non fossi pronto ad affrontare una missione sul campo, ma non sono mai stato così felice di sbagliarmi. Ho letto il rapporto di Lance e posso solo congratularmi con te per la buona riuscita dell’operazione. Ti sei comportato in modo esemplare. »
Keith sospirò.
« Se mi fossi davvero comportato in modo esemplare, non sarei qui in un letto. » mormorò. « Se fossi stato più attento, più veloce nei movimenti, non avrei rischiato di mandare a monte tutto. »
Le parole di Lance l’avevano rassicurato, sì, ma quella era la realtà dei fatti. Non intendeva prendersi meriti che non aveva.
Shiro però scosse la testa.
« Credimi, ti sei comportato meglio di quanto avrebbe fatto la maggior parte di noi. Hai mantenuto il sangue freddo per infiltrarti in una prigione nemica mentre nessuno poteva aiutarti, hai introdotto i nostri e sei stato fondamentale per la riuscita dell’operazione. Non sarebbe stata un successo senza di te. Gli incidenti capitano, era una missione pericolosa e sono felice che tu sia sano e salvo. »
Così dicendo, allungò una mano e gli accarezzò la testa in modo paterno.
« Sono anche felice anche che tu e Lance abbiate legato. È un bravo ragazzo e ha preso tremendamente a cuore la tua causa. »
Quelle parole provocarono un leggero rossore sulle guance di Keith, al ricordo del momento di intimità prima dell’inizio della missione.
« Non è che abbiamo legato… o forse sì, un po’, ma non sono certo che… »
Il sorriso sul volto di Shiro, un’espressione incoraggiante e, sotto sotto, anche di sollievo, lo indusse a interrompersi.
« Qualunque cosa ci sia tra voi, Keith, va bene. Datti il tempo di conoscere persone nuove, datti il tempo di capire. Potrebbe essere una buona occasione. »
Sì, poteva essere una buona occasione e, allo stesso tempo, gli avrebbe permesso di stare alla larga da Shiro per un po’. Questo avrebbe anche fatto sì che il capitano si sentisse meno a disagio nei suoi confronti. Keith li percepiva, quel disagio e quel senso di sollievo quando parlava di Lance: era come se, in qualche modo, un suo eventuale nuovo interesse gli permettesse di sentirsi meno in colpa. Non era piacevole.
Un discreto bussare alla porta interruppe quel flusso di pensieri e Shiro si alzò per andare ad aprire.
« È sveglio, vieni pure. » disse, facendosi da parte per far entrare Lance.
Il giovane cecchino s’illuminò non appena il suo sguardo si posò su Keith.
« Sono felice di vedere che stai bene! » esclamò subito, avvicinandoglisi. « Ero preoccupato. »
Keith avrebbe voluto rispondere che non ne aveva motivo, ma improvvisamente si rese conto che quelle attenzioni gli facevano piacere, lo facevano sentire “amato”.
Shiro, probabilmente, doveva aver percepito quella sensazione dal suo sorriso appena accennato, perché posò una mano sulla maniglia e sollevò l’altra in segno di saluto.
« Vi lascio soli. » disse. « Non stancatevi troppo, altezza. »
Un attimo dopo era uscito.
Una volta al riparo da sguardi indiscreti, Lance si sedette sul bordo del letto, aumentando la prossimità tra loro.
« Come vanno le cose? » chiese. « Intendo con Shiro, prima che tu mi dica che è tutto a posto. »
« Ma è tutto a posto, Lance, anche con Shiro. L’hai visto. Giusto un attimo fa mi stava dicendo di quanto, secondo lui, la tua vicinanza mi faccia bene.»
Lo disse totalmente senza malizia, ma Lance sollevò un sopracciglio, evidentemente compiaciuto.
« Mi fa piacere che non ci sia tensione e imbarazzo tra voi. Ammetto che la cosa un po’ mi preoccupava. »
« Beh, forse un po’... » accennò Keith, ma l’altro gli accarezzò la guancia, teneramente.
« Ehi… visto che finalmente abbiamo un po’ di intimità, posso baciarti? »
Keith esitò solo un attimo, poi sorrise.
« Perché no? »

 

 

 

Yuki - Fairy Circles

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Voltron: Legendary Defender / Vai alla pagina dell'autore: Yuki Delleran