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Autore: Urban BlackWolf    27/08/2019    4 recensioni
Come la vite, ogni essere umano ha un lato esposto al sole ed uno all’ombra. Un lato più caldo ed uno più freddo, che non sempre riescono a convivere, anzi, che spesso e volentieri cozzano l’uno contro l’altro creando dissonanza, una profonda lacerazione interiore che rende tutto confuso e complicato.
Come la vite, ogni essere umano porta frutto e lo dona agli altri, ma a seconda delle stagioni e delle cure ricevute, lo fa generosamente o meno.
Come la vite, ogni essere umano ha bisogno di sentirsi amato, spronato e protetto per dare il meglio di se, senza soffocamenti o costrizioni.
E come la vite che allunga i tralci verso la pianta accanto, anche gli esseri umani sono alla costante ricerca dell’anima affine alla quale potersi tendere ed intrecciare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Minako/Marta, Starlights, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Tralci di vite

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Mamoru Kiba, Usagi Tzuchino (Usagi Tenou), Minako Aino (Minako Tenou), Seiya Kou e Yaten Kou, appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Giano

 

Poggiato al cofano del Pick Up che da circa venti minuti aveva lasciato parcheggiato all’ombra di una grossa quercia che gettava i suoi rami proprio sul ciglio della strada, l’uomo si accese una Laramit aspirandone il fumo con una prima decisa boccata.

“Quella roba finirà con l’ucciderti.” Sentenziò la giovane donna curvata in avanti con gli avambracci dimenticati sul bordo del cassonato.

“Lo sai che ho smesso da anni. Me ne faccio solo una di tanto in tanto.”

“E allora non hai smesso affatto. - Sogghignò sicura del fatto suo. - Sono in ritardo.”

“Arriveranno Tenou, tranquilla. Piuttosto, ricordami il perché di questa stratosferica stronzata.”

“Perché non ho altra scelta. I conti li hai visti, no?” Ribadì lei andando a strappare uno stelo d’erbaccia bloccarlo tra le labbra. E a dare il pilotto a quel poveruomo ci si era messa anche Giovanna, tanto che alla luce dei fatti, Max non aveva potuto che arrendersi all’evidenza di una situazione estremamente compromessa.

Era giunto il momento di fare la fatidica mossa e pur con il cuore a sobbalzarle nel petto, Haruka aveva preso ormai piena coscienza dell’importanza di quell’incontro. Max era riuscito ad organizzare il tutto con una certa velocità e come aveva suggerito la donna, il legame di stima che univa il proprietario del pub della zona al fantomatico e poco raccomandabile Giano, era stato risolutore. Ora non restava che aspettare e vedere come sarebbero andate a finire le cose.

Alcuni minuti ancora ed un Suv scuro dalla notevole potenza si accostò immerso in una nuvola di polvere.

“Lascia parlare me.” Le impose l’uomo andando verso il mezzo aspettando che il finestrino oscurato del lato guidatore si abbassasse. Due parole ed Haruka lo vide ritornare facendole cenno di entrare in macchina.

“Chiudo il Pick Up e andiamo.” Lanciò laconico scuro in viso.

“Ma come, non con il nostro mezzo?”

“Ben venuta in questo mondo, Tenou.”

Così la bionda e l’amico si sedettero sulla pelle posteriore non proferendo parola. Due facce da galera li accolsero con un grugnito e quello fu l’unico cenno d’umanità che venne concessero loro per tutto il resto del tragitto. Haruka notò subito che i vetri posteriori erano oscurati anche dalla parte della superficie interna e questo le diede ansia. Per la prima volta iniziò a capire in cosa si stava cacciando.

Svariati chilometri e salito un ripido sterrato, il Suv si fermò. “Scendete.” Intimò il guidatore.

Dopo quel breve preambolo da film camorristico, l’angoscia crescente della bionda la spinse a scannerizzare la natura circostante in cerca di un qualsiasi punto di riferimento. Avevano parcheggiato in una specie di piazzala erbosa circondata da roveti e cespugli dove in pratica non si vedeva oltre in fogliame incolto. In lontananza solo l’eco degli automezzi che transitavano su una probabile tratta autostradale.

“Andiamo.” Max la riportò con i piedi per terra. Al contrario di lei, lui sembrava l’uomo più calmo del mondo così cercando di darsi un tono, la bionda si piantò le mani nelle tasche nascondendo l’agitazione dietro le lenti dei suoi Ray ban.

Camminando per un sentiero arrivarono ad una vecchia struttura abbandonata che Haruka non conosceva, dalla vegetazione infestante, ma ancora saldamente in piedi. Tutto intorno a loro il nulla, solo il canto delle cicale ed il frusciare del vento tra le fronde.

Appena entrati li accolse il fresco dei muri in pietra e il suono di passi provenienti dalla prima della due stanze che si affacciavano sull’ingresso. Dalla porta comparve un uomo vestito in abito scuro, camicia, cravatta e scarpe firmate, ben curato nel viso, dall’apparente età di cinquant’anni.

Ci siamo, pensò Haruka guardando il viso inespressivo dell'amico.

“Benvenuti. - Esordì cordialissimo stirando le labbra in un sorriso accattivante indicando l’entrata della stanza più piccola. - Prego.”

Max si mosse per primo, ma non appena arrivato davanti all’altro questo lo bloccò poggiandogli una mano sul petto. “Solo la signora.”

“Come... solo la signora?!”

“Non vuole parlare con te, ma con LEI.” E guardando Haruka l’invitò con un gesto garbato.

Respirando profondamente lei ubbidì e mentre la nausea montava, diede un ultimo sguardo al compagno prima di entrare.

Al centro dell'ambiente s’intravedeva un vecchio tavolo da cucina, un paio di sedie e nient’altro. Le finestre erano ancora in buone condizioni ed erano aperte, forse per camuffare il leggero odore di muffa che avvolgeva tutta la stanza dagli scuri chiusi.

“Benvenuta.” La salutò una voce profonda.

“Non pensa che con me tutte queste accortezze siano inutili?” Alzandosi gli occhiali da sole sulla testa, intravide nella semi oscurità la sagoma robusta di un uomo tranquillamente adagiata sulla sedia dietro al tavolo.

“Oggi non devo vedere solo lei. Ho altri piloti da… valutare.”

“Bene, allora facciamo presto. Non voglio farle perdere troppo tempo.” Disse sentendolo ridere.

“Irruenta come al solito. Devo dire che sono rimasto sorpreso quando Max mi ha riferito del suo voler partecipare ad una delle mie gare. Credevo scherzasse.”

“E perché? Pensa forse che non possa vincere?”

“O… e perché no?! Il talento non si brucia con l’età.”

“Dunque siamo d’accordo!”

“Piano, piano. Non tanto in fretta, almeno con me signora Tenou. Credo che Max le abbia già detto che non ho piacere far correre una donna e nel suo caso… “ Si fermò lasciando che fosse l’altra a proseguire.

“… Nel mio caso entra in gioco anche un altro fattore, giusto?”

“Giusto.” Ammise con tono baritonale.

Era il momento di fare la sua mossa. Estraendo una busta dalla tasca posteriore, la bionda fece due passi raggiungendo il tavolo. “Forse questo riuscirà a convincerla a… chiudere un occhio.” E lasciandola sul piano gliela passò strisciandola sul legno forzando indice e medio.

“Cosa sarebbe?”

“La mia… quota d’iscrizione.”

Scettico prese la busta aprendola e dopo una rapida scorsa Haruka capì dall’improvviso irrigidirsi della postura di aver fatto centro.

“Credo basti, non trova?”

“E’ proprio sicura che sarà in grado di portare avanti un azzardo tanto personale?”

“Sicurissima.”

Lui sembrò pensarci su ingolosito, poi chiamando il collaboratore rimasto fuori con Max gli affidò la busta sorridendo. “Allora ben venuta tra noi, signora Tenou. Come garanzia, questo documento rimarrà in mio possesso fino allo svolgersi della gara.”

“E se dovessi vincere? Quali saranno le mie di garanzie?”

Ghignando lui si sporse in avanti lasciando intravedere il viso. Porgendole la destra attese che lei gliela afferrasse. “La mia parola.”

Riportati al punto dell’incontro, Max ed Haruka salirono sul loro mezzo per tornare a casa e per tutto il tragitto l’uomo provò in tutti i modi a far sbottonare la bionda sul come e dove avesse racimolato le garanzie necessarie per poter partecipare alla gara. Sperava infatti che essendo messa economicamente tanto male, non sarebbe riuscita a trovare gli appigli giusti per convincere Giano a farla correre. E invece quel diavolo biondo aveva estratto il così detto coniglio dal cilindro ed ora era preoccupato come un padre per le azioni scellerate di una figlia.

“Come cazzo hai fatto?”

“Max… fermati.”

“Cosa gli hai promesso per farlo accettare?”

“Fermati…”

“Avrei dovuto capirlo che avevi in mente qualcosa. Tu non molli mai, non è vero Tenou?!”

“FERMATI ho detto!” Ed appena il veicolo accostò, aprendo lo sportello Haruka rimise sul ciglio della strada tutta la tensione accumulata.

Guardando dritto davanti a se l’amico scosse la testa. “Tutto bene?” Chiese come proforma.

“Portami a casa. Devo iniziare ad allenarmi.” Ordinò passandosi il dorso della destra sulle labbra.

 

 

Le vide parlare e per l’ennesima volta quel senso di bruciore alla bocca dello stomaco risaltò fuori. Non sopportava Michiru, è vero, ma ancor meno tollerava la presenza di Bravery Kou alla masseria e negli ultimi giorni sembrava che la donna avesse preso a starci in pianta stabile. Le due si guardarono ancora una volta poi la mora accese il quad che ormai usava per andare e venire tra loro e i Kiba e partì imboccando lo sterrato che portava al torrente. Al leggero incurvarsi delle spalle della forestiera, Minako sbuffò lasciando quello che stava facendo nella rimessa per uscire al sole del tardo pomeriggio.

“Hai solo fino a domani per decidere come comportarti Kaiou.” Aveva detto la mora sapendo di avere ormai nella rete quel tenero pesciolino tropicale.

“Lo so! Non c’è affatto bisogno che ogni giorno tu venga a ricordarmelo.”

“Non si sa mai. Sai, è risaputo che voi artisti viviate con la testa fra le nuvole e non vorrei che tali voli ti distogliessero dalla tua decisione.”

“Non c’è pericolo. Stai tranquilla.”

“Bene allora. Ti aspetto al Bel Vedere domani alla stessa ora. Vedi di essere puntuale.” E sgasando l’aveva lasciata intimamente soddisfatta per essere riuscita a tener testa a quella solita espressione superba di chi è sempre stata abituata ad un mondo altolocato al quale, al pari del fratello, Bravely avrebbe tanto voluto far parte.

Non potrei dimenticarmi il tuo ricatto neanche se volessi, pensò Michiru non accorgendosi della presenza di Minako che stava sopraggiungendo alla sue spalle.

“Ti credevo con Usagi al ciclo di produzione.” Se ne uscì vedendola sobbalzare.

“Mina…”

“Nervosetta vedo.”

No, in quel momento anche l’ostracismo della biondina non riusciva proprio a sopportarlo, così glissando con un leggero allungarsi delle labbra le spiegò che era tornata a casa per prendere dei documenti.

“E ti sei imbattuta in Bravery? Ma che fortuna.”

Michiru lasciò correre. Per via dell’attacco di panico, aveva già fatto con Minako una figuraccia e non voleva inanellarne altre ammettendo che gli scambi verbali all’acido appena avuti con la mora non fossero affatto il frutto di una disgraziata coincidenza.

“Un caso. Ora scusa, ma devo andare.” Cercò di tagliar corto pronta a dileguarsi.

“Aspetta Michiru! Non credere sia tanto sempliciotta da non essermi accorta che tra te e Bravery non corre buon sangue e non me ne fregherebbe niente se non fosse per il fatto che sono convinta ti stia facendo qualcosa di male.”

L’altra cercò di mantenere il controllo. “Ti stai sbagliando. Non mi sta facendo nulla, non la conosco nemmeno. L’ho semplicemente incontrata…”

“…Per caso, si, lo hai già detto.”

“Bene, allora non vederci strani complotti.”

“Ascoltami. - Fronteggiandola cercò di essere chiara. - C’è una cosa che più di tutto mi urta da morire ed è quella di essere presa per stupida quando non lo sono affatto. Perciò, ti prego di non farlo! Non vorrei che tu mi fraintendessi, perché davvero di voi due non me ne frega un benemerito, ma certi giochetti io proprio non li sopporto, soprattutto in casa mia e Bravery Kou è una di quelle persone che di giochetti ne ha sempre fatti tanti. Lavori bene e le mie sorelle ti adorano, perciò è mio interesse che tu sia tranquilla e concentrata. Non so cosa ti leghi a quella iena o cosa sappia di te, ma questa cosa deve finire e se non avrai il coraggio tu, allora ci metterò un punto io. Sono stata chiara?!"

Cos’era quella? Una minaccia, un armistizio o addirittura un’offerta di protezione? Solcando la fronte con una ruga, la forestiera arretrò leggermente il busto non sapendo come agire. “Minako…”

Afferrando e portandole il polso sinistro davanti al viso, la biondina proseguì con maggior sicurezza. “Non vedo catene qui! E tu!? Ne vedi?”

Allora Kaiou capì. Sospirando profondamente scosse la testa. “No.”

“Bene. Allora cerca di uscire da questa situazione e mandala a fanculo quella, perché di casini qui ne abbiamo già abbastanza.” Ordinò lasciandole la pelle.

A quell’esortazione la forestiera si trovò costretta ad ammettere di essere stata scoperta. “Non è così facile.”

Voltandosi per tornare a fare ciò che aveva interrotto ed intimamente soddisfatta della sua uscita da paladina d’altri tempi, Minako alzò le spalle. “E quando mai lo è. Metti fine a questa storia. Ti sentirai meglio dopo.”

L’ennesimo ultimatum. L'ennesima croce. L'ennesimo pensiero. Michiru doveva agire e l’indomani lo avrebbe fatto iniziando a giocare sulla stessa scacchiera di Bravery.

 

 

“Attenzione… ponte stretto, destra, due, chiudi.”

Haruka sbatté il palmo sul volante fissandola in cagnesco. “Era tre, non due!”

“No cara. E’ DUE! - Indicando le note di navigazione Giovanna tornò a fissare i fogli. - Vogliamo schizzare nel fosso affrontando la strettoia in terza o preferisci portare la pelle al traguardo? Mi devi stare a sentire. Tu guidi, IO navigo!”

Gonfiando le guance la bionda tornò a chiudere gli occhi. Odiava le tecniche di visualizzazione. “Continuiamo.”

“Ok. Dopo la chiusura deceleri in SECONDA, poi una curva a sinistra e andiamo di terza.”

Mimando la svolta sulla pelle del volante e lo scalo della marcia sul cambio, la bionda tornò ad ascoltare. Sedute nella loro macchina, rigorosamente all’insaputa delle altre sorelle e rigorosamente a tarda sera, avevano iniziato ad allenarsi cercando quella confidenza tra loro e con l’auto che avevano perso da anni. Il loro Peugeot era lontano dall’essere pronto, proprio come loro, così non rimaneva che imprimersi il tracciato della gara alla vecchia maniera, ovvero stando sedute a ripetere per ore ed ore ogni impercettibile cambio di pendenza, curva, ostacolo, dosso o incrocio.

“Sinistra, al centro… , apri.” Ordinò la maggiore e l’altra spinse il piede sull’acceleratore.

“A manetta Haruka. Stacca!”

“Stacca?” Domandò confusa riaprendo gli occhi.

“Stacca che? Non siamo ancora arrivate al quinto rettilineo. Vuoi farci schiantare contro gli alberi o … preferisci portare la pelle al traguardo?” Le fece il verso.

“Merda, ho saltato un passaggio. Scusa.”

Coprendosi gli occhi con una mano la bionda scosse la testa. “Siamo stanche. Così non va!”

“Non possiamo lavorare di giorno e prepararci di notte. Dovremmo dirlo alle ragazze.”

“No! Non sono d’accordo!”

“Hanno il diritto di sapere cosa stiamo facendo!”

“E per cosa? Farle preoccupare inutilmente? Lascia che vivano serene almeno fino al giorno della gara.”

“Con tutto quello che sta succedendo, serene è una parola grossa. Mina non ama sentirsi esclusa. Non la prenderà bene.”

“Le passerà.”

“Ci potrebbero aiutare sgravandoci di alcuni lavori in vigna. Ripareremmo la macchina alla luce del sole, con più precisione e soprattutto senza sentirci due ladre.”

“Stanno già dando il massimo, soprattutto adesso che la serra è montata e le nuove piante stanno riposando. Cosa vuoi di più dalle nostre sorelle?!”

Stringendo le labbra Giovanna non insistette e per la buona riuscita della gara abbassò la testa per l’ennesima volta. Non potevano permettersi passi falsi, perché in gioco c’era tutto. Dovevano rimanere concentrate. Niente discussioni o domande che non si potessero procrastinare. Come quella del dove Haruka avesse trovato le garanzie per poter partecipare alla gara. Neanche Max ne sapeva niente e arrivate a questo punto alla maggiore non rimaneva che fidarsi della sorella.

“Nel pomeriggio mi ha telefonato il fornitore. Sono arrivati i pezzi di ricambio. - Svicolò la bionda accarezzando il volante. - Domani vorrei andarli a prendere, perciò fammi il piacere di sostituiscimi alla vigna del Bel Vedere. Ci sono dei tralicci da sostituire.”

“Ok, basta che mi prometti che non venderai la moto per pagare tutta la roba che hai ordinato.”

Nacque un ghigno particolare sulle labbra di Haruka e Giovanna capì di aver fatto centro. “Haru…”

“Haru uno stramaledetto cavolo! Ho il conto a secco e dopo l’ultimo assegno che hai staccato per la serra, lo è anche il tuo. E non esiste che si vada ad intaccare il piccolo gruzzolo che i nostri genitori hanno messo da parte per Usagi e Minako!”

“Ovvio…”

“E allora?! Dobbiamo cambiare il filtro dell’aria, il carburatore, le candele e l’intera trasmissione. Stavo pensando d’installare due prese per l’aria fredda e montare un sistema di scappamento a flusso maggiorato e per far tutto questo non possiamo svaligiare il negozio. La moto basterà per pagare tutto.”

“Non mi piace!” Quella Ducati era tutto per Haruka. C’era una storia dietro quelle ruote.

“Sapessi a me.”

“Almeno saremo competitive?”

“Non credo. Come noi anche i team che partecipano a questo tipo di gare hanno fame di soldi facili e potrebbero giocare sporco, perciò, non essendoci limitazioni ne regolamenti da seguire, avremmo bisogno di una spintarella per dar più gas nei rettilinei.”

“E il nostro turbocompressore?”

“E’ andato anche quello e nuovo costa l’ira di Dio. Inoltre ho notato delle crepe vicino l’albero a canne.”

“Ma che meraviglia! Praticamente siamo nella merda ancor prima di aver messo le ruote sulla strada!”

“Non preoccuparti Giò, in qualche modo faremo.”

“Quando dici così sembri proprio la mamma. - Disse dolcemente. - Ma purtroppo questa macchina è vecchia e di chilometri ne ha fatti tanti.”

“E ne farà ancora!” Poggiando la fronte sul volante la bionda si sentì improvvisamente fragile.

“Haru, non mollare.”

“Non sto mollando! Ma c’è così tanto da fare e così poco tempo per farlo…”

Scese il silenzio in quel silos riadattato ad officina. Un silenzio carico d’angoscia, di segreti, ma anche d’incoscienti speranze.

“E’ una gran bell'auto. - Se ne uscì la maggiore guardando la Mercedes GT di Michiru. - Con quello che costa potremmo comprarci un trattore, un pezzo di terra e tutti i ricambi che vuoi.”

“Ricambi? Potremmo comprarci un’auto nuova e spaccare il culo a Giano e a tutta la sua banda di mafiosi.”

“Quanto fa’?”

“Ti bastano 639 cavalli?”

“E’ un biturbo!”

“Già…” Ed improvvisamente Haruka ebbe un’idea, si riaccese ed uscì dall’abitacolo.

“Finiamola qui per questa sera!”

“Dove vai?”

“A fare una cosa. Allora è deciso; ci vai tu in vigna domani?!”

“Si, ma…”

“Allora buonanotte.” E sparì dietro l’anta della porta più veloce della luce.

Mettendosi comoda sul sedile Giovanna tornò a studiare gli appunti crollando venti minuti dopo e risvegliandosi all’alba del giorno successivo.

 

 

Si sentì chiamare dal vialetto, oltre la siepe d’edera. Riconoscendo la voce di Haruka s’infilò la vestaglia uscendo sullo spiazzo esterno.

“Michiru, sei sveglia?” Un bisbiglio delicato che tanto cozzava con la sua solita irruenza.

E come avrebbe potuto dormire con tutti i pensieri che aveva per la testa. “No Haruka. Ti serve qualcosa?”

“Si. Posso entrare?”

“Be, sarebbe casa tua.” Ridacchiò mentre la vedeva far capolino dal cancelletto in ferro con quell’aria furbetta che tanto le piaceva.

“Speravo proprio di trovarti ancora in piedi. Ci vieni con me a guardare le stelle cadenti?”

“Le stelle cadenti? - In effetti era stagione. - Ma sono in vestaglia.” Disse allargando le braccia.

“E allora? Chi vuoi che ti veda e poi… sei bellissima lo stesso. Dai!”

Un momento d’ovvia sorpresa per poi accettare volentieri. Michiru non badò al leggero sobbalzo del cuore avvertito a quel dolce complimento e seguendola andarono in quello che era ormai il loro posto, ovvero le scalette che portavano alla Prima. Qui si sistemarono comode puntando gli occhi ad una stellata che quella notte era particolarmente nitida.

“La brezza di oggi ha portato via tutta l’afa dei giorni scorsi. Guarda, si vedono il Dragone, Pegaso ed Andromeda.” Puntando l’indice al cielo la forestiera continuò identificando altre costellazioni.

“Mi sorprendi, io riesco a malapena a riconoscere il Grande Carro.” Ammise la bionda sentendola ridere.

“Ma come, mi inviti a guardare le stelle e poi dici di non saperne niente?”

“Io ho detto cadenti.”

“Ah, giusto.” Esplose divertita.

Tornando a guardare la volta Haruka ammise che se pur bellissime, per lei le stelle erano solo un’insieme di puntini luminosi ai quali dei pippati visionari del passato avevano dato loro dei nomi. “Passi per i due carri, ma per me rimane un mistero come possano averci visto delle forme.”

“Ecco perché trovi difficoltà nel riconoscerle. Non puoi aspettarti delle vere e proprie figure antropomorfe. Devi andarci un po’ di fantasia. - Avvicinandosi le prese il braccio alzandolo verso la Via Lattea. - Se è l’Orsa Maggiore che riconosci, allora parti da li. Proprio sopra, alla sua sinistra, c’è il Dragone. Lo vedi? Ha la forma di una S con la testa rivolta verso il basso. E sotto c’è il possente Ercole. Non credere, ci si mette un po’, ma una volta fattoci l’occhio…” Disse fissandole le iridi ombrate dalla semioscurità.

Dio quanto era bella Michiru. L’odore dei suoi capelli, della sua pelle, il calore del suo corpo addosso al suo, la spallina della camicia da notte che s’intravedeva da sotto la vestaglia. Era la prima volta che si trovavano tanto vicine ed Haruka dovette fare un enorme sforzo per non prenderle le labbra e farla sua su quelle scale.

“Mmmm… Se lo dici tu.” Cercando di togliersi da una situazione che con altre donne avrebbe dichiarato benedetta, ma con quella di donna stava diventando pericolosa, fece finta che le fosse andato un corpuscolo in un occhio domandandole di… Tantalo.

“Tantalo? - Kaiou tornò a guardare il cielo spiazzata e la bionda ne approfittò per spostarsi un poco. - Mi cogli in fallo.”

“Eh… C’è sempre un Tantalo da qualche parte.” Ghignò maliziosa, ma l'ingenuità della violinista non le fece afferrare la finezza.

Haruka era molto brava nel gestire l’emisfero femminile, sia che si trattasse di nascondere i propri sentimenti, sia che puntasse ad un corteggiamento spietato a suon di carinerie. Ma quello non era il momento e non perché Michiru non le piacesse, tutt’altro, aveva semplicemente il terrore che per l’ennesima volta la sua scarsa propensione a donarsi ad un’altra persona, avrebbe potuto portare allo sfascio di un potenziale rapporto. Amore o amicizia che fosse. Così preferiva rimanere a distanza, volteggiando di tanto in tanto nel cielo di quella splendida creatura come un timido rapace. Anche se quella sera, vuoi la pressione, vuoi la sua bellezza, stava facendo fatica.

“E da un po’ che non parlavamo noi due. Mi sei mancata.” Se ne uscì la forestiera con disarmante sincerità.

“Il momento è quello che è. Scusa. Ti senti sola?”

Michiru scosse la testa. La solitudine era sempre stata un’amica preziosa e non ne aveva paura. “Sono rimasta qui per lavorare, non per cicalare come durante una vacanza.”

“A tal proposito dovrei parlarti di una cosa.” Ammise la bionda vedendo il viso dell’altra cambiare drasticamente espressione.

“Avevamo fatto un patto, non l’ho dimenticato. La tua Mercedes in cambio del tuo aiuto, ma non è ancora pronta o meglio, lo sarebbe…” Come chiederglielo senza dirle tutto.

“Vai dritta al sodo Tenou.” Disse piatta aspettandosi il peggio.

“Mi servirebbero dei pezzi di ricambio per il Landini. - Sputò tutto d’un fiato rincarando la dose con una balla colossale che non avrebbe mai voluto dirle. - E’ vecchio, ma se riuscissi ad adattargli alcune parti della tua auto potrei tranquillamente usarlo fino alla chiusura della stagione.”

Prendendo un boccone d’aria Kaiou tornò a respirare. “E vorresti prenderli dalla mia Mercedes?”

“Allora? Posso? Ti assicuro che dopo la vendemmia te la riconsegnerò anche più bella di prima.”

"Ma si può fare?"

"Certamente, se si e' bravi come la sottoscritta!"

Che tipo che era. “La dea dei motori sei tu, perciò prendi pure ciò che ti serve. Anzi… Vendila Haruka, è tua e con il ricavato compra un altro trattore, paga alcuni fornitori o metterli a bilancio, non so, fa come credi, ma fallo… ti prego, mi farebbe un piacere enorme!”

“Michiru io…”

Afferrandole le mani la violinista gliele strinse con forza. “Sono una stupida, non ci avevo pensato! Che me ne faccio di una macchina come quella!” Non poteva suonare per loro, ma poteva sempre dar via ciò che era suo.

“Sei generosa, ma sai quanto costa un’auto come quella? Non potrei mai accettare.”

“Certo che lo so. Non è la prima volta che lavoro sai? Ma è proprio perché so quanto vale che ti dico che potrebbe darvi un po’ d’ossigeno. Non fare la sciocca! Accetta.”

Il viso della bionda si ammorbidì improvvisamente. “Non ho parole e ti ringrazio tanto, ma per mettere sul mercato una classe così alta ci vuole tempo e io ho bisogno di quei pezzi ORA, perciò… - Sciogliendosi dalla stretta le sorrise spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. - … lascia che prenda solo ciò che mi serve, ok?”

“Sei sicura?”

“Sicurissima. - Disse alzandosi seguita dall’altra. - E’ già tantissimo, credimi. Ora vado. Domani bisogna alzarsi presto.”

“Come sempre.” Sfotté rimproverandola per non aver visto neanche una stella cadente.

Allora si voltarono all’unisono verso il cielo che proprio in quell’istante venne attraversato da una piccola scia luminosa.

“Visto.” Rispose Haruka guascona alzando un poco le spalle.

“Dobbiamo esprimere un desiderio!”

“Io ne avrei troppi Michi, perciò ti lascio il mio. Consideralo un piccolo acconto come ringraziamento.” Ed iniziò a salire le scale.

“Certo a ripensarci Tenou, la cosa è curiosa…; ti chiedo di ripararmi l’auto e tu me la smembri.”

E scoppiando a ridere arrivarono al retro della masseria augurarsi un buon riposo. Quella notte Michiru espresse due desideri e pregò con tutta se stessa che il cielo li realizzasse. Il giorno dopo, all’ora stabilita, sarebbe andata a giocarsi il suo futuro contro Bravery Kou.

 

 

Seiya parcheggiò sul vialetto la sua Lamborghini Uracan blu notte spegnendone il motore potente. Era esausto e non soltanto per il lavoro, triplicatosi dopo la scomparsa del Primo Violino della Fisarmonica di Vienna, ma anche e soprattutto per la preoccupazione che quello stesso Primo Violino era riuscito a regalargli dopo quella maledetta sera. Scendendo dall’abitacolo e respirando profondamente l’odore d’erba bagnata proveniente dal giardino antistante, guardò la villa in stile classico che da qualche anno era la sua casa. Quanto fortemente l’aveva voluta Michiru. E’ nostra amore, le aveva detto lui il giorno che togliendole le mani dagli occhi gliela aveva mostrata. E quella dea bizzosa gli si era stretta al collo felice come poche volte l’aveva vista, perché quell’insieme di mattoni, legno e vetro rappresentava l’inizio della loro vita di coppia.

Era preoccupato per lei, questo si, ed era un fatto. Quattro anni di vita in comune, una casa, una collaborazione artistica e la pianificazione concreta di una gravidanza, volevano pur dire qualcosa. Ma lo era ancor di più per la bomba di proporzioni apocalittiche che quella donna era riuscita a far deflagrare nel pertugio più profondo della Filarmonica e della stessa Union Artists Foundation, del quale lui era il Direttore Artistico e perciò il primo responsabile al quale dare la croce. Ed era questo che stavano facendo tutti; dargli la croce addosso come il ladrone più corrotto delle Sacre Scritture. Critiche a pioggia, soprattutto da parte del signor Stërn, il quale non credeva assolutamente al fatto che realmente l’uomo non sapesse dove fosse finita l’artista.

“Io vi faccio causa! A lei e alla sua compagna!” Aveva tuonato proprio la mattina precedente catapultandosi per l’ennesima volta nel suo ufficio.

E avrebbe potuto farlo e nessuno gliene avrebbe dato torto.

Seiya riusciva ancora a bloccarlo a catena solo perché in quel momento uno scandalo avrebbe fatto più male che altro. Il calo delle vendite riscontrato nei primi due trimestri dell’anno imponeva un profilo basso, ma ogni giorno era sempre più difficile tenere nascosta la sparizione della grande Michiru Kaiou. I paparazzi, avvoltoi dall’olfatto fine, avevano già iniziato a volteggiare intorno alla sede centrale della U.A.F., ritenendo molto strano che la violinista avesse personalmente disdetto tutte le date londinesi da li a fine anno. Tramite il suo avvocato, Michiru aveva fatto sapere a Kou di aver già pagato le penali, ma non c’era stato verso di farsi dire dall’uomo dove stesse attualmente risiedendo. Il moro aveva persino provato a corromperlo non ricevendo altro che una querela.

Salendo stancamente le scale e dandosi dell’idiota, si ritrovò a guardare la sua immagine stravolta riflessa nei vetri colorati del portoncino d’ingresso. Avrebbe dovuto immaginarselo che prima o poi l’anima inquieta di Michiru non avrebbe più tollerato le sue continue scappatelle. Avrebbe dovuto aspettarsi un rigurgito d’orgoglio da parte di un carattere tanto coriaceo. Come avrebbe dovuto capire che ad ogni cedimento fisico dovuto al troppo stress, il disamore crescente nei riguardi di quel lavoro frenetico l’avrebbe portata alla ribellione. Sia sul piano fisico che professionale, Seiya era sempre stato troppo sicuro di se per vedere nitidamente i segnali d’insofferenza lanciatigli dalla compagna ad ogni data aggiunta sul carnet degli imprevisti voluti da un manager mai sazio come lui. Una data, una ancora e Michiru accettava, perché in fin dei conti la ribalta l’inebriava così come il palcoscenico e le ovazioni di un pubblico sempre dannatamente esigente. Era stato un egoista e suo malgrado se ne stava pentendo. Ma per quanto riguarda le sue scappatelle, Be, non era mai riuscito a resistere troppo allungo alle tentazioni, anche se al suo fianco aveva una dea come quella.

Se n’era innamorato subito, facendo forse il passo più lungo della gamba per averla. Seiya era riuscito a farsi da solo e per questo andava rispettano, ma proprio per non essere nato in una condizione agiata, era facile preda dei tipici appetiti pacchiani di un’arrivista. Era costruito negli atteggiamenti, eccessivamente incline al compromesso e al servilismo. La scena del Pop giovanile l’aveva reso avido ed arrogante. Ancor di più l’aveva fatto il sodalizio con la musa della classica.

Ma la vita per Seiya andava vissuta attimo per attimo. Si voleva provare il brivido di sentirsi il padrone del proprio destino? Bene, nulla che il rombo di una fuoriserie non potesse dare. Fin dalla nascita si aveva la necessità di sentirsi rispettati nel mondo? Ottimo, perché non scalarne le vette sociali intrufolarsi in una ricca casata e finire per comprarselo quel rispetto. Ci si sentiva soli tra le pieghe di un letto ormai troppo freddo? Una donna avrebbe scaldato quelle stesse lenzuola che ormai la compagna guardava con gelida inappetenza.

Si fottano tutti, era il suo mantra, il principio ispiratore di tutta la sua esistenza. Si fottano i genitori che l’avevano diviso dalla gemella sfasciando di fatto una famiglia. Si fottano i cantanti rivali, più giovani e che se pur più dotati di lui, non avevano la stessa bravura nel sapersi conquistare l’appoggio di un clan come quello dei Kaiou. Si fottano i manager invidiosi della sua folgorante ascesa ai vertici della Union Artists Foundation.

Michiru dovresti fotterti anche tu dopo tutto quello che mi stai facendo passare, pensò mentre apriva la porta.

Una volta disinserito l’allarme e gettata la giacca sul corrimano della grande scala che portava al livello superiore, guardò con desiderio il divano posto al centro del salone. Era stanco morto. Allentata la cravatta stava per crollare sopra una seduta quando il cellulare che usava per i contatti privati squillò e nel vedere l’immagine comparsa sul display sentì il cuore tremare.

 

 

Ferma in piedi sotto ad alcuni impalcati che davano ombra al piccolo colle chiamato Bel Vedere, Michiru attese per svariati minuti l’arrivo di Bravery costatando con rammarico ed un certo nervosismo, quanto quella donna le ricordasse le cattive abitudini del gemello. In fatto a puntualità erano praticamente identici. Poggiando la schiena ad un tronco perse lo sguardo ai filari di viti che correvano lungo le colline. Un’immagine ormai consueta. Consueta e rassicurante. Non aveva mai avuto un carattere bucolico ed in vita sua aveva sempre preferito il mare alla campagna, ma quel posto era speciale e più i minuti dell’attesa passavano e maggior forza prendeva il suo spirito di combattente. Si sarebbe battuta per restare in quello che era diventato il suo nido.

Ancora un poco ed intravide Bravery forzare la potenza del suo quad lungo la collina. Tornando composta si arpionò le mani al grembo facendo un profondo respiro. Meno di due minuti e la mora le era davanti con la sua solita sfacciata strafottenza.

“Ben trovata Kaiou.” Disse sfilandosi il casco e smontando di sella.

“E meno male che avrei dovuto essere io a non far tardi.”

“Bando ai convenevoli… Hai dunque deciso cosa fare?”

“Non mi hai dato tutta questa gran scelta.” La sentì ridere ritrovandosela occhi negli occhi.

Le sembrava di guardare le iridi di Seiya e questo le diede un gran fastidio.

“Dunque? Hai deciso di toglierti di torno?”

Fu allora che Kaiou calò le carte e forte dei suoi assi iniziò la battaglia piegando la testa da un lato. “Oltre a dirti che sono una stronza, tuo fratello avrebbe anche dovuto spiegarti due cosette sul carattere di quella che è stata la sua compagna per anni. Vedi, mi ritengo una donna dall’indole abbastanza pacifista, ma se minacciata non sono tipo da rimanere inerme ad un attacco.”

“Cosa vorresti dire, che hai deciso di rimanere?”

“Ho deciso di battermi.” Ed era stata Minako a ricordarle come si facesse.

Estraendo dalla tasca del vestito il suo cellulare, Michiru ne controllò il segnale disegnando sulle labbra un sorriso indecifrabile.

“Non capisco, vuoi che dica tutto a mio fratello? Vuoi davvero che venga qui!?”

“Non è un mio problema. - Le rispose scorrendo la rubrica, scegliendo il nome ed innescando la chiamata. - Perché tra non molto diventerà il TUO.”

Attese tre squilli e lo sentì rispondere.

Michiru?!”

“Ciao Seiya.”

Al nome del fratello, Bravery sbiancò. “Cosa stai facendo…”

L’altra le fece cenno di tacere rispondendo all’uomo che intanto le aveva chiesto come stesse. “Bene. Meglio. Ascoltami, hai ricevuto la chiamata del mio avvocato in merito al pagamento delle penali?”

Si. E devo dirti di esserci rimasto di merda. Ma lo sai che razza di casino hai combinato?!”

“Cerca di stare calmo e ricordati di stare parlando con una signora. - Lo zittì freddamente. - Conosco la legge e so come muovermi, perciò se hai paura che gli avvocati della Union Artists Foundation possano querelarci, bè… puoi stare tranquillo.”

Non è questo! E’ l’immagine che stiamo dando come coppia artistica a farmi uscire dai gangheri.” Masticò tra i denti.

“Senti, non ho intenzione di discutere con te. Ti ho soltanto chiamato per sapere se i pagamenti fossero in ordine. Sono in un posto dove si fa fatica a telefonare e lo sai che per cose tanto importanti non mi piace interfacciarmi con le E mail.”

Lo sentì più arrendevole. “Sei all’estero?”

“No. Sono in patria, ma… - E partì il colpo di sciabola di una donna troppo intelligente per entrambi i fratelli Kou. - … in tutta onestà credevo che STELLA te lo avesse accennato.”

Michiru guardò le labbra della mora schiudersi e capì di averla colpita.

Cosa c’entra mia sorella?”

“So che nell’ultimo mese avete preso a sentirvi spesso. Mi sorprende non ti abbia parlato del mio soggiorno alla masseria accanto a quella della tua famiglia materna.”

Sei in Provincia?!”

“Si, ma se fossi in te non mi scervellerei troppo a pensare sul come o perché sia capitata da queste parti. E' stato solo frutto del caso. Devo ammettere che i posti incantevoli che ci sono qui e la vita sana mi hanno spinta a rimanere per un po’.”

Non posso crederci. E Stella lo sapeva?””

“Be…, si. Ultimamente ho occasione d’incontrarla spesso.” E si fermò, anche se avrebbe potuto affondare la lama più in profondità e con maggior cattiveria.

La mora rimase impietrita ad ascoltare la fine della telefonata e quando Michiru attaccò, la fissò capendo di essere stata ferita con la stessa arma che fino a quel momento aveva creduto di tenere saldamente stretta dalla parte del manico.

Rimettendosi il cellulare nella tasca l’altra non manifestò emozioni. Non c’era soddisfazione sul suo volto. “Adesso hai capito di quale pasta sono fatta.”

“Tu sei veramente una stronza.” Riuscì ad articolare mentre la violinista prendeva a scuotere la testa.

“No Bravery, se lo fossi stata veramente avrei potuto rigirarmi Seiya e lo sai, ti si sarebbe scaraventato contro. Perciò soppesa le parole, calmati, respira e torna al tuo posto.”

La partita tra Bravery Kou e Michiru Kaiou era così tornata in perfetta parità.

 

 

 

 

Note dell’autrice: Ciau e ben tornate/i. Devo ammettere che mi è piaciuto molto scrivere quest’ultima reazione di Michiru, come mi piace l’idea che sia stata proprio Minako a darle la scossa. Credo proprio che il buon Yaten avesse ragione nel dire che la sua donna è una paladina hahaha.

Spero di avervi un po’ incuriosito con la figura di Giano e vedrete che avrà un bel ruolo nella storia, ad oggi totalmente inimmaginabile.

Spero di far spiccare quanto prima il binomio Mamoru/Usagi, colpevolmente lasciati in disparte. Abbiate pazienza. Ci sarà posto anche per loro.

In ultimo, ma non ultimo, vorrei ringraziare Ferra10 per avermi aiutata a capire le dinamiche e l'importanza dei turbocompressori nelle macchine come quella di Haruka. Con quel barattolino ne vedremo delle belle. No, scherzo. E' una signora macchina.

Un abbraccio e a prestissimo!

   
 
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