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Autore: Mordekai    27/08/2019    0 recensioni
Otto artefatti sacri donati da Antiche Divinità senza nome, capaci di donare meravigliosi poteri e capacità. Solo i più degni potevano far parte di una delle Otto schiere, partecipando al Rituale degli Arcani.
Coloro che fallivano il Rituale, venivano rimandati a casa marchiati come Impuri. E morti.
Akhelia Vilbaar scettica di tali eventi, deciderà di farvi parte.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6207° anno dalla Creazione Arcana. Ventoscuro, terza capitale della Repubblica delle Tre Spade.

 
La porta vene richiusa con irruenza da una figura alta quasi quanto la porta, con una spessa armatura di piastre in perla e metallo e un cappuccio che gli copriva il volto. Dal suo fianco pendeva una spada lunga dalla punta ricurva, lunga fino al ginocchio, minacciosa e lucente. Zahra restava ad osservare la sua ospite mentre la foschia si tingeva dall’azzurro al verde al giallo fino al rosso per poi ricominciare nuovamente.

‘’Grazie Zâhedân, caro fratello, per aver chiuso la porta. Martha porta una sedia qui vicino per la nostra ospite.’’- esordì dopo un breve momento di silenzio. Dall’ombra di una colonna, un’altra figura alta come Zâhedân ma più snella comparve senza emettere alcun rumore e attirò al tavolo una sedia in pelle, usando delle bende che le cingevano il polso. Con estrema precisione Akhelia venne colpita dietro le ginocchia e cadde sulla sedia bruscamente ma senza subire danno:

‘’Un po’ più di gentilezza Martha. Gli ospiti, soprattutto coloro che hanno un retaggio particolare, vanno rispettati.’’- ammonì la donna, recuperando una caraffa di tè al mirto molto intenso e ne versò un po’ in due bicchieri di legno. Akhelia, visibilmente turbata dall’imponenza di quelle due guardie decise di bere d’un fiato il boccale e per poco non le andò di traverso l’ultima goccia.

‘’Piano con questa roba, ti può far ubriacare dopo soli due bicchieri. Ma passiamo subito al sodo. A te serve un oggetto in particolare che possa farti muovere rapidamente da un tetto all’altro. Un…rampino come lo definite voi giovani.’’

‘’Lei come fa a saperlo?’’- domandò la ragazza, guardandosi di tanto in tanto le spalle e studiando le due figure incappucciate simili a statue. Zahra aprì un cofanetto di legno di quercia con rivestimenti in oro ed estrasse una lunga sciarpa purpurea, o almeno quel che la fioca luce della stanza consentiva di vedere.

‘’Conosco molte cose di Ventoscuro, di Veraspina, Forraluna e altri luoghi che probabilmente vedrai in futuro. E conosco anche le vostre vite. La mia magia, usata come storiella per terrorizzare il sonno dei pargoli, differisce da quella degli Arcani ed evocatori. Tu, però, sei scettica riguardo la natura di ognuno di essi. Dammi il braccio sinistro per favore.’’- rispose con gentilezza e chiese alla ragazza di porle il braccio. Akhelia tentennò brevemente per poi far come chiesto. Zahra intonò delle parole in una lingua sconosciuta e la sciarpa prese vita, avvolgendosi come un serpente sul braccio della giovane. Il contatto con il tessuto gelido e allo stesso tempo morbido la fece sussultare, ma quel che fu sconcertante furono gli sfavillii che si propagarono da esso.

‘’Provala.’’- si limitò a dire la donna, restando impassibile. Akhelia puntò alla spada penzolante di Zâhedân e dal braccio si mosse rapida il tessuto afferrando l’impugnatura e tornando indietro con uno schioppo. Per evitare di essere trafitta, la ragazza si abbassò istintivamente. La maga non si mosse dalla sua sedia e immobilizzò la lama usando il legno della scrivania come scudo: parte di essa assunse la curvatura di un’onda marina che venne trapassata da parte a parte fino alla guardia.

‘’Non preoccuparti, è già successo altre volte in passato. La concentrazione è la chiave. Adesso va’, ho altri impegni da svolgere.’’- e con uno schiocco di dita la porta dell’abitazione si aprì, la sedia si mosse e catapultò all’indietro la ragazza finendo tra la polvere della stradina. Ad attenderla vi erano Milziade e uno dei Guardiani delle mura, impassibili innanzi all’imbarazzante spettacolo assistito. La belva metallica ordinò ai ragazzi di rientrare dato che il Portavoce degli Arcani era prossimo alla partenza per il Cuore d’Ossidiana, e non avrebbe atteso oltre:

‘’Come? Già il tramonto?’’- domandò esterrefatta la giovane, notando il sole tingere d’arancione il cielo sopra di loro, l’assenza o il rientro nelle abitazioni e terre dei vari carri di merce. La Guardia ordinò nuovamente ai giovani di rientrare e si avviò a grandi falcate verso le mura, ove i grandi bassorilievi in argento brillavano alla luce rossastra del tramonto. Rientrati nella Repubblica, Akhelia non si capacitava che fosse già il tramonto:

‘’Sei stata in quella casa per quasi tre ore, mi sembra normale.’’- la interruppe Milziade, seccato dalla decisione dell’amica.

‘’Due minuti, Milziade. Sono stata in quella casa per due minuti e non credevo che Zahra fosse in grado di manipolare la percezione del tempo. E nemmeno che avesse delle gigantesche guardie del corpo, un uomo ed una donna.’’- rispose Akhelia, mimando la loro corporatura cercando di far ridere il proprio amico. Giunti alla piazza centrale, il messaggero degli Arcani attendeva l’arrivo dei giovani partecipanti e si complimentò con Akhelia per aver anticipato tutti. In quel momento giunse anche Bertoldo con lo stiletto da consegnare alla ragazza e con un inchino di riverenza ritornò al suo lavoro. Si udirono diverse porte aprirsi e sbatacchiare, voci commosse che salutavano qualcuno e che ricambiavano tal gesto: i restanti quattro partecipanti arrivarono con le loro armi nobiliari e si inchinarono. Milziade, comprendendo l’ora dell’addio, saluto la sua migliore amica con un abbraccio augurandole buona fortuna.

‘’Perfetto. Giovani apprendisti, cortesemente, seguitemi. Le figure paterne o chi ne fa le veci vi attendono alle carrozze. Akhelia Vilbaar, tu e tuo padre viaggerete nella carrozza principale. Ordine degli Arcani e non si può rifiutare.’’- asserì l’uomo, avanzando per primo e alzando l’indice con autorità. Ad Akhelia non piaceva esser messa in prima linea, né tantomeno essere la preferita di qualcuno pur essendo nata da rispettabili figure. I cittadini salutarono i loro giovani apprenditi arcani seguendoli fino all’esterno delle mura ove vi erano le carrozze di ogni casata, con la figura autoritaria ed un soldato di ForteFerro fermo vicino alla ruota posteriore.

‘’Rispettabili cittadini della Repubblica, i Vostri giovani compatrioti torneranno tra sei mesi per la festività di Biancalbero. Fino ad allora, amici, possibili compagni o compagne e parenti potranno inviare lettere ai falchi messaggeri ogni due settimane. Che la Stella degli Arcani possa vegliare su di voi.’’- e così, il messaggero raggiunse la sua carrozza dove ad attenderlo vi era un ragazzo dai capelli argentati ed occhi zaffiro che osservava gli apprendisti da sotto il suo mantello a girandola con cappuccio di colore ardesia con diversi ricami in oro. I suoi occhi si posarono soprattutto su Akhelia, anch’ella presente, per qualche secondo prima di sentire i cocchieri delle varie carrozze invitare i loro viaggiatori ad entrare.

‘’Hai paura di una carrozza?’’- chiese con freddezza il giovane notando il tentennamento di Akhelia nell’entrare nel cocchio.

‘’Sii cortese Vespero, è nostra ospite e come tale va trattata.’’- lo redarguì gentilmente l’uomo, seduto vicino al cocchiere pronto a spronare gli stalloni. Il giovane con il mantello annuì e con un balzo si mise sul reto della carrozza per supervisionare le altre attentamente. Quando Akhelia si posò sul seggiolino di pelle rossa, suo padre comparve in un batter d’occhio all’interno avvolto da una nube azzurrina. Un richiamo proveniente dall’esterno e tutti i calessi si mossero con un gran strattone, innalzando nuvolette di polvere e facendo scricchiolare il legno delle ruote. Il messaggero degli Arcani e il padre di Akhelia discutevano di questioni politiche, di magia e di aneddoti della loro vita amichevolmente e in allegria condividendo le loro conoscenze. Procedevano in fila indiana aumentando di rado la velocità mentre il paesaggio cambiava spesso forma e colore, passando da radure di sabbia a rigogliose foreste di giganteschi faggi con costruzioni intricate tra loro ed unite da pontili, montacarichi che consentivano uno spostamento rapido da una casa all’altra anche loro di grandezze diverse.

‘’Che posto è questo?’’- domandò Akhelia, notando la moltitudine di nani, centauri e ninfe che salutavano con inchini o con le loro armi i viaggiatori.

‘’Stiamo attraversando la Foresta delle Tre Razze. Qui i nani di ogni fazione, i nobili centauri e le delicate ninfe vivono in armonia con la natura ed ella ricambia la loro gentilezza con cibo e gran salute.’’- rispose suo padre, ricambiando i saluti delle creature dall’interno della carrozza. Superato quel regno ed il suo cuore di smeraldo, giunsero ad una grande distesa di protrusioni rocciose acuminate che sbucavano dal suolo e innalzarsi per metri verso l’alto fino ad incrociarsi. La loro presenza rallentò di molto l’avanzata dei calessi e rese complicato il muoversi senza danneggiare le ruote o la carrozza. Senza alcun preavviso quegli aculei rocciosi andarono ad incastrarsi tra i raggi di tutte le carrozze, impedendo la loro avanzata e allarmando i soldati con gli archibugi.

‘’Perché passate per la terra degli Aculei d’Ebano, giovani viandanti? Questo luogo è pericoloso per inesperti. E anche per coloro che fanno parte degli Arcani.’’- elargì un misterioso essere avvolto da un mantello nero, sorretto da un bastone con diversi rami di vetro che si univano fino a formare una minuscola crisalide. Il volto scarno e gli occhi grandi gli conferivano un aspetto inquietante, quasi ostile. Comparvero altri come lui, appollaiati sopra gli enormi spuntoni di roccia simili ad avvoltoio: Akhelia riconobbe la figura esile e il volto da ratto di uno di loro.

‘’Eremiti del Manto Nero.’’- bisbigliò la ragazza, stringendo l’impugnatura del suo stiletto.

‘’Ve lo chiedo nuovamente: perché passate per la terra degli Aculei d’Ebano?’’- domandò nuovamente lui, sorretto dal bastone che iniziò ad emanare un flebile luccichio dai rami di vetro.

‘’Siamo diretti nel regno degli Arcani e questa è una delle tante strade che conducono rapidamente in quel luogo. Libera i carri e lasciaci andare, vecchio Orso.’’- rispose Vespero dall’alto della carrozza ove Akhelia risiedeva.

‘’Il Principe Vespero. Eccellenza e prestanza, ma pecchi d’educazione, tipico di voi nobili. E sia, ma non sarò così clemente la prossima volta.’’- corrispose Orso liberando le ruote dei carri con uno schiocco delle dita, restando ritto su uno degli aculei. Le carrozze ripresero il loro viaggio con estrema lentezza dovuta al terreno roccioso e agli Eremiti che osservavano cupi la carovana: tra loro, la giovane Akhelia riconobbe quell’eremita dal volto di topo tra tutti gli altri ed impallidì quando quello strano essere sorrise mostrando dei denti giallognoli e appuntiti. Abbandonato quel luogo dove il sole riusciva ad illuminare con i suoi fiochi raggi, il cielo assunse una tonalità che sfumava dal viola al blu scuro generando ombre deformi e trasformando costruzioni naturali in qualcosa di indicibile. Il messaggero degli Arcani colpì tre volte il tettuccio della carrozza e poco dopo si sprigionò una gran luce sopra di loro:

‘’Vespero è il primo adepto di Valazar il Cieco, l’Arcano della Luce e possessore dell’artefatto Illumiastra. Il suo potere consente di creare un finto sole che rischiara il cammino anche nella notte più buia. Io vi consiglio di riposare, sarà un viaggio.’’- asserì l’uomo recuperando delle bende per la notte e le diede ai suoi due ospiti e subito dopo si appisolò. Akhelia invece non riuscì a dormire serenamente, tra gli scossoni della carrozza e il cigolio delle ruote così si concentrò sul paesaggio ancora spoglio a tratti interrotto da alcune antiche costruzioni ancora integre e coperte da edere secche. Si ricordò di avere il dono datogli da Zahra e si concentrò per evitare di svegliare suo padre. Notò appoggiato sul sedile davanti la pergamena con i nomi dei partecipanti e, in un baleno, le fasce di seta viola si mossero verso l’obiettivo afferrando e consegnandolo con cura nelle mani della ragazza.

‘’Che stai facendo Akhelia?’’- chiese sussurrando improvvisamente suo padre, testimone di quel singolare evento. Akhelia si voltò rapida, impaurita dalla domanda ma si rese conto che suo padre stava parlando nel sonno e ronfava come una cornamusa. Il viaggio continuò fino al sorgere di un nuovo giorno e Vespero annunciò a gran voce il luogo:

‘’Siamo arrivati al Cuore d’Ossidiana, giovani arcani. Appena in città, dirigetevi alla mensa per la colazione e sistematevi per il rituale. Allo zenit verrete giudicati Arcani dell’Elemento o Impuri.’’
6207° anno dalla Creazione Arcana. Cuore d’Ossidiana, palazzo degli Arcani. Luogo ignoto.

 
Il Cuore d’Ossidiana, antico palazzo dei rituali degli Arcani, eretto tra due immense montagne gemelle denominate Phàrros e Pherros. Secondo le leggende queste montagne sono titani dormienti, per il volere delle divinità, e solo quando discenderanno nuovamente sulla terra potranno risvegliarsi. Un tempo il Cuore d’Ossidiana possedeva un nome diverso da come tutti lo conoscono: Altocorallo. L’intera struttura venne costruita fondendo materiali comuni a coralli di diversa specie, grandezza, forma e colore donandogli così l’aspetto di luogo di nobili altolocati. Con la discesa delle Divinità, però, il palazzo si tinse di colori più scuri che variavano dal grigio argento al nero pece fino al porpora per i simboli sul frontone. Akhelia alla vista di tale palazzo restò affascinata dai vari bassorilievi che adornavano le colonne all’entrata, ignorando completamente il resto del mondo.

‘’Hai ripensamenti o ti sbrighi ad entrare?’’- domandò Vespero da sotto il suo cappuccio, inchiodando i suoi occhi freddi sulla giovane.

‘’Sei sempre così burbero, vero? Solo perché sei un principe non puoi reputarti migliore di noi.’’- replicò istintivamente Akhelia rendendosi conto poco dopo della risposta. Suo padre, vicino ai due, si portò la mano alla fronte e bisbigliò una imprecazione che nessuno riuscì a sentirlo.

‘’E tu sei fin troppo sognatrice, giovane apprendista. Destati da tale letargo e sii lesta ad entrare altrimenti ti lascio fuori qui come un can…’’

‘’Vespero, basta così figliolo!’’- una voce profonda interruppe quell’alterco infantile tra il principe e la ragazza. Un attempato uomo con una benda purpurea sugli occhi avanzò lento verso di loro, facendo inchinare Vespero al suo cospetto:

‘’Maestro Valazar, che il sole possa sempre essere il suo astro guida!’’- rispose il ragazzo, salutando il suo maestro. L’uomo si strinse la benda che aveva sugli occhi, sbuffò leggermente ed invito gli altri a seguirlo. Nella piazza centrale del palazzo, Akhelia e suo padre rimasero esterrefatti dalla presenza di molti esponenti della Prima, Seconda e Quarta Repubblica delle Tre Spade, di Vacuocorno, di Pietracurva e persino i clan della Luna Invernale che nonostante le temperature indossavano sempre i loro cappucci neri sopra uno sgargiante mantello a girandola bianco con lo stemma del clan di appartenenza. D’un tratto il padre di Akhelia riconobbe tra i membri di Pietracurva un suo vecchio amico d’infanzia:

‘’Farran?!’’- esclamò sbigottito nel constatare che non era più il grassoccio compagno di avventure di anni addietro, bensì un formidabile soldato dalla muscolatura marcata ed evidenziata dalle vene che gli attraversavano gli avambracci.

‘’Sylren Vilbaar? Tu qui? Per la Vergine Rokka sei rimasto il solito mingherlino dalla folta barba!’’- replicò con lo stesso entusiasmo stringendogli la mano. Il padre di Akhelia fece una smorfia di dolore a quella stretta vigorosa percependo le ossa incrinarsi e rimpiangendo i giorni in qui Farran era grassottello. Uno squillare di tromba riportò l’attenzione dei presenti e un secondo messaggero reale annunciò a gran voce che il Rituale Arcano sarebbe cominciato allo scoccare del quinto rintocco della campana, pertanto tutti dovevano già stabilirsi all’interno del palazzo. Giunti all’interno Akhelia poté ammirare il sobrio sfarzo con la quale Altocorallo era stato agghindato per l’occasione: dalle colonne pendevano, ad entrambi i lati, gli otto stendardi degli Arcani con i loro nomi ricamati ad un pollice di distanza dal simbolo. Le volte che reggevano il peso di quel grande edificio erano tempestate di perline esagonali che irradiavano luce variopinta e rendevano le fiamme delle candele bluastre e rossicce.

Dall’alto di una delle colonne un servo si mosse librandosi in volo per annodare delle bandierine di seta per poi atterrare con leggerezza. Degli arcani esperti usarono le fiamme delle candele per creare altre decorazioni più intricate aiutati dai loro colleghi che cristallizzarono i fuochi. Akhelia si ritrovò immediatamente spaesata tra la massa di soldati, Arcani e membri rispettabili di casate di territori lontani finché il suo sguardo non si posò nuovamente sul Principe Vespero intento a dialogare con due apprendisti, Enoch e Cyrix precisamente in abiti della loro famiglia: verde per Enoch e grigio con cuciture bianche per Cyrix.

‘’Perché ti ostini ad osservare mio fratello?’’- domandò qualcuno comparendo al suo fianco. Voltandosi vide il viso familiare e serio del principe, con indosso il suo mantello con cappuccio e fu in quell’istante che la giovane fu esterrefatta. I due ragazzi erano gocce d’acqua, stessi lineamenti ma gli occhi eterocromi distinguevano i fratelli.

‘’Pensavo fossi tu, invero.’’- rispose Akhelia, imbarazzata sia dall’errore infantile sia dalla presenza del vero Vespero. Il principe sospirò, infastidito e replicò con la stessa dose di cinismo:

‘’Mi sento offeso, Vilbaar. Lui è Oberon, il mio secondo fratello. Fa parte degli Arcani Medi, principe del quinto Impero dei Cristalli ed è qui anche lui per assistere al rituale.’’- e nell’istante in cui Vespero pronunciò quelle parole, Oberon si avvicinò con un sorriso allegro ma che celava anche lui il cinismo per il fratello.

‘’Vedo che fai conquiste. Oberon Drago, membro degli Arcani Medi e principe del quinto Impero dei Cristalli, prossimo a diventare Monarca dei Crepuscoli sabbiosi.’’- asserì il giovane, sorridendo quasi a voler schernire suo fratello. Akhelia, avvertendo tensione fra i due, si scusò e andò altrove alla ricerca di un luogo dove potersi sedere prima che il rituale avesse inizio ma la maggior parte delle sedie e poltrone erano già occupate da altri nobili e aspiranti Arcani provenienti da territori mai sentiti prima, tutti in abiti sgargianti o chi con indumenti costituiti da ossa e cuoio. Alcuni di quei facoltosi presenti erano intenti già a divorare alcune prelibatezze ed Akhelia, notando uno dei piatti abbandonati con quel che sembrava essere un succulento cosciotto con sugo e miele, usò la sciarpa legata al polso per afferrare il piatto ma con la stessa rapidità con la quale la sciarpa si avventò sull’oggetto tale fu la velocità con la quale fu bloccata da una mano guantata dalla forma femminile. La ragazza si sentì in imbarazzo e spaventata dalla fenomenale rapidità della presa, e il sorriso di quella donna in armatura non giovava:

‘’Tu dovresti essere Akhelia, la primogenita di Sylren Vilbaar. Curioso l’oggetto legato al tuo polso e dalla sua manifattura, eppure non così veloce come credevi. Non preoccuparti, non verrai ammonita, adoro le persone che dimostrano creatività nel prendere oggetti dalla lunga distanza. Le rendono speciali quasi quanto noi Arcani. Io sono Hadwisa, regina guerriera ed Arcana del Vento, onorata della tua presenza.’’- esordì la donna dalla lunga treccia mora che le ricadeva sulla spalla, dimostrando la fierezza e l’eleganza, attendendo una stretta di mano da parte della ragazza.

‘’Il piacere è mio…’’- rispose Akhelia balbettando e stringendole la mano. In quel momento sopraggiunsero anche altre due figure con indosso le divise degli Arcani, una vestita d’argento e l’altra verde con ricami bianchi sul petto, entrambi scortati da un paggio e due soldati in livrea scura che annunciarono la presenza dell’imperatrice ed Arcana del Ghiaccio Medusa e del druido delle terre selvagge dell’ovest nonché Arcano della Terra Atarish. La regina guerriera si congedò con un cenno del capo per seguire i due colleghi e un altro paggio chiese ai presenti di prepararsi all’assistere al rituale. Dalle entrate opposte sopraggiunsero gli ultimi quattro Arcani, ognuno con i propri colori dell’artefatto. Quel che catturò l’attenzione di Akhelia fu l’ultimo degli Arcani a varcare la porta: indossava un mantello brillante che vibrava di una intensa energia magica e le sembrò di vedere degli sfarfallii su di esso muoversi costantemente. Quando gli otto Arcani presero posto sui loro troni posti a semi cerchio dietro di loro comparvero anche gli Alti Capitani facilmente riconoscibili dalla divisa militare con i colori d’appartenenza, un cordone dorato che partiva dalla spalla sinistra per congiungersi alla destra e sempre sulle spalle ricadeva una cappa di seta. Il Primo degli Arcani, colui che possedeva l’artefatto Fenris, alzò la mano per far tacere il brusio prima di alzarsi e parlare:

‘’Benvenuti al Cuore d’Ossidiana, futuri discepoli dell’Arcano. Molti delle casate qui presenti sono già rinomate per le loro imprese, ma tra noi quest’oggi abbiamo una persona speciale che mai mi sarei aspettato di vedere a palazzo. La figlia del Capo del Consiglio Minore Sylren Vilbaar, il che è un grande onore.’’- si interruppe l’uomo chinando leggermente il capo in segno di riverenza mentre dalle sue mani si sprigionarono piccole scintille. I presenti applaudirono sia per il piccolo spettacolo che per la presenza dell’ospite, ma Akhelia si sentì in imbarazzo e strinse maggiormente la sciarpa legata al braccio alla ricerca di un conforto maggiore finché non giunse suo padre e la rincuorò con un sorriso.

‘’Sylren Vilbaar, gentilmente, si unisca ai suoi colleghi qui presenti per dare inizio alla cerimonia. Voi aspiranti, invece, verrete chiamati per ordine di casate.’’- si unì poi il Terzo degli Arcani, la regina guerriera Hadwisa colei che possedeva l’artefatto Aerana che volse un sorriso ad Akhelia, ricordandosi di lei poco prima. Il Consiglio, successivamente, diede il via alla cerimonia intonando prima una melodia bassa che si tramutò in un canto quasi impronunciabile e gli Otto Arcani unirono le mani in preghiera. Terminato il canto d’apertura venne chiamato il primo degli apprendisti, un giovane dal fisico gracile e dal viso colmo di lentiggini proveniente dalla Seconda Repubblica delle Tre Spade.

‘’Fulmen!’’- esordì l’Arcano dell’artefatto Illumiastra Valazar, scagliando dalle sue mani un gigantesco fulmine dorato che colpì il petto del ragazzo avvolgendo in spire elettriche. Durarono pochi secondi e le spire scomparvero, lasciando l’apprendista fumante e con parte dei vestiti strappati: l’artefatto del fulmine e della luce lo aveva appena rifiutato come suo discepolo.

‘’Vitae!’’- fu la volta dell’Arcana Dahut, la tessitrice di magie che possedeva l’artefatto Evlan e dalle sue mani si sprigionarono due fasci verde smeraldo che si mossero come rami in fiore andando a posarsi sul corpo del giovane ma scomparvero non appena toccarono il suo cuore. L’ennesimo fallimento.

‘’Tempŭs!’’- annunciò l’arcana e maga Carmun, custode di Millenis l’artefatto del tempo. Dal palmo della mano sinistra si aprì uno squarcio di tre colori: rosso, bianco e blu. Il fascio rosso si mosse estremamente rapido, il bianco rimase immobile mentre il blue si muoveva lentamente. Ed anche l’artefatto del tempo lo rifiutò, facendolo piombare al suolo. La fatica e gli effetti di tali oggetti iniziavano a mettere a dura prova il suo corpo.

’Glăcĭēs!’’- e un turbine di cristalli di ghiaccio si scagliarono dalle mani di Medusa, Arcana dell’artefatto Glacea ed Imperatrice, sul corpo del gracile apprendista che venne trafitto al petto. Anche questa volta, il ragazzo si ritrovò schiena sul pavimento. Rantolava e la sua pelle aveva assunto un colore livido ma non volle arrendersi. Gli Arcani si scambiarono sguardi preoccupati per il futuro discepolo ma la cerimonia doveva continuare.

‘’Unda!’’- fu la volta di Thegorin, possessore dell’Artefatto Neptulum e capitano delle armate navali. Mosse con una danza ipnotica le sue mani evocando un violento getto d’acqua che rinchiuse dentro una sfera la testa dell’apprendista. L’ossigeno iniziò a scarseggiare e cercò di togliersi quella gabbia d’acqua. Con immenso piacere, sia degli Otto che dell’apprendista, l’artefatto lo scelse come suo neofita.

‘’Raramente un discepolo dell’Arcano può possedere due o tre elementi in più, ma per le Antiche Scritture la cerimonia deve continuare. Aura!’’- decretò Hadwisa, prima di generare una forte brezza e scagliarla sul ragazzo che prontamente usò il potere acquisito creando uno scudo d’acqua abbastanza resistente contro l’impetuoso vento.

‘’Terra!’’- disse l’Arcano Atarish, il druido delle terre selvagge possessore di Oris. Sia sopra che sotto il ragazzo comparvero cinque grossi massi acuminati che andarono ad immobilizzarlo. Una piccola esplosione magica e la terra si mescolò all’acqua. Tutti applaudirono a quello spettacolo senza precedenti, un neofita in grado di controllare Acqua e Terra con estrema facilità.

‘’Inferno!’’- furono le parole del possessore di Fenris, il Re Oldor che colpì senza troppi riguardi il ragazzo con una sfera incandescente sbalzandolo lontano; per fortuna, l’intervento di un altro discepolo già al servizio degli Arcani arrestò il fatidico volo che poteva risultare fatale per il giovane e tutti furono sollevati nel constatare che fosse vivo.

Akhelia, però, non fu convinta di quel rituale e restò ad osservare con occhio indagatore il tutto, alla ricerca di una menzogna da parte degli Arcani e così si mise in disparte ad assistere. Fu il turno di una donna di mezz’età dai capelli biondi legati in una treccia, tratti somatici duri e corporatura muscolosa che fece bisbigliare i presenti. Il Rituale iniziò nuovamente dall’Arcano Valazar che colpì con fasci elettrice il corpo della donna che restò impassibile alla scarica, sapendo di esser stata rifiutata. Così anche l’Arcana Dahut e Carmun colpirono la donna riscontrando il medesimo effetto, lasciandola con diverse escoriazioni sul viso. Piombò su di lei una pioggia di cristalli gelidi evocati da Medusa e la donna alzò la mano per proteggersi gli occhi e con sorpresa quei frammenti si arrestarono a mezz’aria: il ghiaccio divenne il suo nuovo elemento. Thegorin, Hadwisa e Atarish in rapida successione scagliarono i loro poteri sulla donna, non ricevendo risposta positiva finché Re Oldor colpì al petto la donna con una sfera infuocata ma l’elemento iniziò ad avvolgerle il braccio sinistro che creò scintille e sbuffi di fumo:

‘’Impressionante! Due elementi contrastanti che adesso avrai modo di studiare e rendere tuoi, nobile condottiera Magnolia di NeroAculeo, Prima Repubblica delle Tre Spade.’’- asserì Re Oldor, invitando i prossimi apprendisti ad avanzare. Passarono delle ore, dove molti dei futuri neofiti vennero accettati da uno o due artefatti, uno solo fu in grado di sopportarne tre, con la conseguenza che tutti i capillari e la pelle risultarono folgorati ed ustionati con alcune parti solidificate. Ma, tra i vari fortunati, molti subirono il triste epilogo: Impuri. Tra i centocinquanta invitati, trenta furono gli sciagurati che perirono sotto l’eccessiva energia. Sul loro petto venne posato un panno viola per poi essere portati fuori il palazzo. Quando giunse il turno degli invitati della Terza Repubblica, Akhelia provò uno strano senso d’angoscia per aver visto morire delle persone innanzi a lei e ignorò completamente i suoi compatrioti essere accettati dagli artefatti. Enoch Rune, della famiglia Pugnali di Giada, divenne discepolo di Hadwisa e di Re Oldor; Idalia Vermicolo del Caln Foglia-Scudo venne accolta dall’Arcano Atarish nella sua cerchia; Cyrix Sagitta della Casata Freccia Argentea fu accettato dall’Arcano Valazar e il giovanotto esultò così da poter rendere devastanti i suoi attacchi; Lila Strigo dei Nobili dello Scorpione di Bronzo fu l’unica neo discepola di Thegorin e dell’Imperatrice Medusa:

‘’Uno scorpione di cristallo che attacca con sferzate di vento. Affascinante.’’- asserì Atarish, facendo scuotere il bastone druidico.
‘’Avrà tutto il tempo di studiare e apprendere le tecniche adatte per controllare i suoi poteri. Per l’egocentrismo ci vorrà qualcosa di diverso.’’- replicò Valazar, portando le mani al mento sapendo di aver toccato una nota dolente nel carattere di Lila che ignorò quel commento e sorrise lo stesso, venendo accolta dai nuovi membri. Akhelia continuava ad assistere a come quella cerimonia trasformasse comuni persone in un qualcosa di incredibile, di inimmaginabile persino per i più scettici come lei. Il suo cuore palpitava come tamburi da guerra finché:

‘’Akhelia Vilbaar. Prego, avvicinati.’’- fu la voce calma e allo stesso tempo gelida del Re Oldor a richiamarla ed avanzare verso il centro della sala. Percepì l’intensità degli sguardi dei presenti, degli Arcani e per evitare una crisi di panico cercò lo sguardo del padre che annuì impercettibilmente e le sorrise. La ragazza serrò la bocca traendo coraggio da quel sorriso e, con il petto gonfio di orgoglio, attese la prima ondata di energia che avvenne in un batter d’occhio. Sulla sua pelle avvertiva quell’intensa scarica elettrica proveniente da Valazar serpeggiare in tutte le direzioni fino a giungere nel suo cuore. L’Artefatto della Luce e dei Fulmini però rifiutò l’apprendista, lasciando il posto alla seconda ondata che si materializzò come giganteschi petali di rosa ma anche loro scomparvero non appena si posarono su Akhelia. La ragazza strinse i denti, già giunta al limite della sopportazione ed ebbe un gemito soffocato quando la maga Carmun la colpì con tre semplici fasci di luce colorata che svanirono successivamente. Si inginocchiò cercando di non rendersi ridicola, eppur quelle essenze così primordiali la stavano indebolendo. In rapida successione dei cristalli di ghiaccio, sfere d’acqua blu scura e sferzate di vento la colpirono con violenza, riuscendo a strapparle parte degli abiti all’altezza delle braccia e delle caviglie. Gli Arcani si scambiarono delle rapide occhiate, nuovamente preoccupati e con il desiderio che l’ultima apprendista non si rivelasse una nuova vittima e condivisero lo stesso sguardo d’apprensione a Sylren anch’egli preoccupato ed agitato.

‘’Posso farcela…’’- grugnì a denti stretti Akhelia, rialzandosi e cercando di mostrare la stessa fierezza di prima nonostante le ferite.
‘’Terra!’’- furono le parole del druido Atarish che evocò dei blocchi rocciosi acuminati che imprigionarono la ragazza fino al costato ma si sbriciolarono in un breve istante. Sette degli Otto Artefatti si erano rifiutati di decretarla come erede. Un brusio sommesso da parte dei presenti con una sola parola concreta e facilmente udibile: ‘’Impura.’’

Re Oldor, l’ultimo Arcano restante, sospirò e con tutte le sue energie fece piovere sulla ragazza una luminosa ed incandescente colonna di fuoco che vorticò fino al pavimento alzando una minuscola barriera di fiamme rosse scure. Akhelia tentò di non urlare, ma quelle fiamme erano dolorose e insopportabili. Sentì il suo cuore battere per pochi istanti, i polmoni supplicare per ossigeno e i muscoli cedettero. La colonna di fuoco scomparve ed Akhelia cadde in ginocchio prima di accasciarsi al suolo. Gli Arcani, così come il padre di Akhelia si coprirono il viso rammaricati per quell’evento.
 
-Ω-

La giovane Vilbaar spalancò gli occhi, trovando nuovamente sul pavimento di piastrelle smaltate ma intorno a lei non vi era la presenza di persone o di Arcani fatta eccezione di un semplice trono di ferro con braccioli che mutavano aspetto di continuo e su di esso una figura spettrale con una mano poggiata sulla guancia. Sembrava essersi appisolata eppur quel ghigno inquietante dipinto sul viso privo d’occhi testimoniava l’opposto.

‘’Dove mi trovo?’’- chiese la ragazza facendo echeggiare la sua voce nell’antro oscuro. La figura spettrale si destò dal trono e si rese conto di avere ospiti, o meglio, ospite.

‘’Non mi aspettavo visite, soprattutto durante un Rituale così pomposo e pacchiano. Hai chiesto dove ti trovi? Beh, nel Vuoto.’’- replicò con un sibilo gelido la creatura che più avanzava, più risultava enorme; la grandezza era quella di due uomini sulle spalle di un terzo.

‘’E cos’è il Vuoto? Tu chi sei e perché sono qui?’’- domandò ancora la giovane, preoccupata per le sorti del rituale. Per suo padre!

‘’Una domanda alla volta, Akhelia Vilbaar. Il Vuoto, come lo chiamo io, è semplicemente una sfera dove tutto inizia e dove tutto finisce. Io non ho bisogno di occhi per vedere o di orecchie per udire quando qualcosa ha raggiunto il suo corso. Nessuno è immortale, fatta ad eccezione per il Tempo che non muta mai il suo aspetto. In questo momento tu sei morta, sei Impura perché-‘’

‘’Ho chiesto chi sei! So cosa significa essere Impuri e l’ho visto con i miei occhi. Dimmi il tuo nome mostro!’’- urlò Akhelia interrompendo l’essere che ghignava ancora.

‘’Sono il Nono Artefatto, dimenticato da chiunque e rilegato qui. Il Vuote è il mio regno da ben seimilacinquecento anni, trenta settimane e venticinque giorni. Io sono Omega e tu sarai la mia erede!’’- e le dita ossute della misteriosa presenza toccarono il cuore di Akhelia facendola scomparire. La realtà si intrecciava con gli elementi, ogni cosa si distorceva ed esplodeva in una caotica tempesta di suoni e colori vibranti che l’accecarono e le sue urla si persero nel vuoto. Il suo corpo si allungava, si rimpiccioliva o si espandeva in modo disumano fino ad esplodere anch’ella in una pioggia di stelle scure.
Akhelia si trovò ad un centimetro di distanza da uno specchio d’acqua e lì vide sé stessa per un breve lasso di tempo prima che lo specchio d’acqua la inghiottisse nel suo freddo ed umido abbraccio.
-Ω-





















































 
// Sì, ho deciso di pubblicare di nuovo questo capitolo perché mi ero reso conto dell'assenza di alcuni dettagli. Buona lettura!
 
   
 
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