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Autore: seavsalt    27/08/2019    1 recensioni
"Quando il mondo collasserà su sé stesso, bruciando in alte fiamme, saranno le piccole braci rimaste, portate dal vento, a tramandare storie mai narrate, parole mai dette, eventi mai visti, con il loro debole ardere, testimonianza di falò ormai scomparsi."
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Raccolta di oneshot su Dark Souls I, II e III incentrate su pairing, personaggi o eventi, sia narrati che non.
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Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Personaggi: Principessa Dusk, Nano Furtivo/Manus

Setting: Regno di Oolacile (antecedente a Dark Souls I), Abisso (accennato)

Pairing: Dusk/Manus (one sided)

Rating: Giallo

Tanto tempo fa c’era un regno dorato, in cui gli abitanti vivevano in pace e in armonia tra loro. Molti di loro erano dei maghi e creavano degli incantesimi totalmente non offensivi, in modo da migliorare la vita all’interno del regno. Il re e la regina governavano in modo tranquillo, senza attuare alcun tipo di ingiustizia o sopruso sui loro sudditi, che trattavano come loro pari. Avevano una figlia bellissima, una creatura delicata e dolce, dal volto semplice, ma splendido nella sua sobrietà. La principessa era cara a tutti gli abitanti del regno e ogni volta che usciva dal castello veniva gioiosamente accolta, mentre lei, con dei sorrisi gentili, salutava tutti i popolani, senza distinzione alcuna. Nacque nella calda alba di un giorno come gli altri, in cui le nuvole dorate si mescolavano con lo splendido cielo arancione; per questo motivo, fu chiamata Dusk dai suoi genitori. Al suo decimo compleanno, inoltre, le fu regalato un pendente, una sorta di portafortuna, che da quel momento in poi avrebbe portato sempre al collo, appeso a una catenina. Quando era ancora una giovane fanciulla, dedita a raccogliere fiori nei giardini che circondavano il castello, si imbatté in un passaggio che non aveva mai visto prima. Era una ragazza molto curiosa e anche molto coraggiosa, per questo motivo decise subito di entrarvi, e subito si ritrovò in un cunicolo buio e umido, scavato nella roccia, che scendeva nelle profondità della terra. Niente a illuminare la strada della principessa, che teneva stretto a sé il cestino di vimini pieno di fiori di ogni tipo, eccetto la calda luce del sole che stava tramontando al di fuori del passaggio e che vi penetrava soltanto grazie al buco nella roccia che aveva permesso a Dusk di accedervi. Ogni tanto la giovane aveva dei sussulti a causa dello svolazzare di qualche pipistrello che passava proprio sopra la sua testa, sfiorando i morbidi capelli castani raccolti in una crocchia. Camminò per molto tempo, in quelli che sembravano minuti interminabili, fino a giungere in un antro buio, ma molto spazioso. In mezzo ad esso un piccolo essere se ne stava rannicchiato su sé stesso e teneva tra le mani l’unica fonte di luce del luogo: il frammento di un’anima, che splendeva di una chiara luce e illuminava lo spazio intorno a sé, come una piccola fiamma. Dusk si avvicinò con cautela alla creatura, osservava la sua pelle completamente raggrinzita, coperta solo da uno straccio strappato, la sua corporatura esile e fragile, la sua nuca priva di capelli, gli occhi, ormai ridotti a semplici punti luminosi all’interno delle orbite fin troppo scavate, che la scrutavano impauriti. Suo padre le aveva raccontato di creature come lui, che chiamavano “nani”, esseri minuti e dalle sembianze di bambini invecchiati senza essere cresciuti nemmeno un po’ fisicamente, eccezione fatta per il loro volto o la loro pelle. I racconti tramandati nel regno li descrivevano come malvagi, capaci di far tutto per rubare qualcosa di prezioso, rapire dolci fanciulle e piccoli bambini, o addirittura in grado di usare incantesimi malvagi molto potenti, diversi in tutto e per tutto da quelli usati dai maghi a cui Dusk era abituata. Eppure, quel piccolo non sembrava assolutamente aderire alla descrizione. Tremava, stringendo tra le mani la sua cara anima, inginocchiato, indietreggiando a ogni passo che la principessa faceva in avanti. La fanciulla tese un braccio verso di lui, abbassandosi un po’ per poterlo vedere bene in volto e sorridergli amichevolmente. < Non aver paura, non voglio farti del male > lo rassicurò, la sua voce come una dolce melodia. L’espressione impaurita del piccolo essere cambiò in un attimo in una più rilassata, mentre con la sua piccola ed esile mano raggiungeva il palmo delicato della principessa, allentando la presa dalla brillante e pura anima. Dusk si sedette accanto a lui, e, accorgendosi che non poteva - o forse non sapeva - parlare, cominciò a tirare fuori qualche bel fiore dal suo cestino, mostrandoglielo e spiegandogli perché l’avesse raccolto. L’altro osservava ogni suo gesto e ascoltava ogni sua parola, come se non avesse mai visto qualcosa del genere prima d’ora. Chissà, si chiedeva la principessa, da quanto viveva all’interno di quella caverna, tutto solo, aspettando solo un po’ di compagnia, terrorizzato di uscire all’esterno. Dusk, effettivamente, era stata forse l’unica, fino ad allora, a scendere fino a lui senza fuggire impaurita, o senza cercare di ucciderlo a prima vista, e il piccolo essere non capiva come potesse starsene lì a sorridergli tranquilla, quando lui era così brutto e sgradevole. La fanciulla prese uno dei fiori che non gli aveva ancora mostrato e glielo porse. < Questo è un fiordaliso, simbolo di amicizia sincera. Tieni, te lo voglio regalare > spiegò, con un gentile sorriso che aveva il potere di scaldare anche il più freddo dei cuori. Sul volto del nano spuntò un sorriso senza denti, ma che trasmetteva pura felicità, mentre con una mano prendeva il delicato fiore, rigirandoselo tra le dita. Nel frattempo Dusk si alzò, mostrandogli un altro sorriso. < Purtroppo adesso devo andare, o i miei genitori si arrabbieranno con me. Tornerò a trovarti, lo prometto! > si scusò, mentre risaliva di nuovo verso l’uscita. Il nano strinse il fiordaliso in una mano, mentre con tristezza la guardava allontanarsi. La gentile principessa, però, mantenne la propria promessa e tornò a trovarlo, non solo il giorno dopo, ma quasi tutti i giorni a seguire, eccetto quelli in cui aveva impegni che le impedivano a malapena di uscire dal castello. Si sedeva accanto a lui e, ogni volta, gli parlava del più e del meno, del regno, della sua vita e dei suoi genitori, di quanto i racconti sui nani, i suoi simili, si sbagliassero. Ogni volta, il nano se ne stava lì, raggomitolato accanto a lei, la ascoltava parlare, la guardava nei bellissimi occhi verdi, tenendo in una mano il fiordaliso, nell’altra l’anima. Un giorno, però, quando Dusk entrò di nuovo nel buio antro dove viveva il nano, lo trovò che urlava e piangeva, piegato su sé stesso. Gli chiese cosa fosse successo e il suo piccolo amico, in risposta, le mostrò il fiordaliso che gli aveva donato ormai un bel po’ di giorni prima. Il fiore era disteso nel piccolo palmo della sua mano, quasi senza petali, morto. La fanciulla sorrise dolcemente e appoggiò una mano sulla sua nuca per confortarlo, accarezzandolo delicatamente. < Senza acqua e luce solare i fiori non possono vivere, sai? > spiegò pazientemente, mentre l’altro, gradualmente, cessava di piangere e urlare, calmandosi al gentile tocco della sua cara principessa. Continuava, però, a guardarla dispiaciuto, come se le sue parole non bastassero a eliminare la tristezza che aveva. Dopotutto, quel fiore era l’unica cosa che aveva di lei e che gliel’avrebbe ricordata anche quando non era lì assieme a lui. Dusk riuscì a intendere subito i suoi pensieri semplicemente dal suo sguardo e gli disse, calma e dolce come sempre: < Non preoccuparti, ho qualcos’altro da darti >. Così dicendo si portò le mani al collo, facendo scivolare via la catenina che portava da quasi sei anni ormai, staccandone il pendente e donandoglielo. < Questo me lo hanno regalato quando ho compiuto dieci anni, come un portafortuna, ma io credo che non mi serva qualcosa del genere. Tienilo tu, come simbolo della nostra amicizia > gli disse, con aria felice. Il piccolo essere la guardava stupito, come se non si aspettasse un dono tanto grande, ma subito dopo lo prese con una mano, stringendolo delicatamente nel palmo, facendo attenzione a non romperlo. < Quel pendente di certo non può morire! > esclamò la fanciulla ridendo gioiosamente, mentre il nano le sorrideva con felicità. Quel pendente sarebbe diventato l’oggetto più prezioso che avesse mai avuto, quasi più importante dell’anima che stringeva sempre in una mano, senza mai lasciarla andare. Passarono sempre più settimane e ad un certo punto il nano si accorse di sentirsi in dovere di fare anche lui un regalo alla principessa Dusk, la sua amica più grande, per la quale provava un sentimento che forse andava anche al di là dell’amicizia, una sensazione che sentiva bruciare nel petto ogni volta che la vedeva o la sentiva parlare, ma che non sapeva descrivere, non avendola mai provata prima di allora. Egli provò a pensare a cosa poterle regalare come simbolo di ciò che sentiva per lei, ma all’interno della sua caverna non c’era molto, a parte oscurità e l’anima che teneva con sé; ma quella era una cosa che non poteva assolutamente donarle. Un giorno, quando Dusk tornò a fargli visita, il nano le fece dei gesti con le braccia, per farle capire che aveva qualcosa di importante da mostrarle. La fanciulla capì subito cosa intendeva dire, e si mise seduta a guardare in silenzio. Lui le mostrò il pendente che aveva in mano e che lei gli aveva donato, per poi spezzarlo in due con la sola forza delle mani. Per un attimo la fanciulla rimase sbigottita, pensando che fosse accaduto qualcosa che aveva offeso il suo piccolo amico, ma, quando quest’ultimo le offrì una metà del pendente ormai spezzato in due, intese il gesto che l’altro aveva appena compiuto. < Ho capito. È il simbolo della nostra amicizia, qualcosa che possiamo avere entrambi l’uno dell’altro > osservò, sperando in un’approvazione del proprio pensiero. Il nano sorrise, annuendo, e poi strinse l’altra metà del pendente nella mano, portandoselo al petto. Dusk, dolcemente, sorrise a sua volta e infilò la propria metà alla catenina che aveva ancora al collo. < Grazie. Hai reso questo pendente ancora più prezioso, con il tuo gesto. Grazie di cuore > gli disse commossa, tanto da avere quasi le lacrime agli occhi. Il nano, al sentire quelle parole, era al settimo cielo, ma la sua felicità non sarebbe durata molto. Dopo quel giorno, Dusk non tornò più nella sua caverna. Non lo andò più a trovare, a parlare con lui, a mostrargli con orgoglio la metà di pendente che portava al collo. Dapprima si sentì profondamente tradito, come una pugnalata alla schiena. Poi cominciò a crescere in lui un sentimento forte, che aumentava di giorno in giorno, gli lacerava il petto, lo rendeva pesante. Uscì all’aria aperta, sotto la volta celeste, a cercare la sua amata principessa. Non poteva averlo abbandonato, non dopo ciò che gli aveva detto. Non era colpa sua, lo sapeva. Vide il fantastico regno in cui lei viveva, le alte mura del castello dorato, gli splendidi giardini, le maestose fontane; vide tutte quelle meraviglie, ma niente di ciò lo interessava. Camminava, a quattro zampe, lungo le strade nascoste agli occhi dei cittadini, fino a che non sentì delle voci. < Non è possibile, non ci credo >, dicevano, < non possono aver davvero rapito la principessa Dusk, come faremo senza di lei? >. Quelle parole furono come un fulmine a ciel sereno, per il nano. Un’altra sensazione, forte quasi come l’altra, ma che per quel momento riuscì a sovrastarla, lo accecò, impedendogli di rendersi conto delle proprie azioni. La creatura si scagliò sui due cittadini che stavano parlando tra loro, disperati per la scomparsa della principessa, affondando i suoi artigli nelle loro carni, fino a lasciarli cadere a terra, distesi senza vita come il fiordaliso che Dusk gli aveva donato tanto tempo prima. Corse via, tornò nella sua caverna, di nuovo dominato da quella sensazione lacerante, urlando e piangendo disperatamente, graffiandosi il petto senza sentire alcun dolore, perché quello che già provava era molto più grande. Le sue lacrime si fecero scure, caddero nell’anima che stringeva a sé assieme alla sua metà di pendente. Le tre cose si fusero insieme, in una massa scura, nera, che si insinuò all’interno del suo petto sfigurato. Egli crebbe, diventò sempre più grande, diventando un mostro ancora più orrendo e terrificante di quanto fosse prima. Gli spuntarono delle corna, venne ricoperto da del pelo nero, i suoi due occhi si moltiplicarono in molti piccoli punti di colore rosso, che risaltavano nell’oscurità che lo circondava, i suoi arti si allungarono sempre di più e, alla fine di essi, c’erano due enormi mani, una più grande dell’altra. Ringhiò, pieno di ira e di disperazione, tanto da far tremare tutto il sottosuolo. Emanava un’aura oscura, che fluiva in tutta la caverna e si espandeva anche nei cunicoli, dando vita a dei piccoli ammassi di pura oscurità, privi di qualsiasi forma, su di loro si potevano notare solo due piccoli occhietti bianchi. Fluttuavano, ammassandosi tra di loro e poi tornando a dividersi, alcuni più piccoli, altri più grandi. Il nano avrebbe raggiunto il suo desiderio più grande, ciò che aveva causato alla sua rabbia e alla sua tristezza di trasformarsi in un’oscurità abissale, che presto avrebbe raggiunto tutto il regno, che, privo della principessa Dusk, era caduto nella stessa disperazione. Quei sentimenti, quell’ira accecante e quell’avvilimento straziante, vennero chiamati “Abisso” dai regni vicini. Molti guerrieri valorosi e impavidi tentarono di sconfiggerlo, ma nessuno di essi avrebbe fatto ritorno alle proprie terre d’origine. E prima o poi, il nano, ormai divenuto una terrificante mostruosità, si sarebbe impossessato di nuovo della sua cara principessa, e non l’avrebbe più lasciata andare. Manca soltanto una cosa, l’altra metà del pendente. Chiunque la trovi, è avvisato: la vendetta dell’Abisso lo trascinerà in quelle terre desolate e straziate dalla disperazione dei suoi stessi abitanti, un tempo luogo di gioia e benessere, origine di incantesimi pacifici e dorati, e casa della dolce principessa Dusk e dei suoi genitori, il re e la regina.

   
 
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