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Autore: Lost In Donbass    27/08/2019    1 recensioni
Spaccone, arrogante, attaccabrighe, Denis non ha niente che non sia la sua voce meravigliosa e l'ottima prospettiva di capitanare la sua band nel mondo del metalcore. Peccato che per adesso sia solo un bullo di periferia qualunque vittima dell'alcol, delle sigarette e del sesso facile.
Sasha, al contrario, pensa troppo. Depressa, anoressica, inquietante, desidera follemente la storia d'amore che nessuno sembra in grado di darle.
Però poi si incontrano, ed è subito amore.
Ma come possono due ragazzi così persi ritrovarsi nella periferia violenta di Omsk, quando tutto sembra lottare per separarli? E soprattutto, quando ormai hanno superato il punto di non ritorno?
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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CAPITOLO SETTE: I LOVE YOU

They say that love is forever, your forever is all that I need
Please stay as long as you need
Can’t promise that things won’t be broken
But I swear that I’ll never leave
Please stay forever with me
[Sleeping With Sirens – If I’m James Dean, You’re Audrey Hepburn]
 
L’aveva baciata. Non era ancora così tanto ubriaco da non ricordarselo. Denis grugnì e si rigirò un po’ nel letto, allungando una mano per cercarla. Non la trovò e allora spalancò gli occhi, allarmato. Non c’era nessuno. Dio. L’aveva forse fatta scappare lui? Non poteva nemmeno processare una cosa del genere. Lui amava Sasha. Senza se e senza ma. Era completamente diversa dalle altre ragazze che aveva avuto, diversa da Yulija, da Anastasija, da Marina, da tutte quelle zoccole che volevano solo del grossolano sesso. No, lei era perfettamente imperfetta, era un angelo caduto, era una bambola di porcellana e lui se ne era così dannatamente innamorato da star male. E questo riportava alla domanda originale: lei dov’era?
Per un attimo ebbe il terrore che avessero fatto qualcosa e che lei si fosse spaventata. Ma era ragionevolmente vestito, fortunatamente. Si grattò la testa e cercò alla cieca il pacchetto di sigarette. Vuoto, ovviamente. Però, insieme al pacchetto trovò un bigliettino scritto con una graziosa calligrafia femminile
“Buongiorno, Denisoch’ka. Scusa se sono scappata, ma avevo i corsi all’università che iniziavano molto presto. Finisco a mezzogiorno, se vuoi ci possiamo vedere nel pomeriggio. Ti voglio così tanto bene, Sashen’ka.”
Denis si ritrovò a sorridere come un ebete e il cuore gli fece una giravolta nel petto. Certo che sarebbe andato a prenderla. Non ne aveva mai abbastanza di quegli occhi verdi da cerbiatto, di quel sorriso mogio e di quella voce dolce e soffocata.
Si passò una mano tra i capelli scompigliati, e ripensò a quel bacio dolce che si era scambiati. Era tutto quello a cui anelava perché lei era di quanto più prezioso gli restasse. Avrebbe combattuto per lei sino al giorno in cui avrebbe chiuso gli occhi per sempre. Non avrebbe lasciato che nulla la ferisse o gliela portasse via. Decise che gli piaceva essere innamorato: si sentiva pieno di qualcosa di sconosciuto ma di così dannatamente dolce. Quel qualcosa che lo metteva a posto con sé stesso e che calmava la sua rabbia infinita.
Il ragazzo si alzò dal letto vecchio e scricchiolante, infilandosi maglietta e scarpe. Sarebbe tornato a casa rimuginando su quel bacio, su quelle belle labbra, su quel sorriso pallido eppure così unico.
Uscì all’aria aperta, insipirando a pieni polmoni e sorrise al cielo azzurro. Forse, le avrebbe chiesto di diventare la sua fidanzata. Sì, non ragazza, fidanzata. Le avrebbe messo un anello al dito e l’avrebbe stretta a sé perché lei era quella che lo stava salvando da quell’inferno che era diventata Omsk. La voleva in mille modi diversi, la desiderava follemente con tutta la forza del suo passionale cuore ucraino.
Si diresse verso casa, un sorriso meraviglioso dipinto sul viso angoloso.
Lui voleva lei. Lei voleva lui. Cosa avrebbe mai potuto andare storto in quel momento, quando sembrava che finalmente le carte si stessero mettendo a posto? Già, cosa avrebbe mai potuto andare storto?
 
-Denisoch’ka!
-Sashen’ka!
Si abbracciarono forte quando si videro e lei arrossì. Chissà se lui si ricordava del bacio di quella notte, di quel “ti amo” appena sussurrato. Chissà se tra loro le cose sarebbero mai evolute. Chissà se lui l’avrebbe mai tenuta per mano come leggeva nei suoi romanzi.
Si guardono a lungo negli occhi, le mani che non ne volevano sapere di lasciarsi andare e si sorrisero, timidi come due bambini, impacciati, soli al mondo, due scrittori ottocenteschi che non riescono a sbarcare il lunario, due cosacchi persi nelle steppe, due Petrouska senza burattinaio infernale. Lui la trovava bellissima in quel momento, con i ciuffi biondi ai lati del viso smagrito dai tormenti e le lunghissime ciglia a ombreggiarle gli occhi. Lei lo trovava speciale, con la camicia slacciata e le collane d’oro sul petto nudo, l’aria arrogante e il sorriso assassino.
-Hey, ragazza.
-Hey, ragazzo.
-Come stai?
Lei chinò il capo e si sistemò il beanie in testa, dondolandosi sui piedi.
-Ho fatto qualcosa di sbagliato?- chiese lui, sollevandole delicatamente il viso con un dito.
-Oh no!- si affrettò a rassicurarlo lei, scuotendo la testa – Va tutto bene. È solo che … noi due … forse non te lo ricordi ma …
-Me lo ricordo.- la zittì lui e sospirò rumorosamente, passandosi una mano tra i capelli spettinati – E non ho intenzione di ritrattare.
-Di ritrattare cosa?
-Il fatto che ti amo.
La baciò. La prima volta in vita sua che diceva ti amo a qualcuno, dopo averne ricevuti migliaglia dalle ragazze che si scopava. La prima volta che baciava una ragazza dolcemente, senza aspettarsi niente in cambio. Si chiese che sapore avesse adesso la sua bocca e decise che sapeva di miele e di rose, di blinij ai lamponi, di struggenti acustiche, di chitarre in mano ad adolescenti suicidi, di romanzi di Pushkin abbandonati nella casa sull’albero, di mare salato, di lacrime gioiose piante da una ragazzina al primo concerto rock della sua vita. Ed era il sapore più buono che avesse mai sentito. Sentì le braccia di lei avvolgerlo e la prese per la vita, incapace di saziarsi di quella melodia metalcore perfettamente imperfetta. L’avrebbe cantata, una volta arrivato a casa avrebbe scritto il pezzo forte per i My Girlfriend’s Depressed, tutto basato su quelle labbra pallide.
Quando si staccarono per respirare lei gli posò la testa sul petto e intrecciò le loro dita lunghe e magre.
-Questa volta non ti puoi addormentare.- sussurrò.
-No.- rise lui e la strinse a sé, con tutta la forza che aveva. – Hey, dolcezza: guardami. Sei bellissima.
-Bella come la Crimea?
-Bella come il Mar Nero che ne lambisce le coste. Bella come la luna che illumina le sue spiagge. Bella come le canzoni dei Vivienne Mort da cantare per le strade delle cittadine di mare. Bella e basta, perché tu sei bellissima, Aleksandra Dmijtrievna, sei la ragazza stupenda che mi ha preso per mano e mi ha insegnato che esiste un paradiso oltre che l’inferno, sei la mia redenzione. Guardami negli occhi e dimmi che mi vuoi anche tu come ti desidero io.
Lei lo guardò, incatenando il verde con l’ambra e poi sorrise, con quel suo sorriso tristissimo e depresso, il sorriso di chi sta cercando disperatamente un motivo per restare in vita, il sorriso di Petrouska, il sorriso di Sonija, il sorriso di Sasha, la ragazza anoressica che aveva conquistato il cantante arrabbiato.
-Voglio nuotare, Den.- mormorò, spettinandogli i capelli.
-Nuoteremo.
-Voglio stare con te.
-Non ti abbandonerò mai.
-Come fai a dirlo, cosacco?
-Perché nemmeno l’inferno potrà tenermi lontano da te. E’ una promessa, dolcezza.
Lei abbassò lo sguardo e rise un pochino, prendendolo per mano. Lui non l’avrebbe mai più vista contenta come in quel momento, con gli occhi luccicanti di lacrime, un sorriso pallido sul viso e le labbra ancora arrossate.
-Ti amo, Sasha.
-Anche io ti amo, Denis.
-Dolcezza …
-Sì, caro?
-Andiamo a mangiare?
-Sei incorreggibile, ragazzo.
-Ma mi ami così come sono.
 
Andarono a mangiare delle vatrushke in una pasticceria di quartiere piccola ma deliziosamente ben tenuta. Seduti sulle poltroncine scarlatte, con davanti chai latte e vatrushke alla vaniglia, ridevano di cuore. E Sasha, Sasha mangiucchiava anche lei un po’ dei dolcetti tradizionali, guardando con dolcezza Denis che si ingozzava selvaggiamente. Stava bene anche lei in quel momento, col suo migliore amico, ragazzo, compagno d’armi accanto, perché per una volta stava bene con sé stessa. Si sentiva amata, apprezzata, voluta, cosa che non le era mai successa prima.
-Stai bene?- lui le sorrise, bevendo un sorso di the.
-Sto benissimo.- rispose lei, e per sottolineare le sue parole mangiò un pochino di vatrushka.
Vomitavomitavomita.
No.
Non adesso.
Resisti.
-Hey. Guardami. Ti prometto che andrà tutto bene.- Denis le accarezzò il viso col dorso della mano e le sorrise – Siamo insieme adesso, bionda. Il Mar Nero è sempre più vicino insieme alla nostra libertà. Voglio cantare così tanto in questo momento.
-Canta allora.- lo incoraggiò lei.
-Andiamo.
Lui si alzò e la prese per mano, sbafando l’ultima vatrushka e la trascinò fuori con sé. Capitombolarono per le strade, sentendo la fredda aria autunnale cominciare a spirare insieme alle loro risate squillanti. Si tenevano per mano e non volevano lasciarsi andare mentre correvano come dei pazzi in giro, e non gli importava che la gente li guardasse scuotendo la testa, erano insieme, erano innamorati e lui cantava, cantava a pieni polmoni quelle canzoni struggenti dei Pierce The Veil e la guardava sorridere  e pensava di essere il ragazzo più fortunato del mondo ad averla trovata. Perché l’amava, l’amava così tanto e si sentiva completamente rinnovato da quel sentimento che fino a quel momento aveva provato solo per la sua Ucraina. Ma ora aveva lei, aveva Sasha, e lui era un ragazzo nuovo.
-Denisoch’ka.- ansimò lei, quando finalmente si lasciarono cadere su una panchina, stanchi di saltare, cantare, urlare e farsi guardare male da tutta Omsk – Ho mangiato.
-Ho visto, amore.
-E non ho vomitato.
-Ho visto anche questo.
-Ed è solo grazie a te.
-No, dolcezza. È grazie a te, perché sei forte, sei la ragazza più forte che abbia mai conosciuto. Ce la farai, prima o poi, a uscire dall’inferno. Te lo prometto. Starò al tuo fianco ogni singolo giorno di questa guerra. Te l’avevo promesso: compagni d’armi, ragazza. Sino all’ultimo giorno delle nostre vite. Non ti posso promettere che le cose andranno sempre bene, perché litigheremo, avremo i nostri alti e bassi, penseremo che sarà ora di finirla, ma io ti prometto che non me ne andrò mai. Anche se dovessimo rompere, anche se succedesse l’impossibile, io sarò sempre al tuo fianco, non importa come. Ti amo, Sasha, e so di essere un coglione qualunque con problemi irrisolti, ma ti prometto che per te combatterò. Lo dicono anche gli Sleeping With Sirens, no? “Can’t promise that things won’t be broken, but I swear that I’ll never leave.” Ecco. Io farò lo stesso.
Lui l’abbracciò e lei si mise a piangere in silenzio.
  
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