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Autore: Mannu    28/08/2019    0 recensioni
Mai come stavolta Veruska è convinta di aver fatto il passo più lungo della gamba. Ma ormai è in ballo e deve ballare! Che le piaccia o no sarà coinvolta nuovamente in un pericoloso gioco a base di spionaggio internazionale dove nulla è ciò che sembra... oppure sì? Non ci si può tirare indietro di fronte al cupo Capitano Grimovski, agli agenti del Kaiser colmi di risentimento oppure sottrarsi agli altri giocatori per nulla intenzionati a lasciarsi beffare di nuovo.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Veruska'
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Flugzeug!
18.

Il conducente dell'auto pubblica si avvicinò. Ebbe un breve scambio di battute con Grimovski in un francese stentato e stavolta se ne tornò alla sua vettura con un paio di grosse banconote italiane srotolate dalla scorta del capitano. Era preoccupato per quella lunga sosta e non si era accontentato di rassicurazioni verbali.
Si erano messi in viaggio al sorgere del sole seguendo la sponda occidentale del lago, in direzione nord. Un viaggio voluto da Grimovski: secondo lui avrebbe spiegato ogni cosa. Aveva protestato per la levata a un'ora improponibile dato tutto ciò che era accaduto nella notte. Era stanca morta ma non era riuscita nemmeno a chiudere gli occhi per un solo istante. Il paesaggio del lago era bellissimo, affascinante. I cupi blu e viola delle montagne che si scioglievano al rischiararsi del cielo, a partire dalle cime rocciose. Il cielo era azzurro e già luminoso da non riuscire a fissarlo; poche timide nuvole candide facevano da cappello ai monti. I paesi erano come briciole di chiaro quarzo abbandonate tra l'acqua, la roccia e il cielo.
Avevano percorso una strada panoramica che l'aveva molto suggestionata ricca com'era della vista del lago alla distanza e di ravvicinati, bellissimi scorci con vegetazione verde curata e cuscini di fiori colorati che traboccavano dai giardini. Senza i tormenti delle vicende accadute una dopo l'altra, che splendida villeggiatura sarebbe stata quella!
Guardò Grimovski consultare il suo orologio da tasca per la centesima volta da quando l'aveva visto quella mattina. L'aveva trascinata fuori dall'albergo senza nemmeno darle il tempo di bere una tazzina di caffè come veniva fatto solo in Italia: espresso.
Mentre attendevano lì sul cemento di una piccola darsena a Vassena, scrutando a turno col piccolo binocolo del capitano la sponda opposta, quella dove sorgeva Mandello Tonzanico, il soldato le aveva spiegato qualcosa. In russo, per non farsi origliare la conversazione anche se, a suo dire, ormai era tutto finito.
Aveva cominciato dalla fine: quell'italiano sfrontato corteggiatore, il conte Galeazzo Boni Visconti, nome senza dubbio falso, era davvero stato scelto per pilotare l'aereo. Trovandosi egli in difficoltà finanziarie, per le casse dello Zar era stata una passeggiata assicurarsene fedeltà e servigi. Veruska immaginò si dovesse aggiungere alla ricetta anche una buona dose di minacce e paura. Pronto a partire in ogni momento, ma impossibilitato a scoprire dove fosse il velivolo rubato a Berlino. Si trovava infatti nella scomoda posizione di essere tra i pochi in grado di far volare velivoli con ma soprattutto senza pallone, abilità appresa negli Stati Uniti. Si era alleato a una delle fazioni in lotta per il possesso del prototipo: quella giusta, aveva sottolineato lui con l'usuale ghigno da lupo della steppa.
Che il prototipo si trovasse a Mandello era molto probabile, ma non certo. Il compito di Grimovski era di trovarlo, o delle tracce almeno. I disegni di Caproni erano stati un buon suggerimento e il conte Boni Visconti aveva detto che sì, poteva essere. A Mandello vi erano diverse officine meccaniche e vari edifici grandi abbastanza da poter ospitare anche un piccolo dirigibile.
Subito dopo averli portati via dalla festa della contessa Maria Benedetta Sottocorno Sforza, mal conclusasi per molti invitati, il pilota si era messo in viaggio incurante delle tenebre. Anzi, col favore di queste era stato intenzionato a rubare il prototipo ai.. suoi ladri. Ma non avrebbe potuto alzarsi in volo prima dell'alba.
«Forse è già partito» obiettò Veruska scettica. Tutto era calmo: il paese intorno a loro si stava svegliando con molta pigrizia e dall'altra parte del lago non vi era segno di attività alcuna.
Grimovski estrasse di nuovo l'orologio dal taschino del panciotto, ma ne distolse subito lo sguardo. In lontananza si udì un rumore scoppiettante.
Molto debole, a causa della lontananza. Ma Veruska immaginò che i suoni sulla superficie del lago viaggiassero più lontano: percepiva chiaramente il suono. Uno strano mitragliare. Senza pause. Perfino lei sapeva che anche le mitragliatrici più moderne dovevano limitare la durata delle raffiche o si sarebbero danneggiate per l'eccessivo calore.
Cercò una conferma sul volto di Grimovski, ma trovò solo un ghigno mai visto prima. Soddisfazione. Quella di una belva che avesse finalmente afferrato e sbranato la preda. Bella e terribile al tempo stesso. Non guardava lei, ma fissava un punto della sponda opposta.
«Là!» esclamò d'un tratto, puntando il dito.
Veruska non vide nulla. Sentì il rumore gracchiante crescere di volume e di frequenza fino a diventare un percepibile tartaglio monotono. Si immaginò che dovesse essere assordante stare vicino alla fonte di quel rumore.
Cercò e cercò aguzzando la vista nella direzione indicata e solo quando qualcosa cominciò a muoversi lo poté notare.
Dapprima lo distingueva a malapena dallo sfondo di edifici: la città di Mandello ne celava la sagoma rendendola difficilmente percepibile.
Poi, con l'aiuto del piccolo binocolo, si rese conto che qualunque cosa fosse si stava muovendo sulle piatte acque del lago e si stava allontanando dalla riva a velocità crescente. Vide l'acqua spumare bianca in due punti differenti, molto vicini. Era solo una sua idea o il rumore era sempre più forte? Ora un rombo, un ruggito meccanico.
Le venne meno il fiato. Forse il cuore perse un colpo, le balzò nel petto per tuffarsi subito dopo. Le ci vollero un paio di istanti per capire cosa i suoi occhi avevano appena visto.
Era come un uccello, ma aveva quattro ali fisse. Lunghe e strette, sovrapposte. Era affusolato e dotato di coda, fissa anch'essa, col timone di una barca montato a rovescio: svettava verso l'alto e non sfiorava nemmeno l'acqua nonostante avesse due piccoli scafi per galleggiare. Proprio mentre a fatica ne afferrava le forme quello si era staccato dall'acqua. Si era sollevato. Sospeso. Era in volo. E a metà del suo corpo affusolato c'era un uomo ai comandi: se ne distingueva abbastanza bene la testa e le spalle.
Lo osservò procedere sempre più velocemente: sfilava alla loro sinistra e prendeva quota. In alto. Sempre di più. Veruska non credeva ai propri occhi ora nudi. Ancora un tuffo al cuore: si era inclinato all'improvviso, dando l'idea di dover precipitare. Mostrò il ventre candido e scivolò via lontano, raddrizzandosi poco a poco. Il ruggito meccanico si perse in lontananza. Veruska lo seguì finché divenne indistinguibile contro il fianco della montagna. Solo allora si rese conto che Grimovski le aveva tolto di mano il binocolo.
«Convinta?» le chiese scrutando il cielo con lo strumento. Ma non si scorgeva né udiva più nulla.
«La prego, capitano. Mi lasci andare a casa ora.»
   
 
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