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Autore: Janey    31/08/2019    2 recensioni
INTERATTIVA
Mi sono candidato sindaco perché credevo di poter cambiare le cose e di fare qualcosa per aiutare la mia gente e il mio distretto, avevo ancora fiducia nell’umanità, pensavo in una risoluzione, ma ero solamente un giovane inesperto che non sapeva niente del mondo e della sua corruzione. Ero pieno di ideali che non sono riuscito a realizzare. Sono solamente un povero fallito, uno strumento di Capitol City che si è cacciato in qualcosa di più grande di lui.
Vivo in un mondo orrendo dove regna il male e io non posso fare niente per fare la differenza.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caesar Flickerman, Presidente Snow, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La tempesta
 
 

Giorno 2, mattina
 

Medea Jenkins, tributo del Distretto 2, arena (campagna)

Mi piace il Distretto 2. Benché sia molto diverso da Capitol, sono riuscita ad integrarmi senza troppi problemi. All’inizio è stata dura, però, sia per me che per mamma: ci era giunta la notizia che papà era stato condannato a morte, insieme a tutti i suoi collaboratori, siccome il Presidente Snow aveva scoperto che era a capo di una società di ribelli composta da qualche capitolino che era riuscito ad aprire gli occhi sul regime. Ecco perché quella notte io e mamma siamo state costrette a scappare, sole e con vestiti dimessi, nel vano posteriore di un hovercraft verso il 2. Papà era riuscito a cancellare in tempo ogni prova che ci collegasse ai ribelli per permetterci di scappare e farci una nuova vita. Mamma aveva pianto tanto, aveva smesso di truccarsi e aveva cambiato perfino identità. Anch’io ero cambiata: da Medea ero diventata Phyllis ed era stato Travis ad aiutarmi a scegliere quel nome. Levit era uno dei ribelli del 2 con cui papà era riuscito a mettersi in contatto poco tempo prima e, come segno di gratitudine verso mio padre che era riuscito a eliminare ogni prova che incriminasse i ribelli nei distretti, Travis aveva deciso di aiutare me e mamma. Travis, il mio nuovo papà. Non ho mai rimproverato mia madre per averlo sposato: voglio bene a lui come lo volevo al mio vero padre.
Oggi è un giorno speciale, poi: è il mio primo giorno all’accademia! Travis mi ha spiegato che ogni adolescente del distretto deve andarci per essere allenato al meglio per gli Hunger Games. Quando me l’ha detto si è rabbuiato, so quanto lui sia contrario a tutto ciò, ma non si può fare nient’altro. Io devo ammettere che sotto sotto l’idea mi elettrizza e mi incuriosisce: sarà un’esperienza completamente nuova e potrò farmi anche dei nuovi amici.
Travis mi lascia all’ingresso, dove una donna in uniforme prende i miei dati per assegnarmi al nuovo corso. Infilo una tuta che mi è stata consegnata e seguo la donna all’interno dell’edificio: dentro è enorme, ci sono tantissimi piani e centinaia di persone che si spostano nel lunghi corridoi per andare da una palestra all’altra.
La donna mi accompagna in una stanza circolare dove sono già riuniti parecchi ragazzi tutti della mia età. Poco dopo entra anche l’istruttore, che ci spiega le regole da rispettare all’interno dell’accademia e perché siamo lì, poi ci dividiamo nei vari settori. Decido di iniziare con la lotta corpo a corpo dove la mia avversaria è una ragazzina dai capelli biondi e le lentiggini. Duro qualche minuto senza troppi problemi evitando i colpi, ma la ragazza è più brava di me e a un certo punto mi tira un pugno dritto sul naso. Crollo a terra, sanguinante, stordita e piena di vergogna. “Sei durata quattro minuti, Levit, e questa non è neanche l’arena”, mi ammonisce l’istruttrice di questa sezione, mentre la ragazza bionda sorride beffarda. “Vai in infermeria. Chi sono i prossimi?”.
Mi allontano a testa bassa fino in infermeria dove un uomo mi lava la ferita e me la tampona. Resto seduta sul lettino, troppo imbarazzata per farmi rivedere, fino a che non entra un ragazzo. È molto simile alla ragazza di prima, biondo e con le lentiggini. Sorride timidamente, poi inizia a parlare: “Credo che mia sorella ti abbia appena tirato un pugno in faccia”.
Non rispondo, ma mi limito a guardarlo severamente. È così che ci si rivolge a una persona che non si conosce?
“Ecco, sono venuto qua a chiederti scusa da parte sua”, aggiunge lui sempre più imbarazzato.
“E perché non è venuta lei?”, domando, fredda.
“Oh, è troppo orgogliosa per farlo!”, continua, questa volta con un sorriso. “Comunque, io sono Aidan”.



Apro gli occhi. La luce sta illuminando gradualmente il cielo e un leggero vento muove le foglie degli alberi, si prospetta una bella giornata. Volto la testa e intravedo la schiena di Allie, seduta con l’ascia e di guardia.
Perché ripenso a questi momenti? È già la seconda volta che mi capita da quanto sono tornata qui a Capitol. Ormai i Giochi sono iniziati e non posso sbagliare: vincendo gli Hunger Games diventerò sufficientemente importante  per portare a termine il progetto iniziato dai miei genitori e dai ribelli. Sì, è la strada giusta. Chiudo gli occhi, è ancora presto.
 

Max Garrison, tributo del Distretto 10, arena (scogliera)

Finalmente il temporale incomincia a calmarsi e io e Theodore usciamo fuori dal nostro anfratto. Mi sgranchisco un po’, non ne potevo più di stare seduto lì sotto tutto schiacciato. Raccolgo lentamente  la scatolina di plastica colma d’acqua e ne bevo qualche sorso per poi  passarla al mio alleato. Quel contenitore è l’unica cosa che abbiamo: non abbiamo né un’arma, né una coperta, né nient’alto. Al bagno di sangue ho avuto troppa paura per gettarmi nella mischia e combattere: la maggior parte dei tributi è più grande di me, non avrei avuto nessuna speranza. Anche il mentore ci aveva consigliato di voltarci e andarcene, preoccupandoci solamente di trovare un rifugio, cibo e acqua. Be’, da bere ce l’abbiamo.
“Dobbiamo muoverci per cercare qualcosa da mangiare”, annuncio. Ho fame, è da ieri mattina che non tocco cibo e non possiamo continuare così fino alla fine.
“Guarda che lo so”, continua lui. “Solo che non ho idea di dove possiamo trovare qualcosa, siamo circondati da rocce!”. 
“Ci sarà un insetto da qualche parte…”, aggiungo. Lo vedo storcere il naso: “Schifo”.

Ci muoviamo attentamente sugli scogli, guardando anche sotto le rocce e in ogni buco. Sbuffo sconsolato quando anche sotto l’ennesimo masso non trovo nulla, fino a che non lo noto: non è molto grande ed è di un bianco sporco. È la prima volta che vedo un granchio. Faccio uno scatto e lo afferro all’ultimo momento: l’animale mi si agita tra le mani, muovendo tutte  le sue zampe. Lo sbatto un paio di volte su una roccia fino a che non smette di muoversi. Ritorno da Theodore e gli mostro il granchio ormai morto. “Ho trovato questo”, comunico raggiante.
Lui lo guarda scettico : “E lo mangiamo così, crudo?”.
“Eh, non credo che ci possiamo permettere di preoccuparci di microbi vari” , continuo leggermente irritato. Riusciamo a ricavarci una strana polpa bianca, ma ce la facciamo andare bene.
Non mi sono assolutamente pentito di aver trovato Theodore: desideravo un alleato a tutti i costi, non volevo restare solo, in fondo sono bravo a piacere agli altri. Credo che affrontare una situazione  così con qualcuno al proprio fianco alla fine la renda meno merdosa.

“C’è qualcuno che sta guardando la tv per te, dal 10?”, domanda il mio alleato.
Sorrido amaro, è la prima volta da quando sono in arena che penso alle persone che ho lasciato al distretto. Il pensiero mi investe come un macigno e la consapevolezza di rischiare di non riuscire a tornare si fa sempre più strada nella mia mente. Prima ero troppo impegnato a uscirne vivo dal massacro iniziale e a trovare un rifugio per pensarci, ma ora che sono qui è diventato un chiodo fisso. 
“Sì”, rispondo, guardando il mare scuro come la pece, come i miei pensieri. Ripenso ai miei amici, alle nostre partite a carte e alle nostre caccie ai fantasmi. Come potrei sopportare che tutto questo, un giorno, finisse? Non ho neanche ancora avuto il coraggio di rivolgere la parola a Cristal, la ragazza dei miei sogni. Ripenso alla mamma, come farà senza di me? Non sono pronto e non posso accettarlo.
“Tu?”, gli domando.
“Anch’io”, risponde, ma non faccio altre domande, non mi interessa e non voglio sapere. 

Le nuvole continuano ad essere scure e minacciose, che stiano annunciando l’ennesimo temporale?
“Oddio non ancora!”, sbuffa il mio nuovo amico. “Giuro che se riprende a piovere incomincio a urlare!".
         “Chissà come saranno le altre arene e dove sono gli altri tributi…”, mi chiedo. “Magari qualcuno in questo momento è seduto da qualche parte su una candida spiaggia a prendere il sole”, aggiungo. Non mi dispiacerebbe vedere una spiaggia, toccare la sabbia o provare a entrare in acqua. Qua è impossibile, il mare sotto gli scogli fa paura ed è tutta roccia, ovunque.
“A me andrebbe bene qualsiasi altro posto, ma niente acqua, ne ho avuta abbastanza da qui fino alla fine…”, risponde ma non riesco a sentire il resto della frase. Un tuono rimbomba nell’arena come se volesse distruggerla.
 

Amy Martin, tributo del Distretto 9, arena (scogliera)

Non riesco a smettere di tremare. Nonostante sia già mattina inoltrata, i miei vestiti non si sono ancora minimamente asciugati e dubito che lo faranno mai se il sole continua ad essere coperto dalle nuvole.
Ieri sera ho vagato per ore alla ricerca di un semplice riparo, un anfratto o anche uno scoglio, ma niente. A un certo punto, poi, si era tutto oscurato e aveva incominciato a tuonare come se l’intero cielo dovesse crollare; l’acqua aveva incominciato a scendere incessante e io era ancora lì sotto, senza nulla. Mi sentivo presa dal panico, così ero scesa nel pendio a picco sul mare e mi ero nascosta tra due scogli. Mille volte, sotto l’acqua, mi sono maledetta per non essere corsa alla Cornucopia: avrei potuto afferrare anche un solo e semplice telo di plastica da mettermi sulla testa. Ma quando il ragazzo dell’8 si era fatto esplodere scendendo dal piedistallo prima dello zero e avevo visto il sangue macchiare di rosso il pavimento bianchissimo, qualcosa nella mia mente si era come spento. Al suono del gong ero scesa dalla pedana, mi ero voltata e avevo iniziato a correre in direzione opposta, lontano da tutto, nel bianco. Fino a che, improvvisamente, non mi ero ritrovata qua.
Oltre a tuoni e fulmini, soffiava anche un vento fortissimo, sinistro e minaccioso, e potevo sentire le onde infrangersi negli scogli poco più sotto di me. Non ho avuto il coraggio di guardare il mare. È stata la nottata più brutta della mia vita.

Procedo un po’ traballante stando attenda a poggiare attentamente i piedi sugli scogli, dove potrei scivolare da un momento all’altro. È davvero difficile dover restare vigile, però, dopo tutto quello che ho passato. Ho freddo, ho fame e ho sonno. E ho paura. Ho pensato tante volte anche a un alleato, ieri sera, ma mi sono convinta che era meglio di no. Meglio stare da sola: anche se ci fossimo affezionati l’un l’altro, non avrei mai potuto fidarmi al cento per cento. Ne resta uno solo, in fondo.
Continuo a camminare fino a che non vedo, poco distante, della terra. Oddio, sì. Non ne posso più del mare e di tutta quest’acqua, voglio mettere i piedi sulla terraferma e accelero il passo fino a che non la raggiungo. Sul terreno noto un sentiero e lo seguo con lo sguardo fino a che in lontananza non lo vedo: un faro. Un rifugio. Guardo su, verso la lampada che dovrebbe fare luce, ma tra i vetri non vedo nessuno. So che potrebbe esserci qualcuno dentro, ma l’ultima cosa che voglio è passare un’altra notte come questa. Mi avvicino di soppiatto: in questo sono brava, sono silenziosa. Arrivo alla porta e la spingo con tutta la mia forza, ma niente, è chiusa. Maledizione, che la porta sia stata bloccata? Magari c’è anche un ingresso sul retro, un passaggio, non lo so! Voglio entrare assolutamente. Raccolgo un sasso abbastanza grande dal terreno (nel caso dovessi difendermi) e vado a ispezionare l’altro lato. Sfortunatamente, il retro è completamente a picco sul mare, così sono costretta ad avventurarmi nuovamente sugli scogli. È solo allora che sento una goccia: guardo in su e il cielo è completamente nero, neanche una traccia del poco sole che c’era prima. Merda. Ritorno velocemente sul davanti e incomincio ad urlare alla porta: “Fammi entrare!”. La prendo a calci e pugni, “Fammi entrare, ti prego!”, ma nessuno risponde alle mie suppliche. No, no! La pioggia scende fortissima e i lampi illuminano il cielo: è impossibile che un temporale abbia una reazione così violenta in così poco tempo, sarà sicuramente controllato dagli Strateghi. Questa non è un tempesta della natura. Ritorno sul retro, ci deve essere un passaggio! Respiro sempre più affannosamente, sento la paura che mi prende tutta. Non mi ricordo neanche più dove abbia lasciato il sasso.
Le onde si schiantano sempre più minacciose, ma devo tentare. Procedo lentamente sulle rocce, poi, improvvisamente, scivolo: cado di qualche metro in basso e sento un dolore atroce al ginocchio, ma non faccio in tempo a tornare su. Un’onda mi investe in pieno e mi stacca dallo scoglio, poi l’acqua mi sommerge.
 

Allie Veniur, tributo del Distretto 7, arena (campagna)

È da un paio d’ore che stiamo camminando nella campagna alla ricerca di una qualsiasi cosa che ci possa tornare utile: un animale o un albero da frutto per mangiare o anche una fattoria abbandonata come rifugio. Qui con noi non abbiamo niente, se non le armi che siamo riusciti ad afferrare alla Cornucopia. Eravamo ormai certi che il corno fosse nostro, che ci fosse scritto sopra il nostro nome come per tutti i Favoriti di ogni singola edizione e invece…
È anche vero che in questo modo la situazione si è spostata completamente in mio favore: ora non avranno sicuramente il coraggio di farmi fuori altrimenti come riuscirebbero loro a sopravvivere in mezzo a tutte queste piante?

Ci fermiamo in mezzo a un campo di grano per riposare. Mi piace la campagna, l’ho vista qui per la prima volta siccome il Distretto 7 è interamente circondato da boschi. Il vento fa ondeggiare leggermente le spighe di grano e tutt’intorno a noi si sente il rumore dei grilli. Mi trasmette un sacco di calma e tranquillità, anche se siamo nel bel mezzo di un’arena. 
Un improvviso colpo di cannone ci prende alla sprovvista mentre tutti e cinque e, come per istinto, alziamo gli occhi al cielo, benché nessun volto venga proiettato.
“Qualcuno si sta dando da fare…”, sussurra Prudence. “A differenza nostra”, aggiunge poi stringendo tra le mani la sua arma con maggiore forza.
“Arriverà anche il nostro momento”, risponde Galen. “Non è un gioco, non dobbiamo uccidere tutti nei primi giorni. Dobbiamo essere cauti e intelligenti”, continua lui più serio.
“Be’ dato che ci siamo fatti fregare davanti all’intera nazione già dal primo giorno di Giochi, direi che sarebbe meglio incominciare a guadagnare qualche punto con gli sponsor…”, riprende lei, decisa a portare avanti le sue motivazioni.
Gli altri la ignorano deliberatamente , continuando la nostra marcia fuori dal campo di grano verso un piccolo bosco che riusciamo a notare in lontananza. È un boschetto di campagna, tranquillo e ombroso, e il suolo è interamente ricoperto da soffici foglie, mentre da qualche parte si intende il richiamo di un uccello.
Cerchiamo di muoverci il più silenziosamente possibile, da qualche parte ci potrebbe essere un cerbiatto o un fagiano, se non addirittura un tributo e fortunatamente le foglie riescono ad attutire il rumore dei nostri passi. È Theo che ce lo fa notare: per terra, nascosti da un albero, ci sono i resti di un fuoco.
“Potrebbe essere ancora qua il tributo, stiamo attenti”, suggerisce Phyllis, sfilando un lungo pugnale.
Ci spostiamo guardinghi in mezzo agli alberi quando, improvvisamente, delle foglie si muovono non troppo lontane da noi. Prudence è la prima a scattare, seguita da tutti gli altri. Corriamo per qualche minuto, ma l’inseguimento non dura troppo a lungo: la mia alleata si scaglia sull’altro tributo, facendolo crollare a terra. Mano a mano arriviamo tutti e solo allora la riconosco come il tributo femminile del Distretto 6. Il tributo si agita cercando con gli occhi una via di fuga ma l’abbiamo completamente circondata. Io resto un po’ indietro: li ho già visti uccidere altre persone al Bagno di Sangue, ma io non vi ho mai preso parte : li osservavo da lontano mentre lo facevano, ma io non ero lì a vedere negli occhi il tributo mentre lo uccidevano. Adesso, invece… Tutto sta succedendo a un passo da me e non posso dissociarmi dalle loro azioni: io sono qui con loro, è anche colpa mia.  La ragazza del 6 tenta di arretrare ma Galen la blocca da dietro: “No, vi prego, aspettate!”, singhiozza lei, mentre nella sua voce si possono sentire tutti i toni della paura. Dalla tasca estrae un coltello da lancio nella speranza di difendersi, ma Phyllis è più forte e abile di lei e senza troppi complimenti glielo strappa dalle mani. In quest’attimo di distrazione, Prudence conficca la lancia nel fianco della ragazza fino all’asta e non posso fare a meno di pensare che sull’impugnatura di quell’arma ci siano anche le  mie mani. Il cannone spara proprio mentre lei si accascia su se stessa.
Ci allontaniamo, lasciando il suo cadavere in mezzo alle foglie  e al bosco, ma non mi volto indietro un’ultima volta.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              
 
 

I primi due morti dal Bagno di Sangue:
  • Amy Martin, annegata (Distretto 9)
  • Sarah Diane Mackenzie, uccisa da Prudence (Distretto 6)
 
   
 
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