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Autore: channy_the_loner    31/08/2019    0 recensioni
Ogni storia d’Amore degna di essere raccontata comincia con il fiabesco C’era una volta.
Ma se vi parlassi di vampiri, spiriti, guerra, salvezza, maledizioni, sacrifici, tentazioni e paura, l’Amore sarebbe ancora così puro?
Loro non sono affatto innocenti fanciulle in attesa del principe azzurro; una giovane giornalista, una sorella protettiva, un’atleta ottimista, una superstiziosa combattente, una tenera fifona e una silenziosa malinconica, nient’altro che sei normali ragazze appartenenti a mondi totalmente diversi, ma accomunate dallo stesso Destino. Saranno costrette ad affrontare un viaggio attraverso l’Inconcepibile, dove tutto è permesso, per scoprire la loro vera identità; oltre il Normale, le certezze crollano e s’innalzano i dubbi, muri e muri di fragilità, ma dietro l’angolo ci sono anche motivi per abbatterli.
Si può davvero vivere per sempre felici e contenti, quando l’esistenza non è altro che un accumulo di dolore e lacrime? Quanto deve essere forte, l’Amore, per far nascere un sorriso nonostante tutto il resto? E infine, la Vita è un libro già scritto, o è il suo protagonista a prendere le redini del gioco?
-IN REVISIONE-
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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-SILENCE, INFORMATIONS AND CAPITAL.

 

Quello che si ritrovarono davanti era considerabile l’esagerazione di un jet privato; oltre alle generose dimensioni del veicolo – che nessuna di loro avrebbe mai potuto anche solo immaginare –, a stupirle in positivo furono gli accessori di cui disponeva l’aereo di famiglia, il cui unico scopo era quello di favorire una totale dose di comfort ai passeggeri. Vi erano poltrone massaggianti con lo schienale regolabile, poggiapiedi, dei divanetti in pelle, un tavolo da gioco con un certo numero di sedie annesse e persino una zona bar, oltre ad una toilette decisamente più grande del classico servizio igienico ad alta quota; per il deposito dei bagagli, seppur fossero pochi data l’occasione, era stata originariamente predisposta una stanza apposita dalle dimensioni ridotte, ma pur sempre possedente metri quadrati in più rispetto agli standard di un normale aeroplano – e, da ciò che aveva accennato Reiji, da qualche parte si trovava una porta conducente ad un’intera stiva. Il tutto rispettava perfettamente i canoni di una struttura aerodinamica che avrebbe consentito al mezzo di trasporto di volare e, come ciliegina sulla torta, la colorazione della ben poco modesta cabina variava di tonalità, ma tutto ruotava attorno al giallo oro, proprio per risaltare ancora di più il concetto di ricchezza che caratterizzava la stirpe dei Sakamaki da oltre un millennio.

Avendo contemplato a fondo la magnificenza di quel jet privato, le ragazze si aspettavano tacitamente che venissero donate loro delle pantofole per potersi muovere in quello che sembrava un appartamento volante con tanto di moquette pregiata, tuttavia – dettaglio sfuggito a tutte loro, troppo occupate ad ammirare gli allestimenti per abbassare lo sguardo – il pavimento era formato da un semplice sistema di piastrelle lucide, grandi e quadrate, poiché più facili da tenere pulite – incidenti come la caduta di una bibita durante un vuoto d’aria non erano da sottovalutare. Pertanto riposero tutti i bagagli nello spazio apposito e presero posto.

Senza dire una parola, Shuu si andò a sedere su uno dei divanetti, per poi allacciare una delle tre cinture di cui era dotato, quella corrispondente al cuscino sul quale si era accomodato; contrariamente alle aspettative generali, l’idea di sdraiarsi non sfiorò la sua mente nemmeno per un attimo. Lo imitò Kanato, in un inquietante religioso silenzio, il quale però si diresse verso una poltrona in fondo alla cabina, il più lontano possibile dalle altre; era pronto a trascorrere l’intero viaggio nella solitudine più totale, fatta eccezione per il suo fedele compagno d’avventure Teddy, nonostante non avesse per niente voglia di scambiare quattro chiacchiere con lui. Desiderava con tutto se stesso che qualcuno si sedesse accanto a lui, che quella poltrona accanto alla sua venisse occupata da chiunque, e mentalmente si stupì delle sue speranze; nonostante avesse ben due fratelli gemelli ai quali era molto affezionato – anche se non l’avrebbe mai ammesso a voce alta –, era solito passare la maggior parte del proprio tempo nella più totale solitudine, perciò che cosa gli era preso all’improvviso di così grave, tanto da desiderare della compagnia? Provò a ragionare, a capire da dove provenissero quei pensieri, ma non riuscì a trovare nessun senso; la sua vita non era altro che una fotografia in bianco e nero, e sin dalla sua infanzia era fermamente convinto che sarebbe rimasta tale per l’eternità, perciò sarebbe stato meglio tornare coi piedi per terra.

«Posso sedermi?»

Alzò lo sguardo e lo posò sulla snella figura di Miki, la quale si era avvicinata a lui in punta di piedi e aveva parlato con voce timida, indicando con il dito indice la soffice poltrona accanto a quella dove si era seduto lui. Con un violento tonfo, una tavolozza di colori cadde sul suo cuore, colorandolo a casaccio e facendolo diventare un bellissimo affresco. Eccolo, il senso, proprio di fronte a lui.

Nascose il viso dietro alla voluminosa testa dell’orsacchiotto. «Sì, puoi.»

 

 

***

 

 

Non sapeva se quell’assurda calma fosse piacevole o letale; si era impegnata tanto per riuscire a godere di quel silenzio perché pensava avesse potuto aiutarla ad affrontare meglio quel viaggio fuori dal comune, ma una volta ottenuto si era resa conto che non era altro che un’arma a doppio taglio.

Si erano addormentati tutti, uno dopo l’altro, lentamente, mentre lei? Lei si era imposta di impersonare una guardia, voleva mantenere il controllo su tutto, specialmente sui fratelli vampiri; nonostante li conoscesse ormai bene, nonostante sapesse che non avrebbero mosso un dito in quelle condizioni, non riusciva a fidarsi di loro. Nella sua mente continuavano a ripetersi scenari che variavano dal più normale a quelli maggiormente drammatici, ed in ognuno di questi continuava imperterrito a scorrere del sangue. Sospirò, consapevole di doversi tranquillizzare; se c’era una cosa che i Sakamaki odiavano era interagire l’un con l’altro, pertanto se fossero rimasti tutti ai rispettivi posti senza fare niente, non sarebbe accaduto nulla – e, soprattutto, nessuno si sarebbe dovuto sorbire le lamentele del secondogenito. Avrebbe definito i vampiri come degli animali senza pudore, ma certamente non erano stupidi.

Si portò una mano agli occhi con l’obiettivo di stropicciarli un po’, sperando che quel misero tentativo l’aiutasse a scacciare l’incredibile voglia che aveva di chiuderli, ma si fermò giusto in tempo, ricordandosi che qualche ora prima li aveva decorati con un filo di trucco per rendersi minimamente presentabile – nonostante poco distanti dalla traccia del mascara ci fossero delle occhiaie ben visibili anche da un miope privo dei suoi amati occhiali. Si guardò attorno, per assicurarsi che tutto fosse come sarebbe dovuto essere. Si sentiva Ayato russare e biascicare qualche parola nel sonno – qualcosa su un bacchetto servito con ritardo, o forse sul cibo presentato freddo –, con al suo fianco una Yui che aveva fatto un’enorme fatica ad affidarsi a Morfeo per il baccano che stava facendo la testa di rapa che beveva il suo sangue; ben più tranquilli erano Kanato e Miki, i quali sonnecchiavano pacatamente tenendosi per mano – ci avevano impiegato pochissimo a riappacificarsi, con stupore da parte di tutti. Kin se ne stava rannicchiata su una poltrona con le sue cuffie preferite a farle compagnia – come riusciva a dormire con della musica rock sparata nelle orecchie a tutto volume? – mentre Subaru, prima di lasciarsi andare, si era assicurato che Laito si fosse addormentato, poiché non voleva che gli giocasse brutti scherzi; quest’ultimo, poco più in là, dormiva con un sorriso soddisfatto in volto mentre con un braccio cingeva le spalle della sua fidanzata – da quanto tempo stavano insieme, quei due? – e lei ronfava con la testa appoggiata sulla spalla del vampiro. Anche Azusa si era lasciato andare, senza nessuno a fargli compagnia, poiché l’unica persona rimasta, Aya, si era piazzata all’angolo bar e non si era più mossa di lì. Si voltò verso Shuu, che era steso sul divanetto sul quale si era accomodato in precedenza, le gambe di Harumi a fargli da cuscino per il capo. Le venne da ridere ricordando ciò che era successo l’ora precedente: non riusciva a scorgere i suoi lunghi capelli verdi da nessuna parte pertanto, dopo alcuni attimi spesi a pensare a dove avrebbe potuto essersi cacciata, si era resa conto con orrore che la ragazza si era intrufolata nella cabina di pilotaggio; si era precipitata lì e l’aveva trovata, difatti, seduta in terra mentre chiacchierava allegramente col comandante e il suo assistente – anch’essi vampiri, come il resto del personale –, disturbandoli chiaramente nello svolgere i loro compiti. Senza badare troppo alle buone maniere, l’aveva fatta volare via.

In quel momento dal suddetto abitacolo dei guidatori fece capolino Reiji, e quella visione le fece tirare un sospiro di sollievo – credeva che volesse prendere lui il comando del jet e sicuramente, dato tutto il nervosismo che si portava dentro, li avrebbe condotti verso una morte tragica. Scosse la testa con violenza; la troppa stanchezza la stava portando a pensare a cose assurde. Il vampiro si sedette al tavolo dove anche lei era accomodata, occupando la sedia di fronte alla sua e, senza perdersi in inutili chiacchiere, prese a leggere il romanzo biografico che aveva portato con sé, iniziando dalla pagina indicata da un sobrio segnalibro; ma lei aveva un disperato bisogno di parlare con lui, poiché considerava quella scelta l’unica opzione valida per tenerla sveglia.

«Dimmi un po’, Reiji-san» iniziò, tentando di contenere uno sbadiglio, «dov’è che stiamo andando, esattamente?»

Lui le lanciò un’occhiata da sopra la copertina del libro. «Nel Regno dei Vampiri, Vamutsuchiin.»

«E fin qua era ovvio. Intendevo, dove si trova con precisione? Sono sicura di conoscere bene la geografia globale e non mi è mai parso di scorgere Vamutsuchiin nelle mappe.»

Sospirando poiché avrebbe dovuto rimandare la lettura del romanzo, il vampiro appoggiò delicatamente il volume sul tavolo e frugò per qualche attimo in una tasca interna della sua giacca, per poi estrarne un foglio ripiegato più volte su se stesso; con una lentezza disarmante distese tutte le pieghe della carta, la quale riportava la cartina aerea di una fetta di Terra, che partiva dai confini orientali dell’Oceano Indiano fino ad arrivare a metà dell’Oceano Pacifico. «Attualmente stiamo percorrendo questa traiettoria» disse, tracciando con il dito indice una linea leggermente obliqua che partiva dal Giappone e si dirigeva verso l’Australia. «Milady, hai mai sentito parlare dell’isola fantasma

Selena, dopo un attimo di smarrimento, schiuse le labbra. «A largo della Nuova Caledonia, segnata dai satelliti tuttavia mai trovata dagli uomini di mare.»

«Eccellente» le rispose Reiji. «Ebbene, ci siamo dirigendo lì.»

«Voi vampiri abitate nell’isola che non c’è? Siete i vicini di casa di Peter Pan?»

Lui si espresse tramite un risolino ironico. «Molto divertente. No, non proveniamo da lì.» Ripose la cartina geografica al suo posto, poi continuò a parlare: «Ciò che si vede tramite le immagini satellitari è stato erroneamente denominato isola, quando in realtà è un portale.»

«Un portale?» chiese Selena, dubbiosa di ciò che aveva appena udito. «Un passaggio che conduce al vostro mondo?»

Reiji annuì. «Precisamente.»

«Ad essere sincera, avrei immaginato una sorta di entrata per Vamutsuchiin nei pressi del Triangolo delle Bermuda.»

«Avremmo voluto stabilirci lì, infatti, ma siamo stati costretti a rinunciare. È una zona troppo trafficata, mentre al largo dell’Oceania si sta più tranquilli. La ragione per la quale nessuno riesce a mettere piede in quella zona è cristallina: è un luogo che deve restare segreto. Per gli umani è un posto eccessivamente pericoloso, pertanto le guardie del portale hanno innalzato delle barriere invisibili che proteggono il passaggio. Se un comune mortale dovesse scoprire il nostro mondo, ci ritroveremmo davanti a un’invasione.»

La ragazza si portò una mano al mento, assumendo la sua espressione pensatrice. «Ma se è presente questo muro, le navi non dovrebbero andare a sbatterci contro?»

«Stiamo parlando di magia, Milady» fece il vampiro, togliendosi le lenti e iniziando a pulirle con un apposito panno. «È simile a quello che qualche sciocco complottista ha definito Effetto Pac-man. Se un’imbarcazione tocca la barriera, verrà immediatamente trasportata dall’altra parte senza che nessuno possa rendersene conto. Tutto ciò è reso possibile grazie alle maghe e agli stregoni che abitano abusivamente la nostra regione.» Si assicurò che gli occhiali fossero puliti osservandoli controluce, per poi inforcarli e riporre il quadrato di stoffa nella propria custodia.

«Immagino che il nostro aereo oltrepasserà questa barriera senza problemi anche se ha delle umane a bordo. E immagino anche che tutto questo trambusto sia invisibile ai radar.»

«Immagini bene» le rispose Reiji. «I guardiani sono stati avvertiti del nostro arrivo, pertanto penseranno loro a farci passare. In quel punto assisteremo a un evento singolare, il quale non è altro che un segnale che ci avvisa di essere giunti a destinazione.»

«E di che tipo di evento si tratta?» chiese Selena con evidente curiosità.

Il vampiro temporeggiò, poi accennò un ghigno sinistramente divertito. «Perché rovinare la sorpresa?»

La ragazza incrociò le braccia e roteò gli occhi al cielo, contrariata; non le piacevano affatto le sorprese, preferiva di gran lunga sapere tutto con largo anticipo per potersi preparare meglio per l’occasione. Più volte nel corso della sua vita era stata la protagonista di eventi inaspettati, come le feste per il suo compleanno organizzate da sua sorella minore Isako, accompagnate dall’enorme spreco di quattrini per la torta, gli striscioni, i coristi e quant’altro, e puntualmente Selena si portava le mani in testa per poi svenire, colta dalla consapevolezza che tutti i risparmi per i quali aveva lottato duramente erano stati bruciati per frivolezze. Il ricordo di Isako la fece scattare sull’attenti; come avrebbe fatto a tenerla sottocontrollo da un’altra dimensione?

«Senti, Reiji-san.» Una volta ottenuta la sua attenzione, disse: «Sei sicuro che nessuno noterà la differenza tra noi e le nostre anime?»

«Ti sono mai sembrato insicuro in seguito ad una mia decisione?» chiese retoricamente il vampiro. «Nessuno potrebbe mai essere certo di trovarsi di fronte ad un’anima piuttosto che ad un corpo. Oltre ad essere due gocce d’acqua e a poter interagire col mondo esterno, mimetizzandosi perfettamente con le altre persone, hanno entrambi lo stesso odore. Per quanto mi riguarda, tu potresti essere lo spirito e la vera Wada potrebbe essersene tornata a casa sua.»

«Sta’ tranquillo, sono io quella in carne ed ossa.»

«Ma anche le anime sono tangibili, grazie a un sortilegio.»

«Quello che mi preoccupa» confessò la ragazza, «è mia sorella. La mia anima saprà badare a lei, non ci sono dubbi, ma io come faccio a sapere se sta bene o se le è successo qualcosa?»

«Ma che sbadato, mi sono dimenticato di rivelarti qualche piccolo dettaglio.»

La blu si irrigidì; era stata improvvisamente colta da un cattivo presentimento. «Sarebbe?»

«Corpo e anima sono naturalmente collegati da un filo invisibile, ma i due possono interagire tra loro solo se hanno avuto almeno un contatto diretto durante la loro esistenza. Dato che sia tu che le altre umane avete portato a termine con successo il rituale dello specchio magico, potrete comunicare liberamente con i vostri spiriti da dormienti, ma unicamente se anche l’anima necessita di dirvi qualcosa.»

«Non mi fido di te, Reiji-san» gli rivelò schiettamente Selena. «Dov’è la fregatura?»

Dal canto suo, il vampiro scoppiò in un riso inquietante. «Se un’anima riporta dei danni, come una scottatura o un graffio, essi non si manifesteranno sul corpo. Al contrario, se è il corpo a ferirsi, allora anche lo spirito ne pagherà le conseguenze. Potrebbe persino morire. Immagina Isako-san vedere sua sorella che si accascia all’improvviso e inizia a tossire sangue, ad avere convulsioni, a perdere l’uso degli arti o a prendere fuoco; capirebbe all’istante di trovarsi di fronte a un evento paranormale e ne rimarrebbe traumatizzata a vita, lo sognerebbe di notte e impazzirebbe. Ti ricordi cosa sta succedendo a Vamutsuchiin?» Non le diede tempo per rispondere. «Il re è ai ferri corti con il Mondo Parallelo, pertanto è certo che in poco tempo inizierà una guerra. E sarà una guerra molto dura per i vampiri, pertanto per voi povere umane sarà mortale, come minimo. Sarebbe stato più saggio far venire con noi le vostre anime. Sì, noi ci saremmo arrabbiati perché non avremmo potuto bere il loro sangue, sarebbero morte e i vostri corpi sarebbero stati maledetti per l’eternità, ma almeno avreste potuto passare il resto delle vostre brevi vite con i vostri cari.»

Selena stava seriamente per mettersi a piangere; non era solita esprimersi con le lacrime, ma in quel momento era stanca e infuriata con il vampiro che la fronteggiava. Non riusciva a non chiedersi il motivo per il quale non fosse stata avvertita prima per il rischio che stavano correndo, e l’ennesima domanda fuoriuscì dalla sua bocca accompagnata da un tono grave: «Perché sei così cattivo?»

Reiji scosse il capo, per nulla toccato dalla disperazione che aleggiava attorno alla ragazza dai capelli blu. «Non sono stato io a volervi a Corte, ma mio padre. Se vuoi prendertela qualcuno, rivolgiti a lui. Io ho semplicemente fatto da intermediario.» Aggiunse, sottovoce: «È facile prendersela con chi capita, solo perché non si vuole avere niente a che fare con lui.»

Selena rimase confusa da quel suo atteggiamento improvviso; le sue sembravano quasi scuse, ma quel pensiero non rimase a lungo nella sua mente, dato che essa era già occupata da cose ben più importanti. Pochi attimi dopo si ritrovò con delle carte da gioco tra le mani, tentando di imparare le regole del Poker.

 

 

***

 

 

Vi fu un ulteriore silenzio per le successive tre ore, le quali trascorsero con un’eccessiva lentezza; tutto sembrava essersi immobilizzato, congelato, nonostante il veicolo volante si stesse muovendo molto velocemente. Se qualcuno si fosse sporto da un finestrino avrebbe scorto unicamente qualche nuvola bianca e una distesa infinita di blu, una vista che avrebbe incantato con facilità strabiliante i sognatori. Ma la meta era vicina.

Sfiorarono una barriera invisibile, nella quale si creò un varco grande quanto l’aereo, che permise il passaggio indisturbato all’interno del portale; il mezzo continuò a fluttuare indisturbato ma in un altro cielo, caratterizzato da un celeste più scuro, maggiormente calcato, come se il sole non lo illuminasse abbastanza. Ben più bizzarre erano le nubi, poiché non erano né lattee né grigie o color tempesta, bensì sfumavano tra il giallo limone e il verde selva, a seconda della loro altitudine. Era evidente che si trattasse di un’altra dimensione; le caratteristiche di quel luogo erano singolari, come la terra zeppa di insenature e colline, foreste e ampi campi coltivati, alcuni anche aridi, e poi città, villaggi, tutti costruiti con un ordine casuale studiato a fondo. Non c’era geometria, solo un alternarsi di paesaggi che rispettava un certo canone; il tutto sembrava creare un gigantesco disegno, o forse una scritta in lingua antica. Era tutto indubbiamente magico.

«Accidenti, ho dormito in una posizione davvero scomoda, ho la schiena a pezzi. Hey, ragazzi, svegliatevi! Siamo arrivati.»

La voce che aveva parlato non aveva nulla di normale; era acuta, alterata, sembrava derivata da più suoni messi insieme, come un glitch, e aveva una punta di tagliente sarcasmo iniettato nelle corde vocali. Fece abbastanza baccano da destare i dormienti, riuscendo in quello che era il suo intento. Miki strizzò gli occhi dato il repentino risveglio, per poi inumidirsi le labbra e schiudere le palpebre, ancora con tutti i muscoli intorpiditi, ma la vista di quello che si ritrovò davanti bastò per farla scattare sull’attenti, come se non avesse mai dormito. Terrorizzata, cacciò un urlo e balzò in piedi, tremante come una debole foglia autunnale smossa da un deciso vento freddo. La confusione attirò l’attenzione degli altri passeggeri; le ragazze umane strabuzzarono gli occhi e presero a imperlarsi di sudore freddo, mentre i vampiri restarono perfettamente impassibili, distogliendo subito gli sguardi da quello scenario. Entusiasta, Kanato strinse a sé il proprio orsacchiotto.

Selena si accostò leggermente a Reiji e gli chiese: «Di’ un po’, era questo il segnale di cui parlavi?»

Reiji si aggiustò le lenti sul ponte del naso. «Perspicace.»

Aveva preso vita senza preavviso, senza un processo vero e proprio; respirava, parlava, si muoveva, si comportava come se fosse stato qualcosa di estremamente ordinario. «Allenta un po’ la presa, Kanato, che mi fai male.»

Il violetto, pacato, eseguì gli ordini. «Scusami, Teddy.»

Il peluche si mise in piedi e con un salto abbandonò le gambe del padrone, atterrando sul pavimento; fece velocemente stretching per poi voltarsi verso la ragazza dai capelli castani e gli occhiali. Le disse: «Non c’è bisogno di avere paura, Miki-chan, sono solo io, Teddy.»

Lei boccheggiò. «Sei… vivo

«Mi sembra ovvio» rispose il pupazzo. «Ti sembra che Kanato sia così scemo da parlare da solo?»

«No, certamente no» si affrettò a dire la ragazza. «Solo che non ho mai visto un peluche prendere vita.»

«Sono un peluche solo nel Mondo degli Umani poiché esso non concepisce più di un certo livello di magia, mia cara. Lascia che mi presenti ufficialmente.» Si portò una mano al petto, imitando quasi una delle pose di Ayato, e con tono solenne esclamò: «Io sono Teddy, uno dei più grandi guardiani di Vamutsuchiin nonché fedele servitore della famiglia Sakamaki. Un tempo avevo un aspetto simile a quello di uno stregone, ma in seguito mi sono reincarnato nel corpo di questo orsacchiotto. Ho comunque mantenuto le mie capacità magiche, seppur non siano potenti come un tempo.» Balzò tra le braccia di Miki e strusciò la testa contro l’incavo del suo collo. «Sono così felice di poterti parlare, Miki-chan!»

La castana non ebbe modo di fare nulla poiché il terzogenito della famiglia vampiresca – il quale solo in quel momento era riuscito a svegliarsi del tutto – fu veloce ad avvicinarsi ai due e ad afferrare il pupazzo per la sua casacca, sollevandolo con noncuranza. «To’, guarda un po’ chi si rivede» disse con un sorriso divertito stampato in volto.

Il peluche diventò rosso di rabbia. «Figlio di una buona donna, mettimi immediatamente giù! Sei sempre il solito scansafatiche maleducato!»

Ayato lo ignorò bellamente. «Oi, Kanato, quand’è che dici al tuo amichetto di stoffa di essere più rispettoso nei confronti di Ore-sama?!»

Il suo gemello scattò in piedi. «Teddy rispettoso nei tuoi confronti? Pensi pure di meritartelo?! TI SEI COMPORTATO DA STRONZO CON LUI COSÌ TANTE VOLTE!»

«Kanato, modera i termini.»

«NON TI CONVIENE INTROMETTERTI, REIJI-SAN!»

«Coraggio, ragazzi» intervenne Laito, «non credo sia il caso di rovinare questo bel viaggetto per delle sciocchezze.» Con in volto un’espressione disarmante e pacifica, si avvicinò ad Ayato e afferrò delicatamente l’orsacchiotto, per poi strapparlo via dalla presa del fratello gemello; se lo portò di fronte al viso in modo da poterlo guardare negli occhi e lo fece salire un po’ più in alto, come se al suo posto ci fosse stato un bebè e stesse giocando a farlo volare. «È un vero piacere poterti rivedere al pieno delle tue capacità, Teddy.»

L’orsetto girò il capo per poter guardare altrove. «È un piacere anche per me, Laito, ma mettimi giù. Primo perché è imbarazzante, secondo perché non voglio neanche immaginare dove hai messo quelle mani l’ultima volta.»

Per nulla toccato, il quintogenito lo lasciò andare e Teddy se ne tornò da Kanato. Nel frattempo Yui, Kin e Tara si erano rivolte verso Harumi, la quale era rimasta in silenzio ad osservare il siparietto; la bionda, cautamente, le poggiò una mano sulla spalla e le chiese: «Harumi-san, tutto bene?»

La suddetta voltò lentamente il capo, squadrando le sue amiche con un sorriso fin troppo largo in volto. «Che. Figata. Assurda.»

«Oh mio Dio, l’abbiamo persa.»

 

 

***

 

 

Seguirono le procedure d’atterraggio, recuperarono i bagagli e s’infilarono in una limousine dotata di vetri oscurati, la quale sfrecciò per le strade della capitale ad un’alta velocità; il viaggio fu breve, liscio e nessuno si degnò di aprir bocca. Il passaggio fu così repentino da essere in contrasto con la lunga permanenza in aereo, ma non venne ritenuto di eccessiva importanza poiché ognuno di loro aveva altro per la testa. In un batter d’occhio si ritrovarono in periferia, davanti ad una palazzina di quattro piani dall’aria abbastanza umile, con le finestre che si alternavano a dei piccoli balconi e un portone dall’aria consumata; fatta eccezione per Aya – la quale sarebbe stata gentilmente ospitata nell’abitazione di Azusa –, le ragazze vennero fatte scendere dal veicolo con una certa fretta e venne consegnata loro una cartella per documenti contenente qualcosa dall’aria importante, insieme ad un mazzo di chiavi.

«Le nostre strade per il momento si dividono qui» disse Reiji. «Ma ci rincontreremo domani sera.»

«Ti capisco, Chichinashi, sentirai la mia mancanza. Ma sono solo… Quante ore sono?»

«Trentuno ore» rispose Subaru, per poi aggiungere sottovoce: «Deficiente.»

«Ne Teddy, è vero che sarà un’attesa estenuante senza Miki-chan?»

«Sì, è proprio vero.»

«Princess-chan, mi mancherai tantissimo!»

Shuu sospirò, con in volto un’espressione annoiata. «Che scocciatura.»

Harumi si mise a ridere. «Cercate di fare i bravi, mi raccomando.»

Dopodiché, l’automobile di lusso ripartì, lasciando le giovani sul marciapiede e Kin che li salutava scuotendo una mano; Selena lanciò sia a lei sia all’amica dai capelli verdi delle stilettate di rimprovero, ma entrambe fecero spallucce. «Non ci hanno nemmeno morso.»

La blu scosse la testa con rassegnazione e poco dopo aprì la cartelletta, scoprendo che al suo interno vi erano più fogli ricoperti di scritte; lesse mentalmente il primo, imitata da Miki – che cautamente l’aveva affiancata – e insieme si resero conto che quelle non erano altro che istruzioni, le quali suggerivano loro di entrare nel modesto condominio, ignorare la portineria vuota e salire le scale fino al secondo piano, dato che la chiave più grande che possedevano era in grado di aprire la porta di uno dei tre appartamenti di quel pianerottolo, più precisamente il quarto, segnalato da una piccola targa in bronzo. Eseguirono gli ordini e, una volta raggiunto il posto, pochi minuti più tardi, si ritrovarono in un alloggio dalle sembianze povere: l’ingresso dava subito su un open-space occupato da un cucinotto dotato degli accessori essenziali e un tavolo per sei persone sulla sinistra, mentre a destra c’era una piccola area soggiorno, dietro di essa un piccolo bagno dotato di sanitari, un lavabo con sotto un mobiletto, uno specchio scheggiato agli angoli e un box doccia minuscolo; in fondo all’appartamento vi erano due camere la letto, una matrimoniale con un grosso armadio angolare e l’altra contenente un letto a castello e uno singolo, con due grandi cassettiere per contenere il vestiario. Le pareti erano spoglie, fatta eccezione per quella del salotto, la quale ospitava un grande quadro raffigurante una persona sofferente su un letto d’ospedale con alcuni medici e familiari accanto; sembrava essere stato dipinto in epoca rinascimentale, o perlomeno lo stile era molto somigliante.

«Ehm, casa dolce casa?»

«Ma per favore» fece Tara chiudendo la porta d’ingresso, «siamo state invitate qui per conto del re e ci fanno alloggiare in una topaia?»

Yui si sforzò di sorridere. «Non è tanto male.»

«È pura incoerenza.»

Harumi si diresse verso il frigorifero. «Ti aspettavi di stare nel mega castello?» Aprì l’elettrodomestico. «Cibo!» esclamò felice come una pasqua, per poi afferrare un barattolo di marmellata di albicocche.

«Come minimo, direi.»

«Harumi-san, controlla la data di scadenza.»

«Sì, mamma.»

«Speriamo che non sia avvelenato.»

«Non preoccuparti, è ancora sigillato.»

Kin estrasse dalla tasca dei suoi lunghi jeans un taccuino tascabile, scrivendoci velocemente sopra qualcosa e porgendolo a Miki, che era rimasta in disparte; quest’ultima lesse il messaggio e disse: «Kin ha ragione, ragazze. Ci troviamo in una dimensione abitata da vampiri.» Rabbrividì visibilmente. «L’alloggio è l’ultimo dei nostri problemi.»

Tara incrociò le braccia, pentita. «Già, sono stata superficiale e materialista. Vi chiedo scusa» mormorò.

La ragazza dai capelli verdi masticò un pezzo della sua merenda – che nel frattempo aveva preparato – e chiese alla miope: «Sei il succo di frutta del Sakamaki più violento e schizzato e ancora hai paura di un paio di canini?»

Miki divenne rossa come un pomodoro e balbettò: «Kanato-kun non è violento e schizzato. Cioè, sì, a volte lo è, però è anche un ragazzo dolcissimo che va capito… Ma non è questo il punto! Insomma, siamo pur sempre in mezzo a migliaia di vampiri che potrebbero azzannarci da un momento all’altro. Sei così tanto abituata a stare con Shuu-san che non percepisci più il pericolo?»

Harumi rise lievemente. «Il bell’addormentato mi morde più spesso di quanto possiate pensare e fa anche abbastanza male. Ma se c’è una cosa di cui sono sicura è che quei sei non ci lasceranno in balia di un’orda di succhiasangue. Sono troppo possessivi.»

Yui assentì col capo. «Sono d’accordo.»

Selena le guardò con somma tristezza, mentre le parole di Reiji le facevano capolino nella mente; avrebbe tanto voluto mettere al corrente le sue amiche del rischio che stavano correndo, tuttavia si impose di aspettare fino a un momento più tranquillo – erano tutte abbastanza agitate e, certamente, conoscere i rischi di quel viaggio avrebbe peggiorato enormemente il loro umore. Decise quindi di fare finta di nulla e continuare a leggere le istruzioni che i Sakamaki avevano lasciato loro; buttò poi un’occhiata al tavolo rettangolare lì vicino. «Ha ragione Harumi-san» constatò. «Quelli là hanno pensato a tutto. Bastardi.» Prese uno dei sei girocolli neri, con al centro un pendente in oro a forma di rosa completamente sbocciata con ai suoi due lati un paio di ali di pipistrello aperte. «Ci hanno scambiati per cani?»

Tara si precipitò a raccoglierne uno. Cinguettò: «Com’è carino! Starebbe una meraviglia alla mia piccola Kimi!» Rendendosi conto di essere malamente osservata, si raddrizzò e con aria indignata disse: «Volevo dire, è vergognoso! Si aspettano anche che abbaiamo? Che razza di sbruffoni!»

La ragazza dai capelli blu scosse la testa con rassegnazione. «Farò finta di non aver sentito nulla. Sbrighiamoci, ragazze, che abbiamo un itinerario da rispettare.»

«E dove dobbiamo andare?» chiese Miki.

Selena lesse l’indirizzo ad alta voce, per poi invitare le altre a sistemare i propri bagagli.

«Secondo voi perché non hanno fatto venire Aya con noi?» domandò Yui, mentre si accostava alle camere da letto.

Kin aprì una porta e si ritrovò davanti un letto matrimoniale; nello stesso istante, Tara aprì la porta della camera affianco e vi trovò altri tre giacigli. «Forse perché non ci sono abbastanza letti» disse. «Qualcuno deve dormire sul divano.»

Harumi alzò la mano. «Mi offro volontaria» esclamò e si diresse verso il salotto.

«Faremo a turno» precisò Selena, ricevendo assensi.

Si sbrigarono a disfare le valigie – anche e soprattutto perché non avevano portato molta roba – e notarono che i mobili contenevano decine di capi femminili, depositati lì in precedenza unicamente affinché loro potessero farne uso. Non persero tempo a decidere chi avrebbe indossato cosa, trovandosi d’accordo sul fatto che ne avrebbero discusso una volta portate a termine le commissioni, e uscirono di casa, ma non prima di aver indossato i girocolli con il marchio reale.

Una volta fuori dalla palazzina seguirono le indicazioni annotate sui fogli, scoprendo essere dotate anche di una mappa. Dato che l’orologio segnava essere pomeriggio inoltrato non incontrarono molti vampiri, ma tutti quelli che incrociarono presero ad osservarle dalla testa ai piedi con aria famelica, forse anche con una nota di curiosità; il loro odore – l’odore del loro sangue e del loro essere umane – attirava con naturalezza l’attenzione dei passanti, e tutti coloro che tentavano di avvicinarsi con primordiali intenzioni si bloccavano alla vista dello stemma della famiglia Sakamaki. Sentirono una bambina lamentarsi con la propria madre; diceva che invidiava parecchio una di loro poiché sul braccio possedeva i segni dei canini di Subaru-sama, mentre un’altra scuoteva la testa e affermava che era molto più fortunata la biondina perché sul collo s’intravedeva il risultato del morso di Ayato-sama. Facendo finta di non sentire ulteriori commenti vampireschi, le giovani umane si scambiarono sguardi silenziosi, rendendosi conto che l’importanza dei fratelli vampiri era talmente grande da indurre l’intera popolazione a imparare a riconoscere le rispettive zannate. Ma ben presto, una volta raggiunto il centro, si abituarono ad essere osservate con così tanta insistenza e iniziarono a prestare più attenzione a ciò che vi era tutt’intorno.

La capitale di Vamutsuchiin era bellissima; sembrava essere la riproduzione di Los Angeles, con tutti quei grattacieli, pub e negozi, con tutte quelle strade pullulate di vita, quel via vai sempre intenso e decorato da insegne pubblicitarie di tutti i colori, neon, musica e tecnologia. I marciapiedi erano puliti, le corsie asfaltate a dovere e vi erano delle file di carrubi verdeggianti, tanto da parere una città umana; si aspettavano scenari inquietanti o dai risvolti gotici, ma non c’era traccia di similitudini con la magione che avevano frequentato fino alla notte precedente. Un altro particolare che differiva dalle loro aspettative era la temperatura; nonostante fosse ormai iniziato luglio, nell’universo vampiresco non vi era alcuna traccia di troppo calore – il clima era mite, soleggiato ma con delicatezza, i raggi non picchiavano eccessivamente sulle teste degli abitanti anche se, in caso contrario, essi non se ne sarebbero accorti dato la diversa percezione delle condizioni termiche.

Si ritrovarono davanti a quello che sembrava essere un ristorante di lusso; una vampira che sembrava non superare la soglia del trenta – età umana – le fronteggiò e, trattenendo una smorfia di disgusto, disse loro: «Le ospiti dei signori Sakamaki, immagino. Prego, da questa parte» e le invitò ad entrare.

Tara sorrise e commentò sottovoce: «L’accoglienza non sarà delle migliori, ma almeno i sei cretini si sono fatti perdonare per quell’appartamento.»

La cameriera le condusse fino a una tavola apparecchiata per sei persone e consegnò ad ognuna di loro un menù; prima di andarsene squadrò Harumi, per poi chiederle: «Perdoni la curiosità, signorina. Quei segni che ha alla base del collo sono stati lasciati da Sakamaki Shuu-sama

La verde annuì. «Esattamente.»

«Capisco.» Si allontanò di qualche passo e scoppiò a piangere.

 

 

***

 

 

Il negozio di abbigliamento che avevano raggiunto – sempre seguendo le indicazioni – sarebbe stato meglio chiamarlo boutique d’alta moda. Oltre a presentare un’entrata quasi sontuosa e curata nei minimi dettagli da chissà quali scultori e artigiani – i quali sicuramente avevano lavorato a quelle che erano le decorazioni incise sulle due alte colonne che fiancheggiavano l’ingresso –, l’ampia vetrina conteneva tre manichini sorreggenti vestiti per persone appartenenti all’elite, con tanto di accessori e scarpe. Le umane non erano sicure che fosse quello il luogo indicato poiché troppo costoso – avevano dato un’occhiata veloce alla tabella dei prezzi e avevano constatato che tutti i numeri possedevano tre cifre –, ma Selena informò loro che non c’erano errori sulla mappa, che le indicazioni, l’indirizzo e il numero civico corrispondevano proprio al negozio che avevano raggiunto. C’era qualcosa che impediva loro di entrare; nessun blocco materiale, piuttosto la consapevolezza di essere in procinto di far spendere parecchio denaro a qualcun altro, di non essersi mai neanche avvicinate a punti vendita di così alta classe, data la loro natura modesta, seppur non povera.

Accantonarono da una parte i sensi di colpa, convincendosi che probabilmente pagare un’alta somma non sarebbe stato un grosso problema per i Sakamaki dati tutti i loro possedimenti, ed entrarono. Misero piede in un’enorme hall, venendo immediatamente investite dall’accecante luce di più faretti messi insieme; vi erano qualche divanetto in pelle, un lungo tappeto color pece e una vistosa mensola che ospitava diversi bicchieri di vetro per cocktail. Un uomo dai tratti occidentali andò loro incontro seguito da qualche assistente in divisa, e mostrò un sorriso cordiale. «Buon pomeriggio, signorine. Vi stavamo aspettando.»

Selena fece un passo in avanti, emergendo dal gruppetto. «Buon pomeriggio. Eravate stati avvertiti del nostro arrivo?»

«Certamente, mademoiselle. Il re in persona questa mattina presto mi ha informato dell’arrivo di sei giovani umane e mi ha incaricato di trattarle con assoluto rispetto.»

«Mi scusi, ehm, messere» fece Harumi, «come mai il re ci ha mandate qui?»

Un assistente marciò verso di loro, sorreggendo un vassoio colmo di calici riempiti di vino bianco, che offrì alle ospiti. «Permettete di intromettermi nella discussione» fece. «A Corte è stata organizzata una serata di gala per domani sera. Il re ha inviato la partecipazione a tutti i più grandi imprenditori e uomini d’affari con le rispettive famiglie.»

«E noi cosa c’entriamo? Non siamo ricche.»

«Ma siete le spose dei suoi figli, non è forse vero?»

Miki si portò le mani sulle guance, violentemente arrossate. «Spose?»

Il proprietario della boutique allargò il sorriso, tuttavia rimanendo amichevole. «Esattamente. I principi sono vicini all’età del matrimonio, pertanto è naturale che il re voglia conoscere le fidanzate.» Batté elegantemente le mani per due volte. «Direi di non indugiare oltre. Le signorine hanno preferenze per l’abito dei loro sogni? Il re mi ha chiaramente detto che potete scegliere tutto quello che volete.»

Colta da un’improvvisa e familiare fitta al ventre, Yui trattenne un gemito di dolore e, piano, domandò: «A me ne piacerebbe uno rosso scuro.»

 

 

***

 

 

Tutte le gioiellerie in cui erano state nel corso della loro vita si erano presentate incredibilmente piccole, con una vetrina attaccata all’altra, le corsie troppo strette anche solo per due persone. Ma quella in cui erano entrate era ampia, spaziosa, c’era abbastanza spazio per mettersi a ballare; tuttavia, anche lì le cifre raggiungevano le stelle, le stesse che parevano brillare nelle numerose gemme preziose esposte nelle sottili teche. Così tante erano le meraviglie che il punto vendita offriva, che le ragazze non sapevano cosa scegliere e, inoltre, si chiesero se fosse necessario presentarsi al re con così tanto valore a decorare i loro corpi, ignorando così le loro origini e i loro modi di essere.

«La signorina Shimizu Tara-san?»

Tutte loro si voltarono per poter vedere chi era stato a parlare; ebbene, la voce apparteneva ad un signore anziano di origini orientali, indossante un abito formale ma non eccessivamente elegante, il quale faceva a pugni con le numerose rughe che gli contornavano il volto e i capelli ormai grigi in disordine. Lo riconobbero come proprietario del negozio – o comunque come qualcuno che si trovava abbastanza in alto – poiché, subito dopo il loro arrivo, lo avevano intravisto trafficare dietro al bancone che ospitava la cassa, per poi dirigersi sul retro in tutta fretta.

La rosa gli si avvicinò. «Sì?»

«È un vero piacere conoscerla» le disse l’uomo, per poi mostrarle una scatoletta in velluto verde scuro. «Questo è per lei.»

Titubante, la ragazza prese il piccolo oggetto, rigirandoselo tra le mani per qualche attimo. Si decise ad aprirlo, e le venne spontaneo spalancare occhi e bocca; all’interno del contenitore pregiato vi era un anello in oro bianco con sopra un vistoso diamante di forma ovale. Balbettò e tremò, poiché non aveva mai visto un gioiello di quel valore. «Chi me lo manda?» Si rese conto di aver fatto una domanda stupida, eppure dentro di sé sperava che fosse stato il re stesso a donarglielo e che ce ne fosse una copia anche per le sue amiche, ma quanto tempo era destinata a stare in piedi quella speranza?

«È stato Laito-sama in persona a commissionarlo. Ha fatto fare anche un’incisione.»

Il castello di carte di Tara crollò tutto d’un colpo appena i suoi occhi si posarono sulle due lettere scalfite su un lato interno del prezioso, corrispondenti alle iniziali dei loro nomi. Si sentì anche in imbarazzo, poiché non sapeva come comportarsi di fronte a quel gesto; le sembrava di avere Laito proprio lì, accanto a lei, ad osservarla in attesa di una risposta e aveva quasi paura di deluderlo.

«Mi sa che quel pervertito cerca il fidanzamento ufficiale» fece Selena, avvicinandosi e mettendole una mano su una spalla. «Io non sono nessuno per importi una decisione, ma rifletti bene. È un vampiro. Quante volte ti ha fatto del male? Inoltre è un donnaiolo. Gli remano contro parecchie cose.»

Il gioielliere giunse le mani dietro alla schiena. «Confermo. Per quanto io provi rispetto per la famiglia reale, non posso di certo negare le abitudini sentimentali di Laito-sama. È famoso per le sue avventure e ha molte ragazze ai suoi piedi che aspettano di essere prese in considerazione, ma ha anche molte altre qualità. E signorina, mi permetta.» Si accostò alla rosa per poi dirle a bassa voce, come se le stesse rivelando un segreto: «La famiglia Sakamaki frequenta questa gioielleria da secoli, ma questa è la prima volta che Laito-sama mi chiede di regalare un anello a una fanciulla. Deve essere veramente speciale per lui se è arrivato a questo punto.» Sospirò. «Credo che le giovani di tutto il Regno debbano rassegnarsi. Hanno perso uno dei prìncipi.»

Kin si avvicinò di soppiatto a Tara – la quale, nel frattempo, era arrossita – e le diede delle piccole gomitate scherzose; armata della stessa malizia, anche Harumi si fece avanti e incrociò le braccia, col sorriso di chi la sapeva lunga. Yui e Miki restarono in disparte; certamente erano felici per lei, ma una piccola parte di loro era invidiosa delle attenzioni che la ragazza riceveva dal vampiro – avrebbero tanto desiderato che Ayato e Kanato si fossero comportati allo stesso modo.

La giovane dai capelli rosa sorrise appena, ricordandosi le parole della sua anima: “Il tuo Destino, il nostro Destino, è quello di stare al fianco di questo pervertito”. Ma la verità era che non riusciva a rimanere del tutto indifferente a Laito, anche se i suoi modi di fare le davano molto fastidio; nonostante tutto, non riusciva a non ripensare a quel “Princess-chan, adesso ci sono io”, a quel “Tu sei la mia droga”, persino a quel “Ti amo” che le aveva sussurrato quando erano ancora agli inizi del loro rapporto – ma che razza di rapporto era, poi? E ancora, come poteva ignorare quel tuffo al cuore che provava ogni volta che lo guardava negli occhi? Come poteva rimanere indifferente ai baci che le dava, i quali le trasformavano le gambe in due molli budini? Le faceva male quando la mordeva ma in quel momento, mentre ripensava a tutto quello che c’era dietro il suo desiderio di bere del sangue, si era convinta che ne valesse la pena. Perché, finalmente, si sentiva amata e stava imparando a ricambiare. E tutti i conti tornavano.

Fu allora che prese un grosso respiro e disse, con tono solenne: «Accetto.»

 

 

***

 

 

Uscirono dal negozio di calzature con l’ennesima – e ultima – busta contenente i loro acquisti, una a testa, e vennero colpite dai raggi del sole al tramonto. Selena si lasciò scappare uno sbadiglio, ma prontamente lo coprì con una mano e subito dopo disse: «Finalmente abbiamo finito. Possiamo tornare all’appartamento.»

Harumi guardò le altre ragazze con un sorriso in volto e loro parvero capirla al volo; la giovane dai capelli blu, in pochi attimi, si ritrovò priva delle sue borse, poiché Yui, Tara e Kin gliele avevano strappate via dalla mano che le stava sorreggendo.

«Hey, barattolino di miele. Tocca a te.»

Sentendosi chiamata, Miki si voltò verso la ragazza dai capelli verdi e, senza che Selena avesse potuto rendersene conto, si impossessò della cartelletta contenente mappa e istruzioni; già che c’era, le sfilò dalla tasca della felpa le chiavi della casa. «Prego, Harumi-san.»

La maggiore annuì e obbligò l’umana dalla chioma blu a mettersi sul suo dorso, per poi allacciare le mani sotto il suo fondoschiena per permetterle di sedersi; lei sbottò: «Si può sapere cosa state facendo? Siamo in pubblico, diamine! Non è il momento di scherzare.»

«Nessuno sta scherzando, Selly» le rispose la sportiva. «Rilassati e lascia che ti porti io fino a casa, che è un bel po’ di strada da fare a piedi.»

«Posso camminare da sola.»

Yui negò col capo. «Durante il viaggio hai rinunciato a dormire per vegliare su di noi.»

Si aggiunse Miki: «Adesso dobbiamo essere noi a badare a te.»

Kin le sorrise e le mostrò il pollice, ma Selena diede un debole pugno sulla testa di Harumi. «Mettimi giù, che peserò un accidente.»

«Ma per chi mi hai presa?» rispose lei. «Guarda che io sono fortissima. Sarà un giochetto trasportarti fino a casa.»

La blu sospirò, sconfitta, e permise loro di incamminarsi verso il loro alloggio; si addormentò poco dopo, cullata dal dondolio lieve della camminata e incurante delle occhiate dei passanti.

Nessuna di loro, però, si accorse che un individuo ben nascosto tra la folla le stava pedinando.

 

 

 

 

Angoletto dell'Autrice!!

*si asciuga il sudore dalla fronte* Se ho contato bene, dovrebbero essere 7105 parole; niente male, eh?

Reiji: Io avrei potuto fare di meglio.

Nessuno ne dubita, peccato che l'autrice qui sono io, quindi me la vedo io u.u

Reiji: Come vuoi *sorseggia del tè fumante*

Finalmente abbiamo cambiato scenario eeee grossi guai sono in arrivo! Ma avete visto quanti soldi hanno i Sakamaki? Chissà se al mio compleanno mi regalano qualcosa... *assume la posa di Reiji* Cosa ne pensate di Teddy? Insomma, vi sareste mai aspettati che prendesse vita? Don't worry, so che Kanato (nell'episodio 6 della prima stagione, mi sembra) dice che a Teddy manca l'anima, però hey, il bello delle fanfiction è proprio questo - tutto può succedere! Se vi va, lasciate una recensione e ditemi la vostra! Mi fa davvero piacere interagire con i miei lettori e, in generale, con gli altri utenti di EFP ^^

Grazie mille per aver letto,

-Channy


Post Scriptum: AAAA Laito e Tara sono fidanzati ufficialmenteeee (speriamo che quel pervertito non faccia nulla di sbagliato)

  
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