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Autore: sasha98    01/09/2019    1 recensioni
Matthew è al l’apice del successo, è il pugile più forte di tutta New Orleans. Popolare e amato da tutti, dentro il suo cuore un grande vuoto che lo porta ad un fallimento mentale: Non può Boxare!
Nolan, il fratello minore, è solo e senza amici. Preso di mira da tutta la scuola si sente un perdente. Odia essere costantemente difeso dal maggiore.
Krystal, la loro sorellina, vorrebbe che la sua famiglia sorridesse più spesso. È felice fino a che qualcuno la costringerà ad avere paura del mondo che la circonda. Leonardo è il bulletto della situazione, arrogante e spietato, si crede il re del mondo.
I tre fratelli lotteranno con tutte le loro forze per abbattere i loro problemi nonostante sia dura, nonostante tutto e tutti...ma ne vale la pena? Gli sforzi porteranno a un trionfo?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Matthew Era sabato sera. Ero a casa di Bianca, nella sua camera e stavamo parlando, i giorni erano passati molto veloce ed eravamo già ai primi di maggio, era passato circa un mese da quando l’avevo conosciuta. Avevo scoperto tante cose su di lei, una molto importante: i suoi genitori avevano abbandonato lei e la sorella quando erano piccole e la mamma del loro padre si è presa cura di loro. «Matt, ma ci hai pensato che manca poco più di un mese e avremo finito definitivamente la scuola, siamo all’ultimo anno» è vero eppure non ci avevo ancora pensato. Iniziai a stiracchiarmi. «Cavolo, hai ragione, non ci avevo pensato» lei mi sorrise e io la guardai, aveva i capelli legati in due trecce, portava dei jeans e una maglietta bianca bucherellata. Eravamo entrambi scalzi e seduti sul pavimento. Ogni volta che faceva un sorriso gli occhi imitavano le labbra e sembrava all’interno di un aura di felicità. «Che c’è? Perché mi guardi così?» Mi chiese iniziando a fare la timida, feci una risatina mentre lei iniziò a toccarsi le trecce. Mi avvicinai di più a lei, le misi una mano dietro la nuca, volevo che mi guardasse e così fece, mi persi nei suoi occhi verdi e con molta lentezza mi avvicinai alle sue labbra. Avevo l’impressione di essere sulla luna, non era come quando baciavo le altre, stavolta sentivo il cuore battere talmente forte che avevo paura che potesse uscirmi dal petto, sentivo il mio respiro lento come se avessi il fiatone, ma non stavo male anzi era piacevole, speravo che non finisse mai. «Wow!» Esclamò lei quando ci staccammo, mi morsi labbro buttando la testa all’indietro, era davvero riuscita a descrivere quel momento magico con una sillaba. «Bianca.» la chiamai dopo qualche minuto di silenzio, lei senza rispondere mi guardò. «Pensi anche tu che sia stato magico?» Lei annuì in silenzio. Le parole facevano fatica ad uscire a entrambi eppure per me era sempre stato facile parlare. «Insomma...io vorrei sapere se a te piacerebbe stare con me..ma non voglio essere invadente» le dissi nascondendo il viso tra le mani: «Insomma non so cosa dire, credo che...» La sua meravigliosa voce mi bloccò: «Matt, anch'io non so cosa dire ma di una cosa sono certa: sono innamorata follemente di te, forse non è la prima volta che una ragazza ti dice questo, visto che a scuola, e anche fuori, ti considerano una divinità, ma alla tua domanda non posso che rispondere di si.» Rimasi un attimo immobile, ero appena entrato in un stato di trans..in un meraviglioso trans. «Hai ragione, quello che mi hai detto l'ho sentito da molte ragazze...ma io non ho mai provato per nessuna di loro quello che sento per te. E se mi chiedessero chi è l’unica ragazza che voglio accanto, sei tu. Per la prima volta in tutta la mia vita posso dire che amo davvero qualcuno. Ti amo Follemente Anch’io Bianca!» Le sorrisi e ci baciammo di nuovo. * Il lunedì mattina andai a prendere la mia ragazza a casa. Arrivati al parcheggio della scuola scendemmo io, lei e mio fratello dietro di noi. Indossavo dei pantaloni di Jeans e una maglietta della Monster a maniche corte di colore nero, avevo anche degli occhiali da sole neri. Lei indossava un pantalone rosso e una maglietta bianca con dei brillantini d'argento. Le presi la mano e iniziammo a camminare, aprimmo la porta della scuola: tutti iniziarono a fissarci, chi stava cercando qualcosa nell’armadietto si girò verso di noi senza neanche richiuderlo, sollevai gli occhiali sulla testa continuando a camminare per mano a Bianca quando ad un tratto sentii un tonfo dietro di noi, i ragazzi intorno a noi iniziarono a ridere così mi girai. Vidi mio fratello chinato a terra che raccoglieva i libri che gli erano caduti, io e Bianca ci chinammo per aiutarlo a sistemarsi poi lo aiutammo ad alzarsi. Mi girai verso i ragazzi che ridevano di più degli altri e li guardai malissimo, loro terrorizzati si dileguarono. Accompagnammo mio fratello fino alla sua aula poi io e Bianca ci dividemmo dopo esserci baciati, fu meraviglioso come la prima volta. Quando entrai in classe tutti si ammutolirono e mi guardarono, mi sedetti accanto a Sergei senza aprire bocca. «Da quando mi nascondi la tua vita sentimentale?» Chiese il mio amico ad alta voce, mi misi a ridere poi gli risposi: «Non urlarlo ai quattro venti. È successo ieri sera e non ho avuto tempo di avvisarti» lui inarcò le sopracciglia e commentò: «Interessante direi..baci un dono della natura come Bianca e non hai tempo di avvisare il tuo adorato migliore amico? Giuro Matt, non ho parole!» In quel momento entrò la Prof.ssa Yellow, era una giovane donna, all’epoca aveva una trentina d’anni e anche lei aveva una cotta per me. Si fermò alla cattedra e mi guardò per qualche secondo per poi dire: «Buongiorno Ragazzi!» Insegnava biologia, una materia che mi piaceva molto ma viste le circostanze mi era venuta a noia. Erika si alzò in piedi e urlò: «Matt si è messo con Bianca, non è più sigle» poi si risedette. Nella classe iniziò a sentirsi un bisbigliò di voci, rimbombavano come se fossimo stati in una grotta. La prof.ssa mi guardò intensamente senza fermare tutto quel chiacchiericcio. Non sapevo cosa fare, non osavo né muovermi né fiatare. «D’accordo ragazzi, adesso finiamola. Oggi devo spiegarvi come sono formati gli organi interni di una ranocchia» disse la prof smettendo di guardarmi. Iniziammo ad ascoltare fino a che Sergei mi disse: «Le femmine della scuola sono tutte addolorate, professoressa compresa» mi girai e vidi le compagne di classe dall'aria triste e sconsolata. Sapevo alla perfezione quale era il loro problema, adesso che non ero più sigle, non avrebbero più potuto fare come prima, insomma non potevano più venire a pomiciare con me quando ne avevano voglia perché sapevano che le avrei mandate via a calci. A ricreazione andai dalla mia splendida bellezza e poi insieme andammo da mio fratello, ma lui non era come sempre sulla porta ad aspettarmi. Mi fermai inarcando le sopracciglia: «Che c’è?» Mi chiese Bianca. «È strano, mio fratello di solito mi aspetta fuori dalla classe» dissi lasciandole la mano per entrare nella stanza, c’erano tutti i ragazzi, ma di mio fratello non c’era traccia. Non sapevo che cosa fare, ero terrorizzato, sentivo le gambe che mi tremavano. Anita mi si avvicinò e mi disse: «Se cerchi quello sfigato di tuo fratello è stato portato via da Renato» la guardai perplesso, cosa significava che questo Renato lo aveva portato via? Dopo poco un ragazzo che aveva una coda di cavallo entrò nell’aula e Anita gli disse: «Renato, Matt si chiedeva dove hai lasciato Nolan.» Io incrociai le braccia e lo guardai esigendo una risposta, lui fece un sorrisetto e mi disse: «L’ho picchiato un po’, adesso è chiuso nello sgabuzzino della palestra.» Sbarrai gli occhi e sfrecciai verso la palestra, passai davanti a Bianca la presi per mano e la trascinai con me. Arrivato davanti alla porta dello sgabuzzino iniziai a bussare con forza, sentii la voce di Nolan singhiozzante: «Basta..lasciatemi in pace!» «Fratellino, sono io!» Lui non rispose così gli dissi: «Ascoltami, allontanati dalla porta che la sfondo» con un calcio la buttai giù e lui uscì di corsa venendomi ad abbracciare. Nolan Quella domenica Matt mi svegliò dicendomi che erano le undici e mezzo di mattina e che avrei dovuto alzarmi subito. Mi girava la testa e stavo morendo di freddo e questo poteva essere dovuto soltanto a due cose o avevo ancora sonno oppure mi stava vendendo la febbre. «Non voglio alzarmi » gli dissi girandomi dall’altra parte, lui si sedette accanto a me, mi dette un bacio sulla fronte e subito dopo disse: «Oh no..credo che tu abbia la febbre!» Si alzò dal mio letto e correndo uscì da camera nostra. Rimasi raggomitolato sotto le coperte calde, ma continuavo a gelare. Dopo pochi minuti mio fratello tornò con il termometro per misurarmela. Aspettammo i cinque minuti poi me lo tolse. Chiuse gli occhi facendo un sospiro, questo indicava che, per mia sfortuna l’avevo davvero. «A quanto ce l’ho?» Gli domandai ad occhi chiusi. «38 e mezzo. Vuoi la tachipirina?» Domandò con un sorrisetto sulla faccia, sapeva benissimo quale sarebbe stata la mia risposta visto che odio il sapore di tutte le medicine ed ogni volta che qualcuno mi chiede se ne voglio una io rispondo sempre: «No! Non la voglio» lui si mise a ridere. Dopo qualche ora sentii la voce della mamma che mi chiamava, appena vide che stavo aprendo gli occhi mi disse: «Piccolo come stai?» La guardai mentre si sedeva sul bordo del letto e intanto con lo sguardo ero alla ricerca di mio fratello: «Sto congelando e mi gira tutto anche se sono a letto. Voglio Matt, dov’è?» Mamma fece un sospiro profondo, mi toccò la fronte e rispose: «Bianca lo ha chiamato, voleva sapere se poteva andare un po’ a casa sua, lui le ha detto che, visto tu stavi male, non voleva assettarsi da casa. Ma siccome lei voleva vederlo, è andato a prenderla per portarla qui, vedrai che adesso arrivano. Vado a prendere il termometro così ti misuro la febbre» Odiavo avere la febbre perché se mi alzavo la mia testa andava dove le pare e anche se stavo a letto continuavo a vedere tutto che girava. Poco dopo tornò mia mamma che mi mise il termometro sotto il braccio ovviamente per cinque minuti. Quando me lo tolse disse: «Certo che quando ti viene la febbre ti viene bene, ce l’hai a 39 e mezzo. Devo darti la tachipirina, lo sai si?» La guardai già terrorizzato all’idea, non volevo inghiottire nessun tipo di medicina, così scossi la testa. «Di a Matt di farmi la puntura con lo sciroppo dentro» le risposi, ogni volta che ero ammalato volevo che fosse solo mio fratello a farmi le punture per farmele prendere, perché io avrei vomitato ogni tipo di medicina. Mia madre mi fece un cenno affermativo con la testa. Poco dopo arrivò il mio bellissimo fratellone in compagnia della sua ragazza. «Mamma ti ha preparato la puntura, te la faccio?» Mi disse sedendosi vicino a me acconsentii, lui mi alzò la manica e mi infilò l’ago. Sentii un breve pizzico, poi lui mi disinfettò il braccio e uscì per lasciarmi riposare. Mi svegliai nel cuore della notte perché dovevo andare in bagno. Mi alzai sentendo un dolore penetrante alla testa che mi impediva di stare in piedi, cercando di tenermi agli oggetti in torno a me riuscii ad arrivarci. Al ritorno, entrando in camera, andai a sbattere contro il sacco di Matt e caddi faccia in terra. Matt, che sicuramente aveva sentito il tonfo accese la lucina piccola dicendo: «Fratellino, che diamine fai?» Si alzò vendendo da me, mi dette una mano a rialzarmi e mi riportò a letto. Ma l’ho già detto che è il mio eroe? La febbre mi era passata dopo circa quattro giorni e in quel momento me ne stavo seduto su una panchina mentre ascoltavo “Ricordati di me” di Venditti, ad un tratto una bambina inciampò davanti a me, ma si rialzò subito. Era molto carina aveva dei capelli neri lisci come la seta, sui capelli portava un cerchietto rosso con un fiore e indossava un vestitino bianco con le rose rosse e ai piedi delle ballerine argentate. Mi sorrise e si sedette vicino a me dicendo: «Mio zio dice sempre che sono una patata perché casco sempre in terra» io mi misi a ridere per la sua ingenua frase poi lei continuò: «Io sono Asha e tu come ti chiami?» «Sono Nolan» le risposi dolce, ad un tratto una ragazza che doveva avere quasi la mia età si avvicinò in modo arrogante alla bambina e la prese di forza: «Asha, ti ho detto un milione di volte che devi lasciare in pace le persone, forza andiamo. Scusa mia figlia.» Era molto bella, sentivo il cuore battere mentre mi parlava. Aveva dei capelli lunghi lisci, di colore rosso forte e degli occhi neri, era davvero splendida. «Io sono Katrine, è un piacere conoscerti» disse diventando improvvisamente dolce «Grazie, vale anche per me» e iniziai a sentire le farfalle nello stomaco e parlammo per un po’. L’indomani a scuola avevamo deciso che durante l’ora di ginnastica saremmo andati in piscina. Mentre insieme alla prof ci si muoveva nell’acqua si avvicinò a me Leonardo, che chiamò subito Anita per farla venire lì. Lei sorridente lo baciò a stampo e disse: «Che cosa vuoi fargli, tesoro?» Lui guardò la piscina mise la mano a pugno e dette un colpo forte sull’acqua facendo un mega schizzo. «Dimmi Nolan, sai andare sott’acqua?» Mi chiese lui, incrociando le braccia davanti al petto. «Si» risposi titubante, lui guardò la sua fidanzata e fece un ghigno maligno poi disse: «Amore aiutami, voglio affogarlo.» Lei annuì senza esitare. Leonardo si mise davanti a me e mi posò le mani sulla testa mentre Anita si mise dietro per spingermi dalle spalle, in meno di un secondo mi ritrovai sott’acqua, per qualche attimo resistetti, presto però iniziò a mancarmi il respiro, iniziai a divincolarmi per cercare di liberarmi dalle loro prese possenti ma non ci riuscii, provai a respirare con la bocca e poi con il naso ma bevevo acqua ed era peggio, sentivo il mio corpo indebolirsi, sapevo che da un momento all’altro avrei perso i sensi...iniziai a vedere il volto di mio fratello mentre boxava contro il suo sacco o mentre era sul ring a disintegrare l’avversario, mi sentivo mancare quando sentii due mani che mi presero dai fianchi e mi portarono in superficie, facendomi finalmente riprendere aria. Mi guardai intorno con la mente distrutta e con il cuore che batteva per la paura. Katrine mi guardò, mi prese entrambe le mani e mi disse: «Nolan? Stai bene?» Annuii senza riuscire a spiccicare parola. Lei mi diede una mano per uscire dall’acqua, sentivo le risate dei miei compagni ma mi concentrai sul sedere di Katrine, mentre saliva i gradini per uscire e mi dimenticai di tutto il resto. «Cosa ci fai qui?» Le domandai una volta seduto sul bordo della vasca. «Io sono l'addetta all'ordine della piscina. Lavoro per mantenere Asha. perché come sai la sto crescendo insieme a mio fratello. La mia bambina è nata dopo aver subito uno stupro.» All’inizio mi era sembrata molto scontrosa mentre ora mi sembrava sempre più dolce. «Sì. Ho capito, grazie per avermi aiutato» dissi abbassando lo sguardo «È stato il minimo, piuttosto come mai ti hanno quasi affogato?» Domandò sedendosi accanto a me, non sapevo se raccontarle tutti i problemi che avevo con i miei compagni oppure non dirle niente. Restai in silenzio senza riuscire a parlare con una sconosciuta nonostante mi facesse smuovere ogni particella del corpo. Davanti al mio silenzio lei si alzò e si allontanò senza più rivolgermi parola. Mi resi conto che forse ero stato un po’ sciocco a non risponderle però mi sembrava assurdo angosciarla con tutti i miei problemi. «Piccolo Stupidello, adesso ti fai difendere dalle ragazze?» Mi chiese ironico Renato dandomi un colpetto sul capo. «Mi stavano...affogando, non potevo liberarmi da solo» risposi con la voce sommessa. «Io mi sarei liberato, sfigato!» Disse andandosene subito dopo. La cosa che mi faceva arrabbiare di più degli episodi di bullismo che avevo subito quando la Mecenati era presente, era che lei non interveniva mai per aiutarmi, come se fosse d’accordo con i miei compagni, come se non le interessasse quello che mi facevano, come se fosse indifferente a tutto. Personalmente pensavo che un'insegnante avesse il dovere di comportarsi in modo diverso. * Era mercoledì pomeriggio. Ero ai giardinetti insieme ad Asha e Katrine. La bambina stava giocando mentre io e la mamma si stava chiacchierando. «Oggi sei molto carino, sai?» Mi disse lei mettendosi i capelli dietro all’orecchio, in quel momento mi fu un po’ più chiaro il perché di quello stupro sempre se lo era stato davvero, insomma si faceva desiderare. «Grazie. Anche tu sei carina» le risposi io. Lei si avvicinò lentamente alle mie labbra, ma io sentivo che non ero pronto perché non avevo mai baciato nessuna. Mi mise una mano sulla guancia ed io iniziai a respirare affannosamente, cominciai a sentire gli occhi inumidirsi e più lei si avvicinava, più sentivo il cuore battere un miglio al minuto. Le nostre labbra si sfiorarono, chiusi gli occhi quando iniziarono a toccarsi sul serio. Sentivo il suo fiato dentro la mia bocca ma non mi piaceva, era una sensazione che mi metteva ansia. Quando smise di baciarmi mi prese per mano, andammo a prendere sua figlia e iniziammo tutti e tre a camminare. * Ormai era quasi un mese che stavo con Katrine. Stavamo bene ed eravamo felici. Fra un po’ sarebbe finita la scuola e avrei iniziato una nuova estate insieme alle mie due donne. Mentre stavo andando a scuola sentii una voce femminile chiamarmi: «Nolan, è una vita che non ci si sente come stai?» Mi chiese Sakura mettendosi davanti a me. «Ciao. Io sto benone. Tu? È vero è tantissimo che non ci vediamo.» «Sto bene. Senti, visto che è così tanto che non ci frequentiamo, che cosa ne dici di venire a casa mia dopo scuola?» Rimasi immobile per un po’. Sakura era una ragazza bellissima, aveva quei capelli biondi e quegli azzurri che avrebbero fatto invidia a chiunque e quelle tette fantastiche che si intravedevano dalla maglietta un po' scollata mi facevano impazzire ogni volta che le guardavo, mi morsi il labbro per smettere di guadarla e risponderle: «Si, d’accordo.» Nel pomeriggio eravamo seduti sulle poltrone puff e stavamo parlando. «Nel mese di Maggio, quando siamo stati senza sentirci ho incontrato una bambina. Poco tempo dopo io e sua mamma ci siamo messi insieme» iniziai a raccontarle quello che era successo con Katrine, vidi un velo di tristezza nei suoi occhi mentre mi guardava, ma poi fece un sorriso e mi disse: «Sono davvero contenta che tu sia finalmente felice!» Dopo la mia frase rimase in silenzio per un po’. Era scalza e si guardava le unghie dei piedi, iniziò a toccarsi il pollice, Sakura era molto spiritosa e quando si metteva di impegno faceva davvero ridere, e disse: «Quest’unghia sembra una banana..sto seriamente pensando di mangiarmela» cominciai a ridere ma così tanto che iniziai a lacrimare, avevo la vista offuscata e non vedevo bene, quando alzai la testa sentii il suo fiato caldo sul viso, eravamo talmente vicini che potevo sentire il battito del suo cuore, sentivo che stavo arrossendo e vedevo i suoi magnifici occhi azzurri lucidi che mi fissavano con una certa ingenuità. Le nostre labbra si stavano per sfiorare quando sua madre aprì la porta dicendo: «Ragazzi, ho fatto un dolce al cioccolato, ne volete un pezzo?» mi allontanai subito da Sakura e rispondemmo di si.
  
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