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Autore: Madamedil    01/09/2019    1 recensioni
Otto mesi dopo le finali del 22nd Chojin Championship, le vite dei due più grandi combattenti della galassia non potevano essere più dissimili. La vittoria di uno e la sconfitta dell'altro avevano irrimediabilmente segnato il loro destino. Ma le sacre Parche, tessitrici delle vite degli uomini, faranno si che nella trama della stoffa si uniscano due fili che andranno a comporre un inaspettato ricamo (forse….).
Genere: Azione, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kevin Mask, Kid Muscle
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Kevin's P.O.V

Se soffrissi di astrofobia? No, non credo, ma le alte stelle perse nell'infinita oscurità dell'universo, e la notte perenne del Pianeta Kinniku, andavano a ribadire l'inezia e lo smarrimento delle umane genti rispetto al cosmo. 

Mi facevano pensare a come ci affanniamo a primeggiare, lucrare, a cercare di trionfare sul mondo  in un’invincibile competizione  di maestosità.

In quest’ottica, vivere era  inutile, perché qualsiasi cosa l'uomo facesse, egli rimaneva sempre un impercettibile frammento  dell’eternità.

Dunque , quello scenario era di certo pernicioso per la mia megalomania e  la mia competitività, e per questo motivo Kid Muscle e suo padre, avrebbero fatto meglio a sbrigarsi a salire quegli ottantacinquemila gradini, se non volevano che me ne andassi, o che la folla dei loro sudditi  si trasformasse da protestanti  in guerriglia. 

L'attesa non era mai stato il mio forte, specie quella in corridoi lugubri e polverosi, come quello del Palazzo del Consiglio dei Maggiori Saggi Kinniku.
Mio padre, seduto sullo scomodo faldistorio in legno intagliato di fronte a me, sbuffò controllando l'ora dal suo orologio da polso, poi incrociò le gambe e appoggiò un gomito sul manico della sedia, cercando una posizione comoda. 

Non aveva fatto commenti in merito alla mia scelta, avendo imparato a rispettarmi senza giudicare (spesso  mordendosi la lingua per non pronunciarsi ) ,ma un celato sorriso compiaciuto gli era scappato dalle labbra.


                                           -

Flash Back

Tra i tanti alimenti che mi erano stati proibiti in ospedale, tra questi (per fortuna) non mancava la cara bevanda britannica, che allo stabilito orario non mancai di sorseggiare. 

Avevo il busto eretto poggiato sui cuscini messi in verticale, e non avendo da un po' il cellulare a portata di mano, la mia attività preferita, pur se illecita, era diventata lo scrutare la vita oltre lo spigolo della finestra. 

Bambini giocare con le macchinine mentre le madri erano intente ai lavori domestici, un'anziana e sua nipote intente al ricamo, un uomo che sempre alla stessa ora poggiando le braccia alla ringhiera fumava un sigaro, erano gli attori di quello spettacolo di vita quotidiana che mi si parava dinanzi. 

Così, perso in quell’osservazione, sorseggiai il mio Darjeeling, per poi poggiare la tazza sul piattino finemente dipinto a motivi nipponici. 

-Ehi Kevin!- sentii improvvisamente urlarmi sul collo.

-Porca troia!- imprecai sonoramente, sobbalzando dalla paura e sbiancando le dita attorno al collo di quel visitatore non identificato, mentre la tazzina si infrangeva rumorosamente al suolo. 

Incrociai due spaventati occhi cerulei e un grugno suino facilmente riconoscibile. Il dolore per lo slancio improvviso mi fece perdere la forza nella mano che si staccò dal collo ricadendo sul lenzuolo insieme al mio corpo ancora debole. 

Sospirai, e chiusi gli occhi per un attimo, mentre il mio visitatore si toccava i segni rossi che gli avevo lasciato sul collo massaggiandolo. 

-Maledetto Kinniku… non ti hanno insegnato a bussare! E poi che cosa ci fai qui?- dissi guardandolo stupito e arcigno. Come avevo fatto a non sentirlo entrare?

Ma soprattutto, cosa voleva da me quel…ragazzino. Oramai era da un po' che lo consideravano tale, non riuscendo a vedere altro in lui.  

-Beh…- cominciò imbarazzato ma sorridente torcendosi le mani e sedendosi, nonostante la mia poco gentile accoglienza -Volevo vedere come stavi…tutto qui!- disse semplicemente, senza convincermi. C'era qualcos'altro, di sicuro, glielo si leggeva in viso.

 Aggrottai le sopracciglia e lo guardai dritto negli occhi, ma egli imbarazzato distolse lo sguardo. 

-È stato difficile entrare qui senza tuo padre- constatò, cercando di cambiare discorso. -Sono stato qui un giorno intero aspettando che se ne andasse- infatti , solo dopo aver fatto leva sul suo senso del decoro e della decenza, assicurandolo delle mie condizioni in netto miglioramento, ero riuscito a convincerlo ad andare in albergo a riposare e a darsi una sistemata.

Mantaro aveva aspettato fuori nel corridoio che egli uscisse per vedermi, da solo. Un gesto garbato quello di venirmi a trovare, ma non del tutto gradito.

Certo, gli ero grato per avermi donato il suo sangue, per il tifo, segno di amicizia, ma non so se ero pronto ad avercelo fra i piedi, specie in un momento di tale intimità, come quello della convalescenza.

-Poi…- “Quando un Kinniku viene a far visita, non è mai di pura cortesia, cerca di tenerlo a mente Kevin", ripetei tra me e me. Mi era sembrata strana quella visita così invogliata e caparbiamente attesa. Gettai gli occhi al cielo, ma quel mio atteggiamento disturbato mise Mantaro, che chinò il capo, ancora più in difficoltà. 

-Dimmi cosa vuoi, e poi vattene.- ripresi con tono freddo e deciso. Avevo ancora un dolore lancinante, e non riuscivo a sopportare anche Kid Muscle in panico, che mi teneva sulle spine. 

-Ho bisogno di un compagno forte con il quale lottare contro mille avversità… di un amico sincero, con il quale condividere i miei dolori… ho bisogno che tu mi aiuti a diventare un Re!- disse d'un fiato con voce rotta offuscata da un pianto impellente.

Cercai di ribattere, volendo fargli presente che un rapporto del genere tra noi due non aveva molte speranze di vita , ma non appena aprii bocca, egli aggiunse, prima di lasciarsi sopraffare dalle sue emozioni -Ti prego, Kevin. Sei la mia unica speranza!- 

Tutte quelle parole insieme, cominciarono a vorticarmi nella testa. Chiusi gli occhi, e mi passai una mano tra i capelli concentrandomi… Mantaro Kinniku mi aveva appena chiesto di diventare il suo compagno di squadra, e di aiutarlo nella sua risalita al potere, ben sapendo che i suoi amichetti del cuore non sarebbero mai stati all'altezza di quel ruolo. E questo era il pelo d'acqua della questione, perché il vero fondo, era che Kid Muscle mi stava chiedendo di mettere a repentaglio: la mia carriera, il mio ruolo di Capitano (che avrei perso nel caso in cui fossi stato sconfitto prima dell'investitura ufficiale ) e, sicuramente, la mia stessa vita, in chissà quale Massima Sfida Kinniku, o incontro all'ultimo sangue con mostri della peggior specie.

Lo fissai con faccia contrariata, mi sentivo in una posizione di difficoltà. Egoisticamente non volevo mettere a repentaglio la mia vita per lui, il mio rivale numero uno.

-Ti prego- supplicò tirando su col naso e giungendo le mani in preghiera – Farò qualsiasi cosa per sdebitarmi- supplicò, asciugandosi le calde lacrime che mi bagnarono la mano.

Egli risollevò la testa, e ancora una volta incrociammo i nostri sguardi, il suo della consistenza del cielo, il mio della profondità del mare… cielo e mare che si unirono in un astratto percepibile orizzonte nel quale, ancora una volta rividi le paure e le difficoltà del mio passato, la solitudine e la voglia di riscossa. 

E navigando nei miei pensieri, rincontrai il cartografo che mi aveva disegnato la via verso la vittoria: Warsman, senza il quale, non avrei mai raggiunto la vetta su cui ero ora. 

Arrivai a una consapevolezza: non sempre da soli, riusciamo a vincere i nostri demoni. Il “lavoro di squadra”,  un karma che mi si ripresentava sempre più spesso, il tassello mancante, e che avevo sempre ritenuto inutile, del mosaico della mia esistenza. 

L'idea di aiutare Kid Muscle allora, poteva rivelarsi un'esperienza formativa per me, un qualcosa che potesse rafforzarmi. E poi sentivo che se non lo avessi affiancato me ne sarei pentito amaramente,  perché sarei venuto meno a un dovere di Capitano (che doveva aiutare i propri compagni), e in qualche modo avrei tradito quel giovane  me stesso, che rivedevo nel principe Kinniku…

Cavolo, lo stavo facendo davvero, e addirittura da sobrio.

-Qualsiasi cosa dici?- risposi ironico.

Lui sussultò alla mia risposta quasi divertita e inaspettata,  immaginando a una  reazione da parte mia, ancora più violenta delle precedenti. Kid scosse energicamente il capo in segno di assenso.

Sorrisi. – E allora prendimi le sigarette che stanno su quel tavolo, che non resisto più…- e il suo volto s’illuminò di un’aria  radiosa.



                                    -

“Ottantaquattromilanovecentoventise, Ottantaquattromilanovecentoventisette, Ottantaquattromilanovecentoventinove…” 

Contare i gradini, non gli avrebbe rimesso energia in corpo o contrastato il dolore pungente come quello di mille spilli che sentiva alle gambe , né aggiunto più forza di quanto l'Ultimate Muscle gli avesse predisposto geneticamente. Men che meno lo avrebbe teletrasportato alla Sala del Consiglio, ma lo avrebbe se non altro distratto dal pensiero  di quella che sarebbe stata l'impietosa sentenza degli Anziani Kinniku.

Era angosciato già prima di entrare. Non temeva le loro critiche, a quelle oramai ci aveva fatto il callo, ma a un ulteriore umiliazione: il confronto.

Confronto con quel cavaliere di Riace, con quel San Michele Arcangelo privo di Grazia che era Kevin Mask ai suoi occhi. A quanto pare, caduto in un profondo complesso di inferiorità, ignorava l'indole irruenta e i patimenti interiori di cui il suo nuovo compagno di squadra non era sprovvisto, anzi, ne aveva di gran lunga molti più di lui.

C'era da dire però che in quel senso di millimetrica piccolezza, Mantaro aveva scovato: la consapevolezza che nella vita non tutto gli era dovuto, che l'essere servito e riverito era un privilegio riservato esclusivamente ai principi ,e paradossalmente, aveva appreso il sentimento della gratitudine, quella che mette radici eterne nella vita di un uomo, quella vera, che fino ad allora aveva provato fievolmente solo per Meat. 

-Forza figliolo!- lo incitò King, approfittando del tifo che faceva per il figlio, per incoraggiare anche sé stesso, giacché era rimasto una decina di gradini dietro al figlio, che spesso si era  arrestato per dargli il tempo di raggiungerlo. Gli anni c'erano e si sentivano, e tutto lo stress accumulato in quel periodo di certo non aveva giovato alla sua salute, e non riusciva neanche a invocare l’Ultimate Muscle, tanto si sentiva teso e preoccupato. Affannò e lo raggiunse. 

No, contare i gradini non serviva a nulla… E allora cosa spingeva i due reali a scalare quella montagna, pur sapendo che terminata quella ce ne sarebbe stata una ancora più elevata? 

La speranza, è naturale, unita a una minima parte di certezza  ( nel cuore del Re Kinniku) in un esito positivo.

Kevin Mask era il wrestler più forte del mondo, e nelle vene  di suo figlio scorreva sangue di guerriera stirpe reale…perché non auspicare? 

“Perché la sfida che il Consiglio proporrà, sarà molto di più di un semplice incontro…” pensò Suguro tenendo gli occhi fissi sul figlio e che aveva raggiunto finalmente l'ultimo piano.

Kevin Mask e suo padre, li stavano aspettando nei pressi della porta che li separava dal Consiglio.

 Robin, nel suo completo con casacca a alto colletto  ametista su camicia e pantalone blu, sulla quale ricadeva un candido mantello ( uniforme che simboleggiava il suo status e ruolo all'interno della casta Kinniku), li scrutava severamente  con gambe larghe e braccia conserte.

Alla sua destra, di simil austero contegno, il rampollo di Casa Mask spalleggiava il genitore, pur avendo optato per il suo outfit da combattimento (recidivamente sprovvisto di armatura),  comodo, e pronto per qualsiasi evenienza, aspettandosi di tutto da quel gruppo di cresta- muniti. Maestosi, alteri, facevano a pezzi i due Kinniku, vestiti di grigio, appena giunti, con i loro sguardi taglienti.

-Robin!- lo salutò King, affannando e mantenendosi all'uscio destro dell’ingresso, mentre suo figlio in ginocchio, aveva poggiato la testa sul sinistro. -Siamo arrivati insieme prima, come avete fatto a salire così velocemente?- stupendosi di vederli lì, freschi (mentre loro sgorgavano sudore anche dai posti più reconditi), seppur resi impazienti da una lunga attesa. E dire che era stato così preso dalle sue ansie e preoccupazioni da dimenticarsi dei due inglesi, tra cui vi era la persona senza la quale nulla sarebbe potuto nascere.

-Ma se c'è l'ascensore, King…- rispose seccato l'antico compagno facendo un ampio gesto con il braccio ,mentre Kevin scosse piano la testa, assistendo a un inizio fin troppo poco convincente…


                -
Le differenze tra i due chojin erano evidenti, non vi era nemmeno la necessità di dirlo. 

Alla cupa riservatezza dello sguardo basso di Kid, si contrapponeva la spavalda testa alta di Kevin Mask, per nulla intimidito da quel gruppo di anziani Kinniku, uno più bizzarro dell'altro, a partire dalla caricatura del maestro Joda, il Gran Cancelliere Minch, che seduto al centro della sala, ricambiava lo sguardo di sfida dell'inglese assottigliando gli occhietti scuri.

Kevin arrestò la sua avanzata, e si fermò nel punto preciso della Sala consentito dall’etichetta della famiglia reale del pianeta Muscolo, che appresa da bambino, teneva ben a mente , pur considerandola un’ inutile  quisquiglia. 

Il principe vedendo il proprio compagno fermarsi, ne seguì l'esempio ma tenendosi qualche passo indietro, quasi a voler usare il corpo di Kevin come scudo contro le occhiate arcigne e sfiduciate.

Kevin voltò la testa verso di lui, e posandogli una mano sulla schiena, lo invitò a mettersi di fianco a lui, cercando di trasmettergli la sicurezza necessaria per superare quel momento . 

Il giovane inglese poi, salutò cordialmente i Saggi con un mezzo inchino prima di assumere una posizione marziale a gambe larghe e mani dietro la schiena.

-Hm, bene bene…- iniziò Minch – Se sei qui Kid Muscle, è perché hai deciso finalmente di abbandonare il nido e spiccare il volo, piccolo cardellino.- 

-Cardellino…tsk, al massimo mio nipote può assomigliare a un bucero deforme!- contestò ripugnato il ruvido Sergent Muscle. 

Non che Kevin ci capisse qualcosa di ornitologia, ma l'esempio del piccolo alieno verde e la risposta affermativa di Kid, gli facevano intuire, pur rimanendo interdetto da quel modo di comunicare, che Kid, se avesse vinto quella sfida, sarebbe diventato un uomo.

-Sei consapevole, giovane Kid, che rispetto agli altri pretendenti al trono- cioè i rampolli dei grandi Clan del Pianeta Muscolo, lì rappresentati da quelle autorità – partirai da zero, affrontando la sopravvivenza sul pianeta Nubu-Ku e i combattimenti che dovrai sostenere senza timore o tentennamento?- recitò Minch serio rivolgendosi al Principe Kinniku, che prima di rispondere guardò per l'ennesima volta il suo nuovo compagno, cercando in lui fiducia e fortezza. 

Kevin Mask, al di sotto del suo elmo, si morse un labbro. Non si aspettava che dovessero affrontare anche le prove di sopravvivenza; come se gli incontri non lo fossero già di loro! Nonostante la preoccupazione, non si sarebbe tirato indietro, e nascose la sua tensione, per trasmettere al Principe, ciò di cui aveva bisogno in un momento così spinoso.

-Noi ci impegniamo- dissero i due contendenti in coro, come se oramai la questione si fosse trasformata nella meta comune della coppia, e in realtà lo era. 

Kevin metteva in gioco il proprio onore e la propria Carica; Kid, la sua unica e ultima possibilità di diventare Re.

Gli anziani li scrutarono da capo a piedi confabulando tra loro, per poi passare la propria decisione alle orecchie del Cancelliere che annunciò – Molto bene, il Consiglio è d'accordo a farti intraprendere questa sfida Kid Muscle, ma c'è un punto su cui la commissione non è unanime…-

-Cosa?!- rispose spaventato Kid Muscle, che a un passo dal salire quell'alto gradino, si sentì buttare giù, rotolando da tutte le scale.


                           --
Kevin's P.O.V 

Sembrava finita, sembrava che la questione si fosse risolta e che potevamo partire o cominciare ad allenarci fin da subito per lo meno…e invece.

“Maledetti, petulanti Kinniku,  maledetti oggi e sempre” pensai.

Cos’altro c'era da discutere? Sospirai piano, ma mantenni ugualmente la mia posa altera e voltai lo sguardo verso quella congregazione, le cui espressioni rivolte verso la mia persona, non promettevano lodi e felicitazioni.

-Che tu sia una caccola di nasica, Kid, questo lo sappiamo già- quelle metafore cominciavo a darmi la nausea, anche se bisognava ammettere che la conoscenza del mondo animale di Ataru Kinniku era veramente estesa – ma non possiamo, per legge, negarti la possibilità di rinascere dalle tue ceneri…- iniziò il Sergent, per poi essere succeduto da un altro membro, che indossava una grossa gorgiera bianca.

-Ma non possiamo non considerare colui che hai scelto come partner, sul quale nutriamo forti incertezze.-

Lo sguardo di Kid si smarrì nella Sala, mentre io invocavo il britannico self- control presente nel mio Dna, pur desideroso di riporlo, per andare a stringere la gorgiera di quel Kinniku intorno al suo grasso collo viscido.

Non solo ero lì, non solo gli stavo facendo a Kid uno dei favori più grandi della sua vita, mettendo a rischio la mia carriera, il mio onore , in chissà quale stramba peripezia, ma di punto in bianco, risultavo essere io il problema?

Feci uno sforzo enorme per non girarmi verso papà , ma lo sentii avanzare verso il centro della sala in cerca di spiegazioni, data quella svolta inaspettata . Almeno sapevo che lui non c’entrava nulla.

-Fermo dove sei Robin. – gli intimò calmo Minch – Non potete biasimare il Consiglio.- disse poggiando entrambe le manine verdastre sul bastone, mentre le gambe erano incrociate sul cuscino cremisi dello scranno. 

Il Sergent Muscle si alzò e riprese parola -Non possiamo fidarci di uno che ha rivelato i segreti della League a un D.M.P, e che è sguazzato nella loro stessa feccia fino a quando gli è convenuto!- sbraitò, mentre stringevo le dita dietro la schiena quasi a volermele spezzare. Odiavo essere rinfacciato i miei errori, soprattutto da chi non conosceva la mia vita. – Non può stare in mezzo a noi. Tuo figlio è un traditore, Robin! – 

Quelle parole, vomitate addosso per l'ennesima volta, mi scalfirono. Strinsi i denti per poi portare le braccia ai fianchi stringendo le palme. Feci per controbattere, volendo essere il più duro possibile, ma la voce di mio padre mi sovrastò, il quale aveva letto in quelle parole un attacco diretto specificamente a lui e alla famiglia.

-Meglio un figlio traditore, che un figlio morto…- rispose a denti stretti con rabbia, volendo sottolineare che un figlio, anche se peccatore, rimane inevitabilmente  carne delle tua carne. Quella frase spezzò la tensione accumulata, e come una scintilla con il gas, nella sala esplose un vocio rumoroso e urla in lingua Kinniku dirette alla mia persona, o sempre tra loro che non riuscii a comprendere, ma solo ad alimentare la mia rabbia crescente. Guardai mio padre, e il suo sguardo vermiglio mi prometteva protezione e forza, pur sapendo che anche senza di lui me la sarei cavata lo stesso.

Tre colpi della punta del bastone di Minch al pavimento, servirono a rimettere la Sala nell'ordine e nel silenzio originario.  Mi stupii di quanta autorità e potere avesse quel nanerottolo alieno.

-Ciò che dice Ataru Kinniku è vero- riprese pacato e freddo, poi mi scrutò sottecchi, prendendosi una lunga pausa – Ma io so che Kevin Mask, non è più lo stesso teppista che combattevamo qualche anno fa. Anzi, ne approfitto per congratularmi per la tua fortezza che ti ha permesso di essere dove sei ora, mio giovane cavaliere-

Dopo tutto quel trambusto, non mi aspettavo un elogio del genere. Ne fui fiero, quasi orgoglioso, ma non mi rilassai. Ringraziai rispettosamente, e il Cancelliere mi rispose con un gesto della mano.

-Nonostante ciò,- storsi il naso, e lo sfidai con lo sguardo aspettando la sua contumelia – il tuo “castello" è costruito sulla sabbia…-  di nuovo  con quelle metafore a causa delle quali non riuscivo a comprendere le vere problematiche. Kid dal canto suo, stava tremando come una foglia al vento di autunno (  mi stavo facendo prendere anche io dalle figure retoriche ), e questo mi faceva inquietare ancora di più. Lo guardai interrogativo allargando le braccia, senza rispondere ancora.

-Vale a dire Kevin Mask, che dietro il tuo vigore ci sono grandi fragilità. Dolori che ti porti da quando eri un fanciullo, mancanza di affetti, la perdita di tua madre e della guida che riponevi in Warsman, solitudine, collera cieca, disprezzo per le regole grevi…- alle sue parole, sentivo come se mi stesse mettendo a nudo davanti a tutti, e ciò mi fece infuriare. -Per di più, raramente ammetti davvero i tuoi errori…- lo stavo odiando con tutte le mie forze; Cancelliere o no, come osava spiattellare ai quattro venti i miei sentimenti più intimi, le mie debolezze, i miei punti più scoperti? Mi opposi con forza .

-Mi permetto di dissentire! Ora sono uno di voi, uno della Muscle League: ho vinto il Torneo, ho superato l'addestramento alla scuola meglio di chiunque altro , e per di più sono stato estremamente sportivo anche con chi con me non lo è stato per nulla- dissi con voce tagliente, riferendomi a tutto il mio percorso di “redenzione” fino ad allora. Minch mi ascoltava poggiando il mento sul bastone -E ora sono qui, per aiutare Kid! Per sostenere un mio compagno di squadra!- sottolineai quel punto.  Non erano queste prove sufficienti a dimostrare che ero una persona nuova, che mi sforzavo di accettare quel passato burrascoso nella mia nuova vita e fare in modo che si trasformasse in qualcosa di positivo. Sospirai con forza dopo quella mia arringa, e solo dopo averla sostenuta, capii di aver acceso molto i toni, trasformandola in un eruzione di violente giustificazioni che erano valse davvero a poco. Se c'era qualcosa che mio padre aveva inciso nel mio carattere, era che un uomo acquisiva valore dai fatti, non dalle parole. Mi sentii frustrato: allora tutto ciò che avevo compiuto fino allora non erano valso a nulla. La testa rotta sui libri del benedetto diritto intergalattico, l'impegno profuso nella Scuola di Ercole volto a battere tutti i record della storia dei Kinniku… tutto inutile?

Dopo un altro lungo e scomodo silenzio, Minch riprese parola bloccando qualsiasi ulteriore intervento da parte degli altri.

-Molto bene, giovane cavaliere. Sia come tu dici.- quel repentino cambiamento di opinione mi confuse, ma allo stesso tempo mi fece tirare un sospiro di sollievo, che non riuscii a terminare, (dannazione ! ) poichè la successiva gentile affermazione del Cancelliere fu come ricevere un fulmine sulla punta dell'elmo. -Ora, se non ti dispiace, mostraci la cicatrice che ti hai inferto Terry Kenyon-

… Cazzo se mi dispiaceva! Mormorai fra me e me, non riuscendo momentaneamente a reagire data l'assurdità di quella richiesta così… ho già detto assurda, vero? Ma poi che modi erano: far spogliare la gente in un luogo pubblico come se fosse una merce da contrattare. Quel giorno non smisi per un attimo di maledire la razza Kinniku…

Ah dannazione! Mi volta verso mio padre che si nascondeva esasperato e imbarazzato il viso con una mano scuotendo la testa, quasi non avendo il coraggio di assistere alla scena che gli si sarebbe parata dinanzi. 

-Qualcosa non va, Kevin Mask?-

-No, signore…nulla- mentii. Mandai giù la saliva e respirai profondamente, mentre le gote del mio viso, fortunatamente coperto dalla maschera, si infiammarono. Ciò che più mi preoccupa, non era il denudarmi dinanzi a quel gruppo di loschi individui, ma temevo la loro reazione da cultori dei mores nipponici e alleati secolari del Giappone, dopo aver contemplato la “grandissima inverecondia" ( no, con quel tatuaggio papà non si era morso la lingua e io, alla sua sfuriata, mi ero quasi divertito) che mi ero tatuato per coprire la cicatrice. 

Mi schiarii la voce. Non potevo tirarmi indietro: mi dovevo assumere  la responsabilità di ciò che sarebbe accaduto in seguito, tanto, peggio di così. 

Guardai Kid ancora un'altra volta, che da tempo non proferiva parola, intimidito dal contesto. La confusione tempestosa e l'ansia logorante del sul stato d'animo si percepivano a pelle.

Mi tolsi piano la t-shirt nera, mostrando la mia schiena nuda, semicoperta dai lunghi capelli biondi, da cui si intravedeva la grossa e minacciosa ragnatela che la copriva per intero. Essa agitò un’onda di indignazione su coloro che erano alle mie spalle. “Errare  humanum est, mai sentito, vecchi rimbambiti? Ma solo io ho studiato latino qui…” pensai.

Sul davanti si cominciavano invece a intravedere squame colorate e code di pesce che quasi…guizzavano fuori dai pantaloni.

Con una calma snervante, mi slacciai la cintura e se non avessi avuto la maschera avrei esposto in bella vista la risatina imbarazzata e insieme provocatoria che non voleva scomparire dal mio volto.

Errare era umano, ma perseverare…

Calai i pantaloni fino al basso ventre, mostrando quasi i peli pubici ,e subito saltarono agli occhi inorriditi del Consiglio, quella coppia di Carpe Koi tatuate da ambo i lati del mio ventre.

Sul lato opposto alla cicatrice mi ero tatuato una carpa nera con un fiore di loto sulla coda, in turbinio d'acqua, mentre “nuotava” verso la parte alta del mio corpo. Secondo la leggenda, la carpa koi era in grado di risalire le cascate del Fiume Giallo per diventare un dragone, e generalmente, assumeva il significato di perseveranza e di resistenza, la propria voglia di superare ostacoli apparentemente invalicabili. Una sintesi della mia vita direi, e in particolare la carpa nera era simbolo  di successo contro il dolore e le avversità, che nella mia vita, come aveva ricordato il caro Cancelliere, erano state molteplici.

Fino a questo nulla di strano, nulla di preoccupante, se la carpa nera non avesse avuto una gemella blu che nuotava, diciamo cosi… “verso il basso". 

Ed era quella che più aveva creato scandalo nella Sala, poiché la carpa blu, che copriva perfettamente la cicatrice  simboleggiava virilità e una “discreta" potenza sessuale…

Un ribellione? Un affronto? Un’ allusione alla brutta faccenda in cui ero stato coinvolto? Un’inflessibile  negare le mie colpe con un richiamo a quello che per Kenyon era stato il mio peccato fatale (cioè donare un orgasmo alla sua tipa)? Ovvio che sì. 

-Perché vi stupite tanto? Che c'è di male in quei pesciolini?- chiese ingenuo e stordito Kid. Ragazzino…proprio un ragazzino.

Gli anziani ignorarono la sua domanda, e ripresero a rimproverarmi, mentre da parte mia, non calò mai il nuovo sguardo di sfida che gli rivolgevo.

-Cancelliere! Cosa state aspettando a gettarlo fuori da qui!-

-E lui dovrebbe diventare il Capitano della League?-

-Almeno King Muscle aveva l'umiltà di ammettere la sua stupidità! Lui nemmeno questo-

Bla bla bla…

Sbuffai e cominciai a rivestirmi. Chiacchiere, null'altro che inutili chiacchiere. “Sai che c'è di nuovo…” pensai.

-Robin! Invece di riprendertelo sotto la tua ala avresti dovuto diseredarlo!- 

Basta così. -Vaffanculo…- mormorai, voltandomi indietro e incamminandomi deciso verso l’uscita. 

-Dove vai Kevin?- chiese Kid oramai disperato, soggiogato da quell’indicibile situazione. Ugualmente suo padre.

Le loro grida e i loro insulti divennero ovattati. Non li ascoltavo più, era inutile. Non ero arrivato fin lì per farmi insultare da un ospizio di alieni, ma per dare una mano a un…amico! Ma ora basta, il Kevin buono si era stufato. Fanculo tutto: Kid, la Corona, il ruolo di Capitano e tutta la Muscle League.

Ero a pochi metri dalla porta, quando venni però riscosso da una stretta all’avambraccio. Una morsa forte, tanto da sentire le ossa scricchiolare e gelarsi nella carne, mentre lo stemma dell'anello mi marchiava la carne.

-Fermo dove sei, ragazzo.- fu la voce tagliente di mio padre, che non aveva nessuna intenzione di allentare quella presa ferrea. Il suo era un ordine, secco, imprescindibile, come quelli di quando ero bambino…

Strinsi i denti, e con foga mi strattonai dalla stretta liberandomi. -Devo continuare a farmi insultare, padre? A far gettar fango sul mio nome? Sul mio onore e su quello della mia famiglia?- sibilai furioso allargando le braccia. 

-Stolto!- rispose iracondo. -Se te ne vai adesso, confermerai le loro accuse. Sii l’uomo che hai sempre dimostrato di essere, Kevin.- continuò cercando di riportarmi alla luce della ragione.

-Kevin!- ripeté cupo mio padre, nelle cui parole sentii un accenno di disperazione. Nonostante per me questo fosse doloroso, ancora di più lo sarebbe stato continuare a far calpestare la mia dignità.

-Giovane Cavaliere- la voce di Minch arrestò allo stesso momento il frastornante brusio del Consiglio e la mia avanzata. Voltai il capo verso l'omino verde, che si servì di un lungo silenzio per studiarmi da capo a piedi. Ci guardammo intensamente. In qualche modo sentivo che stava cercando di entrare in me, nella mia testa. Assottigliò lo sguardo e lo stesso feci anche io -Tu sei giovane, e impaziente. Sei un fuoco indomito, pronto ad alimentare le tue fiamme con un soffio di vento. – disse serio. Poi il suo tono si ammorbidì stupendomi e riconquistando la mia attenzione – Ma tu hai un cor gentile, giovane Cavaliere. – sentii papà stringermi la spalla con calore -E per me questo basta- strinsi i pugni. Che idiota ero stato, mi ero comportato come uno stupido.  La smania mi aveva fatto perdere di vista il mio vero io, e avevo adottato un comportamento decisamente immaturo.

I Saggi mormorarono ancora frasi di disprezzo, ma vennero presto zittiti da Minch.

-Silenzio, miei signori!- ammonì -La decisione è stata presa: Kevin Mask, tu accompagnerai con valore il principe Kinniku. – Kid rise gioioso correndomi incontro e abbracciandomi così stretto da farmi incrinare le costole.

Quel gesto così impetuoso, così familiare ,mi sconvolse, ma subito dopo un bocciolo di fastidio, fiorì il tepore di quel gesto puro, di affetto e gratitudine incondizionata. Gli carezzai la schiena, unico, ma sincero gesto che mi sentii di fare, e subito dopo si staccò per scrutarmi con due occhi  brillanti di lacrime. 

-Insieme al Principe, avrai modo di crescere e maturare- riprese il Gran Cancelliere alzandosi e sistemandosi la toga. -Cosicché tu possa diventare il miglior Capitano che la Muscle League abbia mai avuto, sotto il regno di un grandioso Sovrano.-


   
 
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