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Autore: Darlene_    01/09/2019    1 recensioni
Una raccolta di storie che analizzano i rapporti familiari dei personaggi più amati della serie, scritte per la #summerbingochallenge del gruppo Hurt/comfort fanfiction e fanart
Dal testo:
"Aveva anche aggiunto una parola che Cheryl, con i suoi dieci anni, proprio non aveva capito: lesbica"
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Cheryl Blossom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Storia scritta per il gruppo
Hurt Comfort - fanfiction e fanart
 
#Summerbingochallenge2019


FEBBRE




 
 
C’era stato un periodo, molto prima della morte di Jason Blossom, in cui FP Jones aveva deciso di diventare un buon padre. All’epoca Gladys era incinta di JB e Jug era un bimbetto che si apprestava ad iniziare le scuole elementari, perciò lui aveva deciso di cambiare stile di vita: smise di bere, trovò un lavoro rispettabile in un’officina e lasciò perdere le scorribande con i Serpents.
Una notte suo figlio si svegliò da un sonno popolato da incubi, con i capelli madidi di sudore e brividi che gli percorrevano la schiena. Come ogni bambino della sua età si diresse nella stanza dei genitori per trovare conforto.
FP era ancora sveglio e gli fece cenno di stare in silenzio per non destare Gladys, quindi lo seguì nella sua cameretta.
“Papà sto male!” Si lamentò con voce piagnucolosa Jughead.
“Dove ti fa male?”
“Dappertutto!” Esclamò un po’ indignato il piccolo (all’epoca era convinto che grandi dovessero sapere tutto senza bisogno di troppe spiegazioni).
FP gli tastò la fronte, constatando che molto probabilmente si trattava di influenza. Lo aiutò ad infilarsi nel letto, obbligandolo a tenere il termometro sotto l’ascella. Passarono pochi minuti, quindi Jug domandò: “Mi racconti una favola?”
L’uomo si passò una mano tra i capelli corvini, chiedendosi il motivo per cui i bambini non potessero trascorrere nemmeno un istante senza far niente. Provò a pensare ad un racconto, ma non gliene veniva in mente nessuno. Per fortuna il bip del termometro lo salvò da quell’arduo compito.
Quando lo estrasse dall’ascella sgranò gli occhi, preoccupato, il display segnava quaranta gradi. Corse in bagno a cercare dello sciroppo, sicuro che ce ne fosse ancora in casa, ma trovò solo una confezione di supposte di paracetamolo.
Tornò in camera pronto ad una lunga discussione con il figlio, quindi cercò di impostare un tono molto rilassato.
“Jughead hai la febbre molto alta e dobbiamo assolutamente abbassarla.”
Il piccolo non si scompose, ma dentro di lui qualcosa cominciò ad agitarsi: sapeva per esperienza che quando i grandi parlavano in quel modo c’era sempre un motivo per preoccuparsi.
“Purtroppo abbiamo finito lo sciroppo e, data l’ora tarda, ormai le farmacie sono chiuse, perciò…”
Ancor prima che FP finisse la frase il bambino si era messo a sedere, tirandosi le coperte sopra la testa e gridando: “No papà! Ti prego no, la supposta no! Non la voglio!”
“Jug.” Lo redarguì FP depositando il blister sul letto e sedendosi accanto a quella palla di coperte urlante. Sapeva che sarebbe stato difficile, ma non aveva nemmeno cominciato, dannazione!
“So che non ti piacciono, eppure se non mettiamo la supposta tra poco starai peggio e dovremo andare in ospedale. Ti assicuro che i dottori saranno molto meno delicati di me.”
Gli scostò il piumone dal viso, arrossato dalla malattia e dalla rabbia. Il bambino sollevò gli occhi sul suo carnefice: non aveva scampo.
“Mi prometti che non mi farai male?”
L’uomo sorrise, ringraziando mentalmente che suo figlio fosse così ragionevole.
“Te lo giuro, non sentirai nulla.”
Finalmente Jug allontanò da sé le coperte, restando solo con il pigiama addosso. Il padre gli tolse delicatamente pantaloni e slip, quindi provò a girarlo.
Veloce come una lepre il bambino artigliò il coprimaterasso, cominciando ad agitarsi.
“No, non voglio! Lasciami stare!”
FP gli staccò le dita dal tessuto, incurante dei calci che gli colpivano il petto. Prese il figlio dalle spalle, costringendolo a ruotare su se stesso.
“Jughead lamentarsi non serve a nulla.” Ormai il suo tono non era più amichevole, ma autoritario e fermo. “Prova a rilassarti e stai fermo!”
Per sicurezza gli posò un avambraccio sulla schiena per evitare movimenti repentini. Cercò di aprire il blister con una sola mano e la supposta cadde sul lenzuolo. Scostò le natiche e provò ad inserirvi il medicinale, ma Jug era troppo teso e la supposta faticava ad entrare, provocando una serie di lamenti.
FP contò fino a dieci, quindi a venti, cercando di mantenere la calma: la pazienza non era mai stata una sua dote. Avrebbe voluto spingere con forza per mettere fine a quel supplizio, ma non aveva intenzione di essere brutale. Per fortuna gli venne in mente un’idea brillante. Corse in camera da letto (stranamente Gladys dormiva ancora) e prese la confezione di lubrificante. Tornò al capezzale del figlio e cosparse il bianco nemico con quel liquido oleoso.
“Un ultimo sforzo, Jug, e abbiamo finito.” Non ottenne risposta e forse fu meglio così.
Scostò nuovamente le natiche e vi infilò la supposta senza troppa fatica. Si assicurò che fosse entrata bene ed emise un sospiro di sollievo: ce l’aveva fatta!
Jughead mormorò qualcosa di incomprensibile: la febbre si era alzata e probabilmente non si rendeva conto di cosa stava accadendo. FP lo rivestì ed immerse una pezza nell’acqua ghiacciata, quindi gliela pose sulla fronte rovente. Prese una sedia dalla stretta cucina e restò accanto al suo bambino per tutta la notte.







Ciao a tutti! Eccomi qui con un altro capitolo di questa raccolta. In questo caso si tratta di una storia senza un vero e proprio senso, ma solo con una valanga di h/c. Spero che vi siate divertiti a leggerla almeno tanto quanto io mi sono divertita a scriverla. 
Vorrei ringraziare Gin per le sue preziose recensioni, chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e tutti i lettori silenziosi!
  
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