Sehun avanza
verso il tavolo 22, pronto a portar via gli ultimi piatti vuoti.
“I
signori
hanno gradito la cena?” domanda con garbo.
“Molto.
Era
tutto eccellente” commenta uno dei commensali mentre si
tampona la bocca con il
tovagliolo. “Ci porti il conto, per cortesia, e faccia i
complimenti allo
chef”.
“Senza
dubbio” replica il cameriere terminando di sparecchiare, con
un sorriso sghembo
e furbetto.
Entrato in
cucina, affida le stoviglie sporche al lavapiatti e si piazza a gambe
larghe
davanti alla postazione di Jongin, lo chef del ristorante.
“Hai
un’altra comanda?” solleva lo sguardo
quest’ultimo, intento a guarnire un
dessert prima di mandarlo in sala.
Sehun si
concede un profondo respiro per prendere coraggio.
“No”, risponde infine, “ma
tu sei il più grande tocco di figo che abbia mai visto in
tutta la mia vita”.
Gira i
tacchi e se ne va, portando con sé la sua immensa faccia da
broccolo di
bronzo.
Il
lavapiatti, un ragazzino timido di nome Taemin, scoppia a ridere e
tenta
malamente di nasconderlo. Jongin, dal canto suo, si gira a guardarlo
con
espressione basita e il volto di un bel color melanzana.
“Ma
che
cazzo-?”
“Che
occhi
grandi che hai” si ritrova a sussurrare Joonmyun, rapito,
accarezzando il viso
del ragazzo con cui sta uscendo da poco e che già gli piace
un casino. Ha un
tocco gentile, cauto; teme di spaventarlo mostrandosi troppo baldanzoso.
Kyungsoo fa
le fusa come un gatto, un morbido sorriso gli illumina lo sguardo. Il
ciuffo di
capelli che gli pende sulla fronte è setoso come il manto di
un ermellino. “Grazie”
mormora.
E poi,
prendendo la mano libera di Joonmyun tra le sue e piazzandosela sul
cavallo dei
pantaloni: “Ma gli occhi non sono l’unica cosa
grande che ho” rivela, con una
voce che indurrebbe in tentazione anche un monaco trappista.
Oh
bè, pensa
Joonmyun. La cautela è sempre stata sopravvalutata.
È tra
lenzuola che profumano di sapone, pulito e un tocco di cedro che Zitao
decide
di sganciare le munizioni pesanti.
“Voglio
scoparti fino a che non rimani incinto” annuncia gravemente,
accasciato sul
corpo sotto di sé, le dita che serrano due braccia maschili
e muscolose che la
sua lingua conosce bene.
“Ma
è
impossibile” scoppia a ridere Jongdae, tentando senza
convinzione di liberarsi
dalla presa.
Zitao
desidera con tutto il cuore dei bambini con gli stessi zigomi, la bocca
piegata
all’insù e gli occhi splendenti del compagno.
Perciò: “Mi hai sentito” lo
avvisa prima di chinarsi sul suo pomo d’Adamo.
“Oddio”
esala Jongdae.
È
l’ultima
frase sensata che riesce a pronunciare per diverso tempo.
Chanyeol
all’inizio
pensa che si tratti di uno scherzo. Una candid camera, forse. O una
scommessa
tra amici. Gli sembra l’ipotesi più probabile. Con
quale altro scopo,
altrimenti, un tizio bellissimo, altissimo e ed elegantissimo si
starebbe
sbracciando per attirare la sua attenzione?
“Ehi,
tu!
Scusi, signora- tu, il ragazzo alto con la felpa di Tommy
Hilfiger!” lo sente
chiamare, e lo osserva farsi strada tra la ressa di gente in attesa di
salire
sul vagone.
Non ci sono
dubbi, ce l’ha proprio con Chanyeol: è
l’unico uomo abbastanza alto e con una
felpa che corrisponde a quella descrizione. Che cavolo vuole da lui?
Non vorrà
accusarlo di averlo palpeggiato durante il tragitto in metropolitana,
vero? Non
erano neppure vicini!
In parte
indeciso e in parte curioso di scoprire dove il tizio voglia andare a
parare,
Chanyeol si ferma di fronte alle scale mobili prese d’assalto
da studenti e
impiegati. Il bel sconosciuto lo raggiunge in tutta fretta, il fiato un
po’
corto.
“Grazie
a
dio ti sei fermato, pensavo non mi avessi sentito” esclama.
Visto da vicino è
ancora più gnocco, maledizione. È legale avere
lineamenti cesellati da statua
greca? Una chioma schifosamente folta e in ordine? E il modo in cui la
giacca
nera, da dirigente bancario, gli fascia le spalle e il busto, non
dovrebbe
essere vietato ai minori di diciotto anni?
“Ehm”
biascica Chanyeol. “Ci conosciamo?”
Gli viene
offerta una mano da stringere, accompagnata da un sorriso che
venderebbe il
ghiaccio agli eschimesi. “Wu Yifan, piacere”.
Misericordia, pure i suoi denti
sembrano usciti dalla pubblicità di un dentifricio.
“Temo di aver perso il mio
numero di telefono. Posso avere il tuo?”
In tutta
risposta, a Chanyeol cade la mascella.
“Quindi
tu e
Baekbeom siete fratelli? Non vi somigliate molto”.
Dicendo
così, Minseok non intende rivolgere un complimento implicito
al fratello minore
del suo ex compagno di banco del liceo. Non esattamente, insomma.
Baekbeom non
era (è) male. Un po’ troppo silenzioso e serio,
forse, ma generoso nel passare
i compiti e soprattutto un ottimo calciatore -aspetto che Minseok ha
sempre apprezzato,
avendo lui stesso discrete capacità atletiche.
Baekhyun
è,
beh, speculare al fratello. Parla a voce alta, ride sguaiatamente,
gesticola un
sacco, beve drink colorati, sfoggia una manicure perfetta e soprattutto
se lo mangia
con gli occhi. A Minseok non dà fastidio. Gli è
già capitato di suscitare
l’interesse di un altro uomo. E di sicuro non è un
verginello spaurito.
Potrebbe… potrebbe lasciarsi conquistare, sì. Ma
non vuole fare la prima mossa.
Non è il tipo che lo dà via facilmente.
Baekhyun, per
qualche strano motivo, sembra capirlo. Si slaccia disinvoltamente un
paio di
bottoni della camicia, arrotola le maniche, aggiusta il colletto e si
adagia,
nel modo più sensuale che gli riesce, al bancone del bar.
“Dimmi,
Minseok” domanda, la voce abbassatasi improvvisamente di
qualche ottava. “A
parte essere sexy, cosa fai per vivere?”
Adesso
Minseok ne è sicuro: Baekhyun non somiglia per
nulla al fratello.
Se niente dura
per sempre, vuoi
essere il mio niente?
Il biglietto
che accompagna l’enorme bouquet di rose rosse (in numero
dispari, Lu Han se n’è
ricordato) è rosa shocking con profilature oro. In una
parola -o meglio due-
tremendamente kitsch. Yixing non smette di fissarlo. Non ci riesce.
Lu Han aspetta
una risposta. “Ti piace?” chiede, esitante.
Yixing
scuote la testa. “È tremendo. Pacchiano. Le rose
però sono molto belle”.
Lu Han ha
l’aria di chi vorrebbe sprofondare sette metri sotto terra.
“Ti fa schifo, eh?
Mi dispiace, ci ho provato ma evidentemente non ho gusto e-”
sfila il biglietto
dal mazzo di fiori, pronto a farne carta straccia.
“Amore,
non
hai capito” lo guarda meravigliato. “È
tremendo e pacchiano, ma lo adoro. Guai
a te se provi a buttarlo. È mio” gli sottrae il
cartoncino e se lo stringe al
cuore. “Mio. E da parte tua”.
Lu Han quasi
ride per il sollievo. “Tuo, eh?”
“Mio,
tuo.
Vale per entrambi” gli prende una mano. “Buon
anniversario, amore”.
“Buon
anniversario”.
In teoria i
LayHan dovevano uscirmi decisamente demenziali. Non capisco cosa sia
andato
storto.
Spero
abbiate trascorso una bella estate <3.
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