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Autore: Madamedil    02/09/2019    0 recensioni
Buffaloman riporta a Robin Mask una scoperta terribile.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Robin Mask
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salivo rapido le scale a due alla volta, facendo frusciare la toga tra le gambe, mentre la mia testa , distaccata dal resto del corpo cercava di elaborare un discorso sensato, degno di quell'incresciosa faccenda, senza però trovare parole adeguate.

-Hai saputo anche tu, Buffaloman?- Ramenman stava invece scendendo. Tutti sapevano, e stavano vorticavano in un clima di pura agitazione. Trovavo inutile rispondere e andavo troppo di fretta per soffermarmi a discutere. Dovevo essere il primo e il solo a informare l'unica persona che ancora ne era all'oscuro, e cioè il diretto interessato.

La notizia era trapelata stamane dal quartier generale , e presto diffusa nel primo  consiglio della League della giornata. Di solito, e per “di solito" intendo sempre ,era lui a presiederlo: il primo ad entrare, l'ultimo ad uscire. La prima voce a parlare e l'ultima a decidere. Colui che sapeva tutto e che aveva già la soluzione per ogni punto all'ordine del giorno.

Non quel giorno, non quella mattina. Lo avevano visto entrare ancor prima dell'apertura dei portoni, in anticipo più del solito, e nessuno lo aveva più visto uscire dal suo ufficio, nel quale era troppo impegnato  a scartare e firmare scartoffie, a redigere  programmi e relazioni della Scuola di Ercole, a far quadrare i conti, in una continua lotta contro i numeri.

L'avevo sempre pensato, l'essere troppo zelante, troppo preso dal lavoro, era stato la sua rovina.

Aveva così saltato la riunione, come se il destino stesse cercando di proteggerlo, o forse, come se il destino stesse sadicamente prolungando un’inconsapevole agonia.
 
Principal’s Office
Sir Robin Mask"

Erano le lettere corsive nere incise sulla targa dorata inchiodata alla doppia porta in legno, che lo separava dal destino del quale io ero la voce. 

Bussai, come egli pedissequamente pretendeva ,ed entrai solo dopo aver avuto il suo consenso.

Strinsi la maniglia, e richiusi sicuro la porta alle mie spalle. 

-Ah Buffaloman, buongiorno- disse senza rivolgermi lo sguardo, che rimaneva  saldamente incollato a un librone polveroso aperto e fitto di caratteri, da cui prendeva appunti su un quaderno rilegato. Sulla  scrivania regnava un ordine divino, nonostante l'ingente mole di lavoro. Egli era l'unica persona che riusciva a domare il caos, almeno quello estetico. Non chiedetemi cosa stesse facendo, tutt'oggi non lo so, non era mio compito, e mai lo sarebbe stato. Preferivo combattere l'intera D.M.P, che nuotare in quel mare di carta. Né io, né  i miei colleghi avremmo scambiato il nostro ruolo con quello di Robin, anche perché nessuno possedeva la sua pignoleria e meticolosità, senza la quale sarebbe caduto l'intero apparato burocratico della Muscle League -Spero che tu mi abbia portato buone nuove,- riprese riferendosi agli aggiornamenti che immaginava  fossero stati al centro del dibattitto giornaliero al quale lui era, eccezionalmente, non intervenuto– oppure nessuna, il ché sarebbe decisamente molto meglio-

Una speranza che presto avrei distrutto. Egli voltò la testa verso di me, mantenendo la stilo tra le dita, in attesa della mia risposta, che in seguito probabilmente, avrebbe preferito non ricevere.

Distolsi lo sguardo dal suo, non sarei mai riuscito a pugnalarlo faccia a faccia. Gettai quindi gli occhi sulla foto della persona più discussa e nominata della giornata, una foto  di quando da fanciullo, innocuo e infelice, trionfava nelle competizioni di equitazione nel suo completo  da piccolo cavallerizzo con lo stemma della famiglia sul petto.

Fui greve, secco, poiché perdersi in chiacchiere sarebbe stato come rigirare il coltello nella piaga -Abbiamo saputo che tuo figlio è entrato a far parte della D.M.P.- silenziosamente, dentro di sé , andò in frantumi. Un albero che cade senza che nessuno  senta il rumore. I suoi occhi vermigli e la sua altera postura vacillarono. Il frutto del più valoroso tra noi, si era unito al nostro peggior nemico. Il suo sangue macchiato da un tale onta, da una così violenta ribellione da parte di quel figlio amato nel modo sbagliato, e che ora era davvero perso – Mi dispiace- l'unica, patetica frase con la quale potei concludere quella triste ma obbligata circostanza.

Da parte sua non una parola, non un gesto. Solo un assordante silenzio. Con calma glaciale poggiò la penna, e incrociò le mani al ventre sbiancando le dita.  Respirò lentamente stringendo i denti . Appoggiò  prostrato il corpo sullo schienale della sedia e posò i gomiti sui braccioli. Chiuse poi gli occhi nascondendo l'unica fonte da cui potevo leggere la sua disperazione. Ma sapevo che stava per implodere. Quel dimostrare un'ostentata impassibilità era il suo peggior difetto.

Non avevo più nulla da dirgli, e nessuna risposta, al momento, sarebbe stata riprodotta dalla sua voce. Andar via era la cosa migliore: non riuscivo a rimanere lì inerte, incapace di salvarlo dall'annegamento in quell'oceanica disperazione. Uscii richiudendo con discrezione  la porta alle mie spalle. 

Non avrei voluto sbagliarmi, ma pochi secondi dopo  sentii un represso gemito addolorato e silenti singhiozzi dalla consistenza di mille pugnali...
   
 
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