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Autore: Relie Diadamat    03/09/2019    2 recensioni
Il caso Kira è ormai nelle mani di L, il più grande detective del secolo, quando Naomi Misora incontra una vecchia conoscenza nel buio della sua cucina.
Beyond Birthday ha un piano ben preciso nella sua mente e intende coinvolgere l'ex agente dell'FBI.
«Volevo rivederti».
«Non puoi usarmi per arrivare a L».
Giurò di aver sentito distintamente uno sbuffo. «Che vada al diavolo L. Sono qui per lei, Misora», spiegò, come se stesse parlando con una bambina ottusa incapace di comprendere la più elementare delle cose.
«Perché?»
Un altro sospiro. Naomi gli avrebbe volentieri spaccato la faccia con una mossa di capoeira e trascinato per le orecchie in gattabuia con le sue stesse mani.
«Mi ricordi qualcuno» sputò fuori dal nulla, proprio nel momento in cui Misora si era quasi decisa a stenderlo con una padellata. C’era qualcosa nel modo in cui pronunciò quelle parole… che Naomi percepì come tristezza. Prima ancora che BB potesse corroborare le sue ipotesi, Misora era già sicura che non parlasse di una persona che aveva ucciso, ma di qualcuno che aveva perso. «Un vecchio amico».

[ What if? | Beyond/Misora | Accenni Lawlight & A/Beyond]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash | Personaggi: Beyond Birthday, L, Light/Raito, Naomi Misora | Coppie: L/Light
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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II. I Put A Spell On You
 


And I don't care if you don't want me 
I'm yours right now
- Annie Lennox
 




«Quanto ti ha raccontato L della Wammy's House?» 
B se ne stava seduto sulla sedia dove qualche ora prima Raye aveva consumato la sua cena - quella che aveva cucinato lei stessa, bruciando il pesce. 
Aveva un sorrisetto strano sulle labbra. 
Naomi pensò che fosse indirizzato al detective, in qualche modo.
Il killer si servì portandosi un biscotto alla bocca, incurante del fatto che fossero appena stati sfornati. Forse, ragionò su Misora, era incapace di provare dolore. 


No, non è vero.


Si lasciò scappare una risata al ricordo del lamento di B quando gli era inciampata sullo stomaco.
B poteva mangiare cibo normale - senza zuccherarlo eccessivamente - ed era capace di soffrire. Forse il suo modo di vestire non era neanche nel suo stile e il tono che usava era del tutto studiato.
 



Perché recitare fino a quel punto? A quale gioco stava giocando?
 


 
«Non molto, in realtà» gli disse, ricordando la voce sintetica del più grande detective del secolo. L non l'era sembrato il tipo di persona che amasse parlare. A dire il vero, per molto tempo non l'era sembrato neanche umano, complice la freddezza con la quale aveva affrontato il caso e la risolutezza con cui l'aveva trattata la prima volta che si era messo in contatto con lei. «So che si tratta di un orfanotrofio dove vengono cresciuti gli eredi di L».
B non disse niente.
Si limitò a leccare la marmellata che gli era caduta sul dorso della mano, incurante delle buone maniere. Misora non si sarebbe mai abituata. Perché avrebbe dovuto, poi?
«So che sei uno di loro… B».
«Beyond», la corresse.
 
Bene, adesso le rivelava anche il suo nome. Doveva fidarsi della sua parola? Le avrebbe davvero svelato tutte quelle informazioni lasciandola vivere?
 
Gli occhi scuri e intelligenti di Misora corsero alla faccia del ragazzo che le era davanti. L'ultima volta che lo aveva visto era annerito dal fuoco. Misora non avrebbe mai dimenticato il tanfo che aleggiava in quella stanza d'albergo, la nausea che l'aveva costretta a trattenere il fiato. 
La luce a LED del sottopensile si adagiava sulla pelle di Beyond in modo delicato, evidenziando ogni macabro dettaglio. 
Lo aveva visto bruciare tra le fiamme sotto i suoi stessi occhi. Avrebbe dovuto essere irriconoscibile, deturpato, orribile… e invece la sua faccia era esattamente come la ricordava, a eccezione di una piccola cicatrice accanto all'attaccatura dei capelli, coperta da qualche liscio ciuffo corvino.


Come diamine era possibile?


Forse stava solo sognando. Forse quello dinanzi a lei era il frutto del ricordo che custodiva di quel caso e dello stress accumulato per le dimissioni.
Un brivido le percorse la spina dorsale nel momento in cui quegli occhi scarlatti incontrarono i suoi. Non distolse lo sguardo. Lo sostenne, dimostrandogli che non aveva alcun potere su di lei. «So che sei scappato e hai iniziato a uccidere». 
«È corretto».
Che faccia tosta.

 
Lanciò un'occhiata all'orologio appeso al muro, il pensiero rivolto al suo fidanzato. Quel pazzo le aveva promesso di raccontarle tutto, ma ci stava mettendo un bel po'. Cosa sarebbe successo se Raye si fosse svegliato in quel momento?
Come avrebbe giustificato una cosa simile?
 


«Non preoccuparti, ne avrà ancora per un po'» Beyond la rassicurò leggendole nel pensiero, scoccando un ghigno storto nella sua direzione. «Ma se vuoi posso aumentare la dose».
«Tu non farai proprio un bel niente» lo aggredì, donandogli l'occhiata più truce di cui era capace. «Piuttosto, perché non mi spieghi come hai fatto ad evadere di prigione?»
«Oh, quello?» Beyond si passò la lingua sulle labbra, afferrando un altro biscotto. «Non è tanto difficile fingersi morti, anche se L ti osserva».
Certo, come no.
«Ti sei finto morto?»
«È quello che ho detto.» Sembrò seccato dalla sua domanda. «La prego Misora, non faccia il pappagallo. Sappiamo entrambi che può essere molto meglio di così.»
 
Se non fosse andato contro i suoi principi, Naomi l'avrebbe strangolato volentieri. Come si permetteva?! 
Un pazzo psicopatico si presentava in casa sua nel cuore della notte - evadendo da una prigione tenuta sicuramente sotto controllo da L - e lei avrebbe dovuto dedurre metodi e piani folli da sola? 
Beyond non era solo inquietante con quel faccino pallido che adesso ospitava una cicatrice, con quell'espressione apatica e quei grossi aloni neri sotto gli occhi. No, quel tizio sapeva davvero come irritarla.
 


Era pronta a scoccare la lingua contro il palato e a rispondergli a tono quando lo sentì parlare di nuovo: «D'altronde, sei la donna che mi ha battuto.» Aveva l'aria di essere un complimento, anche se lo psicopatico si era limitato a rigirarsi l'ennesimo biscotto tra le mani, incantato alla vista della sua adorata marmellata. «Solo, mi domando perché tu abbia deciso di mollare tutto così. C'entra l'agente Penber?»
 


Misora sgranò gli occhi, rendendo lampante la sua sorpresa.
Quell’individuo appollaiato come un gufo sulla sedia della cucina del suo appartamento era un serial killer, una persona spietata senza alcun rispetto per la vita delle altre persone - né tanto meno per la propria, dato il fallito tentativo di suicidio. L’aveva manovrata durante il caso delle Wara Ningyo, giocando con lei come un predatore pigro che sa di avere la preda in pugno. Era davvero così sconcertante che sapesse tutte quelle cose?
No, non lo è, si rispose Naomi. Ma sentire il nome di Raye - il suo Raye - fuoriuscire dalle labbra di quello stramboide era destabilizzante. 
Non amava sentirsi esposta, fragile e attaccabile. Mister Super Aggressività - così si era definito una volta - doveva saperlo meglio di chiunque altro.
Ogni parola di Beyond era calcolata, anche la più insignificante. Anche se pronunciata con indifferenza.
La stava minacciando. 
«Tu… Hai preso informazioni su di me».
«Lascia che te lo dica, Misora», la ignorò, continuando con la sua pillola di vita. «Non permettere a nessuno di decidere per te».
 

E adesso doveva persino sorbirsi la morale da un serial killer. Perfetto.
 

D'istinto, le mani si serrarono in due pugni. Ciò che la innervosiva maggiormente non era la sua sfacciataggine, ma quanto quelle parole fossero vere
Raye era diventato ossessivo nei suoi confronti. Voleva proteggerla da tutto, persino da un bicchiere di vino di troppo. Certo, era un pensiero dolce da parte sua… ma Misora non era fatta per vivere in una campana di vetro. Non lo era mai stata. Fin da piccola amava arrampicarsi sugli alberi, ridendo eccitata tutte le volte che rischiava di cadere dai rami. I rimproveri di sua madre - molto vicina all'infarto - la convincevano a scendere e a scusarsi, promettendo di non farlo più.
Con Raye succedeva la stessa cosa. Se Misora si lanciava in un'esperienza che la facesse sentire viva, elettrizzata e piena d'orgoglio, Penber la rimbeccava per il suo bene. 
Era stato lui a convincerla a lasciare definitivamente l'FBI e a indossare un anello al dito. Anello che adesso Beyond fissava con insistenza.
 

Misora ritrasse la mano dal tavolo, nascondendola alla vista del killer. Perché l'avesse fatto, non sapeva dirlo con esattezza, ma qualcosa nel movimento della mascella di Beyond le suggerì che la provocazione era stata colta. 


«Ad ogni modo, non ho tutta la notte.» Tagliò corto, riacquistando la risolutezza di Misora Massacre. «Sei venuto fin qui perché vuoi qualcosa. E stai perdendo tempo per arrivarci, in modo da mettermi alle strette. Sai che non permetterò mai che Raye ti veda, dunque sputa il rospo. Vuoi il mio aiuto, ma perchè? Ti ho già detto che non sono più in contatto con L».
Un piccolo ghigno spuntò sotto ai baffi di Beyond. Si portò il pollice alle labbra e morse distrattamente l'unghia, continuando a guardarla. Gli piaceva quando usava il cervello, quando lo sfidava apertamente. «Naomi Misora, hai sentito parlare di Kira?»


Il sangue le si gelò nelle vene. Certo che ne aveva sentito parlare. Nessuno parlava più di altro.
«Il killer di criminali» strinse le labbra, ricordando le ultime notizie. «Sì».
Kira era capace di uccidere senza entrare in contatto con la vittima. Nell'ultima settimana erano morti più di quaranta detenuti in tutto il Kanto, avvalorando così la teoria di L: il killer si trovava in Giappone. Ma era davvero uno studente?
Nessun criminale di cui si conosceva nome e volto era al sicuro, con Kira a piede libero. Chiunque egli fosse, avrebbe posto fine alla vita di ogni singolo malvivente con un arresto cardiaco.
 



Dunque era questo l'obiettivo di Beyond? 
Nascondersi da Kira? 
No, doveva esserci di più. L'unica cosa che gli interessava sul serio era battere L. 


 
«Pensi che io sia Kira?»
Glielo chiese ostentando il tono più mellifluo possibile, un'interpretazione degna da film dell'orrore. Se non ci fossero stati in ballo tutti quei decessi, Misora gli avrebbe riso in faccia.
Kira era la nuova sfida di L, il suo nuovo obiettivo. Beyond avrebbe ucciso per ricevere tutte quelle attenzioni dal detective, per fargli perdere la testa dietro un caso impossibile da risolvere.
Sì, era proprio un bambino patetico.
«No», fu concisa e brutale.
Beyond ne sembrò risentito, una smorfia accennata sulla maschera di cera. Avresti potuto fingere più indecisione, sembrava leggergli in quelle sottili sopracciglia corrucciate. 
Contenta di essere finalmente in una posizione di potere, Misora decise di andare avanti con le sue deduzioni, pronta a fargli vuotare il sacco:  «Non sei Kira, ma ti stai nascondendo da lui. La vera domanda è quale ruolo vorresti avere in tutta questa faccenda».
 
Nessuno dei due fiatò per due minuti di orologio. Misora sembrò annegare in quei lunghissimi secondi di silenzio, agognando qualsiasi cenno da parte di Beyond. Un battito di ciglia, un movimento involontario del capo, persino uno starnuto traditore. 
Ma il serial killer di Los Angeles non vacillò. Restò con lo sguardo perso in un punto indefinito, un dito al labbro inferiore e la luce fredda della lampada che creava strani giochi di ombre sulla sua faccia. 
 
 
 
Di' qualcosa, avrebbe voluto urlargli. Qualsiasi cosa! 
 
Beyond sembrò udire la voce dei suoi pensieri. Raccolse un generoso strato di marmellata di fragole col polpastrello dell'indice, pronto a farlo sparire nella sua bocca.  «Misora… Ricordi quella volta in cui ho tentato di aggredirti in un vicolo buio?» 
 
Allora era lui.
Certo che ricordava. Quell'idiota si era presentato col viso coperto, con una spranga e un blackjack, pronto a tramortirla. Se non fosse stato per il duro addestramento dell'FBI e per la sua prontezza di riflessi, molto probabilmente non se la sarebbe cavata tanto facilmente.
 
«Vedi, Misora, anche allora non avevo la minima intenzione di ucciderti. Volevo solo conoscerti meglio.»
 
Conoscerla meglio?
Quel cretino doveva avere chiaramente diverse rotelle fuori posto, questo lo aveva appurato tantissimo tempo fa, ma dopo due anni Beyond non smetteva di farglielo presente.
 
«Le persone normali si limiterebbero a una chiacchierata», lo stuzzicò, ancora inacidita dal ricordo di quell'aggressione. 
 
«Tu eri la pedina scelta da L per le sue indagini, non mi sarebbe mai bastato limitarmi a parlare con te, Misora», disse con tono noncurante. «Avevo bisogno di sapere, capire perché ti aveva scelta. Eri disarmata e sola, eppure non ti sei tirata indietro. Hai tentato di colpirmi per due volte, nonostante avessi un'arma con me. È stato allora che ho capito cosa L avesse visto in te.»
 
Dalla finestra ancora spalancata della cucina entravamo i suoni di una California insonne, di auto e moto che scorrazzavano per le strade di Los Angeles anche a quell'ora folle. 
Un venticello leggero s'insinuò tra di loro, penetrando nella stoffa della t-shirt scura di Misora. I piedi nudi erano incollati al pavimento, in tensione.
 
In lontananza si udì la sirena di un'ambulanza e una parte di Naomi era curiosa di sapere dove fosse diretta, cosa fosse successo e se Beyond c'entrasse qualcosa, come se improvvisamente il mondo avesse preso a girare intorno a lui.
 
«Così il tuo piano è quello di catturare Kira prima di L?»
Beyond allungò il collo facendole storcere le labbra in una smorfia di disgusto. Sembrò fissare qualcosa sulla sua testa, il volto di marmo dove gli occhi scintillavano come fiammiferi accesi. 
Sotto quello sguardo attento e così concentrato, Naomi fu tentata di tastarsi i capelli alla ricerca di un ragno a tre teste, ma resistette all'impulso. «Vede, Naomi, io e Kira abbiamo una cosa molto importante in comune».
 
«Siete degli assassini», concluse per lui, con un sentore di rimprovero nella voce. 
«È solo un modo di vedere la cosa».
 
Misora ripensò alle fotografie del caso delle Wara Ningyo, ai segni incisi sulla pelle di Believe Bridsmade come fosse stato un pezzo di carta; ricordò le due estremità amputate di Backyard Bottomslash, la gamba destra ritrovata nella vasca del suo appartamento e il braccio sinistro smarrito per sempre, solo per lasciare indizi a lei. A L.
Ma più di tutto, Naomi Misora ripensò a Quarter Queen. Una ragazzina. 
Aveva solo tredici anni e tutta una vita davanti… 
Immaginò il dolore della madre nello scoprire che la sua unica figlia era stata assassinata nel monolocale per studenti universitari che condividevano. 
 
«No, un assassino resta un assassino.» Naomi avrebbe voluto ferirlo con quelle parole, avrebbe voluto punirlo. La voce non sembrava neanche la sua. Le parve sintetica, come quella di L. «Chi uccide una persona si macchia per sempre. Dovrà fare i conti per l'eternità con una madre in lacrime, una vedova inconsolabile o un bambino rimasto orfano.»
 
Beyond non sembrò colpito da quel discorso. Rimase impassibile, con il lato destro della bocca sporco di marmellata che si affrettò a pulire col pollice.
«Quelle persone sarebbero morte comunque, Misora», giocherellò con le briciole cadute sul tavolo, radunandole in un unico cumulo di pasta frolla sgretolata. «È questo il patto».
 
Meno di trenta minuti prima, avrebbe voluto abbracciarlo e confortarlo per la sua perdita. Ascoltare tutto ciò che aveva da dirle. Adesso, tutto ciò che riusciva a vedere era uno psicopatico. Un killer senza pietà. Un mostro.
«Non sei nessuno per decidere di porre fine alla vita di qualcuno».
 
«E tu Misora, chi ti credi di essere per giudicare me?»
 
Avrebbe voluto scuotere la testa, digrignare i denti e assestargli un calcio tra gli incisivi. Avrebbe voluto picchiarlo, a sangue freddo. Ma non fece nulla di tutto questo.
Come eco lontane, una delle sue ultime conversazioni telefoniche con L tornò a pizzicarle le orecchie. "La giustizia ha più potere di ogni cosa. Intendo la benevolenza.", le aveva detto.
 
«Al mondo esistono cose giuste e cose sbagliate. Uccidere è sbagliato, e sono parole uscite dalla tua stessa bocca».
 
«Ah sì?» La sua reazione fu talmente esagerata da ricordare un bambino alle prese con nuovi vocaboli  sconosciuti. «Devo aver dimenticato, ma se lo dici tu...»
 
Che stupida che era stata.
Fin dall'inizio.
Mostrare carità nei confronti di un mostro non portava mai a nulla di buono. Abbassare la pistola e lasciare che un criminale di soli tredici anni scappasse via era stato il primo errore.
Provare a giustificare le tre persone morte per mano di Beyond attraverso il suo passato, il secondo.
 
Chi sceglie di rifugiarsi nel male non va compatito, ma fermato.
 
«Ho bisogno del suo aiuto, Misora».
 
Il suo sguardo scattò verso l'assassino di Los Angeles. Non avrebbe più ripetuto gli stessi sbagli.
 
Afferrò il piatto con gli ultimi quattro biscotti superstiti, gli occhi vigili di Beyond costretti sulla superficie scura del tavolo, fingendo disinteresse verso i suoi movimenti.
Ma Naomi sapeva. Ormai lo conosceva fin troppo bene. Sapeva che la stava studiando attentamente, ipotizzando la sua prossima mossa.
Sentiva il polso accelerato e la gola secca mentre gli dava le spalle e depositava il piatto sul ripiano della cucina. Restò ferma, la testa alta e un sospiro soffiato con forza.
 
Era dietro di lei. 
Naomi poteva avvertire la sua presenza, poteva percepire l'aura del demone sfiorarle il collo. Aspettava che si muovesse. Attendeva bramosamente di attaccare.
 
Ne era sicura.
 
Nel lavello c'era ancora il mestolo d'acciaio sporco d'impasto. Il tempo era breve, le lancette correvano lungo l'orologio senza fermarsi.
 
Sarebbe stata una sfida di velocità. Lupo contro lepre.
Col cuore che martellava disperato nella trachea, Naomi Misora fece per agguantare il mestolo, ma quando avvertì un rumore provenire dalla camera da letto si pietrificò. 
 
Successe tutto troppo in fretta. 
 
Qualcosa premette contro il naso e la bocca ferocemente, e l'odore di cloroformio le inondò le narici. Tentò di scalciare, urlare contro la stoffa bagnata, ma gli occhi minacciarono di chiudersi.
La testa le doleva, le tempie sembrarono essere sul punto di scoppiare. 
 
Dov'era Raye? 
Si era solo agitato nel sonno?
L'effetto della droga era già svanito?
 
Le braccia divennero molli, le gambe di burro fuso, la schiena contro il petto di Beyond. 
«Ammettilo, Misora.» Le sussurrò contro l'orecchio, facendole venire i brividi. «Ti sono mancato».
 
L'ultima cosa che registrò, prima che tutto diventasse buio, fu il mento freddo di Beyond nell'incavo del collo.



**
 
Ammettilo, Misora. Ti sono mancato.
 
Delle dita gelide le scostarono i capelli dalla fronte per scivolare in basso, ridisegnando la linea del suo collo fino alla carotide. Indugiarono a lungo. Poi sparirono, come per magia.
 
Forse.
 
Fu risvegliata dal picchettio della pioggia che batteva contro il vetro. Sollevò le palpebre con lentezza, spaesata dai contorni sfocati e scuri che pian piano prendevano forma dinanzi ai suoi occhi.
Rabbrividì, nonostante la temperatura alta della stanza, accorgendosi di essere avvolta da qualcosa. 
 
Ti sono mancato.
 
Scattò seduta, i ricordi della notte precedente che le rimbombavano nella testa come colpi di martello, scandagliando frettolosamente ogni angolo della stanza.
 
«Un altro incubo?» 
 
La luce calda dell'abat-jour le ferì gli occhi, costringendola a socchiuderli. In piedi dinanzi allo specchio, Raye si annodava la cravatta, già pronto nel suo completo.
 
L'arancio della lampada gli colorava la camicia bianca, illuminando il volto pulito. Sembrava preoccupato per lei. 
 
«Che ore sono?» domandò, la testa pesante.
«È ancora presto».
 
Nonostante le fitte persistenti, Naomi decise di mettersi in piedi. «Stai bene?», gli chiese allarmata, prendendogli il viso tra le mani. «Sei tutto intero».
 
Raye ridacchiò, cingendole i polsi con dolcezza. «Era solo un incubo, Naomi».
 
Lo scrutò per qualche secondo, incerta se credergli o meno. Ancora stordita, s'incamminò verso la cucina. Un passo dopo l'altro, sempre più svelta. Sembrava sotto incantesimo, un topolino intontito dal pifferaio magico.
Raye la guardava come se fosse pazza. «Naomi? Che ti prende?»
 
«Era qui».
 
«Di cosa parli?»
 
Corse verso il lavello, sbarrando gli occhi. Il mestolo e il piatto con i biscotti erano spariti. Persino la ciotola era svanita nel nulla.
 
Allarmata, aprì un armadietto dopo l'altro, alla ricerca di una prova, un segno tangibile che lui fosse stato lì. 
Beyond aveva trascorso la notte con lei in quella cucina. Ricordava distintamente il modo in cui la luce cadeva sulla sua faccia rivelando una cicatrice ben nascosta dai capelli neri.
Ricordava il suo odore.
Il suo fiato sul collo.
 
«Naomi cosa stai facendo?»
«Dov'è la marmellata?»
 
Raye era confuso. «Di che marmellata parli? Lo sai che non la compriamo mai».
 
No, no, no.
 
Non è possibile.
 
Non c'era, da nessuna parte. 
 
«Fammi vedere le braccia, Raye.»
Naomi era terrorizzata, gli occhi spalancati e le mani tremanti. Sembrava avesse visto un fantasma.
Le dita corsero ai polsini della camicia, pronte a sbottonarli, ma Raye indietreggiò impedendoglielo. «Naomi, guardami!»
E lei obbedì.
Ogni suo muscolo era in tensione e l'espressione del suo fidanzato parlava chiaro: pensava fosse impazzita.
 
La povera Naomi troppo debole per l'appellativo datole dai suoi colleghi. La povera Naomi che aveva abbandonato il suo lavoro perché troppo pericoloso. 
 
Era questo che pensava di lei, glielo leggeva nello sguardo. 
 
«Va tutto quanto bene.»
Le mani di Raye le accarezzarono le braccia infondendole calore piacevole. Il sangue riprese a scorrere nelle vene e tutte le preoccupazioni scemarono nel vuoto.
 
«Era solo un incubo», la rassicurò, massaggiandole le gote con i pollici. 
«Era solo un incubo...»
 
E stavolta, ne parve convinta.
 
Raye le posò un bacio sulla fronte, prima di lasciarla. «Adesso devo andare. Ci vediamo più tardi. Tu cerca di riposare, ok?»
 
Avrebbe voluto supplicarlo di restare, di non lasciarla sola, di stringerla ancora tra le sue braccia e di inventarsi una scusa col lavoro, ma si limitò ad annuire.
 
Quando Raye fu fuori dal loro appartamento e la porta si richiuse con uno scatto, Naomi decise di prepararsi un caffè. Rovistò alla ricerca della sua tazza e si avvicinò alla macchinetta.
Versò il caffè nel filtro, e riempì il contenitore di acqua. Premette il pulsante rosso e aspettò che il suo liquido per la lucidità mentale fosse pronto.
Distrattamente si portò la mano sinistra alla bocca, notando qualcosa di strano.
 
Qualcosa non tornava, ma non riusciva a capire cosa. Si guardò intorno, occhieggiando la finestra chiusa della cucina. Sembrava tutto al proprio posto.
Come sempre.
 
Eppure… aveva questa strana sensazione sulla pelle. Le stava sfuggendo qualcosa.
Non doveva cercare prove, ma osservare con più attenzione. Era proprio sotto al suo naso.
 
Qualcosa che dovrebbe esserci, ma che non c'è.
 
Sì immobilizzò di colpo, le dita contro le labbra. Allontanò repentina la mano se non le appartenesse e d'un tratto calò il gelo. 
 


L'anello era sparito.







 
Questa storia si sta praticamente scrivendo da sola e vorrei tanto stritolare la mia adorata Celtica per avermi spronata tramite il suo prompt: grazie!

Angolo precisazioni:
- Non ho la più pallida idea di cosa sia un blackjack, ma stando alle informazioni del romanzo... dovrebbe essere un'arma leggera costituita da un sacchetto di sabbia;
- Questo capitolo si ambienta - più o meno - durante il terzo episodio dell'anime;
- "La giustizia ha più potere di ogni cosa. Intendo la benevolenza." è una frase estrapolata dal romanzo;
- Sempre nel romanzo, Beyond si definisce "Top Aggressive". Non si lascia mai sottomettere, nemmeno dal codice stradale;
- "Qualcosa che dovrebbe esserci, ma non c'è", un chiaro riferimento agli indizi/messaggi lasciati da Beyond durante il caso delle Wara Ningyo.

La scena in cui Beyon chiede a Misora se sospetta che lui sia Kira è liberamente ispirata a questa fanart -> click
L'ho adorata fin da subito e quindi ho deciso di "riportarla" su carta. Non conosco l'autrice, ma le sono molto grata per averla creata!


Grazie a chiunque sia arrivato fin qui, grazie a chi ha deciso di seguire questa storia e a chi deciderà di lasciarmi un parere!
   
 
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