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Autore: etienne86    04/09/2019    11 recensioni
A volte ci rubano qualcosa di importante e crediamo di aver perduto tutto. A volte i sogni si infrangono davanti alla realtà e sentiamo solo il fallimento. A volte un raggio di sole torna ad illuminare la nostra vita. Un tesoro, che qualcuno ha custodito per noi, tenacemente, negli anni. Da lontano.
Insomma, la solita storia molto ferma, molto intro, e per le mie corde, molto OOC.
Ringrazio fin d'ora Elisa per le sue fanart.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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30-Insieme

Rieccomi dopo quanti…anni? Boh, troppi però! Sono riuscita con un po’ di calma a riesumare dal vecchio pc rotto gli ultimi capitoli di questa mia fic.
Grazie a tutti quelli che hanno continuato a recensire ed ad incorraggiarmi perché terminassi il mio lavoro.
Se ancora qualcuno a seguisse la storia…consiglio di ricominciare a leggerla, come ho fatto io
😉

 

30- Prospettive

 

Si sforzava per concentrarsi sulle carte sotto i suoi occhi, mentre dal giardino gli giungevano il rumore delle spade che cozzavano e le risate di Hans.
Davanti a lui, Lord Weston osservava la scena tenendo leggermente scostata dal vetro la tenda della finestra.
“Il Conte de Jarjayes non si risparmia nemmeno con i reduci di guerra! E’ davvero notevole con la spada!”
“Già” fu il commento laconico di Andrè.
“Si prova sempre una strana sensazione a battersi con uno spadaccino così abile ed al contempo  così attraente…il brivido della paura si mescola a ben altri impulsi…” si voltò e notò lo sguardo torvo di Andrè.
"Tranne che per il sottoscritto, si intende! La superiorità bellica di Madamigella Oscar mi terrorizza, senza lasciare spazio ad altre…emozioni!”
Il giovane spalancò gli occhi. Madamigella?
“Perché rimane una donna bellissima, anche se vestita da uomo, dico bene?”
Tacque un istante.
“Da quanto tempo lo sapete, Lord Weston?” chiese Andrè.
“Che il vostro padrone è una donna o che l’avete sempre amata, amico mio?” lo incalzò, appoggiandosi con le braccia alla scrivania.
Andrè si alzò senza rispondere e prese il posto del nobile davanti alla vetrata che dava sul giardino. Il duello era terminato e Fersen parlava ad Oscar, chinandosi verso di lei. Forse le raccontava qualcosa di divertente…lei rideva, lui sfiorava una ciocca dei suoi capelli, in un modo che trovava troppo confidenziale.
Sospirò profondamente e tornò ai suoi registri. Weston lo seguiva con lo sguardo, inarcando un sopracciglio.
“Devo concludere questi rendiconti prima di partire per Auxerre”
“E’ proprio necessario che partiate …ora?” insistette Weston.
Andrè non rispose, tenendo gli occhi fissi sui fogli di carta davanti a lui.
“E sia, se è così che avete deciso.  Sarà bene che mi assicuri che il pranzo sia pronto al più presto” concluse Lord Weston, lasciando la presa su di lui.
Oscar aveva chiesto di poter desinare nella sua tenuta, insieme al suo ospite e ad Andrè.
Era una gradevole giornata di inizio primavera e Lord Weston aveva predisposto un semplice rinfresco nella veranda, attorno ad un tavolo colmo di composizioni floreali, creando un’atmosfera davvero accogliente ed intima.
Oscar rammentava benissimo quel luogo, dove era avvenuto il loro primo incontro: si chiese se la scelta di riceverli lì fosse stata davvero casuale.
Il pranzo fu gradevole e sereno.
Fersen aveva davvero l’innata capacità di ambientarsi immediatamente, tanto in un salotto elegante quanto in una taverna di periferia. Parlò a lungo con Lord Weston dei vantaggi di una vita ritirata in campagna, per poi discorrere riguardo agli incredibili progressi compiuti nel recupero del suo braccio malato e infine concluse portando la conversazione sulle condizioni di Parigi e della famiglia reale.
Andrè aveva terminato il suo pranzo senza quasi proferire parola e adesso stava in piedi, appoggiato allo stipite della porta che conduceva al giardino, volgendo ora lo sguardo alle terrazze che circondavano la tenuta, ora a Fersen ed alle sue argomentazioni.
“Quindi affermate che la situazione nella capitale sia tanto degradata?” chiese Lord Weston.
“Purtroppo sì, signore” rispose  Hans.
“La città è sovraffollata di miserabili che vi si riversano, spinti dalla fame e dall’indigenza. I quartieri nei quali è impossibile per un gentiluomo transitare in carrozza senza rischiare il linciaggio sono sempre più numerosi. E ovunque le effigi dei sovrani sono oggetto di vilipendio. Soprattutto le immagini delle regina Maria Antonietta, odiata anche per le sue origini austriache.”
“Forse la povertà che regna nel paese è il vero motivo di tanto odio, non credete?” replicò Andrè, pentendosi immediatamente di essere intervenuto.
“Io non voglio negare le eventuali responsabilità dei sovrani nell’aver condotto una disastrosa politica economica. Ma ormai il punto non è più questo” insistette Fersen.
Poi si rivolse direttamente ad Oscar.
“La regina è stata lasciata sola. Circondata da cortigiani avidi e senza scrupoli, non ha più amici. Non ha nessuno che possa difenderla, nemmeno dai propri errori”. Pronunciò queste ultime parole abbassando leggermente la voce.
“Il comandante delle Guardie Reali, il conte Girodelle, è un uomo di valore e di principi irreprensibili. E credo che lo stesso valga per il suo secondo, nonché sua moglie, Rosalie Lamorliere de Girodelle” rispose Oscar, sentendosi chiamata in causa.
“Non è così, Oscar. Non è più così” sospirò Fersen.
“Girodelle è solo da molto tempo, ormai. La giovane Rosalie attende un erede e per questo ha lasciato l’esercito. Per quanto sia un eccellente soldato, non è un uomo di comando, soprattutto in frangenti come quelli che stiamo attraversando. E’ un ottimo esecutore, ma è privo di un’efficace intraprendenza. Sarebbe il primo a sentirsi sollevato per un vostro ritorno.
Il comandante delle Guardie Reali deve avere la completa fiducia dei sovrani ed al contempo deve essere in grado di comprendere le azioni di coloro che cavalcano il malcontento popolare, per anticiparne le mosse o per neutralizzarle. Deve essere sensibile ed intelligente. Deve essere leale e coraggioso. Deve essere come voi Oscar. Dovete essere voi!”
Andrè allontanò lo sguardo. Solo per un attimo provò ad immaginare come sarebbe diventata la sua vita, a Versailles.  Come attendente di Oscar. Insieme al piccolo Sebastiane. Lasciando al suo destino Monsieur Florent e le vigne De la Borde. Dovette appoggiarsi allo stipite per sorreggersi. Non riusciva a rivolgere lo sguardo ad Oscar, temeva quello che avrebbe potuto leggervi.
“Oscar, non c’è motivo per restare in questo esilio, per quanto dorato possa essere! Il vostro braccio non rappresenta più un problema: mi sono misurato con voi e posso attestare senza ombra di dubbio che potete riprendere ciò che è stato vostro! Ciò di cui l’astuzia di una nobildonna vi ha derubato! Ciò che ha dato senso alla vostra vita e lustro al vostro casato! Pensate a quanto vostro padre stia aspettando il momento in cui tornerete ad indossare la divisa scarlatta da Colonnello delle Guardie Reali!”
La donna non replicava. Con lenti e pacati movimenti, senza tradire alcuna emozione, staccava ad uno ad uno i petali di una rosa del centrotavola davanti a lei.
“Siete stato quindi inviato qui dai sovrani, conte di Fersen?” chiese Lord Weston con garbo. L’uomo, che fino a quel momento si era rivolto quasi esclusivamente ad Oscar, ignorando gli altri commensali, ebbe come un sussulto. Sembrò soppesare il senso di quella domanda prima di rispondere.
“No, Lord Weston. Non sono qui come messaggero della corona.  Il Re e la Regina vivono entrambi in un loro mondo, completamente distaccati dalla realtà che li circonda.
Sua Maestà Luigi XVI cerca di interessarsi alle questioni economiche del paese, ma non è in grado di apportare un vero contributo per la loro risoluzione. Si limita a cambiare i ministri senza criterio alcuno, se non le pressioni che riceve dai diversi membri della corte e per quanto riguarda la Regina…” sospirò e solo allora Oscar tornò a guardarlo.
“…la Regina vive coi figli al Trianon, una piccola depandance della reggia, senza altro interesse che l’intrattenimento degli eredi…Sembra lei stessa tornata bambina…Non ci si può aspettare che capisca cosa succede al di fuori delle mura di Versailles, o che sappia porvi rimedio…”

L’amate ancora, Hans, non è così? Siete stato lontano, avete combattuto una guerra che non vi riguardava, forse vi siete persino augurato di non tornare…tutto per lei…solo per lei…
“Ma io non sono cieco! Oscar, io ho già visto questa medesima storia, in America! So a quale violenta ribellione può portare la disperazione e la fame! E credetemi: quando la miccia esplode, divampa un incendio che raggiunge tutto e tutti! Non ci sarà luogo che possa ritenersi sicuro e protetto! La rivoluzione travolgerà chiunque, dovunque! Non la fermeranno le mura della reggia di Versailles e si riverserà anche qui, nella remota e piccola Chablis”
“Qui?!” ripetè Lord Weston, incredulo.
“I rivoluzionari non chiedono solo pane per i poveri! Non sono frati francescani! Vogliono rovesciare lo status quo. Vogliono eliminare l’aristocrazia e tutti i privilegi che ne derivano.  Chiunque porti il titolo di nobile non potrà ritenersi al sicuro, a meno che non rinunci a tutto quello a cui ha diritto per nascita! E mi sembra un pensiero talmente inconcepibile per ritenere che chiunque sano di mente lo possa accettare!”.
Oscar levò lo sguardo verso Andrè. I suoi occhi erano pieni di paura. Le parole di Fersen sembravano entrargli dentro, come lame di una spada.
Sorrise istintivamente, come per rassicurarlo.
“Suvvia, conte di Fersen!” lo interruppe Weston “Non vi sembra di essere…catastrofico? Se anche fosse vero quello che dite, cioè che la borghesia voglia far piazza pulita di tutti i nobili, ci vorrebbero secoli, quanti ce ne sono voluti per creare l’aristocrazia così come è oggi!”
Rise, come a voler stemperare l’atmosfera che i discorsi del nuovo ospite avevano generato.
“Quando ci riusciranno saremo già tutti morti!”
Hans scosse la testa, poggiando la fronte sul palmo della mano.
“In America una guerra di una manciata di anni è riuscita a cancellare una sudditanza che regnava da più di due secoli!” replicò amaramente, come se stesse parlando ad un auditorio di ottusi. Quando rialzò il capo si rivolse nuovamente ad Oscar, abbassando il tono della voce, come se gli altri non fossero nella stanza.
“Voi mi credete, vero, Oscar? Voi, almeno voi, mi capite?”
La donna lo fissò un istante, poi annuì in silenzio.
“Voi siete un membro dell’aristocrazia più vicina alla corona e siete un militare graduato.  Non devo certamente essere io a ricordarvi qual è il vostro dovere!” concluse, con tono fermo e risoluto.
Quindi si alzò e si voltò verso Lord Weston “Ho gradito la vostra compagnia e la vostra squisita ospitalità, Lord Weston. Mi congedo da voi consapevole che difficilmente ci incontreremo di nuovo. Tra due giorni farò ritorno a Versailles”
“Ma Conte, siete appena arrivato! Intendete già ripartire?”obiettò il suo ospite.
“Il mio soggiorno qui aveva un unico scopo. La mia presenza, ed ancor più quella di Madamigella Oscar, sono necessarie altrove. Non posso trattenermi oltre.”
Fece un cenno di saluto rivolto ad Andrè ed attese che il padrone di casa lo congedasse. Lord Weston fu colto alla sprovvista. Anche Oscar allora si alzò e gli si avvicinò.
“Grazie Weston di questa splendida giornata e…di tutto il resto!”
Poi si volse ad Andrè. Lord Weston fece allora strada a Fersen, lasciandoli soli.
Lottando contro le lacrime che gli bruciavano gli occhi, miste alla rabbia ed alla paura, sostenne il suo sguardo.
“Credi sia vero quello che racconta della situazione di Parigi?”
Oscar annuì, senza parlare.
“Credi sia vero quello che sostiene riguardo a te ed al tuo possibile ruolo…salvifico?” continuò, amaramente.
“Questo posso saperlo solo…andando con lui e provandoci”
Seguì un attimo di silenzio.
“Parto subito per Auxerre, prima che sia pomeriggio inoltrato” concluse Andrè, voltandosi verso la vetrata. Gli sembrò stupido tornare così alle sue incombenze, forse voleva solo evitare di forzarla a decidere lì, subito, tra lui e Fersen. Lui, che sentiva di amarla al punto di non poterla obbligare a nulla, al punto di sentirsi meschino solo a pensare di ricattarla con argomenti sentimentali.
Sentì i rumori dei cavalli che lo stalliere di Weston aveva già condotto in cortile, per i suoi ospiti.  Oscar si strinse a lui, abbracciandolo e poggiando il viso sulla sua schiena, senza parlare. E in silenzio lui le prese le mani. Avrebbe giurato di sentire lacrime segnare il suo volto, le stesse che solcavano il suo.
Poi, senza dire una parola, avvertì le sue mani svuotarsi e come una folata di vento Oscar lasciò la stanza.

 

  
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