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Autore: FatSalad    04/09/2019    3 recensioni
Bruno è un ragazzo taciturno e pratico che ha smesso da tempo di credere alle favole. Il contrario di Susanna, che quando non lavora in biblioteca si perde tra le nuvole e le parole.
A farli incontrare sono delle amicizie comuni, a farli conoscere sarà una persona molto importante per entrambi...
DAL TESTO:
«Insomma, non si vedono tanti manzi in biblioteca!»
«Come no? Vai nella sezione di scienze naturali e c'è pieno. Qualcuno è anche nella sezione dei bambini e quelli solitamente parlano, anche.»
«Ah. Ah. Diciamo gnocchi, allora?» aveva insistito Roberta agitando una mano e guardando per aria.
«Dovremmo avere una vecchia edizione dell'Artusi, per quelli.»
«Bei ragazzi?»
«Ehi, per chi mi avete preso? Di harmony ce n'è a bizzeffe!»
L'avevano punta nell'orgoglio, non aveva potuto demordere!
«Persone di sesso maschile, bella presenza e tangibili, insomma!»
«...»
“Merda... - aveva pensato allora - sono stata sconfitta dalla presenza tangibile”.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Galeotta fu la biblioteca'
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Our meeting is just a small thing in this big world, but just the fact that we met is a miracle.
GreeeeN, “Kiseki” (Miracle)


Nel quartiere nuovo della città, dalla finestra del bagno di un monolocale, si udivano le note di un motivetto fischiettate distrattamente da un inquilino. Il ragazzo non fece in tempo a uscire dalla doccia che sentì il cellulare squillare. Si cinse velocemente i fianchi con un asciugamano e si precipitò verso la causa di quel suono insistente. Doveva decidersi a cambiare suoneria o quello strombazzare gli avrebbe fatto esplodere il cervello, prima o poi.
Appena vide il nome sul display emise un sospiro: era mamma. Considerando il suo proverbiale tempismo perfetto previde che dovesse discutere con lui di questioni altamente irrisorie, come il colore di una camicia che stava per comprargli (e che lui avrebbe puntualmente stipato nell'armadio e non avrebbe mai indossato), o pessimi consigli di vita provenienti direttamente da un oroscopo da quattro soldi.
Si fece forza e mentre con una mano tirava indietro i capelli lunghi perché non gocciolassero sul dispositivo, con l'altra rispose.
«Ciao mamma, stavo...»
«Bruno, ho conosciuto una ragazza davvero carina, oggi.»
Trillò lei, senza dargli ascolto.
Bruno gemette, spazientito: quella era un'altra delle fissazioni della signora Dossi insieme alla critica del suo vestiario e all'oroscopo. Sapeva già che tipo di ragazza sua madre considerasse “carina” e temeva il peggio.
«Ma', non dirmi che...»
«Le ho fatto vedere la tua foto e...»
«Mamma! La vuoi smettere di far vedere la mia foto a giro per svendermi come se fossi alla fiera delle mucche maremmane?!»
«Senti,- rispose la donna abbassando la voce e Bruno scommise che con la mano a coppa si stava coprendo le labbra per non farsi sentire da chi aveva accanto - se aspetto te, imbranato come sei, non combinerai mai niente! Dammi retta, esci con Martina, è carina, gentile e studia alla Bocconi, mi hai capito? Alla Bocconi! Fammi questo favore, ti assicuro che è simpatica! Se poi non ti piace amen!»
Bruno sospirò, arreso. Tanto sapeva che se si fosse rifiutato ci avrebbe pensato sua madre a combinargli qualche appuntamento contro la sua volontà. Non sarebbe stata la prima volta.
«Passamela.» disse e gli sembrò che mamma Stefania avesse trattenuto un urletto isterico.
«P-pronto?»
«Ciao, Martina, giusto? - Cercò di non essere acido, ma già la situazione non gli piaceva e quella vocina titubante non migliorava la situazione - Senti, mi dispiace per mia madre...»
«No, no, figurati...» lo interruppe Martina con una risatina nervosa.
Non gli stava piacendo proprio per niente.
«Sì, beh, allora, senti: io dico a mia madre che ci vediamo sabato pomeriggio da Gustavo, così se te lo chiede puoi confermare, poi se non ti presenti se ne farà una ragione. Siamo d'accordo?»
«Ehm, sì, d'accordo.»
Concordarono i dettagli, poi Bruno troncò in fretta la conversazione e a scanso di equivoci spense il cellulare prima di tornare in bagno per asciugarsi i capelli e vestirsi.

Con il volto in fiamme Martina porse il cellulare a Stefania Dossi, la simpatica signora che aveva conosciuto poco prima sull'autobus.
«Allora? Che ti ha detto Bruno?» chiese la donna, curiosa.
«Ci vediamo questo sabato da Gustavo.»
«Cosa?! Ti ha invitato in un bar?! - Urlò quella strabuzzando gli occhi - Poteva almeno offrirti la cena... scusami, non so proprio dove ho sbagliato con lui! - Esclamò facendo ridacchiare la ragazza.- E poi perché non ti ha invitato stasera stessa?!» chiese retorica, delusa dal figlio.
«Beh, stasera forse era un po' affrettato... magari aveva altri programmi...» ipotizzò la studentessa, titubante.
«Ma no, figurati, che programmi vuoi che abbia di giovedì sera? È solo che è un ragazzone timido, te l'ho già detto...»
Martina sorrise e annuì mentre la signora Dossi le raccontava qualcosa del figlio con cui aveva appena combinato un'uscita e non era sicura di capire se stesse cercando di tessere le sue lodi o di prenderlo amabilmente per i fondelli.

Bruno, ignaro di tutto, si agganciò i bottoni dei pantaloni e sospirò esasperato. Aveva come la terribile impressione che Martina si sarebbe presentata all'appuntamento.
Di pessimo umore tornò di fronte allo specchio e si legò i capelli ancora umidi in una crocchia.
Sentì la voce della madre che gli ripeteva nella mente “Come fai a trovare una fidanzata se sei sempre così trasandato?” ed effettivamente pensò che almeno la barba avrebbe potuto farsela, ma come per protesta ci mise meno impegno del solito anche a sistemare i capelli. Non conosceva altri modi pacifici per ribellarsi all'invadente genitrice ed era da quando aveva imparato a vestirsi da solo che si rifiutava di seguire i consigli di buongusto della madre.
A lui piacevano i pantaloni morbidi e le magliette comode, che c'era di male? Tanto, con una perfezionista del genere, sarebbe stato criticato per qualunque scelta, nonostante gli sforzi.
D'altra parte Bruno era un pacifista, non voleva piantare grane, non amava i litigi e l'unica volta che aveva sfidato i genitori più apertamente era stato a diciott'anni, quando si era fatto il piercing al sopracciglio senza chiedere il parere di nessuno. Quando era tornato a casa sua madre aveva pianto e suo padre non gli aveva parlato per tutto il giorno. Sinceramente gli era un po' dispiaciuto, ma soprattutto aveva notato che continuare a vestirsi a casaccio era un attacco ugualmente efficacie e meno doloroso.
Inforcò gli occhiali e si esaminò di nuovo allo specchio. L'occhio gli cadde sul profumo che aveva comprato qualche mese prima, pensò “Magari...”, ma subito scacciò il pensiero.
«È solo un aperitivo con gli amici.» si disse a bassa voce ed uscì svelto dal bagno.
Afferrò il giubbotto di jeans logoro e le chiavi della macchina e si diresse verso il luogo prefissato, sperando di non essere troppo in ritardo.

«Bruno!»
Appena uscì di macchina vide Valentina che sventolava un braccio nella sua direzione, sorrideva e lo invitava ad unirsi al gruppo di amici.
«Scusate il ritardo» borbottò quando li raggiunse.
«Figurati, Roberta non è ancora arrivata. - Lo rassicurò Valentina mentre gli stampava due bacetti sulle guance. - Certo che questa barba potresti raderla qualche volta, ci hai mai pensato?»
Bruno roteò gli occhi.
«Non ti ci mettere pure tu... Niccolò, ma anche con te fa la mammina in questo modo?»
Niccolò rise e afferrò Valentina per i fianchi.
«Non prorpio...» rispose il ragazzo con un tono che nascondeva mille significati e le baciò il collo.
«Allora, mi spiegate perché siamo qui?» chiese Bruno agli altri, distogliendo lo sguardo dalla coppietta per lasciare ai due un minimo di privacy, dal momento che non l'avevano cercata da soli.
«Mi sembra di aver capito che c'è un'amica di Vale e Roberta...» disse Giorgio alzando le spalle.
«Sì, questo l'ho capito, ma perché siamo venuti in una biblioteca di giovedì sera?»
«Perché dentro c'è un bar che prepara un aperitivo a soli tre euro mentre degli attori leggono dei versi di poesie.» spiegò la voce acuta di Roberta, che li stava raggiungendo con piccoli passi svelti.
«Ciao Robi.» disse Bruno in coro con Giorgio e Fabio.
«Ciao ragazzi!» fece lei alzando una mano.
«Che hai fatto alle mani? - Chiese Bruno corrugando la fronte - Sono un nuovo tipo di arma illecita?» fece poi, indicando con il mento le mani dalle unghie lunghissime laccate di un colore biancarsto stranamente sinistro.
«Volendo sì. - Disse lei con un'alzatina di spalle - Sono di marmo.»
L'espressione tranquilla dell'amica lo inquietò più di quegli orribili artigli, perciò Bruno decise di lasciar perdere la questione.
«Allora, ci siamo tutti?» chiese Roberta come se nulla fosse.
Gli altri annuirono e anche i piccioncini si staccarono un attimo per rispondere all'appello.
«Andiamo, Susi ci starà aspettando.» dichiarò Valentina e guidò la marcia dentro l'insolito luogo di divertimento.

Dove diavolo erano finite le sue amiche?!
«Mi avevano promesso che sarebbero arrivate per le 19:00!» sibilò Susanna osservando l'orologio che aveva al polso e considerando la mezz'ora di ritardo che stavano accumulando le ragazze.
“Mi hanno scartavetrato le palle con questa storia, e poi...?” pensò irritata.
Quando aveva dato alle amiche il volantino della serata e aveva chiesto loro il favore di farle compagnia le sembrava che avessero accettato di buon grado. Le avevano assicurato la loro presenza, anche perché, come dicevano sempre, non riuscivano mai a vedersi, per un moivo o per un altro. Avevano scelto come doveva vestirsi e le avevano ordinato come avrebbe dovuto tenere i capelli e adesso che lei si sentiva tanto a disagio in mezzo a quegli sconosciuti, loro la abbandonavano spietatamente? Che crudeli! Dopo tutto quello che le avevano detto.
Menomale che non aveva dato loro ascolto per quanto riguardava la scelta degli abiti, altrimenti a quel punto si sarebbe chiusa nel bagno aspettando il loro arrivo.
«Dobbiamo trovarti un ragazzo con cui fare coppia per la serata, ma non ti preoccupare, ci pensiamo io e Roberta.»
Aveva affermato Valentina subito dopo aver accettato l'invito per quel giovedì. Lì per lì Susanna era rimasta anche un po' sconcertata. Non era che anche le sue amiche cominciavano a temere che sarebbe rimasta zitella, pardon, single a vita solo perché aveva superato i vent'anni ed era ancora sola, vero? Sperava che non fossero sfiduciate quanto sua nonna.
«Perché mai? Non avete fiducia in me?» aveva provato a chiedere, sgranando gli occhi.
«Perché, insomma, non si vedono tanti manzi in biblioteca!»
«Come no? Vai nella sezione di scienze naturali e c'è pieno. Qualcuno è anche nella sezione dei bambini e quelli solitamente parlano, anche.»
«Ah. Ah. Diciamo gnocchi, allora?» aveva insistito Roberta agitando una mano e guardando per aria.
«Dovremmo avere una vecchia edizione dell'Artusi, per quelli.»
«Bei ragazzi?»
«Ehi, per chi mi avete preso? Di harmony ce n'è a bizzeffe!»
L'avevano punta nell'orgoglio, non aveva potuto demordere!
«Persone di sesso maschile, bella presenza e tangibili, insomma!»
«...»
“Merda... - aveva pensato allora - sono stata sconfitta dalla presenza tangibile”.
Dopo quel teatrino le amiche le avevano assicurato che quella sera sarebbero arrivate con qualche amico promettendole che tra tutti ne avrebbe trovato uno che poteva fare al caso suo. Non si erano nemmeno risparmiate un'accurata descrizione della peculiare “merce”.
Susanna portò una mano alla tempia come per sistemare una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Stava cercando di non scoppiare a ridere al pensiero dei discorsi delle amiche, o forse tentava di non scoppiare a piangere, perché in realtà si sentiva uno schifo in quel momento. Non era sociopatica, ma si sentiva strana in quel ruolo da bibliotecaria-fuori-servizio, le mancava la scrivania dietro cui rifugiarsi per darsi un contegno ed aveva il ciclo, oltre tutto!
Quando abbassò la mano e gettò uno sguardo all'ingresso, invece, le sue labbra si stirarono in un sorriso grato. Rilassò le spalle. Non si era nemmeno accorta di essere tanto tesa, se non adesso che aveva incrociato il volto sorridente di Roberta.
Dietro di lei vide Valentina che entrava mano nella mano con Niccolò, come di rito, e una manciata di ragazzi intorno. Si ritrovò ad esaminarli velocemente e cercò di non ridere: grazie alle descrizioni delle amiche li riconobbe prima ancora di essersi presentata.
Poteva udire chiaramente la voce di Vale, come se le stesse parlando in quello stesso momento.
«Dunque, c'è Giorgio, - le aveva detto - non è esattamente aggraziato...»
«Diciamo che quando si muove pare un tricheco con la sbornia...» aveva corretto Roberta.
«...però ha due occhi azzurrissimi! Dovresti vederli!»
«Quasi violetti!»
«Enormi!»
«Magnetici!»
Lo vide anche se li separava ancora qualche metro, in effetti. Un ragazzo con due palle azzurre al posto degli occhi e molti meno rotoli di lardo rispetto a quelli che si era immaginata con la definizione “tricheco”. Ok, forse camminava in modo un po' strano, ma per il resto il paragone non reggeva affatto.
“Non ha nemmeno due zanne sporgenti...” considerò tra sé. Poi spostò lo sguardo su un piccoletto dai capelli scuri.
“Fabio”, indovinò.
«Lui è bello!» aveva assicurato Valentina.
«Sì, bel visetto, occhi verdi, sempre sorridente...»
«...e molto spiritoso.»
«Gli piace scherzare, si veste benissimo ed è curioso come un furetto.»
«L'unica cosa...»
Il tono di Valentina a questo punto era passato dall'entusiasmo alla scusa.
«...è che è un po' basso.» aveva concluso Roberta.
«Uno hobbit in confronto a te.»
«Ma pensa al lato positivo: mai più tacchi dolorosi se ti metti con lui!»
«E poi conosci la regola della L, no?»
Non aveva mai incontrato i loro amici e loro le avevano già fatto battutine a sfondo sessuale e avevano parlato di mettersi con uno dei sopracitati: un buon modo per non essere assolutamente in imbarazzo al momento delle presentazioni.
Il furetto in giacca e cravatta era basso esattamente come l'aveva immaginato, stavolta Vale e Robi non avevano esagerato.
«Poi c'è Bruno...» diceva la voce di Roberta nella sua testa, mentre scorgeva un terzo ragazzo in avvicinamento.
«Bruno è... normale»
“Strano!” ricordava di aver pensato in quel momento.
«Abbastanza alto, né grasso né magro...»
«Capelli castani, occhi marroni, occhiali...»
«Piuttosto tranquillo.»
Lo riconobbe per esclusione.
Che fosse un tipo sciatto fu la prima cosa che notò di lui, stupendosi del fatto che le amiche avessero dimenticato di aggiungere l'aggettivo al ritratto. Galeotta fu la barba poco curata ed i suoi normali capelli castani che erano lunghi e legati in una crocchia disordinata. Poi c'era il suo abbigliamento. Come descriverlo? Da come portava i vestiti sembrava che se li fosse gettati addosso solo perché costretto dalla decenza. Erano capi anonimi e non si potevano definire nemmeno “fuori moda”, perché Susanna dubitava che fossero mai stati di moda quei pantaloni troppo larghi che cadevano male e quella camicia indossata sopra una semplice maglietta nera.
Un ragazzo del genere sarebbe passato del tutto inosservato nel flusso della sua vita, se Susanna non avesse scoperto quella sera stessa, un piccolo, trascurabile e fondamentale dettaglio della sua vita.



Il mio angolino:
La protagonista di una OS che ha un posto particolare nel mio cuore ha finalmente un nome! Ce l'ha da tempo, in realtà, ma solo adesso ho deciso di pubblicare questa storia che languiva nel pc. Spero vi faccia sorridere.
A presto!
FatSalad

 
   
 
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