Tarli che rosicchiano la porta della tua stanza: loro, arditi, divorano il tuo legno con i denti, mentre io non faccio altro che levigarne la superficie con i sospiri. E lascio solo un solco nel muro con la forma della mia schiena, la mia testa consumata tra le mani per l’incessante tortura.
Nemmeno stavolta i tarli ti raggiungono dall’altra parte, ma i miei occhi si insinuano codardi nei loro vicoli ciechi, conquista non mia di un altro millimetro che mi separa da te, John.
Anche stanotte davanti alla tua porta chiusa, inerme, mentre i tuoi incubi urlano il mio nome.