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Autore: sailornana    07/09/2019    2 recensioni
Attenzione la storia contiene spoiler per chi ha visto solo l'anime
NANA non ha una fine. NANA è rimasto sospeso nel tempo, immobile, tra ciò che è accaduto e raccontato e ciò che continua ad accadere nella mente dei numerosi fan che attendono nell'appartamento 707 speranzosi che la storia venga raccontata ancora. Quando penso a NANA provo una sensazione di estrema malinconia che mi pizzica gli occhi e mi stringe il petto e sorrido, perché nonostante la tristezza per questa meravigliosa storia senza fine, NANA ha saputo regalarmi emozioni forti e vere come pochi altri capolavori sanno fare.
Questa è una raccolta di momenti sospesi nel tempo. Questa è la mia storia mai raccontata. Questa è NANA che non cessa di esistere.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Nobuo Terashima, Takumi Ichinose
Note: Lemon, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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懐かしい



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untold #1




Sai Hachi, quello che provavo in quel periodo non era chiaro neppure a me.
Sentivo come se la vita mi si fosse staccata dal corpo ed ero solo pelle, ossa e muscoli che agivano per inerzia.
Se capitava di farmi anche solo un graffio il mio sistema nervoso non reagiva e non mi preoccupavo neppure di leccarmi le ferite.
La mia mente invece... quella si che faceva male.
Le sue armi più dolorose erano i ricordi che continuavano ad infrangersi contro i miei occhi come onde di un mare in tempesta.
Ed io non potevo far altro che naufragare.


Nessuno aveva messo piede in quell'appartamento da quando questo non aveva più un proprietario e, ciò, loro, lo sapevano tutti.
Yasu infilò la piccola chiave nella serratura, aprendo la porta sull'ingresso vuoto e buio. Nana sussultò per un secondo, senza riuscire a mettere un freno a quei suoi pensieri incasinati che, ora, le ricordavano che se avesse permesso a qualcuno di aprire la porta della sua anima, in quell'istante, quel qualcuno avrebbe trovato lo stesso vuoto e lo stesso buio lasciato in quell'appartamento, proprio dal medesimo proprietario.
Takumi fu il primo ad entrare, tagliando la strada ad un più contenuto Yasu, il quale attendeva, invece, che Nana si facesse coraggio.

«Non c'è bisogno che tu faccia così Yasu!» lo rimproverò lei, entrando a gran passo nell'appartamento di Ren.

«Non so di che parli in realtà.» obiettò lui, raggiungendola e chiudendo alle sue spalle la porta.
«Io tanto devo solo recuperare qualche vestito... e vado via...»
La voce di Nana, stavolta, parve meno convinta e di questo se ne accorsero anche gli altri due.
«È per questo che Yasu fa così, Nana! Perché sa come ti senti in questo momento. È pronto ad afferrarti alle tue spalle nel caso tu dovessi cadere... Non so se hai afferrato la metafora. » commentò un Takumi più riflessivo, poggiato alla grande vetrata del salone.
«Io non sento proprio nulla in questo momento!»
Le parole della ragazza furono inespressive, vuote e statiche e vennero fuori con il solito temperamento aggressivo che la contraddistingueva mentre si dirigeva verso la camera da letto, lasciando i due uomini soli.
Yasu si accese una sigaretta, poggiandosi al braccio del divano mentre prese a massaggiarsi la base del naso tra gli occhi.
«Non sembra stia tanto male...»
«Non la conosci Takumi. E poi nessuno ha lamentato fin'ora il suo malessere.»
«Mia moglie invece si, Yasu. Ogni giorno mi aspetto che faccia ritorno nella nostra casa ed ogni giorno mi scrive dicendomi che deve restare con Nana perché sta male.»
Yasu non capiva cosa volesse ottenere con quelle parole Takumi né tanto meno perché si stesse aprendo con lui in quel modo e in quel momento. Continuò per questo a fumare la sua sigaretta, concentrandosi sull’ambiente che lo circondava.

Quella era casa di Ren.
Quello era l’appartamento del suo amico defunto.
Quel pensiero lo tormentava da giorni e, per quanto avrebbe evitato volentieri di affrontare una situazione del genere, non poteva far altro che esserci per Nana e supportarla in un momento instabile come quello. Momento che, ovviamente, provocava non poco dolore anche a lui.
Dal funerale del chitarrista dei Trapnest era trascorso più di un mese ma il tempo per Yasu sembrava come essersi sospeso in una dimensione passiva e sconosciuta. I Trapnest non suonavano. I Blast non suonavano. Entrambe le band non si erano sciolte ma entrambe le band non si comportavano come tali. La stampa pressava per ottenere delle dichiarazioni e le case discografiche premevano per far tornare in carreggiata i gruppi musicali. Tutti i musicisti sapevano quanto proprio le loro etichette, per quanto scosse dall’accaduto, non potevano non voler approfittare di un momento mediatico come quello per accelerare la scalata al successo delle band. A nessuno dei rispettivi componenti, ovviamente, pareva importare quel dettaglio o prendere addirittura in considerazione la cosa, perché era tutto ancora così fresco, tutto ancora così surreale.

«Piuttosto… come sta Reira?»

Takumi sospirò a quella domanda, evitando di voltarsi verso l’altro e continuando a fissare il cielo grigio e nuvoloso oltre la vetrata dell’appartamento.
«Starà bene… - disse con tono fermo l’Ichinose.»
«Immagino che anche Hachi potrebbe desiderare il tuo di rientro a casa... » commentò Yasu, tra una boccata e l’altra di nicotina, senza distogliere lo sguardo dal pavimento, oltre le lenti scure dei suoi occhiali.
Takumi si voltò in un primo momento irritato da quella supposizione per poi socchiudere per un istante gli occhi e rilassare il volto, tornando ad ammirare l’esterno. Era palese alle sue orecchie ciò che Yasu voleva insinuare e non c’era bisogno che glielo dicesse qualcun altro. Sapeva anche lui quanto stesse trascurando quel già precario rapporto con Hachi ma le sue priorità si erano sbilanciate ulteriormente. I Trapnest, per Takumi, erano sempre stati al primo posto, erano ciò a cui aveva sempre dedicato la maggior parte delle sue energie lasciando il restante per sé stesso e la sua promessa sposa. Ma dopo quella notte non c’era più stata una maggioranza e una minoranza, il tutto era dedicato solo alla band e, quindi, a Reira, la quale rappresentava l’ostacolo più grande da superare, in quel momento, professionalmente parlando.
«Era quindi qui che volevi arrivare con quella domanda sulla nostra cantante…»
«Posso solo essere contento che abbia te al suo fianco. So quanto tieni a Reira, nonostante tu sia il solito Takumi.»
«Vorresti starci tu al mio posto Yasu? Non sei passato più a trovarla neppure una volta… Non è da te.»

L’uomo spense la sigaretta ormai prosciugata del suo tabacco nel posacenere trovato sul divano. Provò a rispondere a Takumi ma i filtri delle Seven Stars morti da diverse settimane dentro quel posacenere non facevano altro che sbattergli in faccia la realtà dei fatti.

«Ho perso un amico. » disse, allontanando l’oggetto colmo di cenere ed alzandosi dal divano « Non gira tutto intorno a Reira.»

Takumi, un po’ spazientito ma con indosso la sua innata nonchalance, si voltò, raggiungendo l'altro, senza esitare nel proferir parola.

«Noi abbiamo perso un amico ed il nostro chitarrista.»

Yasu sorrise dal naso per l’ovvietà di quell’affermazione dell’Ichinose. Sapeva di potersi aspettare delle parole del genere da quel suo vecchio amico. Non c’era modo né situazione che potessero allontanare la mente di Takumi da quella che era la sfera professionale dei fatti e delle sue relazioni.

«Ma è ovvio… » gli rispose l'altro, decidendo di concludere lì quella conversazione.
Yasu allora si allontanò, iniziando a sistemare la collezione di cd di Ren nel borsone che aveva portato con sé, creando nella sua mente, inevitabilmente, un fiume di ricordi del suo passato con l'amico perduto.

**

Era trascorsa quasi un'ora dal loro arrivo quando Nana fece capolino dalla camera da letto. Occhiali da sole sul naso dove prima non c'erano , una giacca di pelle più grande di quella con la quale era arrivata e uno zaino pieno sulle spalle che poggiò sul divano, dove poi si sedette. Accavallò le gambe con nervosismo, portandosi una sigaretta alla bocca. Yasu, che l’aveva seguita nei movimenti, si avvicinò allungando una mano e dando fuoco alla carta che avvolgeva il tabacco.

«Dov’è la sua chitarra, Takumi?»

Nana non voleva proprio fare così. Non voleva avere alcuna intenzione di accumulare oggetti appartenenti a Ren e fingere di sentirlo ancora vicino come un tempo. Se l’era imposta, nella sua mente, quasi qualche minuto dopo aver avuto la notizia della morte del suo fidanzato, già pensava a robe del genere. Eppure, la tentazione era tanta. Eppure, tutto ciò che avrebbe voluto fare era rinchiudersi in quell’appartamento e cantare per lui con la speranza di farlo tornare dal regno dei morti. Ma la realtà non era una lugubre favola dal finale sorprendentemente inaspettato e, per questo, Nana aveva deciso di mantener fede a quella promessa alle sue intenzioni, ricordando, però, di tenere per sé l’essenza materiale di Ren: una giacca di pelle, un pacchetto di sigarette e una chitarra.

«È in studio da noi, ovviamente! Non penserai spetti a te averla, vero?»
«Stai scherzando!? » sbraitò lei alzandosi dal divano.
«Ren era un membro dei Trapnest e la sua chitarra resta alla band. » sentenziò Takumi, raggiungendo gli altri nell'altro lato del salone con aria determinata ma piuttosto serena.
«Non esiste Takumi! Prendete quel che vi pare ma quella chitarra è mia!!!»
«E che diritto hai su quella chitarra? » le chiese provocatorio il bassista.
«Mi appartiene in un modo che tu non potrai mai capire, idiota! -» gli urlò con rabbia Nana.
«E ora che intendi dire con questo?»
«Intendo che sei un uomo senza un briciolo di cuore Takumi! Intendo che sei un coglione di ghiaccio che non si scioglie neppure al sole. Certe cose tu non puoi capirle!!!»
«Chi pensi abbia pagato il funerale di Ren, eh? Chi pensi si sia occupato di tutte le spese burocratiche della faccenda? Chi ha acquistato l’appartamento affinché avessimo diritto a riappropriarci della sua roba?»
Nana ribolliva di odio, se odio era quello. Tutto ciò che Takumi diceva era vero ma questo non cambiava le cose.
Non cambiava il fatto che lei e Ren erano legati da qualcosa che neppure loro due erano mai stati in grado di spiegarsi.
Non cambiava che se lei fosse morta lui l’avrebbe seguita. Quelle parole tornavano a tormentarla continuamente.
Non cambiava che lei era capace di amare solo Ren anche se lui non c’era più, non le rimaneva altro da fare che amarlo, ancora di più, per far si che il ricordo dei momenti trascorsi insieme, il ricordo di quando si scambiavano pelle e battiti e si perdevano nell’essenza dell’altro, si mantenesse vivo il più a lungo possibile nella sua anima. Cos'altro avrebbe potuto fare?!
«Perché è l’unica cosa che sei in grado di dare tu! L’unica parte di te stesso che sei capace di donare agli altri sono i tuoi soldi, è ciò che compri, è un tetto su una testa e una vita agiata! È così che compensi la tua dannata incapacità di amare qualcuno!»
La voce di Nana era furiosa ma Takumi, seppur irritato, sfoggiava un sorriso a mezza bocca tra l’ironico e l’inquietante.
«Allora è questo, in realtà, il tuo problema Nana! » iniziò dicendole, accorciando la distanza che li separava con qualche passo «Non è la mia persona che ti scatena tutta questa rabbia ma è perché Hachi ha scelto me. È perché Hachi ha lasciato il vostro appartamento per vivere con me. È perché Hachi ora è mia! » finì di dire a pochi passi da una Nana con le lacrime d'ira agli occhi, ancora, però, coperti dalle lenti scure.
«Sei un illuso Takumi! E va a farti fottere!»
Nana pronunciò quelle sue parole ad un palmo di mano dal perfetto viso di Takumi che la osservava quasi soddisfatto. Continuò a fissarlo per qualche attimo prima di sbuffare dal naso esasperata per poi prendere il suo zaino e dirigersi verso la porta.
«Dove vai Nana? » chiese uno Yasu irritato e frustrato da tutta quella situazione.

«A prendermi la MIA cazzo di chitarra di Ren!!!» fu l’ultima cosa che sentirono i due prima del rumore della porta sbattere con violenza.

**

Nobu osservava Hachi scomparire in quella che una volta era la sua stanza nell'appartamento 707. Era la quarta volta che provava a chiamare Takumi e, anche se lei non l'aveva dichiarato apertamente, il ragazzo dava per certo fosse lui l'interlocutore irraggiungibile.
«Smettila di fissarla, sembri un maniaco...»
«Io non la fisso!!! » rispose lui frettolosamente con una certa noia.
Nana lasciò perdere la bugia dell'amico e tornò a dedicarsi alla sua sigaretta.
«Domani vengo con te! » sentenziò Nobu, dopo aver bevuto l'ultimo sorso della sua birra.
«Posso andarci anche da sola...»
«Lo so benissimo questo! Ma quella chitarra dev'essere tua ad ogni costo... Non riesco a starmene fermo se so che non è tra le tue mani...»
«Credo ti infastidisca di più il fatto che sia nelle mani di Takumi, invece.»

Nobu, inaspettatamente, sbatté con forza i pugni sul tavolo, rischiando di far cadere sul pavimento la bottiglia di birra che sarebbe, senza alcun dubbio, andata in frantumi.

«Guarda che Ren era anche mio amico, cazzo!!! E se c'è qualcuno che sicuramente non merita di averla, beh, si... Quello è senz'altro Takumi!!!»

L'espressione di Nana fu inizialmente sorpresa della reazione di Nobu. Dalla notte in cui avevano perso Ren, l'amico, sembrava essere caduto in un profondo vortice di passività e accondiscendenza. Per questo motivo, il fervore con il quale permetteva alle parole di uscirgli di bocca, la lasciò per qualche attimo stupita. Poi, però, rilassò il viso quando le onde dei ricordi tornarono a scontrarsi con il vuoto che la divorava dall'interno, proiettandole nella mente le immagini di giorni che sapeva tristemente non sarebbero più tornati.
«N-nana... - si interruppe Nobu, osservando la malinconica espressione dell'amica - Scusa... Scusami Nana, sono stato trop-...»
«Ma sta zitto, idiota! » mentì sorridendo ironica a mezza bocca, più a sé stessa che agli occhi dispiaciuti del ragazzo che aveva difronte.
Il silenzio che si venne poi a creare tra i due, sintomo di come entrambi si rifugiarono nei propri ricordi ogni giorno più lontani, permise loro di accorgersi che la telefonata di Hachi era andata a buon fine ma che era lontana dall'essere una di quelle tranquille e serene.


Nell'altra stanza, quella riempita ormai solo di polvere e passato, Hachi cercava invano di trattenere le lacrime agli occhi.
«Takumi, non posso ti ho detto! Nana ha bisogno di me!!!»
«A me non pare proprio, sai...»
«C-cosa... C-chi... Come puoi anche solo pensare una cosa del genere?!»
«Quello che penso è che tu debba tornare a casa nostra e riposare... Sopratutto per la bambina!»
Quell'attenzione, quella piccola preoccupazione nei suoi confronti che Takumi le dimostrò a parole, riuscì a scaldarle il cuore per qualche secondo. Non ricordava nemmeno l'ultima volta in cui suo marito le aveva dimostrato interesse. Eppure, quei secondi passarono velocemente quando lui continuò a parlare.
«Senti, io ho da fare quindi deciditi a rientrare così mando qualcuno a prenderti oppure ti pago un taxi...»
Le lacrime lasciarono gli occhi della ragazza solo per far spazio ad un'espressione ora più arrabbiata e spazientita. Prese qualche respiro, portandosi istintivamente una mano al ventre dove la sua bambina iniziò a scalciare chissà per che motivo.
«Takumi, io resto da Nana stanotte e anche la prossima probabilmente... Fin quando lei avrà bisogno di me io ci sarò!!! Sei stato tu a dirm-...»


E tanto avrebbe voluto sentirsi dire che anche lui aveva bisogno di lei ma tutto ciò che avvertì, dall'altra parte del telefono, fu il suono della chiamata interrotta bruscamente dal suo interlocutore.
Gli occhi ora increduli della ragazza tornarono a bagnarsi, esprimendo un'espressione ora furiosa, ora sorpresa, ora triste. E, ovviamente, non era certo la prima volta in cui si sentiva così. Non c'era giorno della sua vita, durante gli ultimi mesi, in cui non avesse riflettuto sulla decisione più giusta per la sua vita e sul suo destino. La decisione giusta era rappresentata naturalmente da Takumi, l'unico in grado di darle una vita agiata, senza preoccupazioni in campo economico e cosa più importante la possibilità di crescere sua figlia nel migliore dei modi. Era innamorata dell'idea di Takumi al suo fianco e, quindi, credeva fermamente di essere innamorata di lui. Oppure era realmente innamorata di Takumi e questo le faceva amare, quindi, l'idea di trascorrere la vita al suo fianco nonostante tutto.
Dall'altra parte c'era il destino.
Dall'altra parte c'era Nobu. E per quanto si dicesse che il destino attende le persone, beh, Hachi sapeva che Nobu non l'aspettava ormai più da un pezzo. Ma sapeva anche che se avesse scelto il destino la sua vita sarebbe stata forse più difficile, ci sarebbero stati sicuramente più sacrifici e più ostacoli da superare, ma con molta probabilità sarebbe stata sicuramente più amata e forse lei avrebbe finalmente imparato ad amare un'anima e non ciò che l'amore per essa rappresenta. Hachi, però, aveva scelto di non essere egoista e di mettere al primo posto sua figlia e la vita di quest'ultima. Eppure, c'era qualcosa che non le tornava ultimamente quando si perdeva in questa riflessione o quando provava ad immaginare come sarebbe stato intraprendere l'altra di strada, quella tortuosa del destino. Ma non ebbe il tempo di rifletterci abbastanza stavolta che la porta della camera si spalancò, mostrando una Nana preoccupata e stanca.


«Ti sentivo singhiozzare. Stai bene Hachi?»
"Singhiozzare?" pensò Hachi confusa. Possibile non si fosse accorta di aver iniziato a piangere così violentemente?! Eppure quella sua gola, ora così secca, doveva pur essere la conseguenza di qualcosa.
Gli occhi delle due ragazze si incastrarono tra loro. Quelli di Nana esausti e frustrati. Quelli di Hachi spenti e bagnati.
Quando la ragazza dai capelli castani prese posto sul pavimento, l'altra la raggiunse sedendosi accanto a lei. Restarono in silenzio per qualche secondo.
«Nana...»
«Mh.»
«Dov'è Nobu?»
La voce di Hachi fu un sussurro, non perché avesse paura di essere avvertita dal ragazzo ma perché c'erano cose che lei non avrebbe mai voluto sentire, anche se, in realtà, in quel momento, lei ancora non lo sapeva.
«È andato via... Ti ha sentito urlare e poi piangere... e senza una parola se ne è andato incazzato...»
«Oh...»
Gli occhi di Hachi, che fino a quell'istante avevano fissato quelli di Nana, per seguire le sue parole, ora tornavano al pavimento, come specchi di quella delusione mista a tristezza che si impossessò della ragazza.
Nana espirò rumorosamente, portando la testa all'indietro per poggiarsi alla parete alle sue spalle.


«Dovreste davvero smetterla...»
Le parole della ragazza dai capelli corvini uscirono sommessamente per via dei suoi denti digrignati e della mascella serrata, segno dell'irritazione che provava in quel momento. Hachi si voltò a guardarla rendendosi conto dello stato d'animo dell'amica. Non riuscì a non corrugare la fronte nell'intento di interpretare quelle parole dedicatele.
«Tu e Nobu vi amate e dovreste proprio smetterla di crearvi degli ostacoli da soli. » continuò con tutta l'aria di essere arrabbiata per questo «Il problema è che lui non è abbastanza sicuro di sé stesso per lottare per te e tu non sei ancora capace di riconoscere l'amore, visto che hai passato la tua vita con la consapevolezza che l'amore fosse qualcosa di gestibile, di controllabile... E no Hachi, non sai riconoscerlo per niente...»
Gli occhi della Osaki fissavano il vuoto davanti a loro. Con le sue ultime parole cercò di ricordarsi come fosse fatta quella stanza, che pezzo di mobilia ci fosse da quel lato della parete quando entrambe vivevano insieme nel loro appartamento ma faceva fatica a causa dell'immenso vuoto che occupava tutta sé stessa dentro e fuori. Sbatté le palpebre immobili da troppo tempo.
«N-nana... » sussurrò Hachi, portandosi una mano alle labbra quando si rese conto che, l'amica, stava silenziosamente piangendo lacrime corpose che ora solcavano quel volto così bello ma così stanco. Nana piangeva per la prima volta, almeno di fronte a qualcuno, da quando Ren era morto. Nessun attacco di panico quella volta, niente ansimare, niente annegare. Solo lacrime che non facevano altro che chiamare altre lacrime.
«... e questo è davvero un peccato, sai?! Perché entrambi respirate e sembra che la cosa non vi basti per mettere da parte i vostri dubbi e le vostre paure... Eppure, credimi, basta solo questo... Ba-basta solo respirare e potersi v-vedere, potersi toccare... » le parole di Nana iniziarono ad uscire con più fatica ora che anche lei si rese conto di star piangendo e aveva difficoltà a trattenere quel pianto intrinseco di sofferenza e impotenza «... Basterebbe che vi fermaste e vi sfioraste, guardandovi negli occhi... E fermaste quel momento per proteggerlo e t-trattenerlo il più a lungo possibile... C-che sia anche per tutta la vita... » si interruppe un attimo per asciugarsi gli occhi umidi, inutilmente perché le lacrime non volevano cessare di venir giù a bagnarle la pelle «Ma che stronzate sto dicendo?! Oddio Hachi, non so che mi succede... » finì col dire, sopraffatta dalla tristezza e dal suo stesso pianto.

«Shhh, oh Nana...»


Hachi provò a consolarla tirandola a sé e poggiando il volto dell'amica sulla sua spalla. Entrambe piangevano, ognuna a modo suo. Entrambe provavano a riflettere, ognuna a modo suo. A entrambe mancava qualcuno ma a ognuna in maniera diversa perché una di loro non poteva tornare indietro per riavere quel qualcuno e, tornare indietro, purtroppo, era l'unico modo per sopperire a quella mancanza.






Sai Nana, quella notte, anche solo per qualche minuto, presi davvero in considerazione la scelta di tornare nell'appartamento 707, tornare a vivere con te, abbandonare la vecchia Nana Komatsu alla sua vita da sposina perfetta e scegliere finalmente di essere Hachi, quella che già stavo diventando, quella nella quale già allora mi stavo evolvendo ma era troppo presto per capirlo. Davvero troppo presto.
Vorrei tornare indietro almeno la metà di quanto tu lo volessi quella notte e poter sopperire alle mie e alle tue mancanze.
Ma ora l'ho capito, sarebbe davvero bastato solo poter respirare e scegliere di farlo accanto di chi desideriamo di più nella vita,  a prescindere da ciò che si pianifichi per sé stessi.
Spero tu stia continuando a sopravvivere ed aprire gli occhi ad ogni nuova alba, perché so che da quando hai perso Ren, pur di trattenere i vostri momenti il più a lungo possibile, hai scelto di respirare per entrambi.

   
 
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