12.
Whitlock
I
vampiri stavano correndo
attraverso la foresta così velocemente che non riuscivo a
distinguere gli
alberi dal terreno.
Era
un insieme di colori scuri e
vorticanti; mi sembrava di volare –o almeno quella era la
sensazione, perché di
sicuro i vampiri non sapevano volare– e la spalla muscolosa e
tutta nervi dell’uomo
che mi teneva sollevata mi stava scavando nello stomaco e
nell’addome.
La
donna correva al suo fianco
senza apparente fatica, i capelli scuri e lunghi che danzavano nel
vento come
seta.
Parecchie
volte provai a colpire
il vampiro, di liberarmi e tornare a casa –anche se sapevo
che era impossibile–,
ma tutto fu completamente inutile.
A
forza di vani tentativi di
evasione le mie forze erano andate scemando; avevo mangiato solo una
scodella
di cereali e dopo l’intensa giornata passata a correre e
saltare da una base
all’altra nel campo da gioco dei Cullen intuii che il mio
livello di zuccheri
stava decisamente calando.
Avrei
voluto gridare, sperare che
Jasper fosse nei dintorni a caccia e che mi sentisse, che mi portasse a
casa e
che mi rassicurasse con il suo strano e familiare potere.
Il
mondo sfocato attorno a me da
marrone e color muschio divenne sempre più arido e quasi
inconsciamente mi
accorsi che stavo tornando veramente a casa.
Solo
che non era per fare i conti
col mio passato «fermiamoci
qui, tra poco dovrebbe arrivare Johnson»
disse Maria e immediatamente i
due vampiri si fermarono.
Il
mio stomaco non ne fu
contento: il rinculo quasi me lo strappò via e il senso di
nausea aumentò a
dismisura «potrei
sapere a cosa ci serve quest’umana? Io ho sete!
Non possiamo bercela e basta? »
domandò il vampiro posandomi a terra.
Non
ebbi il tempo di scappare; il
mio senso dell’equilibrio, dopo quella giostra fatta di
colori e forme sfocate,
era decisamente provato.
Caddi
a terra, cercando di
fermare il mondo che mi girava attorno tenendomi la testa tra le mani «non
ci pensare nemmeno, stupido
rimbecillito! Lei ci serve da esca e solo quando ne avremo bisogno!
Adesso fai
in modo che nemmeno una goccia di sangue esca da questa stupida
ragazzina:
conosco il mio pollo e so che appena capirà
cos’è successo seguirà la sua scia.
Per questo stiamo facendo il giro
dell’oca…imbecille»
parlò la donna, con tono gelido
e tagliente.
Aprii
un occhio e notai con
piacere che il mondo aveva smesso di dondolare, anche se la sensazione
rimaneva
la stessa.
Il
vampiro era alto quasi più di
Jasper, aveva dei corti capelli neri e il volto squadrato era ricoperto
da un
velo di barba.
I
suoi occhi scuri mi stavano
guardando con desiderio ossessivo «d’accordo…ma
sei sicura che verrà? Dopotutto è solo
un’umana»
«stupido,
non è un’umana qualsiasi. Oltre ad essere
follemente innamorato di lei»
e qui Maria si lasciò scappare una smorfia schifata «è
anche follemente innamorato del
suo sangue. Lei è la sua Cantante e quello stupido Whitlock
farebbe di tutto
per averla indietro».
Whitlock?
Chi era?
Il
perché mi avevano rapita me lo
stavano praticamente spiegando, non avevo bisogno di un disegnino; ma
mi
domandai se stessero parlando a vanvera come gli stupidi antagonisti
dei film
oppure se Maria stesse dicendo tutto per il semplice motivo che non mi
riteneva
una minaccia al suo piano.
All’improvviso
avvertii un lieve
tremore lungo la coscia: il mio cellulare stava vibrando; con tutta
probabilità
doveva essere la zia,che si informava del viaggio.
Ma
che ore erano? Il cielo era
ancora scuro ma all’orizzonte potevo vedere il sole nascere
in un leggero
bagliore verdastro.
Ci
avevano messo solo una notte
per arrivare al confine tra Nevada e Arizona, e ancora dovevano fare
parecchia
strada, a sentire dai loro discorsi.
Improvvisamente
davanti alla
donna si materializzò un altro vampiro, più basso
e mingherlino di Landon:
aveva dei capelli castani e lisci che gli ricadevano fino alle spalle e
gli occhi
rossi come rubini mi indicarono che almeno lui si era appena dissetato
col
sangue di qualcuno «ah,
Johnson! Finalmente sei arrivato! »
esclamò Maria con disappunto.
Io
guardai il ragazzo fare saluto
militare, tendendosi come una corda di violino «mi
scusi signora, ma non ho saputo resistere. Mi sono
fermato un attimo a Las Vegas».
La
fuga era stata completamente
cancellata dalla mia mente, per il momento: se con due vampiri era
impossibile
scappare, figurarsi con tre.
E
sarebbe stato più utile stare a
sentire cosa stava architettando quella pazza «è
qui vicino? Così Landon va a fare il pieno e non mi
stressa più…»
esclamò lei, guardando in tralice il collega
nerboruto.
Johnson
annuì, indicando un punto
un po’ impreciso dell’orizzonte alla mia sinistra «un
paio di minuti e sei la»
disse.
Il
vampiro forzuto era già
scomparso «allora,
hai portato quello che ti ho chiesto? »
chiese la donna al vampiro
magrolino.
Lui
annuì, tirando fuori dalla
tasca un sacchetto di plastica: dentro c’era qualcosa che
assomigliava alla
carne, ma era quasi totalmente bianca come gesso «non
ci ho messo poso a prenderlo»
l’ammonì lui, mentre lei
prendeva l’oggetto in mano, soppesandolo «basterà?
»
aggiunse e mi guardò da capo a piedi con
un’espressione
disgustata.
Maria
si avvicinò a me e mi afferrò
per il maglione smanicato, alzandomi di peso da terra «non
ci vorrà molto tesoro»
mi disse, con quel tono
zuccheroso che mi sapeva tanto di psicopatica.
Poi
iniziò a sfregarmi addosso
quell’oggetto, come se mi lavasse.
L’odore
era nauseante e mi
sembrava cartavetro contro la pelle; me lo strofinò sulle
braccia, sulle mani,
sulle gambe e sul collo.
Non
risparmiò nemmeno il mio
viso: strappò un pezzo più piccolo dalla manciata
di carne bianca come se fosse
pane e me lo passò accuratamente attorno agli occhi, sulla
fronte e sulle
guance.
La
nausea era quasi al limite e
pensai, con un po’ di malvagità, che non sarebbe
stato male farle vedere cos’avevo
mangiato per colazione «finalmente…non
finivi più»
mi disse, gettando via i pezzi
che rimanevano di quello strano muscolo e guardando verso
l’orizzonte «e
finalmente è ritornato quell’imbecille»
disse, riferita sicuramente al
suo compagno Landon «prendila,
partiamo subito»
disse poi a Johnson.
Lui
mi sollevò come fossi stata
un cuscino di piume e mi posò sulla spalla come aveva fatto
l’altro vampiro «andiamo,
Marina ci aspetta in New
Messico entro un paio d’ore, non vorrete arrivare in ritardo
spero»
disse.
Sentii
i vampiri mugugnare un
cenno di assenso, per poi ripartire.
La
giostra di colori riprese a
girare vorticosamente e io chiusi gli occhi, solo per evitare di
perdere più
energie del dovuto.
I
vampiri si fermarono davanti a
un capannone malandato e abbandonato.
Appoggiata
alla porta li
aspettava una ragazza di quindici anni, con il fisico slanciato e i
capelli
biondo cenere che le raggiungevano le ginocchia.
Era
vestita completamente di
nero, forse per mettere in risalto la sua carnagione bianchissima e le
labbra
rosse «Marina,
tesoro mio»
esclamò Maria, appena arrivò «allora
piccola, è tutto pronto? »
aggiunse, guardando la
ragazzina.
Lei
si piegò di lato per
guardarmi oltre la schiena della donna «quella
sarebbe la Cantante di Whitlock? »
chiese, con faccia disgustata «ma
è brutta! ».
Nonostante
fossi ubriaca per il
viaggio appena concluso a velocità vampiro, la guardai con
astio e con
espressione vagamente offesa.
Non
che potessi fare di meglio:
stavo tentando in tutti i modi di non rimettere il pranzo «lo
so, quel ragazzo ha dei gusti
particolari, ma non ci fare caso. È tutto pronto oppure la
mamma ti deve
picchiare? »
continuò Maria, guardando la ragazzina con le mani
sui fianchi.
Marina
sbuffò e aprì la porta del
capannone: all’interno era completamente vuoto a parte un
paio di sedie, delle
balle di fieno legate con delle spesse corde e tanti piccoli cadaveri
di topo,
completamente dissanguati «spero
che dopo potrò bermi il suo sangue, ne ho
abbastanza di animali e di questo posto desolato»
aggiunse la bionda bambina con la sua vocina
lamentosa.
Le
occhiaie sotto i suoi occhi
ambrati dal sangue animale erano accentuate ancora di più
dal trucco nero che
si era messa.
Johnson,
su ordine della donna
corvina, mi portò all’interno e mi
lasciò cadere a terra «legatela»
disse «così
starà brava per un po’»
e i due vampiri si avventarono
su di me: chi mi teneva pressata sotto il suo enorme e anomalo peso,
chi
strappava una delle grosse corde dai covoni e mi ci avvolgeva stretta.
Così
stretta che respirare mi fu
quasi impossibile.
Mentre
i due eseguivano gli
ordini, notai Maria parlare con la figlia adottiva a bassa voce: lo
sguardo
della bambina era imbronciato, mentre quello di Maria nascondeva tante
cose di
cui io avevo iniziato ad aver paura.
L’odore
che saliva dalla mia
pelle ormai non lo sentivo più, il mio naso era totalmente
addormentato e solo
quando respiravo più a fondo quell’odore mi faceva
lacrimare «bene,
ora ognuno di voi prenda un
vestito da questa sacca e depisti Whitlock il tempo necessario
perché la sua
sete aumenti. Poi lasciatevi pure seguire fin qui. Al resto penso io»
disse, lanciando il mio borsone
ai due vampiri.
Marina
teneva già in mano un paio
dei miei jeans; la mia mente stava lavorando velocemente, nonostante
l’ossigeno
si facesse desiderare.
Nonostante
avessi qualche
sospetto, prima di pensare a qualsiasi altra cosa dovevo aspettare una
conferma
qualsiasi.
Così
rimanemmo sole, io e quella
donna senza scrupoli
Maria
si avvicinò a me,
piegandosi sulle ginocchia e guardandomi con finto affetto, e io potei
guardare
per bene come fosse in realtà.
La
pelle era leggermente più
scura di quella dei Cullen, le labbra erano piene e rosse, mentre un
neo scuro
sostava sullo zigomo sinistro.
I
capelli mossi le ricadevano su
una spalla e il fisico abbondante ma slanciato troneggiava su di me,
stesa a
terra «spero
tu sia contenta, tempo qualche settimana e
vedrai il tuo adorato Jasper. E poi morirai»
mi disse mielosa.
La
rabbia di me crebbe così tanto
che pensai di poter spezzare le corde come avevano fatto i vampiri «se
vuoi uccidermi fallo subito»
dissi, senza pensare.
Mi
vennero in mente le iniziali
sul fazzoletto di Jasper. Così il suo vero cognome era
Whitlock…avrei preferito
scoprirlo in un altro modo.
Maria
ridacchiò «ma
nooooo tesoruccio! Non ci
serve il tuo sangue adesso»
disse, prendendo il mio viso tra le sue mani fredde e
dure e avvicinandolo al suo fin quasi a far toccare le punte dei nostri
nasi «vedi
cara, di te non me ne
importerebbe più di tanto e fosse per me ti farei fuori
adesso…ma il piano è un
altro. Jasper Whitlock è di mia proprietà e in un
modo o nell’altro lui tornerà
da me. Tu sei solo uno dei tanti modi che mi è venuto in
mente»
disse.
I
miei occhi si spalancarono di
stupore, poi mi accigliai e sputai in faccia a Maria «tienitelo
il tuo Jasper! Non me
ne importa nulla! »
esclamai.
Sapevo
che non era la verità –e fece
molto male quella frase, molto più di una
coltellata– ma se potevo rendermi
inutile almeno non avrei messo in pericolo lui.
Maria
si pulì con un paio di
dita, osservando con noncuranza la mia salva che le colava dai
polpastrelli «certo,
certo. Non te ne importa.
Anche se vi siete già baciati»
disse e io maledii lei e me stessa «il
suo odore era addosso a te in
una maniera quasi ossessiva, quando ti abbiamo prelevata, cara.
Non
cercare di prendermi in giro,
accorceresti solo la tua vita. Ora scusami ma la sete ora è
davvero
insopportabile e per ora non posso cedere al richiamo del tuo sangue.
Torno
subito tesorino»
disse con un sorriso soddisfatto, si alzò e uscì
dal
capannone, chiudendomi dentro.
Se
non fosse stato per alcune
travi rotte del soffitto, sarei caduta nel buio.
E
io, disperata e senza idee,
lasciai che le lacrime uscissero da sole dai miei occhi.
Risposte
alle recensioni:
Sa chan: Ohhh
non dire così che
mi commuovo! ^w^
Norine:
Sorpresa eh? Hihi invece
di James –porello, lassiamogli un po’ di
riposo!– ho pensato che sarebbe stato
intrigante metterci qualcuno di più velenoso. In effetti
Landon ha il potere di
far credere agli altri di essere qualcun altro.
Quando
Sarah ha capito che non
erano i suoi genitori l’illusione per lei è
svanita come fumo.
Maria
non credo che le farò
qualche potere, è già abbastanza cattiva
così di suo! XD