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Autore: anaFuZy 14    08/09/2019    1 recensioni
| de-aged | slash | what if ?
A causa di un incantesimo mal elaborato Derek torna ad essere un adolescente come tanti altri, dipendente in tutto e per tutto dal suo branco.
Ma cosa accadrebbe se rivedesse in Stiles la vecchia Paige, riconoscendolo come sua ancora nonchè grande amore ?
Tra amici maliziosi, uno Scott eccessivamente protettivo, una Lydia fervida sostenitrice degli Sterek, dei beta dal dubbio orientamento sessuale ed un giovane Sourwolf ribelle ma romantico sarà Stiles in grado di trovarvi una cura ?
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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A svegliare Stiles, il mattino successivo, fu il poco piacevole suono della sveglia accompagnato da un basso rantolio proveniente dall’ammasso di coperte ai piedi del letto.

Con un mugolio sommesso e lo sguardo assonnato carico di nervosismo, il giovane Stilinski fece per abbandonare il piacevole torpore delle coperte solo pochi minuti dopo, con lo scopo di raggiungere quanto più velocemente il bagno.

Distratto, nella fretta, rischiò di capitolare a terra, inciampando in un lembo della coperta scompostamente abbandonata a terra.

Non prestandovi particolare attenzione afferrò distrattamente una felpa, poggiata con un’insolita cura sullo schienale della sua sedia girevole, e se la infilò, rabbrividendo.

Al mattino, benché fossero solo i primi di settembre, l’aria pareva essersi fatta più fredda e l’aver dormito con le finestre ben chiuse non sembrava aver cambiato le carte in tavola.

Ancora immerso nelle sue misere considerazioni sul precoce arrivo dell’autunno- non poi così precoce, visto e considerato che la piccola e tranquilla Beacon Hills si trovava in prossimità di delle catene montuose- si ritrovò inavvertitamente a sbattere contro quella che credeva essere la porta del bagno, e che solo successivamente scoprì essere il petto di un giovane e non-poi-così-umano Derek.







Questi, dal canto suo, aveva appena avuto il tempo di farsi una rapida doccia prima di percepire il battito del suo umano farsi più rapido, chiaro avviso del suo imminente risveglio.

Allacciandosi in tutta fretta un asciugamano color panna in vita sorrise spontaneamente al suo stesso pensiero; “il suo umano” suonava così dannatamente bene, per il suo lupo, tanto da stordirlo.

Ricordava, sin da bambino, di esser sempre stato considerato un tipo particolarmente vispo ed intelligente, ma in principal luogo possessivo.

Sebbene prima d’allora non ricordasse d’aver mai visto il giovane che rispondeva al nome di Stiles Stilinski, un radicato senso di protezione si era risvegliato in lui non appena un dolce odore di miele e cioccolato lo aveva travolto, cogliendolo di sorpresa.

Particolare, nella sua semplicità, aveva fatto perdere un battito ad ambo le sue due nature, spingendolo a raggiungerlo di tutta fretta nell’umido e freddo scantinato.

Un’insana rabbia lo aveva poi pervarso, nel constatare che la fonte di quel profumo tanto ammaliante altro non era se non costretta tra gli sporchi artigli di un altrettanto sporco licantropo.

Da allora e fino poi alla dipartita dei singoli componenti del branco i suoi ricordi si facevano confusi.

Sapeva per certo di aver scagliato lontano il corpo del mannaro, facendo perno sull’effetto sorpresa dovuto al suo arrivo inaspettato, e pochi istanti dopo il corpo dell’umano era stretto tra le sue braccia.

La pelle diafana era macchiata, in prossimità del collo, da dei segni rossi, unica traccia della sosta prolungata delle mani dell’uomo su di lui. 
Un basso ringhio, emesso dal fondo della gola, gli era sfuggito contro la sua volontà, in segno di protesta a quello scempio che occupava una così vasta porzione di pelle esposta.

Una porzione di pelle che, a gran voce, il suo lupo aveva immediatamente reclamato come propria di diritto, spingendolo ad osservare assorto quella pallida distesa costellata da nei e nulla più.

Appariva morbida al tatto, priva di imperfezioni e candida come poche; se ne sentiva irrimediabilmente attratto.

Ricordava distrattamente uno sguardo dorato incrociare il proprio, poi il nulla.

Ed ancora una volta un profondo senso di fastidio e gelosia si era fatto strada in lui, quando il giovanissimo alpha di Beacon Hills aveva travolto Stiles con un imperioso abbraccio.

McCall, così aveva detto di chiamarsi, e da allora fu certo di una cosa. 
La sua sete di sangue, se solo Scott si fosse avvicinato ancora più del dovuto, sarebbe stata soddisfatta.







Fu così che Stiles lo trovò, con solo una misera salvietta a coprirlo ed un dolce sorriso ad illuminargli gli occhi verdi.

“Non era solo un incubo” ebbe appena il tempo di sussurrare, prima di cadere svenuto tra le braccia di un allarmato quanto sconvolto licantropo.



**********************************************************






Quando Stiles si svegliò, per la seconda volta, nel giro di un’ora, sentì un lieve senso di nausea coglierlo ed una serie di puntini luminosi diffondersi in maniera disordinata e scomposta sotto alle palpebre socchiuse.

Con non poche difficoltà sbirciò tra le ciglia ciò che lo circondava, sentendo un brivido percorrere ogni singola fibra del suo corpo, da cima a fondo.

Fece per alzarsi a sedere quando delle voci a lui conosciute si diffusero per l’abitacolo, urlando a gran voce improperi ed insulti piuttosto coloriti.

Fronte aggrottata e passo malfermo, ebbe appena il tempo di raggiungere la porta della sua camera, prima di venir travolto non da uno ma bensì due paia di braccia che lo trascinarono nuovamente a sedere.

Ancora confuso e dolorante guardò, allucinato, le due figure riprendere ad insultarsi come poco prima, con a dividerli la sola sua presenza.

Si schiarì la voce, nel tentativo di attirare su di sé l’attenzione dei due che, indisturbati, continuarono a battibeccare.

Con un principio di emicrania ed il senso di nausea sempre crescente si lasciò sfuggire un singhiozzo esasperato, portando le mani a massaggiarsi le tempie doloranti.

Prima ancora di poter riflettere e prendere in mano la situazione- a prescindere dalle sue volontà, che i due ingaggiassero uno scontro all’ultimo sangue non era una realtà auspicabile- un profondo silenzio calò nella stanza.

Quando rialzò lo sguardo incrociò quello dei due che, preoccupati, sembravano aver lasciato da parte i loro rancori, pronti a venire lui incontro.

“Come ti senti ?” azzardò a domandare infine Scott, accennando un sorriso incerto.

La truce occhiata che, per tutta risposta, Stiles gli rifilò bastò a far ammutolire l’alpha che, stringendosi nelle spalle, si sedette al suo fianco.

In un gesto spontaneo, dettato dalla stanchezza e l’irrefrenabile necessità di mettere quanta più distanza tra lui ed il suo  nuovo coinquilino, Stiles poggiò la testa sulla spalla del suo migliore amico con un sospiro.

“Si può sapere cos’avete da urlare di prima mattina, voi due ?” borbottò dopo alcuni istanti, arricciando il naso.

Con uno sbuffo seccato Scott portò una mano tra i suoi capelli, accarezzandoli delicatamente, cercando nel mentre di formulare una risposta che non risultasse infantile- ciò che realmente era.

“Hale mi ha chiamato una mezz’ora fa, dicendo che eri svenuto borbottando qualcosa in proposito di un incubo e che non accennavi a svegliarti quindi-“ 

La sua spiegazione pressoché conforme alla realtà dei fatti- finse di ignorare l’occhiata scettica di Derek riguardo alla cosidetta mezz’ora di tempo- venne bloccata prima del tempo dal suddetto licantropo che si piazzò a braccia conserte al fianco di Stiles.

“Sei stramazzato a terra nel giro di pochi istanti; visto che non ti svegliavi ho chiamato questo qua, che ha preso ad insultarmi ancor prima di arrivare, accusandomi di averti ferito” sbottò con sguardo inceneritore ad indirizzo di uno scandalizzato alpha.

Questi, come una molla, all’uso di quell’appellativo pressoché sprezzante, era scattato in piedi, fronteggiando il minore.

“Vedi di portare rispetto, razza di moccioso” ringhiò a pochi centimetri di distanza dal suo viso, distorto da una smorfia schifata.

“Se solo tu guardassi all’in di là del tuo stupido naso alpha capiresti che in realtà non ho neppure sfiorato Stiles, non prima che mi svenisse tra le braccia” soffiò Derek tra i denti, affatto intimorito dal bagliore rossastro nello sguardo dell’altro.

“Okay, okay, basta così” s’intromise il padrone di casa, piazzandosi tra i due come a dividerli

“Non voglio spargimenti di sangue, ripulirlo mi toglierebbe tempo prezioso che potrei impiegare nello spiegare a mio padre cosa ci faccia qui un Derek nel pieno della pubertà e cercare di impedirgli di buttarci tutti fuori di casa, che si tratti di chiappe mannare o meno” aggiunse come a sottolineare le sue priorità, allontanandosi dai due per afferrare lo zaino e riempirlo alla rinfusa con libri che probabilmente non vedevano la luce del sole da anni.

“Che stai facendo ?” chiese ancora più adirato Derek, avvicinandosi a passo di marcia al castano, strappandogli di mano la borsa, con irruenza.

“Sto andando a caccia di vampiri-zombie assetati di sangue di anfibi” sbottò nervosamente, ricevendo in risposta lo sguardo scioccato del giovane mannaro.

“Non dire sciocchezze, non esistono gli zombie” ribatté questi, crucciato come il vecchio Derek era solito fare.

Ad occhi sgranati, incredulo del fatto che non avesse colto la chiara ironia nelle sue parole, abbandonò ogni buon proposito, superando il proprio migliore amico per raggiungere la scala che lo avrebbe condotto alla cucina.

Aveva davvero bisogno di un caffè.



*********************************************************


“Non credi di star esagerando ? Sarà il terzo caffè che prendi nell’arco di un’ora” domandò un perplesso Scott, seduto al tavolo della cucina assieme al suo migliore amico.

Stiles, chiusosi nel suo ben evidente mutismo, gli lanciò appena uno sguardo, tornando a rileggere ciò che Derek aveva scritto con dovizia di particolari la notte passata.

Sebbene si aspettasse che l’altro l’avrebbe aiutato indipendentemente dalla sua risposta non credeva di per certo che avrebbe buttato giù sei sei facciate di nozioni sull’Aconito.

Per un istante, una frazione di millesimo di secondo, si sentì davvero malvagio ripensando al secondo fine della ricerca, e dunque studiarne le proprietà così da poterlo usare per tenerlo a bada, poi, così com’era venuto, il senso di colpa era sparito.

Spirito d’autoconservazione, si ricordò, quando il moro entrò nella stanza, con sguardo apatico e disinteressato.

Solo quando lo volse verso il giovane padrone di casa improvvisato sembrò illuminarsi e, spontaneamente, Stiles ebbe come l’impressione che ciò fosse dovuto ai fogli di carta tra le sue mani.

Come un lampo a ciel sereno, poi, le parole di Lydia e Scott risuonarono nella sua mente, rammentandogli di dover cerare, quanto meno, di instaurare un rapporto amichevole con il suo ospite.

A discapito di ciò che si era prefissato incassò ancor più la testa tra le spalle, perdendosi tra le righe senza realmente leggere ciò che vi era scritto.

Si disse di ringraziare il SourWolf- poteva ancora chiamarlo così ?- e poi filare a lezione, dopotutto era ancora in tempo per entrare in seconda ora.

“Scott, puoi andare. Qui me la vedo io.” 

Non era ciò che avrei dovuto dire !

“Ne sei sicuro ? Insomma, potrei esserti utile e poi-“ iniziò a dire questi, gettando qualche occhiata al moro, notando un chiaro compiacimento nel suo sguardo vigile.

Accidenti, no ! Resta qui ti prego.

“Va’ pure” annuì, e se solo fosse stato a sua volta dotato di super-sensi avrebbe percepito Derek emanare chiaramente felicità da tutti i pori.

Complimenti Stiles, non ascolti neppure te stesso.

“Chiamami, se dovessi avere bisogno di qualcosa”  mormorò incerto, abbassando lo sguardo quasi sconfitto.

“Oh avanti, non fare quella faccia; lascia che anche gli altri godano della mia splendida compagnia” sventolò la mano, scompigliandogli i capelli; nella risata di Scott vi era ben poca allegria.

Sulla porta, lo zaino in spalla ed un accenno di sorriso, l’alpha lasciò una carezza sulla guancia dell’altro, allontanandosi velocemente verso la sua macchina.

Con un sospiro stanco Stiles richiuse la porta, cercando di far mente locale ed iniziare a scoprire qualcosa sull’improvvisa regressione dell’ampollo della famiglia Hale.

Con una sana dose di autoironia e pungente sarcasmo si disse che il detto “parli del diavolo, spuntano le corna” doveva cadergli a pennello, visto che neppure a farlo apposta- oppure sì- il giovane era silenziosamente comparso alle sue spalle, abbracciandolo da dietro.

“Finalmente sei solo mio” sussurrò contro il suo orecchio, sfiorando con il naso la linea sottile del suo collo.

Come un deja-vu ricordò della sera precedente, ed ancora una volta l’impellente bisogno di allontanarsi si fece vivo in lui.

“Okay bel ragazzone, teniamo le distanze che ne pensi ? Sai, no, in sociologia ci sono ben tre tipi di distanze; a partire da quella pubblica a quella personale di almeno due metri e me- okay, non ti piace il concetto di distanza” iniziò a straparlare,  come suo solito, interrompendosi solo quando il minore, con un ringhio infastidito, aveva affondato ancor più il naso tra i suoi capelli.

Sarebbe stata una lunga giornata, ne era certo.

“Ascolta, mi fa davvero piacere che tu non abbia più intenzione di strapparmi la gola a morsi ma io ho davvero bisogno di capire cosa stia succedendo, quindi che ne dici di spostarci sul divano ?” azzardò in un lampo di genio, pregando di poter convincere l’altro con la stessa facilità con cui vi era riuscito la sera.

Derek, dal canto suo, sembrò apprezzare di gran lunga la sua proposta, vista l’enfasi con cui lo trascinò al suddetto divano.

Ciò che Stiles certamente non aveva però tenuto in conto era stata la super-forza del minore che, dopo averlo spinto sdraiato sul divano, si era piazzato piuttosto comodamente tra le sue gambe ora divaricate, petto contro petto ed il viso nascosto nell’incavo del suo collo.

L’umano, con le guance rosse come non mai, cercò di non balbettare quando chiese all’Hale cosa stesse facendo- chiaramente fallì.

E quando si disse che le cose non sarebbero potute andare peggio, probabilmente non aveva tenuto in conto la possibilità che suo padre, allertato dalla scuola, sarebbe tornato a casa con largo anticipo.

“Credimi, non è ciò che sembra papà, posso spiegare !.”

Queste furono le ultime parole che proferì, prima che l’uomo, pallido come non mai, non rischiasse un infarto precoce.










angolino me.
Che dire, a distanza di molto ho deciso di riprendere con la pubblicazione di questa storia.
Perchè io l'abbia abbandonata, vi starete chiedendo, e temo davvero di non poter dare una risposta.
Nella speranza che qualcuno sia ancora qua, questo è quanto.
-M.
  
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