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Autore: mgrandier    09/09/2019    13 recensioni
Une decisione può cambiare l'esistenza, la propria e quella di altri, ma è l'insieme delle scelte che compiamo, le nostre e quelle di chi gravita nella nostra vita, sospese tra istinto e ragione, a determinare la nostra storia e a renderla una vita vera.
Oscar ha scelto di vivere come un uomo: ma è veramente questo ciò di cui ha bisogno?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un solo uomo
 
- Voglio la verità, Oscar. –
Queste erano state le parole pronunciate dal Generale mentre, con lo sguardo fisso nel suo, aveva consegnato le chiavi della cella nelle sue mani; non aveva aggiunto nessun’altra parola, si era limitato a seguirlo con lo sguardo, certo di non poter fare altro, se non fidarsi del giudizio e dell’istinto del proprio erede.
 
Allora lui aveva lasciato lo studio del padre, dapprima controllando i propri passi e poi, via via che si allontanava da quella stanza, lungo l’austero corridoio del piano nobile, lasciando che le gambe si muovessero sempre più rapide, attraverso l’atrio, il corridoio secondario e poi giù per la scala minore e per lo spoglio passaggio che conduceva alle cantine segrete.
Con il cuore che martellava in gola, superò alcune porte di sicurezza, notando appena il fatto che nessuno fosse stato posto di guardia ad assicurarsi che il prigioniero non potesse fuggire; si mise a correre lungo i corridoi del piano interrato, dove la luce incerta di alcune lampade si aggiungeva a quella fioca delle strette feritoie aperte nella parte alta dei muri. Giunse dinnanzi alla porta dell’ultima cella e, a fatica, governando appena le dita tremanti, riuscì a sbloccare anche l’ultimo meccanismo che teneva sigillata la stanza. Dovette fare forza per smuovere il massiccio battente e, per qualche istante, non riuscì a scorgere nulla nel buio umido che governava il locale; allora avanzò di un passo, scrutando attorno a sé, mentre lo sguardo si abituava alla poca, pochissima luce, fino a che non riuscì a scorgere una sagoma accasciata a terra, immobile.
- André! – lo chiamò d’istinto, con la voce dell’angoscia, precipitandosi verso l’ombra e cadendo sulle ginocchia dinnanzi a lui – André … - mormorò poi più delicatamente, sollevando le mani tremanti fino a sfiorargli il capo.
André era seduto a terra, con le gambe piegate, i gomiti poggiati alle ginocchia e il capo chino, affondato tra le braccia; era rimasto immobile al suo ingresso, quasi inerme, e solo ora, come risvegliato dalla sua voce e dal suo tocco, aveva appena smosso il capo, sollevandolo lentamente dalle braccia.
Al vedere che André si era risvegliato, riprese a chiamarlo, muovendo ancora le dita sul suo capo, in una sorta di carezza gentile – André, sono io, Oscar … Mi senti? Riesci a vedermi? –
Una luce fioca diede forma al viso dell’uomo a terra, rivelando al suo sguardo l’occhio cerchiato dalla sofferenza e il segno umido ancora visibile delle lacrime, sotto le ciocche arruffate dei capelli che coprivano parte del volto; André aggrottò la fronte, incredulo, e chiuse e riaprì gli occhi più volte, prima di socchiudere appena le labbra, per inumidirle e sussurrare un nome – Oscar? –
Al vederlo finalmente un poco lucido, gli si fece più vicino, portando i palmi al suo viso e parlando ad un soffio da lui.
– Sono io, André, e sono venuto a prenderti, a portarti via da qua. – gli spiegò – Ce la fai ad alzarti? Forza, sollevati da terra, ti aiuto io … – proseguì, iniziando a muoversi e accennando ad afferrarlo per le braccia, per poi bloccarsi, avvertendo come André opponesse una sorta di pacata resistenza.
- Non posso, Oscar … - mormorò André - … io sono rinchiuso qui perché … perché il Generale sa cosa ti ho f… -
- E io sono qui perché devi essere liberato! – lo interruppe, stringendo di più la presa sulle braccia di André e riprendendo gli sforzi per sollevarlo da terra – Non capisco come tu possa esserti accusato di una cosa simile di fronte a mio padre … ma non ho nessuna intenzione di lasciarti in questa cella un minuto di più! – lo riprese, con maggiore determinazione, riuscendo a farsi seguire da André e a rimetterlo in piedi, se pur barcollante e con le spalle appoggiate al muro.
- Oscar, aspetta … - chiamò allora lui, che pareva lentamente farsi più cosciente – Tu eri in Normandia … e ora sei qui … Tu sei tornata per me? – chiese confuso.
Si morse le labbra, prima di rispondergli, rivivendo le ore di angoscia vissute dall’arrivo della missiva del padre e riordinando i pensieri, finendo poi per annuire e sollevare lo sguardo verso il suo – Sì: mio padre ha mandato un messaggio avvisandomi che eri rinchiuso qui e io … io non potevo restare lontano sapendo che il mio … che tu eri in pericolo, chiuso qui dentro … - ammise.
Riuscì ad intuire il suo sguardo di nuovo umido, che si chiuse celando le lacrime, mentre lui deglutiva, scuotendo il capo lentamente – Io ti ho fatto del male, Oscar: io sono un pericolo per te … -
- Non dirlo nemmeno per scherzo, André! – riprese allora con ritrovata enfasi – Abbiamo fatto a scazzottate per anni, io e te; ci siamo presi per i capelli e rotolati nell’erba; sai bene che non ti ho mai considerato un pericolo! –
Con lo sguardo adattato all’ombra, Oscar ormai riusciva a scorgerlo bene: André rimase per qualche istante in silenzio; parve riflettere, o ponderare forse le parole da dare in risposta, proprio come da sempre faceva quando i loro discorsi si facevano tesi e il peso di ogni frase era maggiore. Riconobbe in lui il giovane che conosceva da una vita, l’amico di cui aveva cercato la presenza nel vuoto dei giorni passati in Normandia e l’uomo di cui, ammise, giorno dopo giorno aveva sentito sempre più distintamente la mancanza.
- Sai bene che niente è più come era prima, Oscar. – prese infine a spiegarle André, con la voce tremante, che rivelava uno sforzo immane, per mantenersi apparentemente saldo – Io ti ho aggredita, ti ho rubato un … un bacio disperato e ti ho confessato i miei sentimenti. – proseguì con sempre maggiore difficoltà, cercando di sostenere il suo sguardo, vincendo anche la vergogna che gli serrava il respiro – Ti ho mostrato cosa sia un uomo e quale sia la sua parte peggiore … la mia parte peggiore. Tu non potrai più guardarmi e vedere colui che vedevi un tempo: tu mi hai allontanato da te e per questo io non … -
Un violento schiaffo gli impedì di proseguire, spezzando le parole che avrebbe voluto pronunciare, mentre Oscar gli afferrava poi il lembi della camicia, strattonandolo, per poi immobilizzarlo con le spalle contro il muro.
- Mi hai aggredito e mi hai rubato un bacio - gli ringhiò contro – e, lo ammetto, volevo allontanarti da me, ma … - la voce si incrinò appena, rendendo più caldo il tono delle sue parole - … ora so che era una assoluta pazzia pensare di risolvere i miei problemi rinunciando a te … perché vedi, in questi giorni, senza di te, e dopo averti perso … beh io non ho ritrovato nemmeno me stesso … - ammise infine.
Restò immobile, fissando il proprio sguardo in quello tremante di André e scorgendovi un riflesso insolito, che non seppe leggere e gli provocò un fremito; le mani trattenevano ancora i lembi della sua camicia, mentre sulla sua guancia la scia lucida delle lacrime rendeva visibile il segno rosso dello schiaffo ricevuto poc’anzi. Per un istante, si sentì in bilico, in equilibrio tra vittoria e sconfitta, ma pronto all’ultima mossa, disperata: l’aveva in pugno, quasi inerme, con la schiena al muro, le braccia lungo i fianchi e il capo chino, rivolto verso il suo, ma ancora inesorabilmente fermo nel suo insopportabile silenzio.
- Tu hai ragione, André, ma ora mi devi ascoltare: - mormorò allora, deciso a non lasciare nulla in sospeso e pronto a giocarsi tutto – mi hai aggredito e io ti allontanato da me; io stesso ti ho aggredito, adesso, e non puoi nemmeno negarlo, perché ne porti i segni sulla guancia, -  sottolineò sfiorando il livido rosso con la punta delle dita - e tu hai opposto resistenza quando ti ho detto di seguirmi fuori di qui … - precisò con un mezzo sorriso, sempre più certo che lui non avrebbe replicato – Perciò, se ti senti davvero ancora in colpa e vuoi che tutto torni alla pari … -
Rimase a fissarlo ancora, in silenzio, scivolando con lo sguardo sul suo viso, scoprendone i lineamenti come fosse la prima volta che li vedesse; scrutò la linea della mascella, la guancia rasata con qualche imperfezione e lo zigomo pulito; seguì il folto ciuffo morbido calato sull’occhio che sapeva ferito, avvertendo un brivido risalire la schiena e diffondersi, lento, anche su per il collo, per poi sparire e riemergere, profondo, in una sorta di stretta al ventre. Prese fiato e si inumidì le labbra, mentre muoveva le braccia, portando i palmi aperti, sulle spalle di André e poi lasciandole scendere, fino a fermarsi sul suo petto; avvertì il martellare furioso del suo cuore sotto le mani e, di concerto, anche il suo stesso cuore parve accendersi e rispondere a quel richiamo.
Sollevò il capo, fissando lo sguardo sulle labbra di André, il respiro mescolato al suo e la mente annebbiata, capace di un solo pensiero: - … allora devo rubarti un bacio. –
 
Dalla cella giunsero le loro voci, un sommesso sovrapporsi di parole appena udibili, e solo dopo qualche istante, anche le loro figure emersero dalla penombra oltre lo specchio della porta; lui camminava a fatica, provato dalla lunga immobilità, e avanzava lentamente, sostenuto da lei, sulle cui spalle aveva allungato il suo braccio: un solo uomo, alto e bruno, sostenuto dal fisico snello che da sempre lui stesso aveva sorretto.
Quando, procedendo lungo il corridoio, attraversarono la lama di luce di una delle feritoie, i loro volti, per il tempo di un passo, furono finalmente visibili; vicini, rivolti l’uno all’altra, lei illuminata da uno sguardo emozionato, quasi sognante, e lui visibilmente commosso, con una espressione quasi incredula.
Si sostennero procedendo ancora fino a che, d’un tratto, lei non arrestò i passi, rivolta a lui con un sussurro.
- Non ti faccio male, tenendo il braccio appoggiato alla tua schiena? – gli chiese, sollevando il braccio dalla stoffa della camicia.
Lui scosse il capo, negando e sorridendo con lo sguardo – No, Oscar. La schiena non è un problema. –
- Ma … - riprese lei preoccupata, in difficoltà a fare riferimento alla punizione - … la frusta non ha … -
- Non sono stato frustato, se è questo che intendi. – la rassicurò subito lui – Tuo padre ha avuto molto riguardo, nei miei confronti: ho avuto cibo ogni giorno. – precisò – E acqua per rinfrescarmi a rasarmi … -
Lei restò un istante in sospeso, sorpresa, cercando di comprendere, mentre lui la fissava, sereno domandandosi il perché di quello scrupolo; infine, anche lei parve risollevarsi.
- Oh … certamente ricordo male, allora: io davvero avevo creduto che mio padre … - gli confidò.
- Sto bene, davvero. – la tranquillizzò ancora – Sotto ogni aspetto; soprattutto ora. –
Il viso di lei parve illuminarsi ancora, un sorriso timido le tese le labbra e dopo uno scambio silenzioso di sguardi, tornarono ad accomodarsi per riprendere il loro cammino, avanzando lungo il disimpegno, lasciando lentamente alle proprie spalle la porta della cella.
- Chiederò alla nonna di preparare un bagno caldo per entrambi. – riprese lei, dopo qualche passo – E poi di lasciarti salire per mangiare qualcosa insieme a me: sono davvero stanca di consumare da sola i miei pasti. –
Lui la guardò di traverso, senza commentare, e lei proseguì, seguendo il filo dei propri pensieri – Prepariamo i bagagli e domani partiamo per la Normandia: devi assolutamente venire a vedere fin dove sono riuscita a arrivare cavalcando verso nord! Resterai senza fiato! –
- Oscar … - la chiamò allora lui aggrottando la fronte, dubbioso - … non avevi detto di voler vivere come un uomo, senza il mio appoggio …? -
- Ho detto tante cose, André, ne sono consapevole; ma la verità è che ciò che ricordo davvero sono le tue parole … non le mie. – ammise lei accennando un sorriso – Continuerò a vivere come un uomo, perché è quello che ho sempre fatto … anche grazie a te. – concesse infine, per poi riprendere – Anche per questo torneremo in Normandia e riprenderemo gli allenamenti; e non aspettarti che io non sia in grado di renderti ogni singolo colpo che riuscirai e mettere a segno! – concluse mostrando sicurezza.
- Tutto quello vuoi, Oscar. – rispose appena lui, chinando il capo accondiscendente, la voce appena udibile, ma velata di un intimo sorriso.
Procedettero ancora, fino a che lui non strinse il suo braccio sulle spalle di lei, quasi volesse richiamarla a sé, mentre lei già reagiva, pronta, preoccupata per lui.
- Cosa c’è, André? – gli chiese immediatamente – Non … non stai bene? –
- No … - la rassicurò lui, negando con il capo, con la piega di un sorriso già a segnare il volto – E’ solo che … a questo punto, mi chiedevo, dopo … dopo quello che mi hai detto poco fa … -
Lei raddrizzò la schiena, facendosi ancora più vicina a lui, fino a fiorare la sua fronte con la propria, con una espressione attenta, rapita quasi dalle sue parole rimaste in sospeso.
- Voglio dire: … significa che se io dovessi rubarti di nuovo un … ecco … allora poi tu …? –
La sua risata limpida e leggera riuscì a scaldare l’aria umida del passaggio, portando con sé anche il sommesso riso di lui, mentre entrambi parevano stringersi ancora di più uno all’altra e le loro spalle si muovevano appena in sussulti trattenuti.
- Cosa posso dirti, André … - rispose infine lei ad un soffio appena dal viso di lui - … puoi correre il rischio, se ne hai il coraggio, e vedere tu stesso quali saranno le conseguenze! –
Non si udirono altre parole; solo, dopo qualche istante, riprese il ritmico susseguirsi di passi gemelli, quasi una danza, nel disimpegno e poi fino alla scala che saliva al piano terra, scomparendo oltre il varco delle cantine per tornare al bagliore proveniente dal corridoio aperto sul giardino.
 
La luce del pomeriggio si era affievolita, scemando nel buio della sera; Jerome aveva provveduto a ravvivare le fiamme più volte, ma aveva avuto l’accortezza di rispettare il suo silenzio, scomparendo ogni volta in un soffio, così come si era presentato nello studio, solerte e ossequioso nei confronti del proprio signore.
Era rimasto per lo più immobile, affondato nell’abbraccio della poltrona, con le gambe accavallate; così, aveva fissato la fiamma viva del camino per lungo tempo, restando immobile con lo sguardo perso in quelle volute irrequiete e indomabili. I pensieri si erano avvolti uno sull’altro, stretti tra loro e sulla coscienza, portando moti di rabbia, di sconforto, di sgomento; aveva costruito e distrutto piani su piani e discorsi, aveva domato l’istinto di correre lontano e urlare tutto quello che gli era cresciuto come un’onda nel petto, tendendo i muscoli e annebbiando la mente … Tuttavia, si era dominato, recuperando sempre se stesso e la propria innata capacità di agire e di decidere, sempre e comunque; e, alla fine, aveva scelto.
Nella penombra dello studio, illuminato ormai solo dalla fiamma del camino, attese impassibile che Jerome facesse ritorno, chiedendo il permesso di potersi ritirare per la notte.
- Puoi andare, Jerome. – lo congedò senza scomporsi.
- Vi ringrazio, Monsieur. – rispose l’attendente, arretrando con un leggero inchino - Vi auguro una buona notte. – aggiunse poi, prima di richiudere i battenti alle proprie spalle, decretando, con un gesto, il termine della sua giornata e, soprattutto, riconsegnando al proprio signore l’assoluta solitudine.
Solo allora, atteso qualche minuto per avere conferma della propria riservatezza, puntò le mani sui braccioli e si sollevò, emergendo dalla poltrona e attraversando con passi decisi l’intero studio, fino a giungere alla scrivania. Armeggiò per qualche istante con il proprio panciotto, estraendo da un taschino nascosto una piccola chiave decorata. Rimase ad osservarla, rigirandola tra le dita, prima di voltarsi e di agire su uno stipetto segreto, nella libreria alle proprie spalle, fino ad aprire un cassetto nascosto. Di lì, tolse un involto morbido, il bianco della seta a brillare appena nella penombra, e lo strinse tra le dita, portandoselo al viso. Chiuse gli occhi, riconoscendo in quella stoffa delicata il soffio discreto di un profumo che gli era noto e rimase ancora per qualche istante così, fermo in un ultimo, sofferto pensiero, mentre le dita scivolavano appena su un fermaglio decorato su cui in un delicato rilievo riuscì a riconoscere il profilo dello stemma di famiglia.
Riaperti gli occhi, si mosse, tornò dinnanzi al caminetto e in un unico, deciso, gesto lanciò l’involto bianco tra le fiamme, consegnando al fuoco l’ultima prova di quella che era stata, ormai ne era certo, solo il grido della segreta e disperata follia di un uomo che, d'ora in poi, non sarebbe mai più stato lasciato solo.


Angolo dell'Autrice: ecco dove volevo arrivare... e dove volevo accompagnarvi con questo viaggio.
Io ringrazio di cuore tutte voi che siete arrivate fino alla conclusione, per i commenti che mi avete lasciato e per i tanti interessantissimi spunti di riflessione che mi avete offerto; perchè mi avete accolta dopo tanto tempo con inatteso entusiasmo e perchè mi avete fatto compagnia in queste settimane.
Grazie, davvero.
Maddy

 
  
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