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Autore: Sayami    09/09/2019    2 recensioni
"-La vita non è fatta per essere semplice, Laney, non lo è per nessuno. Ma se non provi, se non fallisci, se non cadi e ti rialzi dieci, cento, mille volte, puoi dire davvero di aver vissuto?
Laney esitò per un breve intervallo, valutò, soppesò la dichiarazione di Samuel con la massima cura, infine rispose: -No, credo di no."

Laney odia il mondo. Letteralmente. Misantropa, remissiva e un tantino paranoica, si chiede spesso quale sia stato il momento esatto in cui la sua vita ha preso la piega sbagliata, portandola a crollare sull'ultimo gradino della scala sociale: quello degli emarginati. Mentre le sue giornate procedono monotone, tra una sistematica opera di autodemolizione e il penoso tentativo di sopravvivere all'ultimo anno di liceo, in città fa ritorno Samuel, cugino della sua migliore - nonché unica - amica. Niente di eccezionale, non foss'altro che il nuovo arrivato, oltre a essere un tipo bizzarro, è anche un grandissimo impiccione! Così, tra situazioni paradossali, equivoci, incontri-scontri e un piano infallibile per realizzare tutti i sogni, Laney e Samuel scopriranno pensieri e sensazioni che credevano di aver sepolto tempo prima, insieme a un'ultima solenne promessa.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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1.8
 
"Di' di sì, Giulietta,
sei con me?
La pioggia cade sul marciapiede.
Non me ne andrò fin quando non sarai uscita fuori.
Di' di sì, Giulietta,
uccidi il limbo,
io continuerò a lanciare sassolini alla tua finestra.
Tornare indietro non esiste per noi, stanotte.
(...)
Corri, piccola, corri!
Non guardarti mai indietro!
Ci faranno a pezzi,
se gliene darai l'occasione.
Non vendere il tuo cuore,
non dire che non siamo fatti per stare insieme.
Corri, corri!
Per sempre saremo
io e te."


***

 
"21/11/2018 17:55 – DA: Sconosciuto;
CIAO, LANEY! SONO SAMUEL, QUESTO E' IL MIO NUMERO.
SCUSA IL DISTURBO, HO SAPUTO CHE IN CITTA' STANNO ORGANIZZANDO UN FESTIVAL PER HALLOWEEN. TI ANDREBBE DI ANDARCI INSIEME?"
 
Laney non gli aveva risposto.
Il fatidico venedì di Halloween era arrivato, mancavano dieci minuti alla mezzanotte e lei era sola in casa; i suoi genitori erano usciti a vedere la fiera.
La sua stanza era un mare oscuro: il chiarore del telefonino era l'unica vera fonte di luce nella penombra. Bagliori aranciati, odore di pioggia e musica le arrivavano attraverso le imposte socchiuse. Per tutto il giorno non aveva fatto altro che rileggere il messaggio ancora, e ancora, e ancora, fino a impararlo a memoria.
Quella mattina Samuel l'aveva anche chiamata. Il cellulare aveva squillato per venti secondi buoni, e lei era rimasta a fissarlo, paralizzata dalla sorpresa.
Tanto per cominciare, chi gli aveva dato il suo numero?
Supina sul letto, sospirò. Era tutto così assurdo! Aveva fatto una montagna di assenze... per cosa, poi? Non riusciva a capire per quale motivo Samuel si ostinasse a cercarla. Avrebbe dovuto continuare ad allontanarlo? Avrebbe dovuto rispondergli? Che cosa sarebbe accaduto, se lo avesse fatto?
Forse, in fin dei conti, i suoi genitori avevano ragione: se si fossero trasferiti in un luogo dove nessuno li conosceva, lontano da tutto e da tutti, lei sarebbe solo scomparsa.
Laney controllò l'orario sul blocca-schermo del telefono. Sette minuti. Mancava poco.
Amava i fuochi d'artificio. Il sibilo prima dello scoppio, i colori brillanti, le forme e le coreografie: tutto la incantava. Da bambina le apparivano simili a enormi gonne danzanti, coperte di lustrini e polvere di stelle. I suoi genitori la portavano a vederli dalla spiaggia, glieli indicavano, tenendola per mano, e le mostravano il riverbero della luce sul mare, come un mondo segreto che sfiorava il suo. Allora era tutto diverso, ma la magia che aveva respirato in quei momenti non l'aveva mai abbandonata.
Vascello alla deriva, il suo sguardo gravitò verso la porta-finestra.
"Solo un'occhiata" si disse. "Prometto che non sarò triste, dopo averli visti".
Laney scivolò con cautela giù dal letto. Infilò le pantofole e si tirò in piedi, ma quando fu sul punto di uscire, qualcosa la bloccò: c'era una voce. Dapprima fu un suono flebile, ma a poco a poco si andò rafforzando.
-Psss...- diceva. -Psss, Laney!-
La ragazza si pietrificò sul posto, scrutando incredula oltre le tendine. Affacciato al terrazzino della propria camera, Samuel la stava chiamando con insistenza. Indossava una maglia nera e un paio di jeans, i capelli scuri scompigliati dal vento autunnale, e guardava fisso nella sua direzione.
-Sei lì?-
Con uno scatto secco, Laney si compresse nella porzione di muro che separava l'armadio dalla finestra. Chiuse gli occhi, strinse il telefono al petto e pregò che Samuel tornasse subito dentro. Perché accidenti doveva essere così testardo? Non poteva solo lasciarla in pace?
-Hey! Stai dormendo?- insisté lui.
Poi cadde il silenzio. Laney iniziava a pensare di averla fatta franca, quando il cellulare vibrò tra le sue mani. Un istante dopo, la sua suoneria rimbombò per tutta la stanza. Presa dal panico, Laney rifiutò la chiamata e scagliò il telefonino sul letto, come si fosse trattato di una bomba a orologeria.
La risposta dall'esterno non tardò ad arrivare: -Mi stai ignorando, per caso?-
Laney boccheggiò. Rimase immobile dove si trovava, trattenendo il respiro, e per secondi interminabili non accadde nulla. Poi qualcosa impattò contro il vetro della sua finestra. Atterrita, Laney si sporse quel tanto che bastò per scorgere un oggetto non identificabile sul pavimento del terrazzo. Decise di rimanere ancora nascosta ma, un istante dopo, un secondo impatto, più forte, la fece sussultare. Laney sentiva le orecchie fischiare.
Ancora qualche secondo di pausa e un terzo arnese fu scagliato contro le imposte. Questa volta la collisione fu tale da farle pensare che il vetro sarebbe andato in frantumi.
Che accidenti voleva Samuel da lei? Alla fine aveva deciso di contribuire a perseguitarla? Di certo non poteva lasciargli distruggere la finestra.
Costretta ad arrendersi, Laney prese un respiro e, con il cuore a mille, abbandonò il proprio rifugio, spalancò la porta-finestra e uscì sul balconcino. L'aria autunnale le schiaffeggiò il volto. Pioveva. In lontananza, oltre i profili delle case, c'erano Central Place parata a festa e gli echi e i colori della fiera che si levavano altissimi nel cielo notturno. Samuel era lì. Incuneato tra i motivi a spirali del balcone, slanciato, sorridente come al solito. Laney fu assalita dalla voglia di strangolarlo. Scoprì di colpo di essere furiosa. Quello era il suo spazio, l'unico su cui conservasse ancora un potere. E lui lo stava violando.
-Sei impazzito?- disse con inaspettata fermezza. Ai suoi piedi giacevano una vecchia ciabatta, una gomma da cancellare e un astuccio così carico di penne da scoppiare. -Perché l'hai fatto?-
Dritto di fronte a lei, il ragazzo sorrise ancora. -Sei uscita, finalmente!- disse. Non menzionò il fatto che lei lo avesse ignorato per tutto quel tempo, si mostrò solo contento di vederla. -Ti è passata l'influenza?-
Laney non rispose, lottando contro l'impulso di tornare in casa. -Perché volevi che uscissi?-
-Mancano cinque minuti a mezzanotte- disse lui. -Se ci sbrighiamo, possiamo vedere i fuochi dalla piazza.-
-Non ne ho voglia- lo freddò Laney. La formulazione esatta, però, era "non posso". Avrebbe rischiato troppo, se li avessero visti.
Samuel sembrò perplesso. Si portò indice e pollice al mento e inclinò la testa di lato. -Questa è una bugia- disse. -Ti sono sempre piaciuti i fuochi d'artificio.-
Laney sentì uno scricchiolio sinistro risalire dal fondo della sua coscienza. La sua lingua schioccò prima che avesse anche solo l'occasione di pensare. -Le persone cambiano. Forse dovresti fartene una ragione.-
Sul terrazzo si gelava. Samuel la scrutò per qualche istante, incredulo, e Laney si sentì subito in colpa per le proprie parole. Ma non se ne rimangiò neppure una. Qualcosa di corrosivo la stava erodendo dall'interno.
-Okay- commentò l'altro, stringendo le labbra tra di loro. -Quindi tu sei diventata il tipo di persona che scappa dai problemi con la scusa di non farcela, dico bene?-
-Può darsi- rispose lei, inespressiva. -Chi ti ha dato il mio numero?-
-Ha importanza?-
-Molta- disse.
Samuel scattò: -Allora forse dovresti uscire da quella dannatissima stanza e scoprirlo da sola, invece di cercare sempre la soluzione più semplice.-
Grida di giubilo arrivarono da lontano. Tre minuti a mezzanotte.
Laney sgranò gli occhi e squadrò il suo interlocutore. -Ti senti meglio, ora che lo hai detto?- chiese, senza riuscire a nascondere un'incrinatura nella propria voce. Faceva male, un male indescrivibile.
Samuel la fulminò con lo sguardo. -Non era quello che volevi da me? Oh, andiamo, smettila di fare la bambina.-
Era arrabbiato, Laney riusciva a vederlo. Eppure, come la miccia che fa divampare l'incendio, la rabbia di Samuel non fece altro che alimentare la sua. La cosa che la stava consumando dall'interno ribollì e premette per uscire. Laney la ricacciò indietro, stringendo i pugni. -Sarei io, la bambina?- gracchiò, due ottave sopra al suo tono abituale. -Sono settimane che mi dai il tormento!-
-Scusami tanto, se cerco di aiutarti!- rispose ironico Samuel.
Laney digrignò i denti. -Nessuno te lo ha chiesto. Faresti meglio a occuparti dei problemi tra i tuoi genitori, invece che dei miei.-
E lo seppe. Lo lesse negli occhi di Samuel, sul suo viso, e lo indovinò dal modo in cui tutto il suo corpo si irrigidì in blocco, di colpo. In quel momento, Laney ebbe l'assoluta certezza di averlo ferito. E, per la prima volta dopo anni, si sentì trionfanteVoleva fargli male. Voleva, per una volta, non essere la sola a soffrire.
Cadde il silenzio. I due ragazzi si scrutarono a vicenda, entrambi impettiti sui rispettivi balconcini, entrambi trincerati dietro a cortine di convinzioni solidissime e incrollabili.
Eppure, non quadrava. Laney aveva la sensazione che qualcosa, dentro di lei, avesse iniziato a creparsi. Non avrebbe saputo dire se fosse un bene o un male, né di cosa si trattasse. E questa era una consapevolezza sufficiente a renderla vulnerabile.
A un tratto, le labbra di Samuel presero la forma di un sorrisino maligno. Stonò sul suo viso, come ortica in un campo di margherite. -Sai qual è la verità?- chiese sardonico.
La verità. Sottile e affilata, quell'idea affondò nella finta calma di Laney e la spezzò. Un allarme scattò dentro di lei, l'ordine di tagliare la corda con la sua orrenda vittoria, prima che accadesse l'irreparabile. -Avanti, illuminami- lo sfidò, nervosa.
Il ghigno di Samuel si allargò. -Bene. La verità è che sei una codarda. Hai talmente tanta paura delle conseguenze, che preferisci stare ferma ad attendere che la soluzione piova dal cielo, invece di agire.-
Se le occhiatacce avessero avuto il potere di ardere vive le persone, quella che Laney rivolse a Samuel lo avrebbe ridotto in cenere. Stava perdendo il controllo. Il sangue le pulsava forte nelle tempie, il cuore in gola. Un brutto "crack!" allargò la crepa dentro alla sua anima. -Già, dovrei proprio seguire l'esempio di un paladino dei deboli forte e coraggioso come te...-
Samuel la ignorò e proseguì imperterrito: -E non ti importa se così fai preoccupare tutti quelli che ti stanno intorno. No, non te ne frega assolutamente niente! L'importante è non farti male. E questo fa di te anche una grandissima egoista.-
Laney si sentì come se qualcuno le avesse assestato un pugno in pieno stomaco. -Tu non sai niente- scandì, la testa incassata nelle spalle, le unghie conficcate nei palmi delle mani, per impedirsi di scoppiare. Stava tremando.
Samuel la guardò stralunato. -Davvero?- Spalancò le braccia. -Allora spiegamelo, invece di scappare.-
E Laney avrebbe voluto davvero spiegarsi, ma non ci riuscì. Non le venne in mente neppure una parola per farlo. Perché Samuel aveva ragione, aveva colpito nel segno. Non poteva sopportarlo.
Il sospiro che uscì dalle sue labbra fu rabbia aeriforme. -Samuel, io ti giuro...-
Gli occhi di Samuel dardeggiarono. -Cosa? Che mi vuoi giurare?-
-Ti giuro che se non taci ti farò rimpiangere di essere tornato in questo schifo di città!- gridò. Era tutta un fremito, aveva il respiro corto e sentiva nelle orecchie un cupo ronzio. Stava per esplodere.
Samuel rise di gusto. -Ah, sì? Avanti- disse. -Fammi pentire.-
Laney scrutò il suo opponente come se avesse voluto spellarlo vivo, ogni muscolo teso come la corda di un violino. Eppure non mosse un dito.
-Sto aspettando- rincarò Samuel.
Allora qualcosa sibilò e poi deflagrò nel cielo sopra alle loro teste.
Mezzanotte.
"I fuochi d'artificio."
Blu, rosa, verdi, gialli, brillanti, tonanti, roteanti, e belli da togliere il respiro. Spruzzavano scintille e schegge di luce sulla città, sui quartieri, sui giardini, sui loro corpi, sul viso armonioso di Samuel, duro e contrito come non mai.
-Sai una cosa?- disse il ragazzo, cercando di farsi sentire sopra al frastuono dello spettacolo pirotecnico. -Speravo che avrei trovato qualcuno di migliore, in questo "schifo di città". Ma forse gli altri hanno ragione.- Un fuoco balenò in cielo e tinse ogni cosa di rosso. -Forse tu non ne vali la pena.-
Eccola, la goccia che faceva traboccare il vaso.
In un istante, non ci furono più Halloween, Tiny Town, la sua casa e neppure i fuochi d'artificio. Perfino l'ansia, la paura e la tristezza svanirono. Rimase solo lei. Lei e la sua incontenibile, immensa, violentissima ira.
Laney iniziò a piangere. -Che cosa ne vuoi saperne, tu, di me?!- sbraitò. Si chinò e raccolse gli oggetti che Samuel aveva scagliato contro la sua finestra. Si avvicinò alla ringhiera del balcone e glieli rinviò, lanciandoli con quanta forza forza aveva in corpo. -Te ne sei andato per dieci anni e adesso. Pretendi. Di. Sapere. TUTTO!-
Samuel era allibito. Schivò il suo stesso astuccio per un pelo, ma la gomma da cancellare lo prese in piena fronte, e lui si lamentò per il dolore. Laney non ne fu felice. -Non sai niente!- ripeté. -NIENTE!- Si cacciò le scarpe e gli tirò anche quelle, che lo mancarono e ricaddero dalla sua parte di barricata, insieme agli altri oggetti.
Samuel si portò gli avambracci di fronte al viso, per proteggersi da ulteriori assalti, ma la sua espressione era deformata dalla frustrazione. -Sei tu che non vuoi cambiare! Non puoi dare agli altri la colpa delle tue scelte!-
-NO!- gridò Laney. Fu un latrato profondissimo, dilaniante, che racchiudeva la sofferenza di interi anni di agonia. Alleviò il dolore, ma la rabbia continuò a montare, inarrestabile. -Sei solo un presuntuoso, saccente e megalomane!-
Un altro fuoco squarciò il cielo. Samuel rimase a fissarla per qualche secondo, prima di voltarle le spalle, amareggiato. -Sei patetica, sul serio.-
Ma non fece in tempo a rientrare, che Laney aveva iniziato a issarsi sulla balaustra. Come aveva fatto a perdere del tutto il lume della ragione? Era perché Samuel aveva centrato il bersaglio? In ogni caso, non aveva alcuna importanza, adesso.
Il ragazzo si girò di scatto e la guardò sbalordito. -Che accidenti stai facendo?!-
-Dimmelo in faccia!- abbaiò Laney. Con un ultimo sforzo, fu in piedi sul parapetto. -Dimmelo in faccia, se hai il coraggio!-
-Che?! No, no, torna giù, è pericoloso!- supplicò Samuel, affondandosi le dita tra i capelli. -Rischi di cadere, Laney!- Allungò le mani, come se avesse voluto prenderla e rimetterla a posto. Ma Laney non aveva la benché minima intenzione di starsene buona al suo posto. Non più.
-Dimmelo in faccia!- esclamò ancora, fuori di sé.
Un altro scoppio. Enormi lingue di colore illuminavano l'aria.
-Fermati!- la supplicò Samuel, terrorizzato. -Sei impazzita?!-
-No- rispose lei. -Sono solo molto, molto incazzata!-
Laney spiccò un balzo e si gettò nel vuoto.

 
Il portone di casa Barnes era grande, lucido e verniciato di un bianco accecante, a contrasto con l'intonaco grigio degli esterni

Una frazione di secondo.
Ci fu una scarica fortissima di orrore e adrenalina. La sagoma di Laney si levò sempre più alta, un'ombra nera in un cielo di scintille.
Samuel urlò e corse in avanti. Volò da lui come un angelo: Samuel avvertì il corpo di lei che aderiva al suo, l'aria sulla schiena e i fuochi d'artificio sul mare. I loro vestiti erano umidi di pioggia. Crollarono giù, a metà tra la sua stanza e le piastrelle fredde dell'esterno.
Le scapole di Samuel impattarono contro il pavimento con un botto secco. Lui strizzò le palpebre e imprecò.
Poi la guardò. Laney era a pochi centimetri dal suo viso. I suoi ricci erano ovunque, sulle guance, sulle labbra e nel vento, e i suoi occhi brillavano nella penombra, ribelli e incantevoli. Bordata di luce e colore, non era altro che una sagoma distesa su di lui, dita leggere sulle sue spalle e pelle calda, familiare. Stava ancora piangendo.
-Incosciente- disse. -Saresti potuta morire!- E nel pronunciare quella semplice frase, Samuel si sentì di carne e di carta.
Molto più di tutti gli anni spesi a viaggiare, molto più dello sguardo freddo di suo padre e delle gambe inerti di sua madre. Fu come respirare, come ballare. In quel momento esistevano solo lui e Laney. Ed erano giovani, terrorizzati, arrabbiati a morte e vivi. Tremendamente vivi.
Non ci fu logica né ragione nella gioia feroce che gli attanagliò il petto. Samuel si abbandonò al sollievo. Espirò e infilò una mano nei capelli di lei, dietro alla nuca. Poi la strinse. Lei tremò tra le sue braccia e lo cinse a sua volta, fino a far premere ossa contro ossa, sangue contro sangue. Rimasero così per un po', vicini e a corto di fiato.
Infine, si separarono.
Samuel esalò un flebile: -Stai bene?-
Con le guance rigate di lacrime, Laney gli sorrise, e lui pensò di non aver mai visto niente di più bello in vita sua.
-Ora dovrei picchiarti- bisbigliò, asciugandosi gli occhi e tirando su col naso -per tutte le cose orribili che mi hai detto e perché non sono riuscita nemmeno a vedere i fuochi, ma...-
-Hai iniziato tu- rimbeccò lui, piccato. -Io avrei voluto vedere i fuochi insieme, ma tu hai cominciato con la storia che "le persone cambiano", e allora...-
Laney gli posò il palmo sulla bocca per zittirlo. -Ma- riprese, guardandolo dritto in faccia -hai ragione. La verità è che sono una codarda e anche un'egoista. Però non voglio più essere sola. Se prometto che migliorerò, tu prometti di restare?- E qui gli tese il mignolo, un gesto infantile, quasi sciocco. Ma era perfetta. Sorridente e perfetta.
Samuel la guardò sbalordito. Non riusciva a crederci. Le immagini combaciavano: era ancora lei. La bambina di cui si era innamorato sotto al sole, la stessa che lo proteggeva ogni volta che i suoi litigavano e che rideva forte e respirava piano, nascosta nelle siepi.
Era ancora Laney.
La sua Laney.
Samuel sentì il cuore prendere la rincorsa e darsi al galoppo e dimenarsi nel petto, come se avesse voluto a tutti i costi uscire.
Osservò prima il dito esile teso di fronte a lui e poi Laney. Avrebbe voluto... oh, avrebbe tanto voluto...
-Va bene- disse, intrecciando il mignolo col suo. -Lo prometto. Da ora sarà tutto diverso.-
-Mh-mh- rispose Laney.
-E da lunedì tornerai a scuola.-
-E da lunedì tornerò a scuola...-
-E la smetterai di evitarmi come se avessi una malattia rara e contagiosa.-
Laney rise. -E la smetterò di evitarti, anche se dovessi contrarre una malattia rara e contagiosa.-
Si guardarono. E risero.
-Croce sul cuore?- chiese Samuel.
-Croce sul cuore- rispose Laney.
E così, un altro Halloween passò a Tiny Town.
Lo spettacolo pirotecnico giunse a termine.
E Samuel e Laney erano di nuovo insieme. 
Come sempre.




ANGOLINO TUTTO NOSTRO:
Hi, cutiepies! 
Che dite di bello? Siete tornati dalle vacanze oppure vi attende qualche altro giorno di meritato riposo?
Per chi deve ricominciare la scuola o il lavoro, buon rientro! E per chi, come me, sta inguaiato con gli esami universitari, che la forza sia con voi! ç_ç
Che ve ne è parso del capitolo?
Personalmente, nonostante ci abbia sudato sopra sette camicie,  c'è ancora qualcosa che non mi convince, ma dal momento che i miei aggiornamenti sono sporadici come le gioie della vita, ho deciso di postarlo per ritornarci in un secondo momento, a mente fredda. 
Come sempre, vi esorto a farmi sapere cosa ne pensate con un commentino, anche brevissimo (del tipo: "Ritirati!"). X,D
A ogni modo, guess what? Siamo giunti alla fine della prima sezione e stiamo entrando nella seconda! Ragion per cui, vi mando un grosso bacio, un abbraccio forte, la finisco con la logorrea e vi do appuntamento non so quando (ç___ç), per il prossimo capitolo!
Luv ya. <3
Sayami.

 

 

 

   
 
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