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Autore: shana8998    09/09/2019    0 recensioni
Sesilia James ha 24 anni. Un contratto di tre anni per Flaere una rivista di moda gestita dalla sua amica Victoria ed una vita abbastanza ordinaria , amici, lavoro e la sua storia sentimentale in rotta di collisione.
Una mattina però la proposta di Victoria le sconvolge la giornata. Sesilia deve salvare Flaere e per farlo dovrà volare a Chicago per intervistare il cantate di fama internazionale Jake Whiters ...C'è un solo problema ...Jake è da sempre stato l'amore della sua vita sin da quando avevano 12 anni e vivevano in un piccolo paesino di campagna. Riuscirà Sesilia a non cedere alle tentazioni del suo passato con lui mantenendo salda la storia con il suo ragazzo ?
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Raggiungere il West Side non era stata una passeggiata, ma ce l'avevo fatta. Ero li.
Avevo rubato una delle tante auto che Jake forniva alle sue guardie del corpo , ed avevo guidato per ore interminabili, dormendo in auto ad intervalli di mezz'ora da un riposo all'altro così che non sforassi le 12 ore e mezzo di viaggio.
Ma Dio, ero li e ce l'avevo fatta.
Mi accosto in una piazzola di sosta ed estraggo il pezzo di carta che aveva inciso il numero della clinica Santa Lucia.
Compongo il numero digitandolo velocemente con le dita esili sul display del mio cellulare.
Squilla.
Ho come la sensazione di avere un cappio stretto al collo mentre il bip della rete che si collega mi rimbomba nelle orecchie.
Quando parte una melodia all'improvviso , sussulto.
Sento la cornetta dell'altra parte che si solleva ed il respiro della segretaria invadere il microfono.
-Buongiorno clinica Santa Lucia , come possiamo esserle utile?-. Dice come da rituale.
-Salve.-. Esito -Stavo cercando un ragazzo di nome Jake Whiters , dovrebbe essere ricoverato nella vostra clinica da circa sei mesi.-.
Le dita della segretaria pigiano pesanti la tastiera del pc. Un attimo di silenzio.
-Si, il signor Whiters è ospite qui da noi, ma non siamo tenuti a far ricevere lui visite da persone che non siano i suoi collaboratori.-.
Batto il piede sul tappetino  dell'auto nervosamente mentre cerco una soluzione a quell' intoppo.
Poi, lo sguardo mi cade su qualcosa che spunta dal vano portaoggetti dell'auto.
Un tesserino di riconoscimento. Lo estraggo. Quell'auto era una delle tante che apparteneva a Dave.
-E' ancora in linea?-.
-Eh s-si, si certo. Provi con con Dubuà.-
Incrocio le dita sparando che come spesso accade ,Dave abbia lasciato solo un cognome in fede.
I pulsanti del pc vengono nuovamente battuti con forza.
-Dubuà, si è nella lista delle visite settimanali, ma non ricordo fosse una donna.-.
Non rispondo.
La segretaria sembrava aver iniziato quella telefonata già spazientita, al che si limita solamente a darmi un orario ed il reparto richiudendo la telefonata stizzita.
Mi butto con la schiena indietro affondando nel sedile , fra le mani, stretto un ennesimo foglietto questa volta molto più vicino a Jake. 11.30, scala B camerata 320.

"Sto venendo a prenderti."

Torno ad accendere il motore mentre cerco su Google , il motel più vicino. 
Avrei raggiunto Jake soltanto l'indomani ed il bisogno di una doccia rigenerante ed una sana dormita, stava diventando impellente.
Raggiunta la mia prima meta, affitto una stanza a pochi dollari e finalmente sciolgo quel fascio di nervi che portavo addosso, sotto il getto caldo dell'acqua.
Nella mia testa solo il pensiero che vagava verso l'apprensione che avevo per Jake, rimuginando su quando era accaduto e riflettendo su quanto poteva star soffrendo.

"E se mi avesse dimenticata?"

Scuoto più volte il capo per allontanare quel pensiero.
Lui non può avermi dimenticata, è per colpa mia se è finito li.
Poco dopo il rumore del Phon stretto nella mia mano invade i miei timpani , solo per pochi minuti mi allontana da quei pensieri angoscianti.

Avevo lasciato una breve lettera nella mia stanza. L'avevo scritta per Dave. 

"Ho deciso di tornare alla mia vita. Ho capito che non c'è spazio per me nella vita di Jake ora che è in quella clinica. Mi dispiace averti rivisto solo in questa circostanza. 
Un bacio Ses."

Doveva pensare che io avessi abbandonato l'idea di tornare da Jake, così che non mi avessero dato la caccia e messo i bastoni fra le ruote.
Era stato già, sin troppo difficile organizzare tutto .
Comunque sembrava aver funzionato. Nessuna chiamata. Nessun sms. Erano spariti sia lui che Stuart.
Meglio.

Afferro il mio cellulare mentre mi accascio lentamente sul materasso.

"Vic. Lo sto facendo , sto andando a riprendermi Jake".
 
Digito il messaggio per poi cancellarlo subito dopo. Non avevo la certezza che Dave ci avesse abboccato, perciò meglio non lasciare tracce.
Spengo il Display. Domani è un giorno importante.

Sono le 11.30 , sono dentro il Santa Lucia. Addosso il miglior completo gonna , camicia giacca, che possiedo.
Il tesserino balla sul mio seno destro, fra le mani solo una borsetta in pelle lucida nera.
La segretaria che mi ha risposto ieri mi ha detto di attendere un inserviente che mi avrebbe fatto strada fra la moltitudine di corridoi presenti in quel posto.
-Dubuà?-. 
Un ragazzo di circa trentanni , in tenuta da infermiere celeste, si avvicina sorridendo.
-Buongiorno.-. Stringo i denti in un ampio sorriso tirato mentre mi afferra la mano in una stretta vigorosa.
-Mi segua.-. 
Sfoglia le pagine di una cartellina che stringe fra le dita e mi precede.
Mentre percorriamo una serie di corridoi di colore giallo sole, mi rivolge parola più volte, ma si vede che sono tesa e non ho molta voglia di interloquire.
-Il signor Whiters ci ha creato non pochi problemi da quando è ricoverato qui.-. Esordisce poi. Lo ascolto in silenzio.
-Lei è al corrente che il crollo psicotico di cui è affetto il nostro paziente è di tipo uno..E non è facile gestirlo ne per lui ne per noi...-.

"Crollo psicotico di tipo uno"

-Mi scusi, cosa vuol dire di tipo uno?-.
L'inserviente mi scruta perplesso.
-Credevo che ne aveste già parlato la settimana scorsa con i miei colleghi.-. Fa una breve pausa. 
-Di tipo uno , significa con atti autolesionisti e tendenze suicide.-.
La saliva sembra acida mentre si secca nella mia bocca.
Esito. -Già è vero. Sono stata informata.-. 
Credo che l'inserviente dubiti di me, ma continua a precedermi , verso Jake, ugualmente .
Entriamo in un secondo ambiente , questa volta blu e celeste , con le luci azzurre che schizzano da led sulle nostre teste.
E' un ambiente molto più cupo, quasi angosciante e molto più silenzioso dei precedenti. Provo rabbia nel pensare che Jake sia stato stipato come un reietto proprio in quel posto così tetro.
-Eccoci qui.-. 
L'inserviente passa una tessera in una fessura meccanica ed apre la porta in ferro di poco.
-Ci sono visite Whiters.-
Riemerge dalla stanza sorridente come un attimo prima all'ingresso, facendomi segno di entrare.
-Ha un'ora .-. Sentenzia un attimo prima di tornare alla civiltà del piano superiore.
Mi trema la mano mentre lascio che la porta si spalanchi un po'.
Una luce chiara mi invade le iridi.
Jake è li. Seduto, i pugni incrociati che appoggia ad un tavolino. Guarda le sue mani.
Sento le lacrime arrivarmi sino alla gola.
Ho un flash nella mia testa. Jake vestito di tutto punto, il suo sorriso, la sua risata inconfondibile e quel Jake.
Il Jake vestito in quella tuta bianca , un braccialetto di plastica con le sue credenziali allacciato ad un polso. I capelli neri , più folti e non curati.
E' dimagrito.
Socchiudo la porta dietro le mie spalle mentre avanzo verso lui.
Quando si accorge del rumore dei miei tacchi , solleva lo sguardo lentamente.
Ha due profonde occhiaie e le sclere arrossate.
Il suo sguardo è umido. Penso che lo imbottiscano di calmanti per compensare l'astinenza dalle droghe.

-Jake...-. Pronuncio il suo nome in un filo di voce.

Mi siedo di fronte a lui.

-Cosa ci fai qui?-. Il suo tono arido mi gela.
Per un momento ho temuto di non saper cosa rispondere.

-Sono venuta per te...-. Dico timida mentre mi sfrego i polpastrelli delle dita nervosamente.

Le mani di Jake sono arrossate sotto i tatuaggi. Ha vari ematomi lungo le braccia e graffi più freschi che sembrano incidergli la carne.
Mi si stringe il cuore.

-Non dovevi...-. Si tira indietro sullo schienale. Non mi guarda negli occhi.

-Dovevo. Ti ho lasciato solo per otto lunghi mesi...-.

Sogghigna.

-Ti senti in colpa Sesilia. Vero?-.

Potrei vedere il suo sguardo imperativo , tagliarmi in due.
Non rispondo subito.

-Ti amo. Voglio portarti via da qui.-. 
Sto piangendo mentre dico queste parole.

Ride.

-Mi hai abbandonato!-. Grida all'improvviso saltando in piedi.

Sobbalzo sul posto.
Di nuovo quella sensazione di paura che mi stira ogni muscolo, dal torace in giù.

-Lo sai che mi hanno trovato lungo in un prato , nudo sotto la pioggia?! Lo sai?!-. Grida come un pazzo. -Avevo tentato di uccidermi ingerendo una quantità esagerata di pasticche . Ma non ce l'ho fatta.-. 
Si passa una mano sul viso coprendo l'ennesimo ghigno, poi la sua voce si fa più disperata:
-Dovevo tornare a prenderle da Paul, suppongo che solo quello mi avrebbe potuto salvare, ma nemmeno Dio mi vuole li su...-.

Scatto in piedi:- NO! Non dire mai più una cosa del genere!-. Grido.

Grido perché ciò che le mie orecchie sentono è abominevole.
-Tu non sei come Paul! Tu non sei nemmeno ciò che fai adesso...Tu...-. Ho difficoltà a trattenere le lacrime. 
-Sei dolce, affettuoso...Hai sofferto così tanto che non meriti niente di tutto questo...-.
Lo guardo in volto e finalmente i nostri occhi si scontrano .
-Mi manchi Jake...E sono disposta a riprenderti anche così, anche ora -. 
E' in difficoltà, non credo che avesse mai pensato che sarei tornata sui miei passi.
Stringe i pugni ma non come se stesse reprimendo rabbia nei miei confronti...Piuttosto lo fa, nei suoi.

Mi avvicino lentamente a lui.

-Sono pazzo Sesilia.-. Pronuncia fra le labbra mentre getta lo sguardo ai suoi piedi.
Poso lentamente la mia mano sul suo viso.
-Non lo sei...-. Sorrido debolmente .-Stai solo soffrendo Jake...-.
La sua mano adesso sfiora il dorso della mia lasciandovi scie roventi .
Affondo la testa nel suo petto.
-Non sai quanto mi è mancata la tua voce...-. Mi sussurra sfiorando il lobo del mio orecchio.
Fremo e tremo allo stesso tempo.
Quando sollevo il viso, sono ad un millimetro dalle sue labbra e lui, non sembra indietreggiare.
E' questione di un attimo perché ci ritroviamo allacciati in un bacio forte tanto che sembra amalgamarci l'anima.
E poi ancora la foga prende il sopravvento . Le mani di entrambi ci strappano di dosso reciprocamente, i vestiti e finalmente liberi da quelle trappole di tessuto , scorrono lungo i nostri corpi.
Jake mi stende su quella che è stata la sua branda per sei mesi .
-Mi mancava tutto questo...-. Dico mentre affonda la sua bocca nell'incavo del mio collo.
Poi un brivido che dall'interno delle mie cosce mi pervade ovunque.
Lo facciamo con ira. C'è amore misto all'odio su quella branda. Perché un po', in fin dei conti, ci odiamo entrambi.
Jake tiene una ciocca dei miei capelli stretta in un pugno, ma non li tira. Non sento dolore nemmeno quando la mia testa si getta indietro premendo il cuscino.

"Ti amo Jake".

Mi graffia una spalla ed io affondo d'istinto le unghie nella sua schiena.
Sembra essere estasiato dalle scintille di dolore che gli provocano le mie unghie nella carne. Mi morde leggermente un labbro, poi più forte.
Ed alla fine copre il suo viso , nascondendolo accanto al mio collo quando entrambi veniamo.
Siamo esausti, ma c'è qualcosa adesso dentro questa cella, che è cambiato.

-Torna con me...-.

Respira forte Jake.

-Non posso.-. 
Ho una fitta in petto che mi crea dolore.
-Si che puoi. Ne usciremo insieme.-. Ansimo ancora.
-Nessuno può aiutarmi. Sono un autolesionista.-.
-Sei solo un uomo che si incolpa della morte del padre perché ha sperato ogni giorno che quel mostro dei suoi incubi da bambino, svanisse per sempre, Jake.-.
Scese del silenzio fra noi.
Jake scoppia a piangere , questa volta lo sento tremare fra le mie braccia.
"Va tutto bene...".
 Lo stringo a me senza dire nulla.
Non ho mai visto Jake così piccolo , così fragile e disperato come ora.
Ci solleviamo dalla branda e recuperiamo i nostri vestiti.

-Non voglio incasinarti la vita più di quanto non abbia già fatto...-. Bastona lo sguardo.

-Se sono qui è perché so che non lo farai Jake.-.
Qualcosa scintilla nel suo sguardo.
Afferro con delicatezza la sua mano.
-Torniamo a casa.-.

Quella mattina scappammo dalla clinica passando dai fondaci dell'edificio , correndo come due disperati che ridono come pazzi.
Jake non mi lasciò la mano nemmeno per un istante , nemmeno quando da lontano intravedemmo l'auto che ci avrebbe reso liberi.

Amo Jake. Lo amo alla follia. Noi siamo due folli che si amano...







 
   
 
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