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Autore: mate_firework    10/09/2019    0 recensioni
In questo racconto parlo di alcuni fatti che sono capitati in quelli che, secondo la definizione, sono 'i migliori anni', ma per me sono semplicemente momenti che accentuano ancora di più l'altalena di stati d'animo che mi perseguita. Ho deciso di scrivere qui perché sentivo il bisogno di dare sfogo alla mente, cosa che nella vita reale non riesco a fare.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mi ripetevo che dovevo solo resistere, lasciare che quella serata finisse per poi scappare. Finalmente all'una del mattino i festeggiamenti si erano conclusi, così ero tornata a casa. Sentivo un peso nel petto che mi opprimeva sempre di più e non volevo che la mia famiglia potesse vedermi in quello stato di paura, così ero rimasta seduta su un muretto, con il freddo di marzo che penetrava nelle ossa. Inavvertitamente avevo cominciato a tremare per la rabbia che provavo per i commenti fatti, mi ero sentita trattata come un oggetto, una bambolina e non ero riuscita a replicare nulla, da quanto ero sconvolta. Improvvisamente lo schermo del telefono aveva iniziato a lampeggiare con una chiamata da parte di Matt. Matt era il mio fidanzato storico (storico nel senso che la nostra storia durava da 5 anni) e faceva il pizzaiolo in un locale del suo paese, quindi finiva sempre di lavorare sul tardi. Non appena avevo risposto aveva capito subito che c'era qualcosa che non andava visto che non riuscivo a spiccicare parola ed ero terrorizzata. Gli avevo raccontato a grandi linee che Mich (il ragazzo dei commenti) mi aveva offeso ed umiliato davanti a tutti, e che non era nemmeno la prima volta che lo faceva. Qualche giorno prima, infatti, quando ancora io e Mich eravamo in buoni rapporti, eravamo andati ad una festa in un locale con altri compagni di corso dell'università. Era da tanto che non uscivo per via della sessione invernale e di un corso di tedesco che mi aveva tenuta impegnata, e avevo voglia di staccare un po'. Avevo deciso di indossare una gonna con degli inserti in pelle ai lati con una t-shirt bianca ed i miei amatissimi Dr. Martens neri, un look semplice e sobrio, come piaceva a me. Evidentemente il look che io ritenevo semplice e sobrio non lo era per gli altri, visto che appena ero arrivata in stazione per incontrare i miei amici Mich aveva fatto un'uscita poco elegante: "Vestita così, sai, è difficile evitare l' 'alzabandiera' ". Lì per lì io gli avevo dato una gomitata e avevo lasciato correre la cosa, e anche gli altri avevano fatto lo stesso. Arrivati al locale avevamo ordinato qualche birra ed avevamo riso e scherzato tutti insieme, quindi l'atmosfera era molto rilassata. Dopo aver finito di bere ci eravamo spostati nella pista da ballo e noi ragazze avevamo cominciato a cantare a squarciagola e a saltare insieme. Eravamo tutte spensierate e, complice quel poco alcool che avevamo in corpo, ci eravamo lasciate andare ed avevamo iniziato a ballare in modo più sciolto. Di fronte a me, a qualche metro di distanza, c'era Mich che tentava di ballare e allo stesso tempo mi rivolgeva sguardi strani, famelici, che mi facevano sentire a disagio dato che erano rivolti soprattutto ai miei fianchi e sedere imponente. Non appena me n'ero accorta, avevo proposto di uscire un attimo a prendere una boccata d'aria fresca. Cominciavo a percepire qualcosa di strano in lui e a capire che l'amicizia che c'era stata fino a quel momento era in sospeso. Quella sera da quel momento avevo cercato di stare alla larga da lui per evitare malintesi inutili e la cosa sembrava aver funzionato. Una volta saliti sul treno per tornare a casa, Mich era leggermente su di giri perchè non si era limitato alla birra e allo shot di tequila, e aveva cominciato a raccontarci del cancro di suo nonno, ormai metastasi, e di quanto stava male per questa cosa. Quel fatto mi aveva scosso perché Mich parlava spesso del nonno e si capiva bene quanto fosse legato a lui. Nella mia testa vari pensieri continuavano a scontrarsi, perché se da una parte avevo intravisto la sua debolezza in un momento così delicato, dall’altra avevo avvertito quella sera la malizia che aveva nei miei confronti e la necessità di mettere definitivamente le cose in chiaro. La cosa difficile in questa situazione era mettere le cose in chiaro in modo delicato, senza porre fine all’amicizia, ma semplicemente stabilendo la giusta distanza. Il giorno dopo mi aspettavano ben quattro ore di laboratorio a stretto contatto con Mich dato che io, lui e Francesca, un’amica, eravamo in gruppo insieme. Avevo capito da subito che c’era qualcosa di strano in lui, nel suo sfuggire al mio sguardo, nell’evitare di rivolgermi la parola, per di più la febbre aveva pensato bene di venirmi a trovare. Alla pausa, visto che la febbre e il mal di testa non accennavano ad andarsene, ero andata al bar per gustarmi un the caldo e sciogliere la bustina di Tachifludec. Mentre chiacchieravo con alcune compagne di corso, avevo visto che Mich si era avvicinato al cerchio che avevamo formato, e, dal nulla mi aveva detto “Ho visto come ti sei divertita e come hai ballato ieri sera senza il tuo moroso, poi vestita in quel modo; fai tanto la santarella e poi invece sei così… Alla fine sono sempre le ragazze più tranquille e timide le più spinte e le più porche”. Quelle parole mi avevano lasciato un po’ interdetta e subito gli avevo risposto “Guarda che stare con un ragazzo non implica che io quando esco devo stare seduta e non ballare. Tra l’altro non mi sembra di aver fatto chissà cosa di strano ieri sera” e lui si era limitato ad annuire. Era una situazione strana perché 1. nessuno mi aveva mai definito come una ragazza che se ne frega del moroso e balla in modo provocatorio (in realtà quando ballo spesso assomiglio più ad un tricheco con gli spasmi), ovvero nessuno mi aveva mai descritto come una zoccoletta 2. nessuno mi aveva mai ripreso per il modo in cui mi vestivo se non mia mamma la prima volta in cui ero stata ad una festa in seconda superiore ed avevo un vestito che arrivava alle ginocchia infatti non avevo mai amato i vestiti appariscenti, scollati o che mi coprissero poco il sedere, quindi le parole che mi aveva rivolto stridevano ancora di più 3. non capivo il suo dover giudicare a tutti i costi quello che facevo visto che lui era solo un amico a cui non avevo mai dato una grande confidenza (come con la quasi totalità delle persone che non conoscevo come le mie tasche, dato che ero fatta così).
   
 
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