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Autore: Abby_da_Edoras    10/09/2019    4 recensioni
Questa mia long fic si ispira alla prima stagione della serie TV "I Medici" ed è il sequel della mia storia "Non mi avete fatto niente". Chi ha seguito la precedente, sa che Rinaldo Albizzi si trova in prigione dopo aver tentato di rovesciare la Signoria, ma Giovanni non può permettere che gli accada qualcosa. Dunque farà tutto quanto è in suo potere per salvarlo, anche con l'aiuto di Cosimo de' Medici. Ovviamente la mia ff è What if e AU, il tono è leggero e ironico e il personaggio di Giovanni degli Uberti è inventato da me...
Grazie a chiunque leggerà e commenterà la mia storia, in particolare a Ciuffettina che mi segue sempre con affetto e allegria!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori della serie TV I Medici.
Genere: Angst, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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VIETATO MORIRE

 

Capitolo primo

 

Lo sai che una ferita si chiude e dentro non si vede
Che cosa ti aspettavi da grande, non è tardi per ricominciare
E scegli una strada diversa e ricorda che l'amore non è violenza
Ricorda di disobbedire e ricorda che è vietato morire, vietato morire
Cambia le tue stelle, se ci provi riuscirai 
E ricorda che l'amore non ti spara in faccia mai
Figlio mio ricorda bene che
La vita che avrai
Non sarà mai distante dell'amore che dai
Ricorda di disobbedire perché è vietato morire…

(“Vietato morire” – Ermal Meta)

 

Nei giorni seguenti la vita a Firenze si fece sempre più frenetica e interessante, non c’era davvero modo di annoiarsi in tutto quel casino! Tanto per non farsi mancare niente, giunse in città anche il Papa, Eugenio IV, in fuga da Roma che era stata occupata dalle truppe del Duca di Milano, Filippo Maria Visconti. E chi poteva offrirsi di ospitare il Papa in casa sua se non il nostro Cosimo de’ Medici?

Papa Eugenio, però, era da anni amico di Rinaldo Albizzi e, così, approfittò del suo soggiorno a Palazzo Medici per perorare la sua causa presso Cosimo e implorarlo di essere magnanimo, convincendo la Signoria a non condannarlo a morte.

Insomma, Cosimo aveva il Papa da una parte e Giovanni dall’altra a pressarlo affinché mettesse una buona parola per Rinaldo… il problema era, però, che Albizzi non aveva nessuna intenzione di farsi aiutare e, anzi, preferiva morire piuttosto che essere salvato dal Medici.

Poteva esserci una situazione più assurda e incasinata di questa? Nemmeno a cercarla col lumicino…

E, nel frattempo, durante le riunioni della Signoria, Andrea Pazzi, con la faccia tosta che lo contraddistingueva, insisteva con sempre maggior veemenza che il crimine commesso da Rinaldo Albizzi era imperdonabile e che meritava di essere punito con la morte. Cosimo era stato costretto a ordinare a Marco Bello di tenere Giovanni chiuso a chiave nella sua stanza a Palazzo Medici dopo che, la prima volta in cui era stato tanto temerario da permettergli di partecipare alla seduta della Signoria, il ragazzino aveva dato fuori di matto. Sentendo Pazzi perorare con tanto impegno la causa della condanna a morte di Albizzi, la reazione di Giovanni era stata plateale.

“Dovresti essere ammazzato tu con tutta la tua famiglia di luridi traditori, Giuda Iscariota che non sei altro!” aveva esclamato, tentando poi di raggiungere l’uomo con l’evidente intento di azzannarlo alla giugulare o qualcosa di simile.

Anche in quel caso, Cosimo si era avvalso dell’aiuto di Marco Bello per afferrare il ragazzo, tenerlo stretto e portarlo fuori dal Palazzo della Signoria, mentre il Gonfaloniere cercava di conservare un’espressione impassibile (ma dentro di sé soffocava dalle risate…) e Giovanni continuava a insultare Andrea Pazzi in tutte le lingue del mondo e a spiegargli nel dettaglio cosa gli avrebbe fatto se solo se lo fosse trovato tra le mani!

Vista la situazione incandescente a dir poco, il Papa aveva trovato una specie di compromesso: aveva fatto redigere a Cosimo un documento in cui a Rinaldo Albizzi veniva commutata la condanna a morte in esilio e, in cambio, l’uomo giurava che non avrebbe mai più fatto ritorno a Firenze. Eh, già, perché la Signoria (istigata dall’immancabile Andrea Pazzi, avvocato del diavolo per vocazione) non si fidava di Albizzi e temeva che, una volta mandato in esilio, lui avrebbe trovato degli alleati e messo su un esercito per muovere guerra a Firenze.

Oddio, probabilmente era esattamente questo ciò che Rinaldo aveva intenzione di fare, ma vabbè, non facciamo mica il processo alle intenzioni, noi, no?

Cosimo e Papa Eugenio portarono il documento ad Albizzi, nella sua cella, e quella volta il Medici ritenne saggio che venisse anche Giovanni. In quel caso non c’era pericolo che incontrasse Pazzi e che, magari, lo sventrasse sotto gli occhi di Sua Santità… e forse con le sue frasi pungenti, ma sempre azzeccate, sarebbe riuscito a convincere Rinaldo a firmare.

In realtà il documento convinceva poco anche Giovanni stesso. Insomma, lui sapeva benissimo che la sua famiglia era stata esiliata e aveva tentato in tutti i modi di ottenere il permesso di rientrare a Firenze, con che faccia sarebbe andato a chiedere ad Albizzi di firmare per richiedere spontaneamente l’esilio? Tuttavia, come già aveva detto una volta a Cosimo, dall’esilio si può sempre tornare e dalla tomba no, perciò forse era la soluzione migliore, poi ci avrebbe pensato lui ad aiutare Rinaldo a tornare a Firenze.

Sì, la sua idea era quella, anche se non sapeva come.

Intanto, però, bisognava convincere l’uomo a firmare il documento.

Appunto, era proprio quello il problema…

Rinaldo Albizzi si rivoltò come morso da una vipera, trattò male anche il Papa stesso e dichiarò che quel documento era un inganno messo in piedi da Cosimo.

Rinaldo Albizzi, a volte, sapeva essere davvero esasperante e, soprattutto, i suoi discorsi non avevano un minimo di logica: che ci avrebbe guadagnato, Cosimo, a mandarlo in esilio? Se davvero lo odiava tanto, non sarebbe stato il primo a volere la sua testa? Ma andateglielo a spiegare…

Alla fine anche il Papa non lo resse più e lo zittì in malo modo.

“Insomma, Rinaldo, non dimenticatevi di chi avete di fronte!” lo redarguì.

Al che Albizzi chinò il capo, si fece un frettoloso segno di croce e chiese perdono al Papa per aver perso la pazienza davanti a lui.

“Perdonatemi, Santità, non dirò più niente” mormorò, solo apparentemente pentito… perché, pur avendo appena affermato che non avrebbe detto più niente, si affrettò ad aggiungere l’immancabile accusa di corruzione ai Medici! Che uomo coerente, quell’Albizzi… “Se non che i Medici mentono, è nella loro natura! Come suo padre prima di lui, Cosimo distruggerà tutte le vite necessarie a conquistare il potere.”

“Si può sapere che accidenti c’entra questo?” intervenne allora Giovanni, che si era trattenuto anche troppo per i suoi standard. “E’ mai possibile che qualsiasi cosa accada sulla faccia della terra debba essere colpa di Messer Cosimo ai vostri occhi? Ma perché non contate fino a cento prima di aprire bocca, se tanto dovete dire solo idiozie simili?”

Papa Eugenio fece tanto d’occhi e Cosimo si affrettò a spiegare la situazione.

“Il ragazzo è Giovanni degli Uberti, ospite nella mia casa e… beh, ha preso anche lui particolarmente a cuore la salvezza di Albizzi” disse, esibendo un sorriso che sembrava più una smorfia.

“I Medici sono pronti a passare sopra chiunque pur di…”

“Siete veramente assurdo e la cosa peggiore è che nemmeno ve ne rendete conto” lo interruppe Giovanni senza tanti complimenti. “Se Messer Cosimo volesse veramente la vostra rovina, gli basterebbe tirarsi indietro e lasciar fare alla Signoria che, con il vostro carissimo amico Andrea Pazzi in testa, inneggia giorno e notte alla vostra condanna. E invece è qui, insieme a Sua Santità il Papa, a pregarvi di firmare un documento che vi salverà la vita. Ma no, voi preferite accusarlo di cose che non stanno né in cielo né in terra e, soprattutto, non sapete far altro che ritirare fuori per l’ennesima volta quella vecchia storia di vent’anni fa, che tra l’altro in questo momento non c’entra neanche un cavolo!”

Papa Eugenio dovette ammettere che i metodi spicci di Giovanni erano forse più efficaci delle sue parole… ma Albizzi era più cocciuto di un mulo, era impossibile spuntarla, con lui.

“Io non firmerò mai questo documento!” dichiarò, deciso.

“Se è la vostra ultima parola, io non posso fare nient’altro” replicò allora il Papa, deluso. Fece per avviarsi verso la porta della cella, accompagnato da Cosimo, ma Giovanni non aveva certo finito!

“E perché non volete firmare? Potete perlomeno spiegarmelo?”

Cosimo e il Papa si fermarono poco prima di uscire, scambiandosi un’occhiata.

“Forse il giovane Uberti saprà convincerlo meglio di quanto avremmo fatto noi” suggerì il Medici.

“Lo spero” mormorò Papa Eugenio. Era davvero amico di Albizzi da molti anni ed era dispiaciuto di non poterlo aiutare, ma quell’uomo era talmente accecato dalla rabbia da non rendersi conto che si stava rovinando con le sue stesse mani. Il ragazzo ostentava dei modi di dire piuttosto coloriti, ma chissà, magari era quello che ci voleva con un testardo come Rinaldo.

“Quel documento è un inganno di Cosimo e io non mi abbasserò mai a firmarlo!” ripeté l’uomo, come se quella fosse una risposta.

“Beh, allora, se ci tenete tanto a suicidarvi perché non vi impiccate da solo con le lenzuola del letto? Risparmierete un sacco di noie a tanta brava gente” fece Giovanni, piccato.

Fuori dalla cella, il Papa guardò Cosimo con l’aria di dire sarebbero questi i metodi del giovane Uberti?

Cosimo fece finta di niente, mostrando una gran sicurezza. Per prudenza, decise di allontanarsi dalla cella insieme al Papa, caso mai fossero volate parole grosse: quando quei due si scontravano non si poteva mai sapere e, in ogni caso, era meglio che Sua Santità non assistesse!

“Come ti permetti di parlarmi così, ragazzino arrogante? Tu non sai niente di me e non puoi capire” ribatté Rinaldo. “Non voglio essere debitore di Cosimo e, in ogni caso, non ho alcun interesse ad andare in esilio. Fuori da Firenze non sarei più nessuno.”

“Ah, beh, perché invece qui chi vi credete di essere?” replicò Giovanni, con aria di sufficienza. “L’avete fatta voi la sciocchezza di cercare di rovesciare la Signoria e iene affamate come Andrea Pazzi sono lì che ancora vi ringraziano. Lo capite o no che Pazzi aspetta solo che saliate sul patibolo per rivendicare immediatamente il suo diritto a occupare il vostro seggio?”

“Tu che ne sai di tutte queste cose?” domandò l’uomo, adesso più calmo e incuriosito dalle parole del ragazzo.

“Lo so perché è la stessa cosa che hanno fatto alla mia famiglia” rispose Giovanni in tono grave e fissando Rinaldo dritto negli occhi, “e sappiate che non lascerò che facciano lo stesso a voi. Se oggi non volete firmare quel documento io tornerò domani, e poi il giorno dopo e il giorno dopo ancora, finché non vi avrò convinto.”

“Non credo che mi resti tutto questo tempo, ragazzino…”

“Vi resterà, potete contarci. La Signoria non farà niente contro di voi e io vi convincerò a firmare il documento” dichiarò il ragazzo.

“Sembri molto sicuro di te, giovane Uberti” fece Rinaldo, adesso quasi divertito.

“Lo sono” fu la risposta del ragazzo. “Bene, devo raggiungere Messer Cosimo e Sua Santità, ma non vi illudete, non è finita qui. Domani tornerò, da solo, portando quel documento, e non vi darò pace finché non vi avrò convinto a firmarlo.”

Suo malgrado, ad Albizzi scappò un sorrisetto.

“Come vuoi. Magari allora io domani ti spiegherò meglio le ragioni per le quali non ho alcuna intenzione di firmarlo, e vedremo chi l’avrà vinta” disse.

“A domani, Messer Albizzi” iniziò a dire Giovanni, ma non fece quasi in tempo a finire la frase, perché Rinaldo lo afferrò bruscamente, lo attirò a sé e lo baciò in modo rude, disperato, avido.

Meno male che Cosimo aveva allontanato il Papa!

“A domani, ragazzino impertinente” gli disse poi, lasciandolo andare.

Un po’ confuso e sbalordito, Giovanni uscì dalla cella dell’uomo e raggiunse il Papa e il Medici che lo aspettavano in fondo alla prima rampa di scale insieme al carceriere.

“Allora, sei riuscito a convincerlo a firmare?” gli domandò il Medici.

“Non ancora, ma tornerò domani con questo documento e insisterò finché non accetterà di firmarlo” replicò il ragazzino, cercando di recuperare un certo qual contegno. “Posso tenere il foglio con me, Messer Cosimo?”

“Non vedo perché no” rispose il Medici. “Comunque temo che Rinaldo sia ancora più testardo di te.”

“Oh, Messer Albizzi non ha ancora visto niente…” fece Giovanni, con il tono di chi la sa lunga.

In realtà nemmeno lui sapeva ancora come sarebbe riuscito a convincere Albizzi, però una cosa la sapeva: non avrebbe lasciato niente di intentato pur di salvargli la vita… e, possibilmente, di trovare il modo per risparmiargli anche l’esilio.

Rinaldo, intanto, rimasto solo nella sua cella, guardava fuori dalla finestrella che dava sulla piazza.

Rifletteva.

Giovanni si stava dando veramente tanto da fare per salvargli la vita, era chiaro che teneva molto a lui.

Ma lui, Rinaldo Albizzi, come avrebbe potuto vivere in esilio, lontano da Firenze, senza più poter partecipare alla vita politica della sua città? A cosa sarebbe servita allora la sua vita?

Possibile che Giovanni, che discendeva da una famiglia cacciata da Firenze, non comprendesse la sua amarezza?

Il giorno dopo avrebbero parlato con più calma e, sicuramente, il ragazzo avrebbe capito. La sua era una causa persa e non aveva più motivo per lottare.

La sua vita non aveva più senso, tanto valeva che lo giustiziassero…

Fine capitolo primo

 

 

 

 

 

 

   
 
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