Videogiochi > Sonic
Segui la storia  |       
Autore: Indaco_    10/09/2019    1 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Justin guardava annoiato fuori dalla finestra: il cielo splendente e il sole aranciato all’orizzonte indicavano l’avvicinarsi dell’ora di cena. Beyoncé  e Rihanna, sedute sul divano, stavano giocando con dei piccoli animaletti di plastica, immerse in un finto zoo costruito con libri e riviste. Il riccetto blu si era allontanato silenziosamente dal loro svago, troppo stanco per giocare con loro e soprattutto annoiato da quel laborioso piano di baby sitting.
Arrampicatosi sul dorso del divano, aveva iniziato a fissare la finestra sperando che la mamma e Sonic arrivassero da un momento all’altro, magari con una pizza gigante. Controllando come i grandi l’orologio che non sapeva leggere, sbuffò, e si rimise quatto quatto a fissare la finestra. Nel piccolo prato si erano accesi gli impianti di irrigazione, i minuscoli fili d’erba scintillavano di luce arancione dovuta all’imminente tramonto.
Gli occhi iniziavano a diventargli pian piano sempre più pesanti, la tranquillità del paesaggio e il calore del sole avevano un effetto soporifero sul piccino. Le palpebre, abbassate per metà occhio, coprivano l’iride verdissima non aiutando a mantenere vigile il cucciolo che non sentì, infatti, la macchina degli effettivi genitori arrivare da lì a poco nel vialetto di fronte a casa.
Amy e Sonic, con l’umore sotto i tacchi e due facce spiritate, prepararono un sorriso fintissimo pur di non far preoccupare inutilmente Justin. Scendendo dalla macchina sportiva con quell’espressione tetra e quel peso nel cuore, la riccia si affiancò al blu, anch’esso pallido e nervoso dall’intera vicenda. Le parole dell’avvocato veleggiavano ancora nella mente dei due, infondendogli un forte timore e azzerando completamente le loro forze.
Le goccioline degli irrigatori gli solleticarono le caviglie, ma già infastiditi dall’ enorme problema si allontanarono con evidente fastidio: non avevano la minima voglia di bagnarsi. Si precipitarono sull’uscio di casa con due veloci saltelli, pulendosi le scarpe umide sul tappeto steso di fronte alla porta. I ciuffi di rosmarino e menta spandevano il loro delicato profumo rendendo l’abitazione ancor più accogliente e rilassando per un secondo gli adulti, stanchi morti dall’intensa giornata.
La riccia lisciò, con un’azione meccanica, le pieghe del vestito che indossava. In un certo senso, non vedeva l’ora di raccontare tutto a Blaze e Silver: condividere i loro problemi con qualcuno le avrebbe fatto bene ed, inoltre, quattro teste ragionavano meglio di due, chissà mai se fosse nata qualche idea brillante .
< Non facciamoci sentire dai bambini, d’accordo? > mormorò a bassa voce la ragazza incrociando lo sguardo con il blu al suo fianco. Come risposta ottenne solo un ovvio e rapido cenno di testa ed il principio di uno sbadiglio che si affrettò a bloccare sul nascere. L’enorme tensione intaccava persino l’inesauribile energia del riccio, il quale, un po’ per la nottata in bianco un po’ per la faccenda drammatica, non vedeva l’ora di poggiare la testa su un soffice cuscino e lasciarsi trasportare dalla stanchezza.
La porta di legno bianco si aprì con delicatezza e, dietro ad essa, apparve una sorridente Blaze con gli occhi luminosi e le mani  cariche di magliette spiegazzate pronte per essere stirate.
< Ben arrivati! Entrat.. >  Il sorriso impiegò un decimo di secondo a scemare. Di fronte a quelle facce stravolte e agli occhi lucidi della cugina, la gatta si preoccupò non poco. Accigliata, li guardò più volte per tentare di indovinare cosa fosse accaduto di così tragico,
< che vi è successo? E’ morto qualcuno? > esclamò incredula la padrona di casa facendogli segno di entrare. Sembrava che non dormissero da anni, in preda ad una fulminante influenza. Goffi e trascinanti sembravano due zombie affamati, persino Sonic sembrava star male. Amy si guardava le scarpe tentando di mantenere un sorriso che non voleva saperne di restare.
< Diciamo che non sono tutte rose e fiori > mormorò a bassa voce la riccia cercando di rimanere lucida e, soprattutto, di trattenere le lacrime. La gatta preoccupata zampettò in salotto per vedere dove i piccoli fossero, in particolar modo il riccetto blu, interessatissimo ad ogni chiacchierata svolta tra adulti. Trovandolo sul divano addormentato, lo lasciò indisturbato e controllò le figliolette intente ad espandere il loro mini zoo nella zona bagno con urletti e storie degne di soap opera. Con un sorriso divertito, la gatta si spostò in cucina, dove gli ospiti erano stati accolti da Silver, in tuta nera, fresco di doccia.
< Mio Dio, ragazzi siete stravolti! Che è successo di così terribile? > esclamò il riccio argento con occhi sgranati sugli ospiti ed evidente preoccupazione. I due ricci, sull’uscio della cucina, sospirarono pesantemente lasciando cascare le braccia attorno ai fianchi.  Silver non li perse di vista portando in tavola alcune bevande e i tintinnanti bicchieri. Lo sguardo preoccupato vagheggiò sui visi di entrambi in cerca di una qualsiasi espressione che potesse tranquillizzarlo.
Ma le loro facce erano talmente a pezzi che Silver non poté che dedurre che qualcosa di veramente grosso turbava i due compagni. Curioso come non mai, si sedette su una delle tante sedie appoggiando la testa sulle braccia incrociate. I due ragazzi poggiarono le loro cose sulle sedie e, dopo essersi assicurati che Justin fosse fuori tiro, si sedettero pesantemente. Bastò che Amy guardasse il blu, seduto al suo fianco, per fargli capire di iniziare per primo il resoconto di quella giornata: gli occhi verdissimi erano talmente lucidi da fargli temere che tra poco sarebbero scoppiati in lacrime.
Sonic, con il dolore nel cuore, prese un bel respiro e descrisse con attenzione tutti gli avvenimenti accaduti da quella mattina. La riccia, seduta al suo fianco, si asciugò più volte gli occhi inumiditi ed ascoltò lo spiacevole racconto aggiungendo qualche dettaglio di tanto in tanto. Blaze e Silver, stupiti da quella terribile notizia, ascoltavano muti e allibiti il resoconto del blu, sempre più frustrato ogni minuto che passava.
Gli occhi spenti e la schiena incurvata lo facevano sembrare ammalato, se si fosse sdraiato sul tavolo probabilmente non avrebbe stupito nessuno. Venti minuti dopo, a narrazione conclusa, si trovarono tutti e quattro immersi nel silenzio a pensare. L’unico sottofondo udibile erano le risate e i dialoghi provenienti dal mini zoo situato nel salotto. Quei rumori così pacifici e allegri tranquillizzarono gli adulti: segno che nessun bambino aveva ascoltato quel dialogo per nulla rassicurante.
Nessuno aveva parole sufficienti per commentare quel problema. Silver, appoggiato sulle braccia intrecciate, fissava il bicchiere ancora pieno di limonata, mentre la gatta, osservava il pavimento con occhi sgranati e un’espressione angosciata. Non riuscivano a credere che tutto ciò stesse accadendo realmente, il solo pensiero che Justin finisse nelle mani sbagliate li terrorizzava a morte. La gatta aprì la bocca per parlare quando, senza emettere alcun suono, il piccolo riccio comparve come un fantasma in cucina, con gli occhi assonnati ed un sorriso stanco sul musino. Stropicciandosi gli occhi, cercò con sguardo appannato il color rosa confetto di sua madre e il blu oceano del riccio.
< J-JUSTIN! Ben svegliato! > esclamò Blaze con un sobbalzo, avvertendo i presenti del nuovo ospite. Gli adulti si rizzarono a sedere nascondendo l’ansia che provavano e fecero apparire dei miti sorrisi, freddi come il ghiaccio. Il piccolo, che non notò le facce angosciate dei presenti, impiegò meno di un secondo ad individuare madre e relativo amico ed impiegò ancor meno tempo a saltare in braccio ai due  in cerca di coccole.
Afferrato al volo dal riccio blu, venne coperto di baci amari dalla madre che faticava non poco a trattenere le lacrime al solo pensiero di venire separata da lui. Con forza micidiale si impuntò a far apparire un sorriso sulle labbra tirate dalla paura. Gli angoli della bocca, leggermente asimmetrici, lo facevano apparire più come una smorfia.  Gli adulti, dopo averlo salutato e averlo interrogato con leggerezza sulla giornata trascorsa, decisero, lanciandosi un’occhiata tra di loro, di tornarsene a casa e godersi un po’ il piccino.
Ringraziando e salutando con finta allegria i presenti, se ne uscirono come una normale famigliola dopo una normalissima giornata di sole, il quale spandeva gli ultimi raggi prima di coricarsi, inondando il paesaggio di una fiochissima luce arancio che non bastava neppure a distinguere la maniglia della portiera. Guidando tranquillamente verso casa, il silenzio era stato colmato dalle chiacchiere continue del piccolo, il quale, caricatosi grazie al breve sonnellino, si sentiva forte come non mai. Ma nell’aria udiva, o meglio, percepiva una strana tensione.
Come quando la mamma, dopo una litigata con Jason, per non preoccuparlo si piazzava in cucina facendo finta di essere impegnata nei lavori domestici. Sonic e Amy non parlavano tra di loro se non per alcuni brevi commenti mormorati a bassa voce, talmente bassa da non riuscire a capire ciò che si erano detti. La riccia, che si sforzava di rimanere  bella dritta sul sedile per dar prova che tutto andasse a meraviglia, si sentiva uno straccio usato. Non era facile sorridere con quel peso nel cuore, ma non poteva di certo mostrarsi triste e amareggiata di fronte al piccolo! Con un sospiro, in cerca di un minimo conforto, avvolse il braccio del ragazzo e appoggiò per un breve attimo la testa rosa sulla sua spalla.
Le bastò quel minimo contatto per sentirsi un pochino alleggerita. Non era da sola ad affrontare quella guerra, i suoi amici e il riccio erano schierati al suo fianco, pronti a dare una mano.
< Andiamo a mangiare il gelato stasera? > mormorò con dolcezza la ragazza facendosi scappare un sorrisino stanchissimo. Il blu, a quel contatto, raggelerò e strinse il volante come valvola di sfogo. Bastò quella leggera carezza  a ricordargli quello che era avvenuto quella notte. Annuendo in modo quasi esagerato la testa, le guancie gli si colorarono come un pomodoro, stupendo la ragazza per quella reazione decisamente esagerata. Gli urletti felici di Justin alle loro spalle, felicissimo di nutrirsi di gelato, spostarono l’attenzione dei due ricci, aiutando il blu a scolorarsi e alla rosa di riprendere in mano la situazione.
La cena, a base di un’enorme coppa ripiena di gelato e guarnita di ogni biscotto e glassa esistenti, migliorò l’umore della famigliola, la quale, appollaiata su delle graziose poltroncine in vimini, tra una chiacchiera con vecchi amici e tra loro, riuscirono a riprendere in parte il buon umore. Sonic, attentissimo ad ogni parola pronunciata da Amy, si stava logorando il cervello in cerca di duplici significati che potessero fargli capire se la ragazza ricordasse o meno quel famoso bacio. Ma nulla: la riccia non aveva nemmeno accennato alla notte precedente e comunque, se avesse parlato volontariamente di quell’evento, era stata così sottile da non farlo capire.
Perfino quando giunsero alla macchina il riccio stava ancora analizzando frase per frase. Justin, aggrappato alle mani della madre, non era per nulla stanco, anzi, si sentiva talmente in forma da poter correre per tutto il parco per un almeno una ventina di minuti.
Saltellando come una capretta, si staccò dalla madre e percorse il breve tratto di strada che separava i genitori dall’auto. Il buio era fittissimo, un lampione danneggiato si bloccava ad intervalli regolari, rimanendo spento per alcuni minuti. Il punto di luce era accerchiato da una miriade di insetti volanti che, senza pietà, continuavano a sbattere addosso alla lampadina notturna impazziti. La luna calante illuminava debolmente le chiome degli alberi e qualche striscia del parcheggio, facendo sembrare le foglie pennellate di un pallido argento.
Sonic ed Amy, impegnati in una lunga e misteriosa discussione, qualche metro più addietro, controllavano a vista il piccolino stando ben attenti a non perderlo di vista. L’erba mai tagliata era cresciuta a dismisura con le ultime piogge e il piccino faticava a camminare, dovendo sollevare il più possibile le corte gambe ad ogni passo. Stava giusto superando un’alta graminacea fuori controllo, quando, con la coda dell’occhio, in fondo al parcheggio notò una figura nera, alta ed immobile accanto ad un’auto grigio piombo. Con stupore e un filo di preoccupazione, il riccetto si fermò in mezzo al viale e scrutò con attenzione doppia quell’ombra nera piazzata negli ultimi posteggi. Il cuore del bambino iniziò a battere in modo più frenetico, chiunque fosse era veramente strano: cosa faceva a quell’ora e perché se ne stava fermo?
Una brezza leggera scompigliò le chiome imponenti degli alberi e fece ondeggiare i capelli del soggetto, stranamente rivolto verso di lui. Brividi di pelle d’oca fecero tremare il piccino che si immobilizzò, ipnotizzato dalla figura misteriosa che richiamava il suo sguardo come un magnete. Dietro di lui, i genitori lo raggiunsero ma, troppo presi dal discorso che stavano affrontando, non si accorsero subito dello strano stato di immobilità.
< Che cosa stai guardando Justin? > domandò Amy sorpresa, accarezzando gli aculei gelidi del figlioletto rigido come un baccalà. Justin non rispose, dentro di sé la paura iniziava a prendere il soppravvento bloccandogli le gambe e perfino la lingua, incollata al palato. Non staccando gli occhi dal soggetto, tremante, sollevò lentamente l’indice verso un punto indefinito del parcheggio. I due adulti, sbigottiti, fecero scorrere lo sguardo lungo la direzione indicata dal riccetto ma, diversamente da lui, alla fine del parcheggio non trovarono assolutamente nulla se non alcune macchine e un posteggio vuoto. Sonic portò le mani in tasca e scrutò nuovamente lo spazio adibito alle macchine con più attenzione, cercando figure nella penombra. Ma nuovamente, non notò assolutamente nulla di diverso dal normale.
I genitori si lanciarono un’occhiata perplessa, era stata una giornata pesantissima per tutti e tre ed, inoltre, era buio pesto, probabilmente il piccino aveva avuto un abbaglio. Sonic accarezzò anch’esso la testolina del riccetto con un sorriso rassicurante.
< Cosa hai visto di preciso? Non sarà magari uno scoia… > uno stridio di gomme e  un rombo assordante coprì la frase finale mormorata dal riccio. Dalla curva indicata da Justin, una macchina grigio piombo sgommò sulla strada portandosi al centro della carreggiata con un balzo imperioso. I freni scricchiolarono acuti e l’autovettura si bloccò a qualche metro di distanza da loro. I fari alti abbagliarono per un secondo la famiglia, ancora incredula e stordita dal comportamento folle e pericoloso del pilota. Sonic con il cuore in gola fu il primo ad agire, intuendo cosa sarebbe successo di lì a poco.
< Proteggetevi! > Senza delicatezza, non perdendo nemmeno un secondo, spinse madre e figlio dietro la sua auto utilizzandola a mo’ di scudo. La macchina avversaria, nello stesso momento, spinse al massimo l’acceleratore facendo rollare le gomme prima che si aggrappassero all’asfalto spingendosi avanti.
Con un rombo profondo e puntando evidentemente al bambino e agli adulti, la macchina si lanciò su di loro come un toro in una corrida. Terrorizzati e rigidi come dei sassi, mamma e figlio furono spinti con violenza nel posteggio libero accanto alla loro macchina.
La struttura della vettura blu notte fungeva come una sorta di ostacolo per l’auto impazzita, proteggendo blandamente Amy e Justin dal pericoloso pilota. La rosa non riuscì a gridare ma afferrò il piccolo in una morsa involontaria, stringendolo a se con paura.  Sonic fece appena in tempo a nascondersi dietro l’auto sportiva prima di venir investito dal proiettile grigio. La macchina gli oltrepassò ad altissima velocità e con una derapata, alla fine del parcheggio, si infilò nel normale traffico cittadino come se nulla fosse successo sparendo alla loro vista nel giro di qualche secondo. Nell’aria, il rumore del rombante motore messo sotto sforzo si smorzò lentamente.
 La polvere, sollevata dalla macchina in piena corsa, odorava di gomma bruciata e lentamente iniziò a depositarsi a terra con leggerezza. Schiacciati a terra, nel posteggio libero accanto alla spider, i tre ricci ansimavano come mantici, impolverati, distrutti dall’adrenalina prodotta e dalla situazione critica in cui erano incappati. Justin stava tremando come una foglia dallo spavento e, aggrappato saldamente alla madre, respirava pesantemente coperto di sudore freddo e di polvere bianca.
La ragazza, con la schiena appoggiata all’asfalto, stringeva in modo compulsivo il piccino a sé, incredula e confusa, chiedendosi perché mai quella macchina avesse tentato di mandarli all’aldilà. Se non fosse stato per il riccio, in quel momento probabilmente si sarebbe trovata spiaccicata sul paraurti dell’auto. Sonic l’aveva praticamente lanciata assieme al piccolo dietro l’auto sportiva come sorta di riparo.
La caduta le aveva procurato una bella botta sulla schiena, nulla in confronto a quello che sarebbe accaduto se la macchina gli avesse centrati. Ringraziando i riflessi perfetti del compagno, si riprese quel tanto da capire che, al momento, lei e Justin stavano bene.  Liberando la mano dal corpicino tremante del cucciolo, il quale iniziava a riprendersi dallo spavento, tastò il terreno attorno a lei finché non trovò il braccio del blu, impolverato e coperto di sudore. Stringendolo forte, dopo qualche secondo riuscì a sollevarsi mantenendo ben salda la presa sul piccino. Temendo che la macchina potesse tornare e che Justin sgusciasse dalle sue mani finendo investito, la ragazza strinse al petto il figlioletto fino a mozzargli il respiro. Sollevando il busto, in un primo momento, vide ondeggiare il mondo attorno a sé in una veloce danza saltellante.
La nube di polvere che si era sollevata dal terreno precedentemente, oramai, era discesa del tutto, lasciando oggetti e persone coperte di uno strato di polvere finissima come farina. Con due colpi di tosse, il ragazzo al suo fianco si riprese dall’evento appena accaduto con gli occhi arrossati dalla sabbia che svolazzava nell’aria. Incredulo e ancora scosso dal pericolo scampato, non riuscì a non collegare Jason con quel tentato omicidio.
La macchina gli aveva palesemente presi di mira prima di partire a tutto gas ma, fortunatamente, i riflessi fantastici di cui disponeva aveva salvato tutti e tre all’ultimo secondo. Ma perché tentare di ammazzarli con la causa imminente? Perché rischiare di ferire o uccidere Justin visto che ci teneva così tanto ad averlo accanto a sé? Passandosi una mano sul volto sporco, il blu, più confuso che mai, si avvicinò a madre e bambino per assicurarsi che stessero bene. Gli occhioni lucidi di Justin lo preoccuparono ancor di più. Avvinghiato alla madre, controllava con sguardo preoccupato che non vi fossero altre macchine pronte ad investirli.
< Tutto bene? > tossì la ragazza controllando prima l’uno poi l’altro. I suoi due blu erano entrambi malconci a vedersi: mentre il piccino era ancora scosso da quell’assalto con tanto di occhi da bambi spaventato, l’adulto, con la t-shirt rovinata dalla caduta, aveva uno sguardo di fuoco.
Dentro di sé, una rabbia crescente si faceva strada tra lo spavento e la paura che aveva provato. Di sicuro non avrebbe digerito così velocemente quel tentato omicidio ed era certo che, prima o poi, gliela avrebbe fatto pagare.  


Spazio autrice: buonasera cari lettori, eccovi un nuovo capitolo. Ormai sarete stanchi di leggerlo ma, come sempre, segnalate errori o sviste per favore. Prendo l’occasione per ringraziare vivamente Lily710 che mi ha aiutato moltissimo nella stesura corretta dei capitoli. Oltretutto ringrazio anche tutti i lettori silenziosi che stanno seguendo questo lunghissimo sequel nonostante ritardi e problemi vari. Grazie!
                                                                                        Baci.
Indaco

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Indaco_