Anime & Manga > Slam Dunk
Segui la storia  |       
Autore: Retsuko    11/09/2019    1 recensioni
Il futuro è inevitabile e riserva cambiamenti che non sempre si possono affrontare da soli.
A Kaede Rukawa la parola “insieme” fa paura, ma quando la sua perfetta routine fatta di solitudine, basket e pisolini si spezza, è costretto a ricercare un nuovo equilibrio e a fare i conti con ciò che prova per Hanamichi Sakuragi.
Un anno di vita di un gruppo di ragazzi.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Ayako, Hanamichi Sakuragi, Hiroaki Koshino, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“E se quest'anno poi passasse in un istante 

Vedi amico mio come diventa importante 

Che in questo istante ci sia anch'io

L'anno che sta arrivando tra un anno passerà

Io mi sto preparando 

È questa la novità”

L’anno che verrà, Lucio Dalla

 

 

 

Kaede stava cercando di convincersi che non ci fosse nulla di strano o di speciale in quello che stava succedendo, in quello che lui e Sakuragi stavano facendo insieme. 

Erano soltanto due che accompagnavano una vecchietta al tempio il giorno di Capodanno

Si però, cos’erano loro due? Esisteva una parola che definisse un legame come il loro? 

Sakuragi si era presentato a sua nonna come “compagno di scuola”, ed era vero, ma Kaede non pensava mai a lui in quel modo, tutt’al più compagno di squadra, eppure anche quella definizione gli sembrava non calzasse fino in fondo. 

Una volta Ayako li aveva chiamati “rivali inseparabili” e forse quella era la miglior descrizione del loro assurdo rapporto. 

Rischiava di perdere il senno a forza di ragionare su certe sottigliezze e quello era il momento sbagliato per rimuginare, erano giunti a destinazione.

«Bene, ci vediamo là fra mezz’ora» esordì Akemi indicando una panchina al lato della strada 

«Veniamo con te, nonna.»

«No.»

Kaede si lasciò andare ad uno sospiro contrariato. Doveva convincerla questa volta, se si fosse perso la nonna, suo padre gli avrebbe tagliato le gambe e addio basket. 

«Non ti lascio da sola, c’è troppa gente» disse preoccupato abbassando la voce. 

Con la coda dell’occhio notò che Sakuragi si era allontanato da loro di qualche passo, teneva il mento all’insù, improvvisamente sembrava molto interessato ad un intarsio nel legno del portone.

«Sto per conto mio da quanto tuo nonno è morto, vent’anni fa. Sono in grado di cavarmela.» 

La sua voce era quita, ma risoluta.

«Ascolta Kaede-chan, è la soluzione migliore per entrambi. Io voglio restare da sola coi miei ricordi, tu vuoi restare da solo con lui» disse inclinando il capo in direzione di Sakuragi.

Il sangue gli si ghiacciò nelle vene, poi si scaldò fino al bollore, risalendo verso l’alto e Kaede capì di essere arrossito. Prima Sendoh, adesso sua nonna, cioè, sua nonna, quell’anziana signora che gli stava di fronte e lo guardava con l’aria di chi la sa lunga. Era così evidente?

Avrebbe voluto domandarlo ad alta voce, ma alla fine Kaede optò per un prudente silenzio, come era sua abitudine fare di fronte all’incertezza. Senza che lo volesse davvero gli scappò un sorriso, e a questo era molto meno abituato. 

«Va bene nonna, però stai attenta» 

«Lo farò» 

Rimase lì, fermo con le mani affondate nelle tasche della giacca, finché lei non sparì nella penombra del tempio. Si voltò verso la panchina eletta a punto di ritrovo e si accorse che anche Sakuragi era rimasto fuori, sempre col naso all’insù a fissare gli intarsi. Rukawa gli si affiancò, era la prima volta che interagiva con questa versione stand-by di Sakuragi, e non sapeva bene come comportarsi. 

 

«Tu non entri?» domandò tanto per fare un tentativo 

«Non ci riesco»

Era una risposta piuttosto strana per uno con la corporatura di Hanamichi, lui sarebbe potuto entrare anche se il tempio fosse stato chiuso, un paio di spallate ben assestate al portone e quello sarebbe venuto giù. Rukawa lo guardò di sottecchi, il volto di Hanamichi aveva perso qualsiasi espressione, era rimasta solo un’ombra, pareva che avessero cercato di cancellargli i tratti del viso con una gomma, lasciando un alone sporco. 

«Venivo sempre qui con mio padre. E’ morto da quasi due anni» disse, secco come un colpo di fucile.

«Mi dispiace» rispose Kaede, contraendo la mandibola. 

«Speravo che venire qui potesse aiutarmi a …boh…tipo rielaborare, però non ci riesco» aggiunse  con una smorfia che nascondeva una viva sofferenza. 

 

Kaede si frugò il cervello senza trovar niente di significativo da dire. Allora provò a immaginare come si sarebbe potuto sentire lui al posto di Sakuragi e finì col provare un dolore lancinante, una lama lo stava trafiggendo e nessuna parola poteva essere abbastanza forte per spezzarla quella lama. Forse, se fosse stato nei panni dell’altro, avrebbe preferito una metaforica spalla su cui piangere, qualcuno capace di esserci e basta, qualcuno in grado di stargli vicino senza dire o fare niente di particolare. Istintivamente posò una mano sulla spalla di Sakuragi, stupendosi della naturalezza con cui aveva fatto quel gesto, era stato semplice e automatico quanto un terzo tempo. 

Sakuragi non si ritrasse e Rukawa strinse leggermente la presa.

 

«Vuoi che entri insieme a te?» suggerì poi, cercando di usare il tono più neutro possibile. 

L’ultima cosa che voleva è che Hanamichi si sentisse compatito. 

«Grazie Kitsune, lo apprezzo, ma è meglio di no. Se ti va bene, preferirei aspettare con te, così posso salutare tua nonna» 

«Ok» 

Si guardarono e Kaede tolse la mano dalla spalla di Hanamichi. 

 

Il cielo era rimasto coperto tutto il giorno da un sottile strato di nuvole, sebbene non facesse ancora molto freddo l’unica testimonianza del sole era stata una sfumatura giallognola nel grigio. Ora il pomeriggio scivolava lentamente verso la sera, il grigio si faceva più scuro e le lanterne appese sembravano brillare con maggiore intensità. La gente in cammino chiacchierava ad alta voce e spezzoni di conversazioni arrivavano alle orecchie di Kaede. 

Hanamichi sorrideva teneramente, assorto nella contemplazione di due bambini in abiti tradizionali che giocavano sotto un albero e Kaede, sebbene riuscisse a mascherarlo magistralmente, era assorto nella contemplazione del profilo di Hanamichi. Stavano piantati li, seduti sulla panchina da venti minuti e in lui stavano montando tutte quelle sensazioni che ormai aveva imparato essere associate alla vicinanza del rosso. Un miscuglio di disagio, inquietudine ed eccitazione. Eccitazione anche fisica, e quando Hanamichi si spostò allungando e allargando leggermente le gambe, la sua coscia sinistra premette su quella destra di Kaede, che non poteva scivolare di lato altrimenti sarebbe finito col culo a terra, perché quella maledetta panchina era corta. 

Sono solo gambe e ginocchia, rilassati.

Cercò di razionalizzare, ma il suo cazzo non lo ascoltava minimamente, cominciò ad indurirsi ed ingrossarsi velocemente, lasciandolo con un’erezione da gestire e nascondere al più presto. Rukawa sospirò, cercando di calmarsi quel tanto che bastava a prendere in mano la situazione. 

 

«Do’hao spostati un pò! Stai occupando tutta la panchina!» riuscì a dire, assestandogli una mezza gomitata. 

Sakuragi, per una volta nella sua vita, obbedì e si rimise composto, poi si girò verso il moro, scrutandogli il viso ad occhi stretti.  

«Sei strano, non è che mi stai architettando qualcosa di volpesco?»

«Stavo solo pensando a mia nonna che ci prova con te» rispose, convinto che Hanamichi se la sarebbe bevuta.

«Fottiti» sbottò l’altro, di colpo imbarazzatissimo.

«Di che t’incazzi Do’hao? Dovresti essere contento, finalmente hai trovato il target di donne a cui puntare.»

«Fammi capire, dai aria a quella boccaccia solo per prendermi in fondelli?!»

«Sono serio, fossi in te mollerei il basket e mi darei al volontariato nelle case di riposo» rispose

«Ma allora vuoi proprio morire eh?!» sbraitò il rosso

Kaede fece una pausa, una piccola ruga d’espressione comparve fra le sopracciglia, pareva stesse realmente valutando l’ipotesi.

«Nh, no oggi no. Però ammetto che mi darebbe una certa soddisfazione morire il giorno del mio compleanno.»

«Baka Kitsune dovevi dirlo subito che oggi è il tuo compleanno!» esclamò Hanamichi, il volto illuminato dalle lanterne e dalla la sorpresa.

«Perché mai avrei dovuto?»

«Perché la gente normale apprezza fare gli auguri agli amici, quindi buon compleanno» 

 

Amici, amici, amici. 

 

Risuonava nella sue orecchie al ritmo del battito cardiaco. Quindi lui ce l’aveva un termine per definire il loro rapporto. Quindi, se erano amici, era perfettamente normale che Sakuragi gli appoggiasse una mano fra le scapole, non c’era niente di strano nel modo in cui la faceva scorrere verso l’alto, fino alla nuca. Le sue dita erano tiepide nonostante la temperatura invernale, e a Kaede sembrò di sentire il pollice muoversi in una lievissima carezza, alla base del collo, li dove i capelli incontravano la pelle. Quel gesto “d’amicizia” finì com’era cominciato, veloce, discreto e silenzioso.

«Grazie Do’hao. Buon anno.» 

 

Suo nonna sbucò dieci minuti dopo, puntuale come le tasse e prontissima al rientro verso casa. Nessuno parlò sulla via del ritorno, forse era un regalo da parte dell’universo, meditò Kaede. Arrivati ad un incrocio le loro strade si separarono e fu una sinfonia di “buon anno a lei” “Arrivederci” con qualche “Nh” in sottofondo.

«Permetti un’ultima domanda Sakuragi-kun?» chiese Akemi, e il nipote capì che il silenzio della mezz’ora appena trascorsa era stato solo un fortunoso colpo di scena. 

Nessun regalo, anche quell’anno l’universo si era scordato del suo compleanno.

«Vorrei la tua opinione su una questione riguardante i capelli di Kaede»

Kami no. 

«Nonna» disse a bassa voce, fregandosene di sembrare supplichevole.  

«Non trovi anche tu che siano troppo lunghi?»

«Credo gli stiano bene così, Rukawa-san. Non riuscirei ad immaginarlo diversamente»

Sakuragi aveva parlato senza nessuna esitazione e Rukawa sbalordì, rimanendo letteralmente a bocca aperta, così confuso da aver dimenticato cosa dire per ribattere. 

L’ idiota aveva battuta la volpe in astuzia. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note e citazioni:

Ho messo in bocca ad Ayako la definizione che usa Inoue per presentare sti due rimbambiti la prima volta che s’incontrano. 


La battuta di Rukawa sul compleanno è ispirata ad una conversazione fra Penny e Leonard  nell’ottava stagione di The Big Bang  Theory “L’accelerazione dell’intimità”. 

Penny: “Se dovessi morire oggi senza la possibilità di comunicare con nessuno cosa rimpiangeresti di non aver detto a qualcuno?”

Sheldon: “Se morissi oggi dici? Ah mi darebbe una certa soddisfazione morire il giorno del mio compleanno.”

 

Per la serie Hanamichi si da una svegliata e Kaede impara l’empatia. 

A presto e grazie della lettura 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: Retsuko