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Autore: _Malila_Pevensie    11/09/2019    1 recensioni
Prima storia della serie "Le Saghe di Finian"
Il mondo di Finian non conosce giustizia da quasi cento anni, fin dall'istante in cui la tirannia della Regina Mirea ha avuto inizio.
Freya non l'ha mai vissuta in modo diretto, protetta dalla quiete delle Foreste di Confine in cui sua madre l'ha cresciuta. Le è stato fatto l'immenso dono della libertà e lei non ha mai pensato di lasciare il luogo che l'ha vista diventare ciò che è.
Aran, Principe alla corte di Errania, non ha mai visto in Mirea null'altro che la propria salvatrice. La sorte gli ha concesso ogni ricchezza e privilegio, ma gli ha lasciato anche un fardello d'immense bugie in cui non sa di star affondando sempre più.
La verità, celata dietro quelle esistenze che sembrano destinate a ripetersi sempre uguali a loro stesse, si rivelerà presto in tutta la sua schiacciante realtà.
Il loro destino, racchiuso in una Profezia antica di un secolo e ultimo lascito dei draghi, si presenterà proprio nell'instante in cui le loro vite entreranno inaspettatamente in collisione.
Il Tempo del Silenzio è giunto alla fine e il momento di scegliere si fa sempre più vicino.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 9
- QUESTIONE DI ABITUDINE, PARTE SECONDA: PURO VELENO -


Aran e Darragh impiegarono diverso tempo a riemergere dall'armeria. Durante la loro assenza, Freya si portò al limitare del campo e iniziò a ritirare con cura le proprie frecce, controllandone le condizioni man mano che le scorrevano davanti agli occhi; era talmente immersa in quel lavoro minuzioso che solo quando udì rumore di passi in avvicinamento distolse l'attenzione dal compito che stava svolgendo.
Come le sue parole di prima le avevano confermato, Darragh stringeva fra le mani una spada, la cui lama lunga e stretta riluceva nel sole del pomeriggio. Il Principe la impugnò saldamente e si mise in posizione per l'imminente duello. Le sue previsioni non si erano però rivelate del tutto esatte per quanto riguardava Aran. Il ragazzo infatti portava sì una spada, ma completamente diversa da qualunque altra Freya avesse mai visto: aveva la lama dritta ed elegante, monofilare, con una punta molto importante e leggermente arcuata; l'elsa, chiaramente fatta per maneggiare l'arma a una mano sola, era metallica e dotata di un pomolo piuttosto grande; la cosa più peculiare, però, era certamente la guardia, la cui strana forma asimmetrica saltava immediatamente all'occhio: il braccio posto dal lato del taglio era lungo e piegava verso l'elsa, mentre l'altro era più corto e andava nella direzione opposta.
Incuriosita, Freya lasciò da parte le frecce e rimase a guardare lo scontro. La tensione fra i due si fece sempre più palpabile, mentre assottigliando gli occhi si studiavano attentamente a vicenda in cerca di difetti, incertezze o brecce nella difesa dell'altro. I loro lineamenti non lasciavano trasparire nulla, come se anche la più piccola emozione potesse dare un qualche vantaggio all'avversario.
Non fu possibile prevedere chi avrebbe attaccato per primo fino all'ultimo istante, quando Aran scattò in avanti portando un tondo rapido e preciso. Darragh fu altrettanto veloce a deviare il colpo e quando le due lame cozzarono scintille dovute all'impatto sprizzarono come mille tizzoni ardenti, ripartendosi dal punto di sfregamento. Con la stessa immediatezza con cui si erano scontrate le due figure si divisero, portando con sé le proprie armi, per poi unirsi nuovamente mentre Darragh tentava un affondo alla spalla di Aran. Quest'ultimo parò senza sforzo e sulle sue labbra comparve un sorriso che presto fece capolino anche sul volto del fratello. Era come se li divertisse constatare quanto bene conoscessero i reciproci stili di combattimento. Più lo scontro andava avanti, più Freya si rendeva conto che effettivamente era così: i due fratelli dovevano allenarsi insieme da anni e questo risultava evidente nella loro capacità di prevedere quasi con esattezza quale sarebbe stata la prossima mossa dell'altro.
Erano entrambi molto abili, su questo non v'era ombra di dubbio. La giovane, però, non poteva fare a meno di guardare affascinata come quella strana spada danzasse fra le mani di Aran, sempre pronta a vanificare ogni tentativo di fare breccia nella difesa di colui che la impugnava. Era più un gioco di destrezza che di forza, il suo. Man mano, anche lo scopo della guardia divenne evidente: il braccio ripiegato verso l'elsa era un'ottima protezione per la mano che stringeva l'arma e l'altro, per contro, rendeva possibile braccare la lama avversaria e disarmare il nemico. Fu così che Aran riuscì infine ad avere ragione di Darragh. La lama dello spadone scivolò nella trappola della guardia durante uno scontro ravvicinato e, con un repentino movimento di braccio, Aran riuscì a strapparla dalla presa del fratello maggiore.
I due contendenti, stanchi e oramai madidi di sudore, si fissarono in silenzio ancora per un attimo, prima di avere una qualunque reazione. Il volto di Aran si aprì in un sorriso vittorioso mentre su quello di Darragh comparve una smorfia piuttosto eloquente, affiancata da un: «Maledetta guardia, senza quella non ci saresti mai riuscito.»
«Te lo lascerò credere» ribatté Aran, scherzoso, dandogli una pacca sulla spalla che attestava però quanta stima avesse delle abilità dell'altro.
Poi, si diresse verso Freya, ancora strabiliata dal duello a cui aveva appena assistito. Era la prima volta che aveva occasione di vederne uno e non ne aveva perso nemmeno il più piccolo dettaglio. Questa volta era lei a poter imparare qualcosa da Aran, qualcosa che l'avrebbe aiutata a migliorare la propria autodifesa e a cavarsela se si fosse trovata in una brutta situazione. La direzione che stava prendendo la sua vita non lasciava presagire nulla di simile, ma niente poteva essere dato per certo. Gli andò incontro, osservando come le spalle di lui si alzassero e abbassassero al ritmo forsennato del suo respiro.
Appena si raggiunsero, Aran sorrise nuovamente e disse: «Solitamente non ne esco così bene.»
Freya ricambiò e rispose: «A giudicare da come combatti mi riesce difficile crederlo.»
Aran rimase in silenzio per un attimo, alzando il viso verso il cielo in cui il sole dilagava cocente. Poi ribatté: «Non è stato facile, all'inizio. Non amavo particolarmente combattere, perfino adesso non è tra le mie attività preferite, ma con l'arma giusta è diventato tutto più semplice.»
L'occhio della giovane cadde sulla spada di Aran, che il ragazzo aveva ancora con sé. Lui sembrò accorgersene, perché senza dire nulla gliela porse e Freya lasciò che la propria mano scivolasse sull'elsa perfettamente sagomata. Era una spada da allenamento, ragion per cui il filo era smussato, ma dava l'idea di poter comunque lasciare dei bei lividi e addirittura rompere qualche osso, se usata con eccessiva violenza. La ragazza la sollevò e ne osservò più da vicino la foggia, dall'insidiosa guardia che aveva fregato Darragh fino alla punta ricurva.
«Non ho mai visto nulla di simile» mormorò infine, assorta. «Che tipo di spada è?»
«Questa è una lama Meridis» spiegò lui. «È un'antica spada tipica della zona insulare di Riagàn. L'armaiolo di corte stava impazzendo a causa mia, sembrava che nessun arma fosse adatta a me.»
Freya fece roteare la spada un paio di volte, prima di restituirla al suo proprietario; era sorprendentemente leggera. Prima che la giovane potesse domandare qualunque altra cosa, Aran fu richiamato all'ordine dal maestro d'armi.
«Se non ne avete ancora per molto possiamo proseguire, Principe Aran» disse l'uomo, inarcando le sopracciglia sottili e argentee, visibilmente irritato dalla distrazione del ragazzo.
Freya sorrise, divertita. Sembrava che tutti avessero sempre fretta in quel palazzo. «Stai tranquillo, io non mi annoierò. Ho ancora qualche freccia da sistemare» lo rassicurò, sedendosi a gambe incrociate sotto lo sguardo stranito dei frequentatori del campo.
Più che proseguire il proprio lavoro con le frecce, la ragazza continuò a osservare con attenzione il resto dell'addestramento. Si allenarono in ogni possibile variante della scherma e lei rimase attenta per tutto il tempo, cercando di interpretare i movimenti e coglierne la logica. Certo non sarebbe bastato per aiutarla a migliorare, ma era un inizio. Il pomeriggio volgeva al termine quando i due Principi vennero lasciati andare, non prima di aver parlato a lungo con il maestro d'armi, il quale fece ripercorrere loro tutti gli errori commessi durante il duello. Solo quando i ragazzi ebbero corretto ognuno di essi da sé, comprendendone tutte le implicazioni, l'uomo si allontanò e scomparve oltre la soglia dell'armeria.
Aran, sfinito, la raggiunse nuovamente e si lasciò cadere a terra al suo fianco. Quando notò che il giovane respirava di nuovo normalmente, Freya disse: «Quindi è così che voi giovani nobili trascorrete le giornate.»
Aran alzò lo sguardo su di lei e sorrise. «Non c'è via di mezzo, o siamo qui al campo a duellare o in biblioteca con il naso nei libri» rispose.
La ragazza rammentò le sue parole di qualche ora prima. Aveva affermato che per lui combattere era stato difficile, all'inizio, e che tutt'ora continuava a non piacergli particolarmente. Sperando di non risultare troppo invadente, domandò: «Ti senti più a tuo agio fra i libri che fra le armi, non è vero?»
Il giovane Principe restò in silenzio per un attimo. Poi asserì: «Sì, effettivamente preferisco avere per le mani qualcosa che arricchisca le mie conoscenze piuttosto che uno strumento di morte. Ma non ho molta scelta e, in ogni caso, saper maneggiare una spada può salvarti la vita.»
Questa volta fu Freya a restare silenziosa per un lungo momento, prima di decidersi a parlare. «Per questo ho bisogno di imparare a impugnarne una come si deve, anche se l'idea non mi fa impazzire. Potrebbe arrivare il giorno in cui il mio arco non basterà e voglio essere pronta a qualunque evenienza » disse infine.
La verità era che, dal momento in cui aveva lasciato la sua casa, aveva iniziato a rendersi conto che il mondo era molto più grande di quanto avesse mai immaginato quando s'immergeva nelle pagine delle Saghe di Finian; il pensiero di non essere preparata ad affrontare l'ignoto la spaventava.
Rendendosi conto che la sua mente stava andando alla deriva e che Aran la stava guardando, cercò di alleggerire il tono della conversazione. «Comunque non so quanto il vostro maestro possa essere disposto a insegnare a una donna, non ne vedo molte qui» scherzò.
«Posso farlo io» disse Aran, semplicemente. «Non conosco tutti i segreti della spada, ma posso insegnarti quello che so.»
«Lo faresti davvero?» domandò lei.
Il ragazzo annuì. «Non farò l'errore di sottovalutarti solo perché sei una ragazza.» affermò. Poi, come se nulla fosse, si alzò e iniziò a camminare verso l'armeria.
Solo quando fu arrivato a metà del campo Freya comprese: «Non vorrai iniziare adesso?» chiese, alzando un po' la voce per farsi udire. Non le piaceva urlare, si rese conto. Le dolevano quasi le orecchie, come se fossero state talmente abituate al silenzio da non sopportare quel tipo di suono.
«Voglio solo capire quale tipo di spada possa essere adatta a te» ribatté lui, facendole cenno di seguirlo.
L'armeria era ordinata e perfettamente suddivisa: da un lato le armi d'allenamento, dall'altro quelle da battaglia, a loro volta ripartite in categorie. Perfino per Freya, che non c'era mai stata prima, fu semplice individuare ciò di cui avevano bisogno.
Ben presto furono fermi di fronte a una schiera di spade in cui la giovane non avrebbe saputo proprio come orientarsi. Certo, le era piuttosto evidente che uno spadone a due mani sarebbe stato troppo grande e pesante per lei, ma la sua conoscenza di quale lama nello specifico potesse adattarsi alla sua corporatura si fermava lì. Persa nelle proprie elucubrazioni non si accorse nemmeno che Aran era scomparso, almeno fin quando non lo vide tornare accompagnato da un uomo basso e dal ventre prominente, il quale le rivolse un'occhiata perplessa non appena posò lo sguardo su di lei.
«Parlavate di lei, Principe Aran?» chiese, rivolgendosi al ragazzo come se Freya non fosse nemmeno lì.
«Esatto, Brant» rispose Aran, quieto.
L'uomo, Brant, sembrò interdetto. «Vostra Grazia, non so quanto possa essere conveniente» ribatté poi. Continuava a ignorare totalmente la presenza di Freya, come se Aran fosse l'unico degno di considerazione.
La giovane non poté fare a meno di aggrottare le sopracciglia, irritata. Forse c'erano molte altre cose a cui doveva ancora abituarsi, ma non credeva che sarebbe mai riuscita a scendere a patti con la loro misoginia. Come poteva essere che in un regno totalmente governato da una donna trovassero ancora strano o addirittura sbagliato che una ragazza volesse imparare a combattere? Freya non riusciva proprio a capacitarsene.
Aran, in ogni caso, non sembrava sorpreso dalla reazione di Brant. Con tutta calma si limitò a dire: «Non credo che la Regina avrà qualcosa in contrario. Se così dovesse essere, me ne prenderò ogni responsabilità.»
A quelle parole l'uomo sembrò tranquillizzarsi e, nonostante le occhiate palesemente scettiche che continuava a scoccarle, acconsentì ad affidarle una spada.
La giovane, invece, rimase estremamente sorpresa da come il Principe si fosse schierato dalla sua parte senza esitazione. In fondo, la conosceva a malapena da due giorni e non era certo tenuto ad esporsi a quel punto per lei. Fu così che nella mezz'ora successiva le passarono per le mani tutte le spade che, a detta dell'armaiolo, lei sarebbe stata in grado di portare; naturalmente secondo la sua corporatura, non possibile abilità, che per l'uomo sembrava essere certamente inesistente.
Alla fine, dopo innumerevoli tentativi, Brant decretò che uno stocco poteva fare al caso suo. Freya non ne aveva mai visto uno, perciò quando le venne porta l'elsa della spada si prese un attimo per osservarla attentamente. Impugnatura a una mano, dotata di una guardia piuttosto importante; lama sottile, seppur robusta e rigida, priva di qualsiasi filo e terminante in una punta estremamente acuminata.
«È un'arma di precisione. È fatta apposta per insinuarsi nelle giunture dell'armatura e ferire il nemico nei punti deboli» spiegò Aran.
La ragazza la fece roteare velocemente fra le mani. Era effettivamente molto maneggevole, dato che probabilmente in lunghezza non superava i cinquanta pollici, e forse avrebbe avuto qualche speranza di apprendere come usarla.
«Lo stocco è pensato per portare affondi, perciò non è tagliente, ma ci si può comunque fare del male se lo si utilizza nel modo sbagliato» la incenerì l'armaiolo, dando forse per scontato di ritrovarla di lì a poco ad agonizzare in una pozza di sangue. Poi si allontanò, scuotendo il capo come se avesse appena assistito a qualcosa di assurdo.
«Ti prego di scusarlo, nel suo ambiente non si ha spesso a che fare con le donne» asserì Aran, visibilmente dispiaciuto.
Solo a quel punto Freya si permise di sorridere, commentando ironica: «Deve essere stata dura per lui, immagino che di solito abbia a che fare con persone alla sua altezza.»
«Non vedo alcun motivo per cui tu debba essergli inferiore» ribatté il giovane.
«Lui evidentemente sì» mormorò lei, impedendosi di contrarre i pugni per la stizza.
Quando uscirono il campo era oramai quasi completamente deserto, fatta eccezione per uno sparuto gruppetto di uomini che si allenavano nel corpo a corpo e Darragh, impegnato a parlare nuovamente con il maestro d'arme.
Ignorandoli completamente, Aran si posizionò in una striscia di terra lontana da loro e disse: «Bene. Vediamo cosa puoi essere capace di fare.»
A Freya sfuggì l'ennesimo sorriso. «Non avevi detto che volevi solo trovare l'arma ideale?» ridacchiò.
Il Principe fece spallucce, sorridendo a propria volta. «Ci abbiamo messo meno del previsto. E poi, non sono ancora stanco» rispose, invitandola con gentilezza a porsi di fronte a lui.
La ragazza fece come le era stato detto e procedette a mettersi in guardia per il combattimento.
«Ho l'impressione che tu sappia molto più di quanto non credi» affermò Aran nel notare il gesto di lei.
«Io invece credo che tu mi sopravvaluti» disse Freya. «Non conosco nulla più che le basi.»
Aran assottigliò gli occhi. «Vedremo.»
E così trascorsero un'altra ora buona a cercare di capire quali fossero le potenzialità di Freya e a ripassare tutte le fondamentali della scherma. A ogni tipo di colpo, di punta o di taglio che fosse, corrispondeva una dimostrazione pratica e la ragazza iniziò pian piano a immagazzinare in un cassetto della propria mente ogni informazione che riceveva.
Nel mentre Aran le spiegò anche tutte le componenti della spada, soprattutto della lama, e la loro utilità nel combattimento. La punta per gli affondi, il debole per portare i colpi, il medio per parare quelli più leggeri e il forte quelli di botta.
«Nel caso dello stocco l'unica cosa che dovrai sapere sui colpi di taglio è come pararli. Ti sarà molto più utile la punta che tutto il resto» le disse alla fine della spiegazione sugli attacchi, mentre riprendevano fiato.
Poi passarono alla parte difensiva, anch'essa molto importante se non voleva rischiare di soccombere al primo attacco. Non appena Freya ebbe preso dimestichezza con ogni tipo di movimento i due ragazzi scambiarono anche qualche colpo. La giovane oramai sapeva quanto Aran fosse bravo con la sua Meridis, ma il Principe sembrò molto sorpreso dal tono delle risposte di lei. Le ci sarebbe voluto un po' per rendere fluide le mosse più complesse, ma con quelle più semplici le stava riuscendo piuttosto bene ribattere ai suoi attacchi, anche se andavano certamente perfezionate.
Alla fine di quel primo mezzo allenamento Freya si accorse che le sue braccia erano abituate a tendere un arco, ma non a reggere il peso di una spada: quando si sedettero a terra, incuranti della polvere che si attaccava ai loro vestiti, divenne consapevole di quanto le dolesse anche solo contrarre e distendere i muscoli degli arti superiori.
Per molto tempo restarono immobili, in perfetto silenzio, prima che Aran parlasse. «Per essere una che conosce solo le basi te la sei cavata molto bene» disse, sorridendo.
«È difficile valutare cosa sai fare quando le uniche volte che hai usato una spada stavi menando fendenti contro un albero» rispose lei. «Non ho mai avuto altro modo per continuare ad allenarmi.»
Di nuovo silenzio, mentre Aran la osservava. Sembrava che si stesse facendo coraggio per chiederle qualcosa. «È stata sempre tua madre a insegnarti?» domandò infatti dopo che lei ebbe ricambiato il suo sguardo, come per invitarlo a proseguire. «Non sei costretta a parlarne, se non ne hai voglia.»
Freya sorrise, tranquilla. «Mi fa piacere parlare di lei» ribatté, prima di rispondere al quesito che le era stato posto. «Sì, è stata mia madre. Voleva che sapessi difendermi in tutti i modi possibili, perciò mi stava insegnando i fondamentali. Credo sapesse che avrei sempre preferito l'arco, però.»
«Hai tutte le ragioni per farlo; non ho mai visto nessuno tirare come te» disse il ragazzo. Lasciò vagare lo sguardo per lo spiazzo, prima di aggiungere: «Doveva essere una donna molto coraggiosa.»
«Lo era davvero» sussurrò lei e se c'era qualcosa di cui era sicura era proprio quella.
Fu proprio in quel momento, quando Freya aveva abbassato la guardia e stava finalmente lasciando andare del tutto la tensione, che una voce li interruppe.
«Forse l'hai idealizzata un po' troppo. Mi chiedo con quanto di tutto questo coraggio di cui parli abbia potuto abbandonare sua figlia nel mezzo di una foresta in così tenera età.»
Freya scattò in piedi e si voltò, solo per trovare l'espressione arrogante di Darragh che la guardava dall'alto in basso. Sentì le spalle che le si irrigidivano, come se da un momento all'altro qulcuno potesse attaccarla e ferirla gravemente, e una rabbia che non le era mai appartenuta prima divampava nel suo sguardo con la stessa furia di un incendio. Non si riconosceva, in quel sentimento ribollente e oscuro, ma la sua forza fu tale che non ebbe nemmeno il tempo di stupirsene. Lo stocco che ancora stringeva fra le mani si conficcò con veemenza nel terreno, ai piedi del Principe Ereditario, il cui volto tutto a un tratto si fece pallido, come se solo in quel momento si fosse reso conto di cosa avesse detto. Senza nulla più da stringere per arginare l'ira, non le restò altro che serrare i pugni.
«Prima di parlare di ciò che non conosci» sibilò, facendo un passo in avanti che costrinse Darragh a indietreggiare, «dovresti soffrire almeno la metà di quello che ho sofferto io, nel sapere che tua madre ti avrebbe protetta a costo della vita e forse l'ha fatto.»
Freya avvertì le proprie stesse parole trafiggerla dritta al cuore lentamente, una alla volta: era la prima volta in assoluto che dava voce a ciò che fino a quel momento si era rifiutata perfino di pensare.
Aran la guardava, senza sapere cosa dire di fronte a tanto dolore. Solo in quel momento si rese conto che, nonostante la sua apparente calma, c'era tanto che Freya teneva ben chiuso dentro di sé e, probabilmente, lasciava trapelare molto raramente.
Irritata con se stessa per aver mostrato così tanto dei propri sentimenti a tutti quegli occhi estranei la giovane si allontanò a testa alta, senza più dedicare nemmeno uno sguardo a Darragh e alla sua ignoranza; fu solo al limitare del campo che notò Malia correre come una forsennata verso di lei, tenendosi l'orlo della veste.
«Mia signora» ansimò, «non vi trovavo in nessun luogo del castello, non avevo la ben che minima idea di dove foste...»
Qualunque cosa avesse voluto dire dopo si perse in un mormorio indistinto, mentre l'ancella osservava sconcertata il bell'abito di Freya, inzaccherato di terra e polvere. In ogni caso sembrò intuire che qualcosa l'aveva turbata e si limitò a dire: «Venite, vi porto immediatamente a darvi una ripulita.»
Il tumulto che l'aveva investita la stava ora abbandonando, perciò Freya si lasciò guidare via dall'ancella senza opporsi. Ogni passo era uno sforzo in più per trattenere le lacrime che quelle parole di puro veleno stavano minacciando di far scendere sulla ferita ancora aperta della perdita di sua madre. Mentre si allontanava sentì arrivare anche la paura, puro e semplice terrore che non avrebbe mai smesso di sanguinare fino a che non avesse scoperto la sorte a cui Eleana era andata incontro.


֎ ֍ ֎


I passi di Aran rimbombavano nei corridoi vuoti.
L'urgenza che lo animava era qualcosa che fino ad allora gli era stata sconosciuta, ma che sapeva derivare dalla consapevolezza di quanto male avessero causato le parole che Darragh aveva rivolto a Freya, il pomeriggio precedente; sentiva di aver aspettato anche troppo, frenato dalla propria razionalità. A dire il vero, aveva provato a cercarla, subito dopo che si era voltata ed era corsa via, ma quando aveva intuito che si era ritirata nei propri appartamenti aveva desistito; era andato a dormire con un peso sullo stomaco, cercando di ripetersi che doveva imparare a mantenere un certo distacco dalle emozioni altrui. Naturalmente, non era servito a nulla: l'angoscia si era protratta per tutto il giorno e Aran aveva sperato di vederla comparire al campo d'allenamento, o alle scuderie. Di lei, però, non c'era stata nessuna traccia.
Aveva riflettuto a lungo su cosa fosse meglio fare, in parte perché non aveva il coraggio di andare a bussare alla porta della giovane: forse, aveva paura che non si sarebbe aperta, che Freya avrebbe respinto qualunque cosa avesse potuto dirle e si sarebbe rifiutata di avere nuovamente a che fare con lui; quella possibilità lo turbava molto più del normale. Era stato solo durante la cena di quella sera, quando aveva visto Darragh continuare a comportarsi come se nulla fosse, che aveva deciso che se non l'avesse fatto lui, qualcuno avrebbe pur dovuto chiedere scusa a Freya. La verità era che Aran aveva bisogno di accertarsi che lei stesse bene, perché, qualunque cosa significasse, sentiva di non poter sopportare nemmeno l'idea del suo dolore.
Forse, era vero quello che suo fratello aveva continuato a ripetergli negli anni: la sua tendenza a lasciarsi coinvolgere non l'avrebbe mai reso un buon guerriero. Eppure, in qualche modo, le parole di Darragh non gli pesavano più come avevano fatto in passato; sembrava che tutto stesse acquistando una prospettiva diversa, se legato a Freya. Senza più esitare, il Principe era partito alla ricerca di Malia, la quale gli aveva detto dov'era stata alloggiata la ragazza.
Le gambe iniziavano a dolergli, quando la notò: era appoggiata al davanzale in pietra di un piccolo bovindo sospeso sui giardini interni, immersi nella penombra notturna spezzata di tanto in tanto dalle lanterne portate dai soldati, di guardia sulle mura; quegli sprazzi di luce a tratti le illuminavano il viso altrimenti colorato di ombre. Non sembrò accorgersi della sua presenza, almeno finché non giunse anche lui nello sporadico cono di luce. La ragazza lo osservò, poi abbassò lo sguardo. Il silenzio aleggiò su di loro qualche attimo, senza però essere spiacevole.
«Non ho la minima idea di come scusarmi per ciò che mio fratello ti ha detto. Non aveva il diritto di sputar sentenze su ciò che non conosce, né tanto meno contro tua madre» mormorò infine Aran, parlando piano per non turbare quella coltre di tranquillità che sembrava isolarli da tutto il resto.
Freya sembrò assimilare lentamente le sue parole, prima di rispondere: «Non devi fare assolutamente nulla per scusarti con me. Il ricordo che conservo di mia madre non potrà mai essere rovinato e so che quelle parole non sarebbero mai potute appartenere a te. Tu non sei tuo fratello; ho avuto la sensazione che tu tenda a dimenticarlo.»
Questa volta fu Aran ad abbassare lo sguardo. Era vero che si sentiva sempre in dovere di rimediare alla mancanza di tatto del fratello: era capitato spesso che usasse toni simili, soprattutto verso coloro i quali lavoravano per loro. Cercava sempre di ricordargli che tutti meritavano rispetto, indipendentemente dal loro ruolo a palazzo, ma Darragh raramente lo ascoltava, perciò era sempre lui a chiedere scusa al posto suo. Si stupì di come lei fosse riuscita a cogliere con tanta chiarezza quel particolare del suo rapporto col fratello.
«Ci ho riflettuto molto oggi, sai? La verità è che, in una parte di me, l'affetto per lei è costretto a convivere col dolore per la sua scomparsa e ho finito con il reagire bruscamente anche di fronte a un commento che non avrebbe dovuto avere nessuna importanza» spiegò Freya con voce calma, seppur venata di una profonda e a stento celata amarezza, ignara delle riflessioni di Aran.
«Ha importanza, se ti ferisce» disse lui, avvicinandosi di un passo. «Questo è il problema di Darragh: pensare sempre che le parole non abbiano un peso, quando invece ne hanno. Non gli permetterò mai più di parlarti in quel modo; te lo posso promettere.» Si rese conto con un attimo di ritardo di aver agito d'istinto e di essere fin troppo prossimo a lei, ma Freya si limitò a fissarlo, spalancando gli occhi chiari, senza far nulla per allontanarsi.
«Questa ora è anche casa tua ed è giusto che tu la senta come tale» concluse infine Aran.
A quell'ultima frase l'espressione della giovane si fece seria, mentre rispondeva con un enigmatico: «Sì, ora è casa mia. Non so per quanto potrà durare, ma lo è.»
Il Principe la scrutò, cercando di intuire qualcosa di più, ma potè notare solo le sue dita stringere la pietra grezza del bovindo; nient'altro. In breve il silenzio li avvolse nuovamente; rimasero solo il rumore delle bestie notturne che vagavano per i campi in lontananza e lo scalpiccìo dei soldati che procedevano in un'incessante ronda. D'improvviso, in quella quiete, si ritrovò a chiedersi da dove Freya traesse quella straordinaria forza, come trovasse il coraggio di porsi tante domande su se stessa e di accettarne le risposte, belle o terribili che fossero. Per la prima volta in vita sua, sentì il bisogno di scavare un pò più a fondo nella propria storia personale, come stava facendo lei, ma quel desiderio fu accompagnato dal terrore di non esserne in grado.
Le parole gli uscirono di bocca, incontrollate: «Sarò mai capace di affrontare la verità nello stesso modo in cui sei riuscita a farlo tu?»
Non ci fu bisogno di specificare null'altro. Freya comprese al volo e non esitò nemmeno un istante nel rispondere: «Quando verrà il momento, troverai tutta la forza necessaria. C'è già, da qualche parte, nascosta in te.» Poi, gli sorrise. «Buonanotte, Aran» accennò appena, congedandosi, e puntò dritta verso la sua porta, appena distante dal bovindo.
Aran rimase lì, le fiamme delle fiaccole che scaldavano a tratti il suo viso, con la sempre crescente sensazione che quel momento si stesse avvicinando inesorabilmente.

   
 
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