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Autore: Elisewin Ci    11/09/2019    1 recensioni
Nina arriva a Roma perché ha una storia da dimenticare. Niccolò ha dei sogni da inseguire.
Lui è schivo ma con lei è semplice parlare.
Si avvicinano, si prendono e si dimenticano, per poi tornare e non sapere dove andare.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Infilo la felpa e con le mani che tremano riesco a malapena a tirare giù la serranda del bar; sono le 2 passate e anche stanotte riuscirò a dormire a malapena quattro ore se tutto va bene. Alle nove devo essere all’università, ho già saltato troppe lezioni negli ultimi giorni.
L’aria della notte è fresca, i giorni d’inizio Ottobre fanno sentire tutta la forza dell’autunno che è arrivato. Cammino, nel silenzio assordante del quartiere mentre cerco di ricordare perché mi sono trasferita a Roma.
Aria nuova, una vita diversa, persone che non sanno niente di me.
Quattro mesi fa sono salita sul treno che da Milano mi ha portata nella capitale con un dolore straziante nel cuore e la speranza di giorni più sereni.
E adesso mi trovo qui, a fare i conti con un sentimento che non so spiegarmi e qualche nuovo amico che sembra davvero tenere a me.

Milano sembra così lontana.

Il dolore, quello no, è sempre vivo, ma ha sfumato i contorni, non so più il vero motivo che mi porta a dormire poco la notte e ad ammazzarmi il cervello di paranoie durante il giorno.
La notte però mi piace, cammino per le vie di San Basilio e lascio che quello che vedo intorno a me mi attraversi tutta, sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio, il vento mi sta spettinando, è quasi freddo, stringo il collo della felpa intorno alla gola e accelero di poco il passo.
Sono quasi a casa, mancano meno di cinquecento metri quando il mio sguardo cade su una presenza poco distante da me.
Non mi spavento, so benissimo chi è, ho imparato a riconoscere i suoi contorni in così poco tempo che questa consapevolezza mi spiazza ogni volta, ma lui è lì, seduto su una panchina, da solo, la luce dei lampioni del parcheggio ad illuminargli il volto.
Decido di non farmi vedere, non saprei bene cosa dirgli, infondo non siamo più in buoni rapporti, o meglio... non so proprio in quali rapporti siamo mai stati.
“Nina...”
è un attimo ma sento la sua voce che mi chiama e quando guardo nella sua direzione, Niccolò è immobile sulla panchina con le braccia incrociate.
“Hai finito ora di lavorare?”
Annuisco mentre cammino appena verso di lui e accorcio la distanza che ci separa.
“Sembri stanca”
“Si un po’ lo sono, ma è normale va bene” rispondo così, perché infondo non so davvero cosa dire.
Si alza e mi viene incontro, le mani sprofondate nelle tasche dei jeans e una felpa scura a proteggerlo dal freddo.
Mi si para davanti e non abbassa lo sguardo, vuole i miei occhi e io, la prepotenza del suo sguardo, la sento addosso in tutto il corpo.
“Come stai?”
me lo chiede davvero, un po’ sospirando, e io resto ancora in silenzio, nonostante abbia sperato ogni giorno  nelle ultime settimane che trovasse il coraggio di interessarsi ancora a me.
“Hai perso le parole?” sorride, le labbra che si increspano in una smorfia e devo trattenere l’istinto di sfiorargli il viso.

Mi manca.

Non so bene cosa, se non la sensazione di essere con lui, da sola, contro la confusione e il silenzio del mondo.

“Sono solo stanca” sospiro.
“Va bene” e con un piede tira un calcio a un sassolino, che rimbalza sull’asfalto e sembra un rumore assordante nel silenzio dello spazio ampio del parcheggio.
“Non volevo interrompere i tuoi pensieri” incalza.
“Non lo hai fatto, mi stavo solo godendo la notte. Non pensavo a niente”
“Non ti credo ma va bene” è dolce adesso il suo sguardo su di me, e sembra muoversi appena con l’intenzione di restarmi a fianco.
“Va bene, va bene, va bene. Quante volte ce lo siamo ripetuti nell’ultimo minuto?” mi agito e alzo la voce quel poco che basta per riscuotermi. 
“Ora ti riconosco... ma da dove sei uscita fuori tu?” scuote la testa, gli occhi che brillano nel buio mentre mi fa cenno di seguirlo “Andiamo ti accompagno a casa”
Non oso contraddirlo e lo seguo, in silenzio, resto un passo dietro di lui mentre mi conficco le unghie sul palmo della mano per cercare di mantenere la calma e non fidarmi di nuovo, come avevo fatto la prima volta.

“Sei distante” me lo fa notare continuando a guardare avanti, mi sembra così padrone di tutto quello che lo circonda, senza intoppi, senza tentennare mai.

“Niccolò...”

“Si?”

“Tu non dovresti essere qui”

“Io vivo qui”

“Qui con me, intendo” mi fermo e incrocio le braccia. Forse adesso voglio una risposta.

“Se vuoi me ne vado. È semplice” ribatte, continuando a sorridere, e in questo modo smorza la tensione e io non riesco più ad essere dura come vorrei.

“Cosa vuoi da me?” lo incalzo.

“Io...” lo vedo incerto per un attimo “rendi sempre tutto così difficile. Volevo solo raccontarti di questi giorni, del contratto discografico e... niente, sapere come stai.”

Allunga una mano verso di me e io mi ritraggo. Sono stanca di averlo per me solo quando c’è buio e silenzio intorno a noi, ma non posso dirglielo, non capirebbe. 
Mi prenderebbe per una sognatrice immatura ed io sono tutt’altro. 
Ma alla fine non resisto e afferro la sua mano, camminiamo in silenzio fino al portone di casa mia, e non lo lascio andare neanche dopo aver aperto la porta.

“Vieni qui” mi attira a sé, sugli scalini del portico e mi fa sedere tra le sue gambe, appoggio la schiena al suo petto e resto in silenzio, incastrata tra le sue braccia mentre gioco con il polsino della sua felpa “mi piace parlare con te di notte”

Lo so, Niccolò, lo so.

“Insomma hai vinto. Un contratto discografico... magari ti cambia la vita”, cambio argomento per evitare di sentirmi ulteriormente in imbarazzo.

Eppure sto bene tra le sue braccia, mi sembra di essere nata per questo.

“Non credo di averlo capito fino infondo... ma è quello che ho sempre sognato. Non ho mai pensato ad un’alternativa” appoggia la testa sulla mia spalla e sembra che mi stringa più forte “ e tu Nina, mi dirai mai perché sei finita qui a studiare e lavorare in un bar lontana da tutti i tuoi affetti? Scappare era il tuo piano B?”

Mi irrigidisco come se mi avesse schiaffeggiato, non voglio rispondere a queste domande, non voglio raccontare a nessuno chi ero prima di adesso. 

“Si è fatto tardi, devo andare” provo ad alzarmi ma lui mi trattiene, sfiora il mio orecchio con le labbra e inizia a cantare sottovoce:

Ma Giusy senti questo vento, tu lasciati portare
Giusy sai che sei diversa ed è per questo che sai amare...
e ogni cosa sembra grande, tu lasciali parlare
e ricorda è dal dolore che si può ricominciare...


Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare, a tal punto che sento le lacrime salire, mentre le dita di Niccolò mi accarezzano i capelli con dolcezza e io appoggio la testa sul suo ginocchio mentre continua a cantare e io mi sento parte di quelle parole come non mi sono mai sentita parte di qualcosa in tutta la mia vita.

“Ho vinto con questa canzone Nina. Ti ho pensata mentre la cantavo... questa canzone mi fa sempre pensare a te”

Inizio a singhiozzare così forte da non riuscire più a controllarmi come se il dolore di questi ultimi mesi venisse fuori tutto insieme e invadesse ogni più piccolo atomo di me.

“Andiamo a letto ragazzina... stasera non ti lascio sola” me lo sussurra piano, senza invadere i miei spazi, resta silenzioso accanto a me e con estremo rispetto lascia che entri in casa e mi disfi dei vestiti pesanti che ho addosso, mi siedo sul letto con le lacrime che continuano a scendere e lui si distende di fianco a me, mi attira contro di sé e porta via dal mio viso i segni del mio dolore con le dita.

“Va tutto bene Nina, quando ci sono io non dovrai avere più paura di niente.” 





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Così finisce l'introduzione.
Spero di ritrovarvi ancora qui.
Un abbraccio.

Elise
  
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