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Autore: RoseRouge    12/09/2019    14 recensioni
Un viaggio nei pensieri di André mentre Oscar è a Versailles, vestita da donna.
Buona lettura!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’attesa

 
 

Quella notte André stava sperimentando la paura in una forma che non aveva ancora conosciuto.
Non si era mai sentito così perso e atterrito, quella sensazione era persino più grande e più intensa della paura provata nel momento in cui re Luigi XV lo aveva condannato a morte.
Temere per la sua vita era stato spaventoso. Ricordava perfettamente come il sangue gli fosse schizzato nelle vene facendogli pulsare le tempie fin quasi a scoppiare, mentre i pensieri si erano fatti sottili e confusi come un filo aggrovigliato, le gambe molli e in testa un’unica frase ripetuta fino allo spasimo: ‘non voglio morire, non voglio morire, non voglio morire’
Oh sì, lo ricordava bene quel terribile momento. Ma quantomeno era durato poco – o così gli era sembrato - il tempo di sentirsi ormai a un passo dalla fine, per poi avvertire il sollievo liberarlo da quel giogo, così come lo avevano liberato le mani dei soldati che lo tenevano in ginocchio, impotente, al cospetto del Re.
Poteva esserci qualcosa di più angosciante della paura di morire? Fino a quella sera, avrebbe giurato di no. Invece era bastata una decisione di Oscar, frutto di chissà quali tormenti e aspettative, per paralizzargli il cuore come mai avrebbe creduto possibile. E per ironia della sorte, anche in quell’occasione i protagonisti della storia erano gli stessi, solo che i suoi salvatori di allora si erano trasformati in carnefici.
 
In piedi davanti al camino, ripensava a quello che era successo.
La casa era un contenitore nero di silenzio assopito, c’era soltanto il guizzo di quella fiamma che lui guardava immobile, fino a farsi lacrimare gli occhi.
 
Lo aveva saputo dalla nonna, dell’abito e del ballo a Versailles. La felicità per la sua bambina aveva avuto la meglio sul riserbo che forse sarebbe stato meglio mantenere, ma lei non era riuscita a trattenere l’entusiasmo e tutta la servitù a palazzo l’aveva vista correre avanti e indietro con quel manichino stretto al petto. Una scena buffa – lei, così piccolina, a malapena riusciva a non strusciare l’abito in terra – e difatti, nello stupore del momento, ad André era venuto persino da ridere.
Dio, che sciocco… Come gli era uscita poi quella battuta sullo spaventapasseri?
Il fatto è che non voleva credere che Oscar si sarebbe vestita da donna. No, lui la conosceva bene, non poteva essere vero. Sarebbe uscita da quella stanza in camicia e calzoni, come sempre, perché era quella la Oscar che conosceva e niente l’avrebbe mai cambiata.
Non aveva tante certezze nella vita, ma quella sì. Del resto, il suo mondo era la conseguenza di una scelta di Oscar compiuta anni prima e mai sconfessata, portata avanti con convinzione e rigore. E lui la detestava tanto quanto la benediceva. Era una farsa che aveva tolto ma anche dato, iniziata per volere del Generale, ma alla fine accettata da Oscar, vissuta in modo così profondo che era diventata la sua realtà, la realtà di tutti, anche quella di André. Era su quello che si basava il loro mondo. Piccolo, imperfetto, ma loro soltanto.
Aveva bisogno di aggrapparsi all’idea che sarebbe stato così per sempre, che il loro mondo era al sicuro. Che nessuno glielo avrebbe portato via, nemmeno Fersen.
 
Ma poi aveva sollevato lo sguardo su di lei che era lì, in cima alle scale, e il cuore gli si era fermato di colpo.
“Allora, André? Non dici nulla?” gli aveva chiesto la nonna vedendolo fermo come una statua.
Che domanda inopportuna. Era tanto brava ad accorgersi di amori e passioni fugaci tra la servitù, quanto incapace di comprendere i sentimenti del nipote.
Cosa si era aspettata? Che le facesse un complimento, tipo un banale ‘sei bellissima’, balbettando come un idiota? Perché era proprio così che si era sentito, un perfetto idiota, mentre la guardava lacerato dallo stupore per tanta delicata bellezza e dal senso di smarrimento che gli opprimeva il respiro.
I loro sguardi non si erano ancora incrociati e solo in quel momento lei gli aveva lanciato un’occhiata, una di quelle sue che sembravano indecifrabili, ma che invece ribollivano di parole mute a lui solo comprensibili.
Non chiedermi nulla, perché tanto non ti risponderei. Non sono affari tuoi.
Chissà se le era pesato farsi vedere abbigliata così proprio da André, al quale non aveva mai detto niente di Fersen, rintanandosi nel silenzio ogni qualvolta le aveva riferito i pettegolezzi di corte, o quando le aveva chiesto se voleva andare a salutarlo prima che partisse per l’America, o dopo ancora, durante le due settimane che il conte aveva passato a palazzo, al ritorno dalla guerra.
Il silenzio non era stato un nascondiglio sufficiente. E nemmeno i sette anni di lontananza.
Lei che inciampava correndo incontro a Fersen, il modo in cui lo guardava, la delusione scolpita come una maschera quando lui aveva confessato di essere ancora innamorato della Regina, l’aria di Bach trasformata in note rabbiose sul suo pianoforte… e infine quell’abito che l’avvolgeva come onde del mare, morbide e leggere… André era stato spettatore di tutto questo, vi aveva riconosciuto i segni dell’amore e non poteva fare altro che inghiottire l’amarezza, combattendo contro la voglia di piangere, e la paura, la gelosia e non sapeva nemmeno lui cos’altro ancora.
Faceva male, dannatamente male.
Aveva però sorretto il suo sguardo, ignorando la domanda della nonna e la distanza abissale che Oscar aveva messo tra di loro.
 “Vuoi che ti accompagni a Versailles?”
“No”.
Gli era passata accanto lasciando un lieve profumo di rose e un’onda gelida nel cuore.
 
Così, l’aveva guardata dalla finestra del salone salire su una carrozza e andare via.
Non l’aveva seguita, non sarebbe stato giusto. E comunque non avrebbe nemmeno avuto la forza di muoversi, né il coraggio di sapere. L’incertezza permette di rifugiarsi nella speranza e può costituire un comodo rifugio.
“Vai a dormire, André”. La voce della nonna gli era arrivata come da lontano, all’improvviso. Non si era neanche accorto che era entrata per chiudere gli scuri, prima di ritirarsi per la notte.
“Non ho sonno” aveva risposto, laconico.
Per una volta non aveva finto che andasse tutto bene, tirando fuori il suo miglior sorriso e la voce controllata, ma anche così sembrava che lei non avesse colto. Il suo amore era proprio invisibile a tutti, a quanto pareva.
Lei aveva indugiato un attimo vicino alla porta, si era voltata a guardarlo e poi era uscita borbottando qualcosa di incomprensibile.
 
 
Che pena ogni singolo secondo di quell’attesa.
Non riusciva ad arginare il pensiero di Oscar con Fersen. Quante volte aveva sognato di prenderla tra le braccia, praticamente ogni giorno della sua vita, e invece qualcun altro avrebbe appoggiato le mani sulla sua schiena nuda e vergine, attirandola a sé.
 
Sentiva le note di un minuetto librarsi nell’aria. Immagini confuse e sfocate, voci e profumi.
Vedeva sé stesso tenderle la mano e invitarla a danzare. Poi le diceva in un soffio ‘ti amo’ e le dava un bacio che aveva il sapore della timidezza della prima volta, stringendosela al cuore.
Si immaginava a scioglierle i capelli, assaporando i loro brividi mescolati, e a toglierle quell’abito che non aveva niente a che fare con lei. Le avrebbe allora ripetuto che l’amava, l’amava così com’era sempre stata, e che l’avrebbe amata per sempre.
Gli era sembrato quasi che fosse vero.
 
 
Basta, basta… era inutile torturarsi così.
Cosa ci faceva ancora in piedi, in attesa al buio, come un marito geloso che ha appena scoperto di essere stato tradito? Come avrebbe giustificato la sua presenza lì, quando Oscar fosse tornata a casa? Dire di non riuscire a prendere sonno per il mal di testa non sembrava una spiegazione convincente. O forse sì… forse avrebbe dato un senso ai suoi occhi arrossati e alla faccia tirata. Perché lei se ne sarebbe accorta di sicuro, pure in quella penombra. E probabilmente avrebbe anche capito di essere la causa di quella notte insonne, ma avrebbe fatto finta di niente lo stesso, e tutti e due avrebbero recitato la loro parte, come bravi attori. C’era un abisso tra le loro anime, in quel momento.
Sì… avrebbe aspettato l’indomani per sapere se il suo piccolo e imperfetto mondo non era crollato. Ma quella notte non avrebbe ferito anche lui il suo cuore di donna.

 

   
 
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