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Autore: destiel87    12/09/2019    8 recensioni
Azraphel camminò lentamente verso la porta, e ad ogni passo sentiva come se si stesse lasciando dietro pezzi di sé.
Che razza di vita avrebbero potuto avere insieme dopotutto? Non ci sarebbe stata una casa per loro, con lo steccato bianco ed i fiori freschi. Non ci sarebbe stata una cucina di legno chiaro, ne un divano su cui guardare insieme la televisione. Non ci sarebbe stato un letto comodo e caldo, nel quale fare l’ amore.
Erano solo sogni, sciocchezze.
Si, erano solo sogni. E un angelo non ha il diritto di sognare.
Fece un passo avanti, ma davanti a sé, non vide altro che solitudine e desolazione.
Un mondo che, anche se fosse riuscito a salvare dalla distruzione, sarebbe stato vuoto, perché l’ unica persona con cui voleva condividerlo, non c’ era più.
Si rese conto in quel momento, che non avrebbe mai più rivisto Crowley.
Con tutta la forza che gli era rimasta, cercò di pensare a tutte le cose che odiava di lui.
Si convinse a trovarne almeno dieci.
Dieci cose erano più che sufficienti, si disse, per andarsene.
Si, se le avesse trovate, avrebbe fatto quell’ ultimo passo e se ne sarebbe andato.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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10 cose che odio di te


 
Quando sarò tra le stelle, non penserò mai più a te.
Azraphel continuava a pensare a quella frase, mentre camminava senza meta tra le strade grigie di Londra.
Si sentiva pesante, come se dovesse sprofondare nell’asfalto da un momento all’altro, e ad ogni passo che faceva, gli sembrava di trascinarsi dietro un macigno.
Si sentiva vuoto, come se dentro di lui ci fosse una voragine, che diventava sempre più opprimente.
Tutto gli scivolava via, come l’ acqua tra le mani, i passanti,  le vetrine dei negozi, le insegne luminose.
Sembrava come se niente avesse più importanza in quel momento.
Non penserò mai più a te.
Perché fa così male? Pensò, stringendosi il petto con proprie braccia.
Non si accorse nemmeno che i suoi piedi lo avevano condotto davanti all’ appartamento di Crowley, finché non se lo ritrovò davanti.
Rimase a fissare la porta, cercando di convincersi a voltarsi, ed andare via.
Eppure per quanto ci provasse, il suo corpo pareva non lo ascoltasse.
Che stupidaggine, non dovrei essere qui. Pensò tra sé e sé. Che vada pure, starò meglio senza di lui.
Era quasi arrabbiato con sé stesso, per non riuscire ad andarsene.
Si decise a bussare alla porta, se non altro si disse, per salutarlo.
Dall’ altra parte non rispose nessuno, così ci riprovò.
“Crowley! Lo so che ci sei… Apri la porta!” Esclamò nervosamente. “Per favore.” Aggiunse.
Di nuovo, nessuna risposta.
Bussò ancora. “Crowley? Puoi aprirmi? Devo parlarti.”
Rimase lì in attesa, sempre più in collera con sé stesso.
Quello che non sapeva, era che Crowley era appoggiato alla porta, e che anche lui in quel momento ce l’ aveva con sé stesso, perché non riusciva ad ignorarlo.
Alla fine aprì la porta, sbuffando nervosamente. “Che vuoi angelo? Che c’è?”
L’ altro restò a guardarlo qualche istante, con la bocca semi aperta.
“Io… Ecco volevo parlarti.”
“E di cosa? Sei stato fin troppo chiaro prima.” Replicò il demone senza guardarlo.
Tra le mani aveva delle camicie nere, arrotolate in malo modo.
“Stai… Stai già facendo le valigie?”
“Si, che te ne importa?”
Azraphel lo guardò con l’ espressione triste, sospirando.
Il demone si voltò, lasciò la porta aperta, e si diresse in camera sua.
L’ angelo lo seguì incerto, confuso da quello che stava succedendo.
“Allora, sei proprio certo di volerlo fare?”
Crowley lanciò le camicie sul letto, vicino ad un’ altra pila di vestiti.
Accanto ad essi, c’ era una valigia marrone, aperta.
“Si. Che bruci il mondo intero, non me ne importa niente.”
“Non puoi essere serio! So che ti piace stare qui…” Disse in tono gentile l’angelo, avvicinandosi al letto.
“Mi piaceva.” Esclamò l’ altro, cercando nell’armadio dei pantaloni.
Azraphel prese una delle sue camicie tra le mani, la piegò, e poi la ripose con cura nella valigia.
Ne prese un’ altra, e iniziò a piegare anche quella.
“Quindi che vuoi angelo? Sono impegnato!”
Ogni frase del demone veniva pronunciata con rabbia, e questo non fece che intristire ancora di più Azraphel, che non era abituato a sentirlo parlare così.
“Era vero… Quello che hai detto prima?” Chiese a bassa voce, riponendo una cravatta rossa nella valigia.
“Non ricordo cosa ho detto prima, ho altro per la testa al momento, come puoi vedere. Non ci sei solo tu al mondo, sai Azraphel?”
L’ angelo sospirò, stringendo tra le mani la giacca nera di Crowley.
Ogni parola che gli diceva lo feriva, come se fossero tanti sassi lanciati con furia.
Quello che non sapeva, era che ogni sasso che gli veniva lanciato, faceva più male al demone che a lui.
“Hai detto… Che quando sarai sulle stelle, non mi penserai più. V-volevo sapere se era vero.”
Crowley strinse le mani a pugno. Sentiva come se il suo stomaco si stesse rivoltando, un po’ come quando beveva troppo vino, e dopo gli veniva da vomitare. Solo che questa volta non era colpa del vino.
Avrebbe voluto dirgli che non era vero, che lo aveva detto solo per ferirlo, come l’ angelo aveva ferito lui. Ma era stanco, stanco di essere respinto.
“Si. Non penserò più a te. Anzi per essere precisi, ho smesso quando me ne sono andato. Non ho bisogno di te, starò benissimo da solo.”
Si odiava Crowley, per ogni parola pronunciata con disprezzo. Ma odiava di più l’ angelo.
Gli aveva proposto di scappare insieme, e lui aveva rifiutato.
Era il suo modo di dirgli che lo amava, che era l’ unica cosa che avrebbe voluto portarsi via. Eppure lo aveva rifiutato.
“Capisco… Forse è meglio così, dopotutto.” Rispose Azraphel, con la voce strozzata.
“Certo che è meglio, peccato non averlo capito prima.”
Azraphel stava riponendo una camicia rossa nella valigia, perfettamente piegata. La sfiorò con le dita, senza accorgersi delle grosse lacrime che la stavano bagnando.
“E ora se vuoi scusarmi, ho da fare.” Esclamò Crowley voltandosi verso di lui.
Vedere l’ angelo piangere, fu un dolore che il demone non aveva mai provato.
Eppure nel corso degli anni gli avevo sparato, lo avevano accoltellato e pestato in varie occasioni.
Avrebbe voluto correre da lui, abbracciarlo stretto, confortarlo. Ma non lo fece.
“Che stai facendo?” Esclamò con voce dura.
“T-ti aiuto con le valigie… Almeno questo lo posso fare.”
“Mi stai riempiendo le camicie di lacrime.”
Solo allora Azraphel se ne rese conto, e si tastò le guancie. “Mi dispiace.” Disse, tirando su con il naso.
“Sono firmate. Quindi smettila.” Rispose freddo, distogliendo lo sguardo.
“Forse dovrei andare…” Disse l’ angelo, quasi in un sussurro.
“Si dovresti. Lasciami solo, una volta per tutte.”
Azraphel non riuscì a trattenere un gemito. Si coprì la bocca con la mano, cercando di calmarsi.
Avrebbe voluto piangere altre mille lacrime, avrebbe voluto urlare tutto il suo dolore. Ma più di ogni altra cosa avrebbe voluto correre da Crowley, dirgli che gli dispiaceva, che non voleva che se ne andasse. Che per quanto avesse cercato di impedirlo, si era innamorato di lui.
Fece qualche passo avanti, mentre il demone era intento a cercare qualcosa nei cassetti.
“Sono contento… Di averti conosciuto Crowley. Ti auguro di cuore, di essere felice…”
Crowley si aggrappò alle maniglie d’ottone, quasi dovesse cadere.
Il respiro era affannoso, pesante come tutto il suo corpo.
“E anche se tu non penserai a me… Io penserò a te.”
Dicendo questo, Azraphel si voltò, deciso ad andarsene.
Il demone lo odiava, e non poteva dargli torto. Aveva fatto di tutto per respingerlo… Del resto, aveva forse una scelta? No, gli esseri come lui non avevano il lusso di poter fare delle scelte.
Crowley stava stringendo un vaso tra le mani, neppure si ricordava da dove veniva fuori.
“Ma come… Come…” Sussurrò mentre sentiva improvvisamente, che tutto quello che si era tenuto dentro, stava per venire fuori. Come un fiume in piena che cresce fino a rompere li argini, e distrugge ogni cosa al suo passaggio.
Lanciò il vaso contro la parete, vicino all’ angelo.
Azraphel si fermò, voltandosi di scatto verso di lui.
“Come puoi essere così stupido? Come fai a non capire?” Urlò, percorrendo a gran passi la distanza che li separava.
“Come puoi essere così ceco?!” Esclamò, afferrandolo per il colletto della camicia. “Come puoi pensare anche solo per un minuto, che se me ne andassi, non penserei a te?”
Azraphel sorrise, le guance rosse, ancora bagnate dalla lacrime.
“Allora… Mi penseresti?”
“Certo che si, razza di stupido!” Urlò Crowley, stremato nel corpo e nell’anima. “Io… Io ti penso, sempre…” Sussurrò infine, abbassando la testa.
Le sue mani tremavano, strette saldamente al colletto bianco panna dell’angelo.
Azrpahel non riuscì più a resistere, si tuffò tra le braccia del demone, stringendolo con tutta la forza che aveva.
“Non andare allora… Resta qui. Non lasciarmi…” Disse, sfregando la guancia contro la sua.
Crowley lo abbracciò a sua volta, incrociando le braccia dietro al suo collo.
“Perché? Per vedere il mondo finire?”
“Lo fermeremo, insieme. So che possiamo farcela.”
“Non si può fermare… E anche se si potesse, perché farlo? Possiamo andarcene, ricominciare. Saremo felici, io ti renderò felice. Nessuno saprà chi siamo… Saremo solo io e te, non angelo e un demone, ma Azraphel e Crowley.”
“M sarebbe una bugia. Perché noi sapremmo chi siamo, e cosa abbiamo fatto. Tu sei un demone, ed io un’ angelo… Non si può cambiare. E se partissi, diventerei come te, un traditore. Come posso abbandonare i miei fratelli, la mia casa, la mia fede. Loro sono la mia famiglia Crowley.”
“La tua… Famiglia?” Disse Crowley, distorcendo la parola in una smorfia di rabbia.
“Si…”
Crowley allontanò bruscamente l’ angelo da sé, furente.
“E io allora cosa sono?” Urlò, togliendosi li occhiali e lanciandoli a terra. “Dov’ erano loro quando ne avevi bisogno? Dov’erano quando stavano per decapitarti? Dov’erano quando stavi per crepare in quella chiesa? Non c’ erano. C’ ero solo io, che saltellavo come uno stronzo, bruciandomi i piedi per salvarti il culo.”
Azraphel cercò di riavvicinarsi a lui, ma Crowley lo bloccò con la mano.
“Lo so caro… Ma non posso farlo. Non posso tradirli… Ti prego, cerca di capire.”
“Ma puoi tradire me, vero?”
Azraphel scosse la testa, cercando di tornare tra le sue braccia.
Crowley lo spinse via. “Vattene allora! Torna a casa dalla tua famiglia!”
“Tesoro… Tesoro ti prego…” Disse in un sussurro, provando a ritornare da lui.
“Ho detto vattene! Lasciami solo!” Urlò, spingendolo così forte da fargli perdere l’ equilibrio.
Non riusciva a credere di essere stato così stupido, di essersi illuso ancora una volta, che l’ angelo scegliesse lui.
Azraphel piangeva, continuando a ripetere che gli dispiaceva, ma al demone ormai non importava più.
Quante volte si può essere respinti, prima di crollare? Quante volte il  cuore può essere spezzato, prima di chiudersi?
Azraphel camminò lentamente verso la porta, e ad ogni passo sentiva come se si stesse lasciando dietro pezzi di sé.
Afferrò la maniglia, aprì la porta.
Era giusto così, pensò. Era in questo modo che doveva andare. Lui era un’ angelo, e la sua fede veniva al primo posto.
Che razza di vita avrebbero potuto avere insieme dopotutto? Non ci sarebbe stata una casa per loro, con lo steccato bianco ed i fiori freschi. Non ci sarebbe stata una cucina di legno chiaro, ne un divano su cui guardare insieme la televisione. Non ci sarebbe stato un letto comodo e caldo, nel quale fare l’ amore.
Erano solo sogni, sciocchezze.
Si, erano solo sogni. E un angelo non ha il diritto di sognare.
Fece un passo avanti, ma davanti a sé, non vide altro che solitudine e desolazione.
Un mondo che, anche se fosse riuscito a salvare dalla distruzione, sarebbe stato vuoto, perché l’ unica persona con cui voleva condividerlo, non c’ era più.
Si rese conto in quel momento, che non avrebbe mai più rivisto Crowley.
Con tutta la forza che gli era rimasta, cercò di pensare a tutte le cose che odiava di lui.
Si convinse a trovarne almeno dieci.
Dieci cose erano più che sufficienti, si disse, per andarsene.
Si, se le avesse trovate, avrebbe fatto quell’ ultimo passo e se ne sarebbe andato.
1 I suoi capelli rossi.
2 Il suo sorriso sfacciato.
3 Le sue camicie sempre nere.
4 Il fatto che correva sempre troppo.
5 La sua compilation dei Queen.
6 Il vizio di bere.
7 Il suo essere irrimediabilmente dispettoso.
8 Il fatto che non amava leggere.
9 Era un demone, un’ essere malvagio per natura.
10 E più di ogni altra cosa, odiava il fatto che lo amava. Lo amava a tal punto che gli faceva male.
Sbatté la porta con forza, e corse, corse incontro a Crowley.
L’ altro disse qualcosa che lui non sentì, gli corse semplicemente incontro, e si buttò a capofitto tra le sue braccia, incurante delle proteste.
Gli prese il viso tra le mani e lo baciò, una, due, tre, quattro volte. Finché il demone non ricambiò il bacio. Le loro labbra si aprirono, le lingue si cercarono.
Tutto quello che non si dissero in seimila anni, se lo dissero con quel bacio.
Sembrò non dovesse finire mai, tanta era la passione.
Crowley gli strinse le braccia intorno alla schiena, spingendolo di più contro il suo corpo.
Quando rimasero entrambi senza fiato, si staccarono appena, restando appoggiati l’ uno alle labbra dell’ altro.
“Voglio una casa con il giardino e il tetto verde.” Disse Azraphel. “Voglio una cucina di legno chiaro. E un divano comodo dove sdraiarci a guardare stupidi film.”
“C-cosa…?” Esclamò Crowley, sgranando gli occhi.
“Una grande libreria dove mettere tutti i miei libri. Ovviamente avremo una cantina per i vini. E ti lascerò ascoltare i Queen quando vorrai. E ci saranno le tue piante, puoi portarle tutte.”
“Angelo, rallenta, non ci capisco più niente!” Crowley ancora non si era ancora ripreso dal bacio, che d’ improvviso l’ angelo aveva iniziato a parlare di cucine di legno e divani.
“Voglio un letto a baldacchino e una grande vasca da bagno, così ci stiamo tutti e due.”
L’ ultima parte però gli suonava piacevole.
“Aspetta. Stai… Stai dicendo che verrai con me?”
“No. Sto’ dicendo che resteremo qui, salveremo il mondo, e poi ci compreremo una casa. Tutte le famiglie hanno una casa, anche noi dobbiamo averne una.”
Crowley stette in silenzio per qualche minuto. Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito.
Azraphel lo aveva appena definito la sua famiglia. Voleva una casa con lui.
“Ti amo, angelo. Cazzo, se ti amo.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire.
“Ma scordati il letto a baldacchino.” Aggiunse sorridendo, mentre si chinava per baciarlo.

 
  
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