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Autore: Abby_da_Edoras    15/09/2019    2 recensioni
Questa minilong in tre parti è la settima di una raccolta intitolata "Legends never die", che inizia con la long fic "Yo contigo tu conmigo": in questa mia versione gli Avengers non sono scomparsi dopo Infinity War e anzi si stanno organizzando per la battaglia finale contro Thanos. Tuttavia Stark sembra sempre più nervoso nei confronti di Bucky e per questo Peter pensa di fargli una sorpresa... ma sarà la cosa giusta da fare?
Coppia: Tony Stark/ Peter Parker (in sottofondo anche Steve Rogers/Bucky Barnes)
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori del MCU.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Legends never die'
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Seconda parte

La mattina dopo Stark era talmente desideroso di farsi perdonare da Peter che lo accompagnò a scuola, con una fermata in pasticceria per una colazione speciale. Quando, in auto, lo strinse a sé e lo baciò a lungo per salutarlo, fu felice di vederlo sereno e tranquillo, come se avesse dimenticato i giorni tristi in cui lo aveva lasciato solo.

Ovviamente non poteva sapere che cosa Peter avesse in mente e perché fosse tanto contento…

Gli scompigliò affettuosamente i capelli.

“Allora buona giornata di scuola, ragazzo” gli disse. “Io oggi dovrò tenere un discorso all’Università, al Greenwich Village di Manhattan, per cercare qualche nuovo stagista per la Stark Foundation, ma questo pomeriggio potremo stare insieme.”

“D’accordo, signor Stark” rispose Peter con un luminoso sorriso, “e buona giornata anche a lei!”

Salutò Tony con la mano finché la macchina non ripartì, poi però, invece di entrare nell’edificio scolastico, prese in disparte il suo amico Ned per affidargli un incarico molto importante.

“Senti, Ned, devo fare una missione per il signor Stark e tu mi dovresti coprire con i professori.”

Ned apparve subito emozionatissimo.

“Ma certo, Peter, cosa devo fare? Sono felice di poter far parte anch’io di una missione importante… magari poi potrò lavorare anch’io per il signor Stark?”

“Beh, può darsi, perché no?” sorrise Peter. Chissà cosa sarebbe potuto succedere con uno Stark più sereno, che avesse avuto i suoi genitori accanto… magari anche Ned sarebbe potuto diventare un Avenger! “Devi solo dire ai professori delle prime ore di stamani che ho avuto un imprevisto e che entrerò a scuola in ritardo. Cercherò di tornare per le undici o anche prima.”

“Tranquillo, Peter, ci penso io… che figata partecipare a una missione per il signor Stark!”

Ned entrò a scuola entusiasta del suo ruolo, mentre Peter partiva di corsa dalla parte opposta. Si infilò in un vicolo, prese il dispositivo dal pulsante blu che conteneva la sua tuta dalla tasca dello zaino, lo premette e fece materializzare il costume attorno al suo corpo; nascose il suo zaino in un posto sicuro e in pochi minuti, saltando tra gli edifici e volando grazie ai fili delle sue ragnatele, fece ritorno all’Avengers Tower. Quel giorno sapeva che il Dottor Strange sarebbe stato lì per lavorare insieme a Bruce Banner nel suo laboratorio. Peter incontrò lo stregone nel corridoio e, con voce affannata, gli parlò subito del suo piano.

Strange lo ascoltò attentamente, mentre l’espressione sul suo viso si faceva sempre più cupa. Rifletté a lungo e poi si rivolse a Peter.

“Ragazzo, non sai quanto sia pericoloso modificare il passato? Potresti creare problemi enormi nel presente” disse.

“Lo so, ma io… voglio solo aiutare il signor Stark… e tutti gli Avengers, certo!” ripeté Peter, con entusiasmo.

“Va bene, però dobbiamo riflettere meglio su questo piano che hai elaborato. Potrebbero esserci delle conseguenze molto gravi, lo capisci? Adesso sarà meglio che torni a scuola e ti impegni nello studio, poi ne riparleremo insieme, sei d’accordo?” propose il Dottor Strange.

Peter rimase un po’ deluso, ma poi pensò che lo stregone avesse ragione, una cosa così importante richiedeva un’attenta pianificazione e molto impegno. Ringraziò e salutò Strange e riprese velocemente il suo volo tra i palazzi, diretto verso la scuola, convinto che lo stregone avrebbe organizzato un piano ancora più efficace per tornare indietro nel tempo e salvare i genitori del signor Stark. Raggiunto il vicolo, Peter fece smaterializzare la tuta, ripose il dispositivo nella tasca, rimise in spalla lo zaino e corse verso la scuola.

Tutto sommato aveva perso soltanto le prime due ore di lezione, nessun professore gli fece delle storie e la giornata scolastica trascorse come al solito, sebbene i pensieri del ragazzo fossero da tutt’altra parte.

Quel pomeriggio, però, quando rientrò alla base degli Avengers, le cose iniziarono a precipitare.

Si trovò davanti un signor Stark scuro in volto come lo aveva visto solo un’altra volta in vita sua, cioè sul tetto dell’edificio quando lo aveva rimproverato duramente per aver messo in pericolo se stesso e altre persone per giocare a fare l’eroe.

“Adesso ce ne andiamo in camera tua, tu fai la tua valigia e te ne torni da tua zia” gli ordinò l’uomo, con voce colma di una rabbia a stento trattenuta, “e prima di andartene farai bene a rendermi il dispositivo di nanoparticelle. Da questo momento non fai più parte degli Avengers.”

Peter rimase annichilito, si sentì il mondo crollargli addosso ed era talmente stordito da questa reazione inaspettata da non riuscire nemmeno a muoversi o a parlare. Si lasciò condurre in camera da Stark che, molto poco gentilmente, lo prese per un braccio e lo strattonò fin là.

Quando furono nella stanza, Stark chiuse la porta e tese la mano verso il ragazzo. I suoi occhi erano gelidi.

“Comincia con il restituirmi la tuta” gli disse.

“Ma… signor Stark, cosa… cosa ho fatto di male? Perché mi manda via? Io… non capisco…” riuscì a balbettare Peter, stringendo al petto lo zaino come se fosse un tesoro e iniziando ad avere gli occhi gonfi di lacrime.

“Ti ho detto di restituirmi la tuta, di fare la valigia e andartene da qui. Non sei più un Avenger. Cosa c’è in questa frase che non ti è chiaro?” ripeté Tony, senza cedere di un millimetro.

“Ma almeno mi dica il perché! Io non capisco cosa ho fatto…” esclamò Peter, che adesso piangeva davvero.

“Niente, per fortuna non hai fatto niente, ma solo perché Strange è stato tanto saggio da avvertirmi subito, stamani. Che cosa ti era saltato in mente? Volevi usare il frammento della Gemma del Tempo per tornare al 1991… dì un po’, sei impazzito o cosa?”

“Io… il Dottor Strange gliel’ha detto? Volevo che fosse una sorpresa per lei, volevo salvare i suoi genitori e…”

“Salvare i miei genitori, ma che idea geniale. Cosa avresti fatto? Avresti affrontato il Soldato d’Inverno? Ti saresti fatto ammazzare? Qual era il tuo piano, esattamente? Oppure pensavi che, arrivato lì, tutto si sarebbe risolto come per incanto? Sei davvero così sciocco, Peter?” le domande di Stark, adesso, si facevano incalzanti e Peter si sentiva soffocare.

“Io… non lo so, avrei voluto distrarlo per dare il tempo ai suoi genitori di scappare” mormorò, tra le lacrime. Com’era possibile che il signor Stark si arrabbiasse tanto per quello che lui voleva fare? Credeva che sarebbe stato felice! “I suoi genitori… io so quanto soffre e…”

“E non ti è passato nemmeno per l’anticamera del cervello che, se fosse successo qualcosa a te, sarebbe stato mille volte peggio? E che, comunque, cambiando il corso della storia, avresti causato conseguenze imprevedibili nel presente? Hai pensato che, forse, avrei potuto diventare una persona del tutto diversa, che magari non sarei mai diventato Iron Man? Ma, cosa ancora più importante, hai riflettuto anche solo per un secondo all’enorme idiozia che avresti voluto fare?

In effetti Peter doveva ammettere che no, non ci aveva riflettuto, aveva pensato solo che avrebbe voluto fare una cosa bella per il signor Stark, ma senza soffermarsi sulle conseguenze…

“Mi hai deluso enormemente, Peter. Posso capire che le tue intenzioni fossero buone, ma avresti dovuto parlarne con me, prima… e per fortuna hai parlato con Strange, ma forse solo perché era lui ad avere il frammento. Non voglio nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto accadere se non avessi dovuto chiedere a lui” Tony si prese la testa tra le mani, come per contenere un dolore improvviso. “Mi hai anche ingannato, hai finto di andare a scuola e poi sei scappato per venire a parlare con Strange. Mi hai mentito. Davvero, sono molto deluso da te, Peter, ho capito che non posso fidarmi e per questo voglio che tu torni da tua zia, forse lei saprà gestirti meglio di quanto non abbia fatto io.”

Mi hai deluso… mi hai ingannato… non posso fidarmi…

Le parole di Tony calarono come coltellate sul cuore di Peter, spezzandolo in mille frammenti. Aveva sbagliato tutto, aveva rischiato di commettere una colossale stupidaggine e, cosa peggiore di tutte, aveva deluso il signor Stark. La sua paura più grande era diventata realtà. Il signor Stark non si sarebbe più fidato di lui, non lo avrebbe più voluto al suo fianco, ed era solo e soltanto colpa sua. Chissà cosa aveva creduto di fare, chissà chi si era creduto di essere? Aveva pensato davvero di aver avuto l’idea più brillante del secolo? Stupido ragazzino presuntuoso! Forse che, da quando avevano saputo della Gemma del Tempo, anche altri non avevano desiderato di tornare indietro per risolvere questioni rimaste in sospeso? Magari il Capitano aveva pensato di strappare il suo compagno all’Hydra prima che lo distruggesse, magari Barnes aveva immaginato di tornare indietro per eliminare quei bastardi e impedire tanto male… e forse anche lo stesso signor Stark aveva fantasticato di usare quella Gemma per salvare i propri genitori, ma nessuno di loro aveva tentato di farlo. E perché no? Perché sapevano che era sbagliato, che avrebbero creato un caos peggiore di quello che era realmente avvenuto. E invece lui si era creduto unico e speciale, il solo in grado di fare qualcosa che non era venuta in mente a nessun altro. Si era creduto un eroe quando non era che un ragazzino incapace e sciocco.

Il signor Stark aveva perfettamente ragione e tutto ciò che gli aveva detto era giusto.

Soffocando un singhiozzo, Peter si asciugò le lacrime con la manica della felpa, poi prese dalla tasca dello zaino il dispositivo che conteneva la sua tuta e lo consegnò a Stark senza una parola.

Il suo volto era pallidissimo e gli occhi arrossati e gonfi.

Si voltò e andò verso l’armadio per prendere la valigia.

“Ha ragione, signor Stark” mormorò con un filo di voce, mentre metteva la valigia sul letto e iniziava a cercare felpe, camicie e biancheria da metterci dentro. “Sono stato un idiota e un presuntuoso. Mi dispiace, mi dispiace davvero tantissimo, ma so che non merito che lei mi perdoni. Non merito di essere un Avenger, non merito niente. Avrei potuto causare danni inimmaginabili… ma la cosa peggiore di tutte è stata… deludere lei, signor Stark…”

Stava facendo uno sforzo immane per non scoppiare a piangere di nuovo.

Tony gli si avvicinò e lo prese per un polso, fermandolo nel suo ossessivo ripiegare felpe e magliette.

“No” disse. “Non voglio che tu te ne vada. Hai sbagliato, è vero, ma anch’io ho reagito in modo esagerato e ti ho detto delle cose orribili. Non le pensavo, non le penso, io…”

“Invece le pensa e fa benissimo a pensarle, perché me lo merito. Sono un fallimento totale, l’ho sempre saputo, chissà chi mi illudevo di essere. E adesso ho tradito la sua fiducia, dell’unica persona che abbia creduto in me, che mi abbia dato una possibilità. Ho sprecato anche quella. Ho deluso lei, signor Stark, e non potrò mai…”

“Basta, Peter!” lo interruppe Tony, afferrandolo e stringendoselo al petto. “Possibile che tu non capisca? Io mi sono spaventato quando Strange mi ha parlato… che dico, sono rimasto terrorizzato all’idea che potessi fare qualcosa di sciocco che ti avrebbe messo in pericolo! Ho avuto paura di perderti, Peter, ed è solo per questo che mi sono arrabbiato tanto, perché ho avuto paura di perderti. Ti ho detto quelle cose cattive per ferirti come tu avevi ferito me, spaventandomi a morte. Che razza di persona sono! Se tu sei uno sciocco e un presuntuoso io che accidenti sono, me lo sai dire?”

Peter adesso era davvero in confusione. Sentirsi stretto tra le braccia dell’uomo che amava, sentirsi dire quelle cose proprio quando era convinto di aver rovinato tutto, di aver perso tutto… non riuscì più a trattenersi e scoppiò in un pianto disperato.

“Lei è… è la cosa più bella che mi sia mai capitata” mormorò tra un singhiozzo e l’altro, “e io non mi perdonerò mai per averla delusa!”

“Tu non mi hai deluso, ragazzino, sono io che dovrei aver deluso te perché… perché ho trovato la cosa che avrebbe potuto farti più male e te l’ho detta. Sono io che non merito il tuo perdono…” ammise Stark, abbracciando Peter e nello stesso tempo pensando che non aveva alcun diritto di stringerlo a sé, che lo aveva ferito nel modo più atroce e che non avrebbe potuto fare niente per rimediare. “Ho dato di matto per la paura di perderti, ma non è un alibi, io avrei dovuto comportarmi diversamente, per la miseria, io dovrei essere l’adulto!”

Lo strinse più forte, come se con il suo abbraccio potesse curare le ferite che gli aveva inferto.

Lentamente, Peter alzò la testa verso di lui e lo guardò con quegli occhi scuri e pieni di lacrime.

“Non è arrabbiato con me? Davvero non mi odia, signor Stark? Davvero non vuole che me ne vada?”

“Non voglio che tu stia lontano da me nemmeno per un secondo, non voglio più perderti di vista, non voglio più temere che… che tu scompaia…” ammise l’uomo in un sussurro.

“Non succederà. Non farò più sciocchezze, non…” Non la deluderò più, avrebbe voluto dire, ma un singhiozzo gli spezzò la voce… e poi non ci furono più parole, perché Tony gli aveva chiuso la bocca con la sua e in quel bacio che sapeva di lacrime, rimorso e tenerezza tutto fu perdonato e dimenticato.

Fine seconda parte

 

 

 

 

   
 
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