Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Tabheta    15/09/2019    2 recensioni
[Partecipante alla challenge "Slot machine!" indetta da Juriaka sul forum di efp]
Attenzione le storie insierite nella raccolta potrebbero essere di carattere demenziale o AU!, ovviamente distanziandosi dall'atmosfera seriosa dell'anime/manga. Lettore avvisato:
#prompt8- Erwin/Levi, con la gentile partecipazione di un povero Armin
"Nella mente di Armin la faccia sghignazzante di Connie appariva a fasi alterne, beffandosi di lui. Non sapeva esattamente come fossero finiti a scommettere in quel modo balordo, ma Armin aveva la consapevolezza di star mettendo le mani in una tana di scorpioni dal momento in cui aveva acconsentito a quel gioco ridicolo."
#prompt15- Levi-centric
"Svegliarsi, cacciare, dormire. La vita ciclica della bestia in gabbia non gli apparteneva più da tempo, ma non poteva dimenticare. L’oblio non era un piacere riservato agli esseri umani."
#prompt30- Eren/Levi, con la gentile partecipazione di Mikasa
"Era come una falena, Eren, non ne aveva mai abbastanza. Sarebbe potuto bruciare in quel momento, mentre aveva l’illusione di possedere il corpo dell’ultima speranza dell’umanità."
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nella mente di Armin la faccia sghignazzante di Connie appariva a fasi alterne, beffandosi di lui. Non sapeva esattamente come fossero finiti a scommettere in quel modo balordo, ma Armin aveva la consapevolezza di star mettendo le mani in una tana di scorpioni dal momento in cui aveva acconsentito a quel gioco ridicolo. 
Era stato raggirato, vittima di un qualche stupido orgoglio virile che non si era mai risvegliato se non dacché Connie aveva cominciato a fargli degli irritanti versi da gallina appresso – a dir poco ridicoli, come aveva fatto a cedere ad un’ intimidazione tanto ottusa?
Tralasciando l’immaturità dei suoi amici, che quando non erano oltre le mura ad uccidere titani – erano l'ultima speranza dell’umanità per la miseria, si divertivano nei passatempi più demenziali, non poteva prendersela con nessun altro all’infuori di sé stesso: si era messo di sua spontanea iniziativa nella peggiore delle situazioni.
Connie non era esattamente la pallina più brillante sull’albero di natale, era più un tipo d’azione, se avesse dovuto definirlo in un modo dignitoso e non riempirlo di insulti – ipotesi che adesso lo allettava alquanto. Qualcuno doveva spiegargli come gli fosse saltata in mente un’idea così diabolica.
Quando la bottiglia puntò verso di lui un brivido freddo gli passò attraverso la schiena. Sesto senso?
“Armin, ti sfido a rubare i dolci di Levi-taichou.”
Il capitano Rivaille – Levi per i pochi che fossero con lui in confidenza, aveva due punti deboli: la sua ossessione per il pulito e la sua insostenibile passione per i dolci. Sebbene il suddetto facesse di tutto per non darlo a vedere, avrebbe ucciso – immagini raccapriccianti gli si dipinsero nel cervello, per un qualcosa di dolce. La cosa poteva anche sembrare carina applicata a qualunque altro essere, umano e non, escluso il generale Levi. Quel Levi, il massacratore di titani, Levi-ti-uccido-solo-con-lo-sguardo, quel Levi.
Per Armin era una fine atroce. Contava di morire tra le fauci dei titani, non tra quelle del suo stesso superiore – anche se, se avesse dato a Levi del superiore in un contesto pubblico, era abbastanza sicuro che non ne sarebbe uscito poi tanto indenne.
Dopo anni di osservazione, avevano notato che il capitano si faceva recapitare con cadenza settimanale un pacchetto di dubbia provenienza. Non era stato facile dedurne il contenuto. Vista la foga con la quale lo strappava dalle mani di chiunque glielo recapitasse ogni volta, erano partite una serie di scommesse – sì, avevano proprio il vizio, la noia della vita in caserma, quando non si ammazzano titani, può essere anche più mortale. Per Mikasa erano armi di nuova fattura, per Jean delle lettere d’amore, per lui dei rapporti super segreti, per Sasha del cibo prelibato.
Su quest’ultima ipotesi non ci avrebbero puntato un centesimo, finché non beccarono il capitano con le mani nella marmellata – letteralmente. Da quel momento le voci nei corridoi assunsero un tono da presa in giro tale che se fossero arrivate alle orecchie sbagliate, quelle pericolosamente affilate di Rivaille, sarebbero state messe a tacere per sempre.
Ma ciò non avvenne mai, o meglio non ancora. Armin aveva il brutto presentimento che sarebbe stato lui il primo ad assaggiare tale onore. Deglutì rumorosamente, poi si pentì di averlo fatto, ma lo fece senza volere a mezza voce, quindi si diede mentalmente dell’idiota. Strisciava per i corridoi come avrebbe fatto un ninja.
“Se proprio deve succedere che almeno la mia fine sia veloce ed indolore” pensò tra sé e sé mentre si affrettava a raggiungere la camera del capitano. Diede uno sguardo veloce da un lato all’altro del corridoio.
 “Idiota, chi vuoi che ci sia in giro durante la pausa pranzo?” maledizione, aveva di nuovo borbottato tra sé e sé. Si maledisse un’ultima volta ed entrò.
La camera del comandante era, ovviamente, pulita in modo maniacale.
“Si accorgerà sicuramente se qualcuno mette a soqquadro qualcosa.”
Rivaille avrebbe riconosciuto il suo odore, lo avrebbe preso alla gola, ed allora fine del povero Armin. Gli veniva da piangere, inoltre non aveva idea di dove cominciare a cercare, visto che apparentemente non c’era nulla di compromettente a portata di sguardo.
Non fece in tempo a mettere insieme due pensieri che un rumore di passi gli arrivò alle orecchie fin troppo pronte. Non si stupì, aveva già mentalmente firmato la sua condanna a morte qualche pensiero suicida fa. Il suo cervello tornò nuovamente a Connie: quale amico manda un proprio caro al patibolo al grido di “vedrai, sarà divertente”? Cosa c’era di divertente? La parte in cui avrebbe dovuto ridere gli sfuggiva.
Il piano più veloce che il suo istinto di sopravvivenza riuscì a suggerirgli fu quello di nascondersi da qualche parte, da qualsiasi parte. Il luogo più vicino era la scrivania di mogano.
“Kami-sama, fa che non si avvicini alla scrivania di mogano!” Non gli restava che pregare.
Ora, col senno di poi, quale idiota sceglierebbe di nascondersi dietro un minuscolo tavolo? Perché avevano messo nelle sue mani il futuro dell’umanità?
Rannicchiatosi alla meglio, Armin cercò un modo per scomparire come poteva, abbracciato tra le ginocchia e la parete interna della scrivania. Azzerato il respiro, Armin si rese conto che i passi erano doppi.
“Perfetto, pubblica umiliazione” pensò.
Levi entrò sbattendo la porta. Non sembrava essere molto contento di avere ospiti.
“Cosa vuoi? Parla, non mi va di saltare il pranzo.”
Armin rabbrividì come senti il generale appoggiarsi proprio sulla superfice opposta della scrivania. Quell’uomo uccideva titani per la miseria, come poteva non accorgersi di lui?
L’altra presenza si decise solo dopo un breve intervallo a parlare. Dalla voce ebbe una raccapricciante consapevolezza.
“Niente, non mi merito anche io la mia dose di zuccheri settimanale?”
Oddio, oddio, oddio. Erwin. Il generale Erwin. Era finito nel bel mezzo di un incontro privato tra due delle peggiori persone possibili, grazie Connie.
“Non fare lo spiritoso, mi disgusti.”
“Ah sì? Non mi sembri così disgustato di solito quando faccio questo.”
Al ché Armin sentì un suono umido che non gli piacque per niente. Alzò lo sguardo giusto in tempo per notare l’accaduto dallo specchio appeso fra la parete e la scrivania. Adesso era anche un voyeur. Era già arrivata la parte divertente?
“Ti stai divertendo?” no, Armin non si stava divertendo affatto.
“Preferirei mi togliessi le mani dalle chiappe.” Levi scandì per bene le parole.
“E dove le preferiresti, sentiamo.”
Armin voleva morire. Non faceva il comandante un tipo così spudorato, anche perché ci voleva fegato per anche solo pensare di parlare così a Rivaille.
Attraverso lo specchio poteva godere di uno spettacolo che molti avrebbero definito privilegiato. In un mondo come il loro c’era poco da fare gli schizzinosi, un giorno potevi esserci ed il giorno dopo diventare concime per piante. Tanto valeva godersi quel poco di piacere che la vita  riservava agli esseri umani. Non erano altro che un allevamento di animali chiusi tra quattro mura, buoni solo per accoppiarsi tra di loro.
Aveva la gola secca e la sensazione che la temperatura della stanza si stesse alzando pericolosamente. Erwin ed il capitano non sembravano accorgersi di lui, presi in qualcosa di decisamente più interessante.
Inizialmente, un po’ per pudore, un po’ per vergogna, aveva esitato nel guardare attraverso lo specchio, ma dopo un po’ era diventato uno spettacolo impossibile da ignorare. Le mani di Erwin erano saldamente strette al didietro del minore, mentre le braccia di Levi - stentava a crederlo, erano avvolte attorno al collo del comandate e gli stava sussurrando all’orecchio qualcosa che non poteva udire. Giudicò al biondo fosse piaciuto, visto che, sempre afferrandolo per il fondoschiena, lo sollevò violentemente contro la scrivania. L’impatto fu talmente forte da farla sbattere contro la schiena di Armin. Gli tremavano le gambe. Non avrebbe saputo dire se per la paura o per chissà cos’altro. E dire che tutto quello era cominciato per un motivo così stupido. 
“Vuoi ancora andare a pranzo?”
“La tua vista mi ha fatto perdere l’appetito” gli disse mentre con la lingua gli andava a solleticare l’orecchio. Erwin emise un grugnito improvviso che per poco non gli fece prendere un colpo. Un secondo e stava già armeggiando con i pantaloni del moro. Dal suono persistente delle cinture Armin capì che non se la stava cavando troppo bene. 
“Lascia ti faccio vedere io come si fa” sbuffò Levi spazientito, scendendo dalla scrivania e sparendo dalla visuale, già di per sé minima, che gli era consentita dallo specchio.
Armin aveva già capito dove voleva andare a parare. Stavolta le cinture saltarono come dovevano. Nonostante non riuscisse a vedere quello che Levi stava facendo, i mugugni del comandante ed i suoni ovattati erano inconfondibili. Le guance di Armin si colorarono di tutte le sfumature di rosso esistenti, costringendolo a distogliere lo sguardo dallo specchio per appoggiare la testa sulle ginocchia. Stava ancora aspettando la parte divertente.
Finché un ennesimo rumore di passi di carica provenne dal corridoio. Levi alzò la testa quanto bastava perché il suo profilo tornasse a riflettersi sulla superficie di vetro ed Armin potesse vederne le guance ossute leggermente congestionate. 
“Cosa c’è adesso?”
Non sembrava affatto scomposto. Il suo tono era asettico come al solito, se  non avesse assistito alla scena di poco fa avrebbe stentato a credere fosse mai avvenuta. 
“Il dovere chiama.”
“Pensa a tirarti su i pantaloni piuttosto.”
Erwin fece giusto in tempo a ricomporsi prima che Eren cominciasse a bussare alla porta della stanza di Levi. 
“Entra.”
“Taichou, Armin sembra sparito, non riusciamo a trovarlo.”
Armin avrebbe voluto ridere, se non fosse stato terrorizzato a morte. La sorte sapeva essere beffarda. 
Eren, non cogliendo minimamente l’aria di ambiguità che aleggiava nella stanza, si limitò poi a salutare come se nulla fosse il comandante.
“Signore, vedo che anche lei ha sentito le notizie.”
Provava pena per Eren se pensava che la sua scomparsa potesse essere di una qualche rilevanza per gli alti gradi del corpo di ricognizione.
“Sì ho sentito, riposo soldato.”
“Sei venuto a disturbarmi per questa stupidaggine?” 
Vide Eren boccheggiare un attimo ed un po’ si sentì in colpa per aver trascinato anche lui in quella situazione ambigua. 
“Ecco, Hange-san mi ha detto...”
“Va bene, va bene, sto arrivando.” Levi non gli diede il tempo di finire che si avviò avanti a lui fuori dalla stanza. Erwin, sorridendo – un sorriso inquietanti dei suoi, si girò guardando verso lo specchio. Gli sembrò che i loro sguardi si incrociassero nel riflesso, prima che si dirigesse con gli altri due fuori dalla camera. Aveva immaginato tutto vero?

*

“Dove hai detto di averli trovati?”
“In un cassetto interno della sua scrivania.”
“E dire che mi vedevo già la vittoria in tasca” piagnucolò Connie.
Non vedeva l’ora di mettersi a letto, anche se aveva la sgradevole sensazione che quanto aveva visto non avrebbe abbandonato il suo sonno per molto tempo.
“Prima il capitano Levi ti cercava, comunque. Io mi sono inventato che avevi il turno di piantonamento. Il comandante Erwin sembrava divertito, non so per quale ragione.”
Connie non capì perché Armin fosse divenuto pallido come un cencio.
 
 




*********
Ehilà, mi sembrano passati secoli dall'ultima volta, ma chi l'avrebbe mai detto eccomi qua!
Se non fosse stato per l'organizzatrice di questa challenge probabilmente questa schifezzuola non avrebbe mai visto la luce :')
Ci tengo a premettere che la seguente fanfiction è volutamente demenziale, la mia speranza è di non essere crollata nell'ooc, ma ai lettori l'ardua sentenza. Se vi siete divertiti lasciatemi un vostro parere e, se kami-sama mi assiste, alla prossima one-shot!
 

 
  
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