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Autore: heliodor    15/09/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Si fermò sotto la torre e guardò in alto. C’erano almeno dieci livelli tra lei e la cima. E ogni livello era alto il doppio di un adulto.
Non è un problema, si disse pensando alla formula della levitazione.
Si diede una leggera spinta con le gambe e si sollevò con dolcezza verso l’alto. Percorse l’intera lunghezza della torre e poco prima di arrivare alla cima rallentò per poi aggrapparsi al bordo e saltare oltre.
Una figura balzò verso la sua sinistra facendola trasalire. Vide un raggio magico balenare e uno scudo incresparsi per assorbirne l’energia. Dove i due incantesimi si scontrarono si scatenò una tempesta di scintille che subito sparì.
Bardhian, le mani ancora tese, aveva il respiro affannato.
Dalla parte opposta, una Joane sorridente aveva alzato lo scudo e sembrava in attesa di un attacco.
“Sei lento e goffo” disse la donna. “Chi ti ha insegnato a combattere in quel modo?”
Bardhian strinse i denti. “I migliori stregoni del mondo conosciuto” disse. “Bryce di Valonde e Vyncent di Londolin.”
Joane scrollò le spalle. “Vedendo il lavoro che hanno fatto con te, non direi che sono i migliori. Sono appena oltre il livello di apprendisti, non certo dei veri maestri.”
“Tu non li conosci.”
“E tu non sai combattere.”
“Io non saprò combattere” disse Bardhian rilassandosi. “Ma ti ho quasi uccisa. Stavolta potrei fare sul serio. Non dimenticarlo.”
“È una minaccia?”
“È una promessa.”
Joane si accigliò. “Davvero?” I suoi occhi si spostarono verso di lei. “Ho sentito dire che persino quell’incapace della strega rossa è stata capace di batterti in duello.”
“Non è stato uno scontro leale” ringhiò Bardhian. “Diglielo ance tu, Sibyl.”
Sentitasi chiamata in causa, Joyce fece spallucce. “Kallia faceva da giudice e per lei è stato uno scontro leale.”
Joane scosse la testa. “Perdere con la strega rossa… ti rendi conto che è poco più di una strega selvaggia?”
“È imprevedibile” disse Bardhian. “Può aver vinto un duello, ma se la sfidassi altre dieci volte vincerei sempre io.”
Joane annullò lo scudo. “Dimostramelo.”
“Quando vuoi” rispose Bardhian.
“Qui e adesso.”
Lui la guardò. “Ti sfido, strega rossa.”
Joyce alzò le mani. “Ero passata solo per vedere come stavano andando gli allenamenti.”
“La tua mi sembra solo una scusa” disse Joane. “Bardhian ti ha sfidato. Se non fossi la vigliacca codarda che io credo tu sia, dovresti accettare la sfida.”
“So quello che stai cercando di fare” rispose Joyce. “E non mi lascerò ingannare.”
“Nessun inganno” disse Joane. “Un duello leale. Io farò da giudice.”
Bardhian annuì. “Sono d’accordo. Sono anche piuttosto stanco, quindi avrai un vantaggio.”
Bel vantaggio, pensò Joyce. Io sono fuori allenamento e ho molta meno forza ed esperienza di te. Come posso sperare di superarti di nuovo? Ancora adesso mi chiedo come ci sono riuscita l’altra volta. Però non voglio che Joane mi consideri una codarda.
“Accetto” disse.
Bardhian sorrise. “Iniziamo quando vuoi.”
Joyce evocò lo scudo magico.
 
Esausta, appoggiò le spalle al muro e si lasciò cadere sedendo a terra. Sentiva le braccia così pesanti che dubitava di poterle alzare di nuovo.
“Sei già stanca?” fece Bardhian pieno di entusiasmo.
L’aveva battuta cinque volte in altrettanti duelli e nell’ultimo, quando il suo raggio magico aveva quasi superato il suo scudo, si era arresa senza provare troppa vergogna.
“Ho bisogno di rifiatare” disse. “Solo un po’.”
Bardhian saltellò sulle gambe. “Lo dicevo che potevo batterti quando volevo. La tua vittoria è stata solo un caso.”
Joane sospirò. “Se fossi in te, non mi vanterei troppo.”
Bardhian le rivolse un’occhiataccia. “Ma l’ho sconfitta per cinque volte consecutive e lei solo una.”
“La prima” disse Joane.
“Sì, è vero, ma…”
“La prima è sempre quella che conta” disse la strega. “In uno scontro reale non c’è rivincita. Conta poco se puoi battere dieci o venti volte un nemico, se lui ti batte la prima volta. Ai morti non viene concessa la rivincita, ricordalo.”
Bardhian fece per dire qualcosa ma richiuse la bocca.
Joane si rivolse a Joyce. “Sei davvero così stanca?”
Annuì.
“Hai messo da parte le forze per un ultimo incantesimo?”
“Perché?”
“Si sta facendo buio e io non voglio farmi trenta rampe di scale” disse Joane. “Tu potresti portarci giù in volo.”
“Non so se ci riesco” disse. “Non ho mai provato a portare due persone con me.”
“Un buon motivo per provare, non credi? Ho viso come usi quell’incantesimo e credo tu abbia urgente bisogno di qualche lezione. A meno che tu non voglia accontentarti del poco che ti ha insegnato quella strega di Nightanois.”
“Si chiama Elvana” disse Bardhian.
Joane scrollò le spalle. “È comunque un’incapace.”
“Se fossi in te modererei i termini” l’ammonì Bardhian. “È molto forte.”
“Sarà anche forte, ma di certe cose non ci capisce niente. Allora strega rossa, ce lo fai fare o no questo piccolo volo?”
Joyce si tirò su a fatica. “Posso provare.”
“Dovrai fare qualcosa più che provare. Da questa altezza rischiamo di farci male sul serio e avere ossa di pietra e pelle invulnerabile non ci aiuterà molto.”
Bardhian sembrò esitare. “Mi sembra un rischio inutile. Meglio usare le scale.”
“Adesso sei tu quello che ha paura” disse Joane.
Bardhian arrossì. “Attenta a quello che dici.”
“Dico quello che vedo.”
Lui marciò verso l’orlo della torre. “Quando scendiamo?”
Joyce lo seguì e si sporse con la testa e parte del busto. “È decisamente alto” disse rivolta a Joane. “Sei sicura di volerlo fare?”
“Devi dirmelo tu, strega rossa. Credi di esserne capace?”
“Credo di sì” disse. “Posso usare la forza straordinaria per sostenere il vostro peso e usare allo stesso tempo a levitazione.”
“Quasi tutte le streghe sanno usare almeno due incantesimi per volta” disse Joane. “È il minimo che tu possa fare.”
Joyce annuì decisa e si piazzò sul bordo della torre. Sotto di lei si apriva un baratro spaventoso. Se fosse caduta senza la forza di usare la levitazione…
Joane si aggrappò a lei. “Vieni anche tu” disse a Bardhian.
Il principe esitò e poi afferrò il fianco e la spalla di Joyce con entrambe le mani.
“Quado ti senti pronta” disse Joane. “Prima evoca la forza straordinaria, poi lasciati scivolare verso il basso. Quando ti stacchi dalla torre, usa la levitazione. Pensi di potercela fare?
“Credo di sì.” Aveva usato altre volte due incantesimi per volta, ma mai portando sulle spalle due persone. “E se mentre cado non ho la forza di usare la levitazione? Forse ha ragione Bardhian ed è più prudente usare le scale.”
“Avanti strega rossa” disse Joane. “Hai affrontato pericoli peggiori di questo, no?”
Annuì.
“E allora vai” la incitò lei. “Mi fido di te.”
Joyce si concentrò e pensò la formula della forza straordinaria. Quello che prima era un peso che riusciva appena a sostenere, divenne un fastidio sopportabile. Sentiva ancora premere i corpi di Joane e Bardhian contro il proprio, ma senza provare alcun disagio.
“Quanto dobbiamo aspettare?” fece la strega impaziente.
Joyce prese un respiro profondo e pensò alla levitazione. Invece di darsi lo slancio verso l’alto. Mise un piede oltre l’orlo della torre.
La discesa iniziò all’istante, come se una corda invisibile la tirasse verso il basso. Joyce non si oppose. Sapeva che sarebbe stato inutile. La levitazione non era spontanea. Solo se si dava uno slancio deciso verso l’alto mentre era appoggiata su qualcosa di solido e stabile poteva davvero librarsi nell’aria. In caso contrario, sarebbe caduta giù come una piuma, proprio come in quel momento.
“Lo controlli?” le chiese Joane.
“Cosa?” fece distraendosi per un attimo. La discesa divenne più rapida.
“Lo controlli?” ripeté Joane.
“Sì, se non devo parlare con te.”
“E se invece devi?”
Sospirò. “È più difficile.”
“Male. A me piace chiacchierare mentre volo. Specie quando mi annoio. E mi sto annoiando. Quindi che ne dici di rendere il tutto più interessante?”
“Ti assicuro che io non mi sto annoiando affatto” disse Joyce con voce rotta dalla fatica. Dover controllare due incantesimi per volta stava consumando le sue forze residue. E parlare con Joane non l’aiutava.
“Io sì” disse la strega. “Evoca lo scudo magico.”
“Perché dovrei farlo? Sarebbe solo uno spreco di forze” disse scandalizzata.
“Immagina che a terra ci sia uno stregone che ha deciso di usarti come bersaglio per allenarsi” rispose Joane.
“Ma non c’è nessuno.”
“Fai finta che ci sia. Sai cosa significa immaginare le cose, vero?”
“Certo che lo so.”
“Allora fallo, su.”
“Ora?”
“Adesso” fece Joane con tono perentorio.
“Ma è assurdo” protestò. Scosse la testa. “Questa cosa non finirà bene, ti avverto.”
“Vedremo.”
Joyce pensò alla formula dello scudo magico e questo apparve nella sua mano sinistra. Subito sentì farsi più debole la presa su Bardhian e Joane, che divennero più pesanti.
“Non siamo neanche a metà discesa” disse il principe di Malinor. “Se cadiamo da questa altezza ci faremo molto male.”
“Non cadremo” disse Joane con tono serio. “E ora sta zitto. Come ti senti, strega rossa?”
“Male” rispose a denti stretti. Parlare le costava uno sforzo enorme e voleva risparmiare le forze per lo scudo. “Non so se ce la faccio.”
“Stai andando bene. Continua così.”
“Potrei cedere in qualsiasi momento” disse con uno sforzo.
“Ce la farai” rispose Joane tranquilla. “Metà delle streghe e degli stregoni riesce a controllare tre incantesimi per volta. Ma solo due su cinque riescono a controllarne quattro. Che ne dici di provare?”
“No” rispose subito.
“Non sei curiosa di sapere se ne sei capace?”
“No.”
“Io sì” disse Joane. “Evoca un dardo magico e lancialo verso lo stregone che ti sta prendendo di mira.”
“Non c’è nessuno…” iniziò a dire.
“Immagina che ci sia” disse Joane. “Avanti, dai una bella lezione a quel bastardo, su.”
“Non ce la farò mai” si lamentò.
“Se non ci provi non lo saprai mai. Devi scoprire qual è il tuo limite.”
“Il mio limite?”
“Bardhian riesce a controllarne sei” disse Joane. “Non è vero? Certo che sì, li ho contati.”
Bardhian annuì. “Ma sto lavorando per arrivare a sette.”
“Solo uno su mille ci riesce” disse Joane. “Io per esempio ne sono capace, ma non sono mai arrivata oltre.”
“Bryce riesce a controllarne otto” disse Bardhian. “Ma non glieli ho mai visto fare in battaglia, solo negli allenamenti.”
“Si vede che non ha mai affrontato un avversario degno di lei” disse Joane. “Vorrei proprio sfidarla per scoprire se può arrivare a nove. Una strega suprema dovrebbe riuscirci.”
Joyce evocò il dardo magico. Nello stesso istante, la caduta accelerò e i livelli della torre presero a scorrere rapidi al loro fianco. Nel frattempo la strada si fece più vicina.
“Siamo troppo veloci” disse Bardhian. “Dille di smettere adesso.”
“No” fece Joane decisa. “Lancia quel dardo, strega rossa.”
“Cosa?”
“Lancialo.”
Joyce puntò la mano verso l’esterno.
“Non lì, sciocca” disse Joane. “Il tuo nemico è da quella parte.”
“Dove?” chiese, la fronte madida di sudore. Sentiva le forze venire meno e il cuore batterle più forte per lo sforzo prolungato.
Joane indicò un edificio alla loro destra. “È lì dentro. Livello due, terza finestra contando da sinistra.”
Joyce individuò l’edificio con la coda dell’occhio. “E se c’è qualcuno all’interno?”
“È vuoto, te lo garantisco. Ora butta giù quel bastardo o sarà lui a buttare giù noi. Mira alla finestra e cerca di centrarla.”
Con uno sforzo, Joyce ruotò il busto cercando al contempo di reggere il peso sulle sue spalle, controllare la caduta e tenere lo scudo davanti a sé per proteggersi… da un nemico immaginario.
Puntò il braccio verso il palazzo e lasciò partire il dardo. Il proiettile magico colpì lo spazio tra la quarta e la quinta finestra spargendo qualche scheggia.
“L’hai mancato” disse Joane. “Riprova, svelta.”
“Ma…” fece Joyce.
“Sbrigati o ci colpirà.”
“Non so se ce la faccio.”
“Fallo e basta” disse Joane con tono perentorio.
Pur di farti stare zitta, pensò Joyce.
Puntò di nuovo il braccio verso la finestra, evocò il dardo e lo lasciò partire.
E staccò parte del muro sopra la finestra.
“L’hai mancato. Di nuovo” disse Joane. “Riprova.”
“Mi mancano le forze” gemette.
“Riprova, incapace” disse Joane. “Adesso.”
Joyce strinse i denti e si trattenne dallo scaraventarla via. Un volo simile le avrebbe tolto la voglia di tormentarla.
Invece sollevò di nuovo il braccio e lo puntò verso la finestra.
Stavolta non lo devo mancare, si disse. Stavolta non devo.
Concentrò le poche forze residue per rallentare la discesa e renderla stabile. Sentì le forze fluire nelle braccia, nelle gambe e poi nello scudo magico che ancora brillava nell’altra mano.
Così, bene, si disse. Con calma.
Prese la mira con calma, si concesse persino il tempo di valutare la distanza che doveva coprire ed escluse ogni piccolo disturbo.
Sono pronta, si disse.
“Sbrigati, dannazione” gridò Joane piantandole la mano nel fianco.
Joyce gemette e perse per un attimo la concentrazione. Il dardo partì diretto alla finestra, coprì la distanza che la separava in pochi attimi e si infranse sul davanzale staccandone una porzione.
“L’hai mancata” disse Joane delusa. “Di nuovo. Sei proprio un’incapace, strega rossa.”
“È stata colpa tua” protestò lei. “Se tu non mi avessi distratta, l’avrei centrata.”
“Distratta? In una battaglia vera devi sempre mantenere il controllo. Non devi farti distrarre da niente e nessuno.”
“Questa non è una battaglia.”
Joane ghignò. “Immagina che lo fosse. Ora saresti morta.”
Joyce scosse la testa e atterrò sulla piazza. Appena i suoi piedi si poggiarono a terra annullò tutti gli incantesimi e crollò sulle ginocchia, boccheggiante.
Era esausta. Il sudore le aveva inzuppato la camicia e pantaloni, insinuandosi persino tra la biancheria intima.
Joane sbuffò. “Mi chiedo cosa ti abbiano insegnato a Malinor.”
“Non è così che si combatte” disse Joyce affannata.
“Quante storie” fece Joane con tono altezzoso. “Se non riesci a gestire una situazione così semplice, come ti comporterai in una vera battaglia, quando cercheranno di colpirti da tutte le direzioni? Ti lamenterai col nemico che è sleale e non ti permette di mirare con calma?”
Joyce fece per dire qualcosa ma si trattenne.
Quattro soldati e quattro mantelli erano apparsi sulla piazza. Uno di essi, un uomo con una folta barba sale e pepe, li squadrò con aria severa.
“L’addestramento è finito?”
“Per oggi, sì” disse Joane.
“Allora te ne torni in cella” disse l’uomo barbuto.
“Come comandi” fece Joane con un mezzo inchino.
“Non scherzare con me, rinnegata” disse l’uomo. “Ho perso un fratello e due cugini nella difesa di Nazdur.”
Joane fece spallucce. “È la guerra.” Si rivolse a Joyce. “Pensavo che Bardhian fosse un caso disperato, ma tu sei anche peggio. Da domani ti allenerai con noi, strega rossa. E per un po’ lascia stare le noci, hai capito?”
Joyce si stava rialzando. “Che vuoi dire?”
“Si comincia a vedere” disse Joane.
“Cosa si vede?”
L’altra ghignò.
Joyce guardò Bardhian.
Lui si strinse nelle spalle.
“Siete persone odiose” disse andando via con passo deciso.

Nota
Sì, di nuovo in ritardo :)
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