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Autore: milla4    16/09/2019    3 recensioni
Non sempre la vita porta facili scelte come non è facile capire chi bisogna deludere, il male minore.
Re Tommen era un nome nuovo sulle bocche della gente dei Sette regni e per rimanerci a lungo ha bisogno di qualcuno che lo guidi, anche portandolo a fare qualcosa di oscuro solo per prendersi una propria vendetta. Una nuova Regina delle spine era entrata nel letto del re.
Storia partecipante al contest “My beloved villain” indetto da Dark Sider sul forum di EFP
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cersei Lannister, Margaery Tyrell, Myrcella Baratheon, Tommen Baratheon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nome forum EFP / autore EFP: milla4
Titolo: La regina delle catene
Fandom: Il trono di spade
Pacchetto scelto: John Doe (Seven)
Elementi del pacchetto utilizzati: condizione; oggetto; frase; stagione
Rating: giallo
Generi: introspettivo; romantico; fantasy
Avvertimenti: what if
Note Autore: sotto la storia





La regina delle catene


Capitolo I



L’estate non era mai stata un problema nei territori del Sud, il calore che accarezzava la pelle era un continuo tripudio alla vita, per le vie di Approdo del re l’odore dei fiori lasciati a marcire sui banchi del mercato cittadino si mescolava con la fragranza del pane appena sfornato e le interiora di pesce eviscerati, gli escrementi delle capre e dei maiali, il fetore della povertà, ma nessuno di questi odori valicava le spesse mura della Fortezza rossa, lì soltanto le più pure essenze avevano diritto di avvolgere le alte personalità che vi soggiornavano. Margaery Tyrell aveva fatto della sua sopportazione ad ogni tipo di odore un suo punto di forza. Ma da quando il re aveva fatto il suo dovere e l’aveva resa portatrice del legittimo erede dei Sette regni aveva imparato che era meglio fare a meno delle pietanze a base di cavolo e stranamente anche a quelli con il miele.
 
«Non sapevo che anche il miele avesse un odore, ma evidentemente al futuro re non deve piacere molto» la giovane regina accarezzò il ventre gonfio, il sorriso sul suo volto per le dame radunate intorno al tavolo era un sintomo di sincerità e orgoglio mentre per chi la conosceva davvero, come la Regina delle spine, era compiacenza e forse una punta di perfidia; la capostipite di casa Tyrell se ne stava seduta elegantemente ad un angolo del chiostro, si mostrava intenta ad ascoltare il triste canto di un menestrello ma in realtà si godeva il ridicolo teatrino che andava avanti almeno da un paio d’ore. La sua piccola rosa si stava prendendo il suo momento di gloria. «Altezza, il re le vuole parlare nelle sue stanze private»

«Oh, ma certo, chiedo soltanto un piccolo aiuto…» cercò di alzarsi caricando il peso sulla pancia per mostrare ancora una volta l’impegno non solo fisico a cui era sottoposta: in lei vi era il probabile erede al trono e nessuno avrebbe dovuto dimenticarlo, mai.

Il servo impacciatamente le afferrò un braccio e l’aiutò a incamminarsi verso l’interno del palazzo. Margaery sorrise alle sue compagne mormorando parole di scuse. Appena attraversata la porta lasciò la mano del ragazzo, il passo divenne meno incerto, le Spine della sua rosa erano pronte per pungere.


Era seduto sulla sedia dorata del suo scrittorio da un’ora circa, era arrivato alla sua centesima firma e la mano gli doleva enormemente; in realtà aveva smesso di leggere ciò che gli veniva posto davanti già da una trentina di fogli, il Primo cavaliere cercava di spiegargli il problema della successione degli Stokeworth e della recente invasione di parassiti nella regione ma quelle parole non attecchivano nella sua mente. Aveva comunque compiuto enormi passi dalla sua incoronazione, ora riusciva a seguire almeno venti minuti di più rispetto agli inizi, quando ancora non conosceva la sua firma né aveva mai sentito parlare di testamenti. Per fortuna Randyll Tarly stava ottimamente riuscendo a recuperare ciò che Twyn Lannister aveva tralasciato prima della sua improvvisa morte. Certo era meno flessibile e troppo quadrato, ma forse era quello che serviva al regno in assenza di una vera guida, un uomo che sapeva cosa fosse giusto e cosa sbagliato. E che magari fosse un fedele alleato della casata Tyrell certamente non era una cosa tanto negativa.
«Mi avete mandato a chiamare, mio amore?» il re alzò la testa e sorrise per poi girarsi di scatto e notare, o ricordare, che nella stanza non fossero soli «Ser Tarly vi ringrazio per il vostro tempo, continueremo dopo il pasto mattutino»

L’anziano fece un composto inchino e se ne andò senza ulteriori domande; forse quel ruolo gli si addiceva più di quanto credessero.
«Te l’ho già detto, non puoi chiamarmi così davanti a persone di tale calibro. Perderei la mia autorità nei loro confronti»
Margaery si avvicinò, la pancia protesa verso l’esterno, si appoggiò al braccio del marito «Marito Rmio ti chiedo scusa, sono molto stanca. Purtroppo il piccolo ha mostrato tutta la sua irruenza stanotte e non mi ha lasciato molto dormire.» la mano strinse la manica verde smeraldo del vestito «di cosa mi volevi parlare?»

Il giovane re abbassò gli occhi a terra e lei capì. «Non posso farlo... non posso farle questo…»
«Ne abbiamo già parlato, devi»

Un colpo violento, Tommen si alzò di scatto «Io sono un re, non devo fare assolutamente nulla» per la prima volta Margaery ebbe paura del suo dolce e tenero marito, in quegli occhi non c’era ingenuità né desiderio, ma qualcosa che non poteva controllare, rabbia. La stessa rabbia che aveva visto negli occhi del suo secondo marito e che sperava di non dover più vedere. Gli prese il volto tra le mani, tenendolo fermo.
«Tu sei Tommen, Re degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Lord dei Sette Regni e Protettore del Reame e nessuno potrà mai metterlo in discussione, né io né nessun’altro, e io sono la tua regina, la tua alleata, la persona che ti ama di più al mondo» strinse le mani intorno, occhi nei occhi… nessuno poteva lasciare quegli occhi, erano qualcosa di intenso e di magnetico, c’era malizia, intelligenza, ingenuità, ognuno poteva vedervi la gamma d’ emozioni a cui più sentiva affine.

«Io ti amo, mio re. Darei la mia vita per te, sempre. Ma…» prese una mano di lui e se la portò sul grembo «… ma ha cercato di ucciderci, di uccidere nostro figlio e se non la fermerai tenterà di farlo ancora e ancora, finché non ti avrà di nuovo tutto per sé.»
«Lei ci odia; odia me perché le ho tolto un bambino per farne un uomo e odia lui» premette la mano del marito, voleva che sentisse «perché le toglie potere. E tu sei un re e un re deve fare tutto ciò può fare per la sua famiglia e il suo popolo. Ogni cosa.»

«Anche imprigionare sua madre?» era una domanda fatta da un ragazzo, in quel momento della regalità non c’era nulla in lui.
Lei annuì «Anche imprigionare l’attentatrice alla vita della regina e del legittimo erede al Trono di spade», posò con leggerezza la bocca sulla sua, le labbra si toccarono delicatamente all’inizio per poi approfondire la loro conoscenza, era qualcosa che aveva imparato da Tommen e che le piaceva molto. Il re di discostò appena dal volto di sua moglie «sai, ho pensato molto a ciò che mi hai detto e credo tu abbia ragione, mia sorella deve sposarsi e andarsene da qui… non le fa bene la Capitale…». Il volto della donna si aprì in un ampio sorriso.

«Bene, hai qualche pretendente in mente?»
«Beh… in realtà avrei un nome a cui sto pensando da qualche tempo e forse so anche come organizzare tutto» ricambiò il sorriso con orgoglio per nulla celato.

***

Quella maledetta servetta? Dove diavolo era finita? Aveva chiesto dell’acqua dieci minuti prima e la sua gola era ancora in fiamme. Cersei aveva sempre amato l’estate del sud, così suadente, viva e diversa dalla freddezza dei territori del nord e dei suoi abitanti, ma in quella lurida cella ciò che più amava era diventato intollerabile. La seta del suo elegante vestito color malva, con piccoli inserti di zaffiri a decorarle le maniche le si era appiccicato addosso per il sudore insieme alla sporcizia e la paglia di quello che era il suo letto da più di due mesi. Puzzava, non aveva diritto ad un cambio di abiti né di un bagno, era la Regina Madre eppure non aveva diritto a nulla. I capelli biondi, vanto della sua casata, ricadevano flosci sulle spalle.
Le era stata concessa soltanto una ragazzina per servirla, Jena, ma era lenta e stupida, lo scarto del palazzo. Ogni tanto la trovava ad osservarla, gli occhi sgranati, vedeva quel suo piccolo cervellino pensare a chissà quale sciocchezza e a ogni sua mossa reagiva scattando, come se avesse paura di lei.

Sentì dei piccoli passi affettati «Era ora, dove diavolo sei andata a prendere quell’acqua? Dai ghiacci della Barriera?» la ragazza le posò davanti un cambio di vestiti mentre uno dei guardiani trascinava una tinozza dentro la cella per poi riempirla d’acqua.

«Mia signora, la Regina Margaery verrà a farti visita. Per l’enorme affetto che nutre nei tuoi confronti, ti manda degli abiti del tuo guardaroba»
«Ma guarda… e dimmi, mia piccola, puoi andarmi a prendere la mia cavolo d’acqua?»
Jena fece un inchino «Certamente, mia signora. Vado subito» si voltò verso la porta

«E… ragazza: dì alla Regina Margaery che questa cella sarà sempre chiusa per lei.»
   
 
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