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Autore: Doux_Ange    16/09/2019    0 recensioni
Partendo dal titolo con una citazione del nostro Capitano in 'Scegli me!', una serie di one-shot per raccontare come, in molte puntate, la storia tra Anna e Marco sarebbe potuta andare diversamente.
I capitoli saranno in parte presi dall'altra fanfiction che ho scritto, 'Life-changing frenzy' relativamente alle parti immutate.
*Grazie alle mie brainstormers, Federica, Clarissa e Martina!*
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IL POTERE DEL PERDONO

 

In queste settimane stiamo avendo una tregua al lavoro. È stato un periodo più calmo, almeno dal punto di vista di casi da risolvere.

 

Se poi dobbiamo parlare del clima lavorativo, e anche privato, al contrario, è un'altalena continua. Naturalmente mi riferisco alla mia esperienza personale.

Già, perché ultimamente, specie da quando è tornato il pretino, con Anna non sto capendo più nulla. Un giorno ci ignoriamo, l'altro ci insultiamo, quello dopo ancora ci comportiamo come fossimo fidanzati.

E intendo soprattutto fuori dalla caserma.

Poi, quando c'è Chiara, la situazione sta diventando sempre più complicata da gestire.

Qualche giorno fa proprio Chiara, per cercare di distrarre sua sorella che ultimamente è sempre nervosa, ha proposto di fare una bella gita fuori porta trascinandoci tutti e due al castello medievale di Val Tiberina. Pur se con qualche esitazione, Anna alla fine si è convinta, così loro due sono andate in auto, insieme, e io le ho raggiunte in moto con un po' di ritardo.

Al mio arrivo, erano già lì ad ascoltare la guida spiegare del castello.

Anna era attentissima, Chiara un po' meno.

“...e un giardino all'italiana che è suddiviso in sette spazi, con limonaie, lecci, aiuole, giochi d'acqua e anche un labirinto di siepi di bosso...” sento dire alla guida.

“Ragazzi, ragazzi, ragazzi,” sussurra Chiara all'improvviso, “ma se andassimo nel labirinto?”

Non è male come idea.

“Chiara, non stiamo a casa nostra, dobbiamo seguire la guida,” la contraddice immediatamente Anna, sempre prudente.

Io invece sono attratto dall'idea, anche per metterla alla prova.

“A me il labirinto sembra più interessante,” dico quindi.

Anna allarga le braccia, sconfitta. “La gita del liceo,” commenta, sarcastica, “andiamo a giocare, dai.”

Io ridacchio, imitato da Chiara, e tutti e tre ci avviamo verso il labirinto, seguendo le indicazioni sui cartelli poco più avanti.

Chiara apre la fila guardandosi intorno con curiosità, mentre io e Anna restiamo più indietro a parlare. Visto che sono arrivato in ritardo, mi racconta un po' la storia di questo posto.

“La guida ci ha detto che questa prima era una fortezza, e nel Rinascimento è stata trasformata in villa dal Vasari,” mi spiega con un tono appassionato che ormai so distinguere senza difficoltà.

“Quindi... anche nella fortezza più inespugnabile può nascondersi un giardino incantato,” commento, riferendomi a ben altro che questo castello. Lei lo intuisce immediatamente, e abbassa lo sguardo, le guance che si tingono di rosso.

Chiara sceglie quel momento per interromperci, e spezzare la magia. “Ragazzi, ecco il labirinto!” ci fa notare, e io spero che non si sia accorta dello scambio appena avuto con sua sorella.

“Wow,” sussurra Anna, “sembra di essere in una fiaba!”

“Facciamo un gioco,” interviene Chiara, “entriamo, ci sparpagliamo e poi torniamo qua. L'ultimo che arriva perde, okay?”

“Io ci sto!” accetto immediatamente, lanciando uno sguardo di sfida ad Anna, che ricambia senza esitare. “Io vado di qua,” affermo, scegliendo la strada di fronte a me. Una rapida occhiata dietro le spalle mi indica che le due sorelle hanno appena imboccato altre due direzioni diverse.

Decido allora di lasciare alla sorte la mia scelta: se non so come comportarmi con loro, sarà questa occasione a scegliere per me. Se riesco a vincere in questo intreccio di siepi, la prima che mi raggiunge sarà colei che destino avrà deciso di pormi accanto. Allora mi comporterò di conseguenza.

Con un tuffo al cuore, quando torno all'inizio non c'è nessuno.

“Primo!” dico allora a voce alta.

“Anna, muoviti, se no arrivi ultima!” sento Chiara replicare.

“No, io non perdo mai!” è la risposta di Anna. Significa che sono entrambe vicine.

Resto lì in attesa per qualche minuto, prima di sentire un rumore dietro l'angolo.

Il fiato mi si blocca in gola.

 

Il destino è proprio strano. Non ho ancora capito se sia a mio favore o meno.

 

Spero solo significhi che sto agendo nel modo giusto.

 

***

 

Oggi alle 13.30 ho un appuntamento con Anna in caserma per discutere di faccende burocratiche relative a un sequestro di qualche giorno fa.

Quando arrivo, con qualche minuto di anticipo, lei non c'è ancora, così decido di aspettarla nel suo ufficio.

Passano una ventina di minuti e di lei ancora nessuna traccia. Questo suo ritardo mi mette ansia.

Ad un tratto entra Cecchini con un fascicolo, che mi porge. “Il signor Capitano mi ha detto di darle questi.”

“Ah... grazie. Ma... lei dov'è?” chiedo, sedendomi davanti alla scrivania.

“Non lo so... magari aveva qualche appuntamento e... arriverà.”

“No, che appuntamento,” obbietto, infastidito. “Ce l'aveva qua con me, l'appuntamento, e lei non è mai in ritardo.”

“Si vede che stanotte avrà fatto tardi... sa com'è.”

Io spalanco gli occhi, interdetto, e mi giro a fissarlo. “No, non lo so com'è.”

“È che c'è... Giò, Giovanni, il suo ex. È tornato alla carica. Magari hanno fatto... tardi, hanno fatto le ore piccole...” insinua il Maresciallo.

Io cerco di mostrarmi indifferente, tenendo gli occhi sul fascicolo. “Buon per loro...” mormoro.

Buon per loro un cavolo.

“'Buon per loro'?” mi provoca lui. “Voglio vedere se si rimettono insieme, se dice ancora 'buon per loro'.”

Pure lui ci mancava. Queste allusioni da dove vengono? Sono davvero così semplice da leggere?

“Maresciallo, posso ricordarle che io sono felicemente fidanzato con Chiara?” provo a rettificare, forse in maniera eccessiva.

“Felicemente?” mi istiga ancora Cecchini. Ma allora la fa apposta! … come l'ha capito?

“Sì, felicemente, e se il Capitano vuol rimettersi con... don Giovanni, io sono più che contento per lei.” ribatto, una nota ironica nella mia voce che sfugge al mio controllo. Ma allora te le cerchi. 'Don Giovanni'... bah.

Cecchini sta per dire qualcosa ma viene interrotto da Zappavigna, che entra spedito in ufficio.

“Senti, ma nessuno t'ha insegnato a bussare?” gli chiede il Maresciallo. Che ironia.

“Scusate, ma è un'urgenza. Hanno ritrovato un uomo morto in via Machiavelli. Si tratta di omicidio.”

Io mi alzo. “Maresciallo, andiamo io e Lei. Zappavigna, chiama la Dottoressa Olivieri per avvisarla, va bene?” chiedo all'appuntato, leggermente irritato del fatto che lei mi abbia dato buca così.

Sì, semmai sei irritato per le insinuazioni del Maresciallo. Per quello che ne sai, potrebbe aver ragione. Dopotutto, quando sei stato a cena da Cecchini, quella volta, lei era effettivamente a casa di Giovanni, che ha traslocato letteralmente a due passi da casa sua.

 

È strano trovarmi sulla scena del crimine senza Anna e le sue acute osservazioni. È come se mancasse qualcosa.

Provo a pensare a cosa farebbe lei, quando parlo con la moglie dell'ucciso, e a comportarmi di conseguenza. Poi provo a chiamare Anna, ma il suo cellulare è sempre irraggiungibile. Cecchini commenta che è strano che non si veda Don Matteo nei paraggi, e per quanto lo rimproveri per l'osservazione (sì, come farebbe Anna... mi ha contagiato), non posso non notarlo anch'io. È decisamente strano.

 

***

 

Quando rientro in caserma dopo il sopralluogo, verso le 15, vado dritto nell'ufficio di Anna, l’inquietudine che si fa strada quando vedo che non c’è ancora e, invece, noto Chiara seduta su uno dei divanetti. Cerco di mantenere la calma, potrebbe essere qui per qualsiasi motivo: non devo pensare al peggio. 

“Marco, ciao...” mi saluta, esitante.

“Ciao... come mai qui?” le chiedo, cercando di mantenere un tono neutrale.

“No, è che... è da un po’ che cerco mia sorella, ma non mi risponde, il cellulare non le prende. Non... non è qui in ufficio?”

Sento tornare il groppo in gola.

“Io... Anna non si è ancora vista, oggi. Pensavo fosse, non so, rimasta a casa perché stava male, o fosse con te...”

Lei spalanca gli occhi. “No, no, stamattina è uscita presto, in auto, ma non mi ha detto dove doveva andare. Non era in divisa, quindi pensavo dovesse fare qualche commissione prima di venire qui in caserma...” Noto le sue mani iniziare a tremare. “In che senso, non si è ancora vista?”

Prima che io possa dire niente, il suo cellulare squilla e lei si affretta a rispondere.

“Giovanni, ciao... no, anch’io la cerco da un po’ ma non mi risponde... no...”

Intuisco la conversazione, avviando per l’ennesima volta la chiamata al numero di Anna, il cuore in gola.

Niente.

Sempre irraggiungibile.

Provo ancora.

Nessuna risposta.

Tentando di non dare a vedere quanto questa situazione stia iniziando a terrorizzarmi, invito Chiara a tornare a casa, con la promessa che riferirò a sua sorella che l’ha cercata. Per fortuna mi dà ascolto.

 

Ormai è pomeriggio inoltrato, e il groppo in gola aumenta ogni istante di più. Provo ancora a chiamarla. Niente.

Cecchini arriva dopo qualche istante, agitatissimo, spiegandomi che è andato in canonica per avere notizie di Don Matteo, e Pippo gli ha detto che anche lui è uscito quella mattina presto ma non è ancora rientrato, benché avesse detto che non avrebbe ritardato oltre le 15. Sono già passate le 16.

“Sono tutti e due insieme, non può essere un caso,” fa, iniziando a camminare avanti e indietro, nervoso. “Sono spariti tutti e due, e tutti e due hanno il cellulare irraggiungibile.”

“Oh, Maresciallo, io sono preoccupato come Lei, va bene?” gli faccio notare. Se davvero ha intuito qualcosa di quello che c'è tra me e Anna, lo capirà. “Però stia fermo, per cortesia.”

Mi sta facendo venire il mal di testa.

“Non possiamo stare mani nelle mani!”

“Non stiamo mani nelle mani, Maresciallo, stiamo avviando le procedure del caso e le ricerche,” gli ricordo, tentando di mantenere la calma, anche se dentro lo stomaco si attanaglia di più ogni secondo che passa. “Abbiamo anche un omicidio da risolvere, giusto? Abbiamo novità?” chiedo, cercando di distrarlo per un attimo.

“No, non abbiamo novità perché non ci sono telecamere in zona. Poi la moglie non può essere stata perché dalla banca hanno detto che lei è uscita dal lavoro alle ore 13.30, il medico legale dice che il marito, Dario Corsi, è morto alle ore 12, quindi non può essere stata lei.”

Sospiro, cercando di pensare a una nuova pista, quando Zappavigna spalanca la porta dell'ufficio, un'espressione tesa in volto. “Hanno ritrovato la macchina del Capitano.”

Io e Cecchini ci scambiamo uno sguardo terrorizzato, e mi alzo di scatto. Il mio cellulare squilla, ma la conversazione con Chiara dura pochi istanti, il tempo di dirle che non ho novità.

Salgo in auto con il cuore in gola, senza riuscire a parlare.

Non può essere. No. Mi rifiuto di crederci.

 

Mentre stiamo ancora per strada, Chiara mi chiama al cellulare per sapere se ho novità. Onestamente, avevo completamente dimenticato di doverla avvertire, e in ogni caso in questo momento non saprei cosa dirle. Con tutta la delicatezza che riesco a mettere insieme - non molta, me ne rendo conto - chiudo la chiamata, rifiutandomi di pensare a cosa potrei trovare.

Arriviamo sul posto, un luogo isolato, e la macchina è posizionata come se fosse andata a sbattere contro un albero.

Mentre io mi guardo intorno, Cecchini si avvicina, e dentro il cofano scopre... la bicicletta di Don Matteo.

“È la sua, sicuro?” chiedo, più per dire qualcosa che altro.

“Sì... li hanno rapiti, o forse peggio...” mi risponde con voce rotta, appoggiandosi alla macchina per sostenersi. “Non ci posso pensare...”

Cerco di tranquillizzarlo, e tranquillizzare anche me. “Magari sono venuti qua insieme, e sono ancora qua intorno, Maresciallo...” dico, senza crederci.

“No, no, ma il Capitano non l'avrebbe mai lasciata la macchina qui... Qualcuno l'ha presa e l'ha abbandonata...”

“Lo so, Maresciallo...” lo blocco, senza voler sentire altro. Apro lo sportello dal lato passeggero, dando un'occhiata all'interno alla ricerca di qualcosa. Qualsiasi cosa che mi dica dov'è Anna. Apro il cruscotto, e ci trovo dentro un fascio di carpette, fogli e documenti vari tenuti insieme da un elastico.

Io questi documenti li ho già visti.

Li tiro fuori, mostrandoli a Cecchini.

 

Torniamo in fretta in caserma.

Mentre aspettiamo, io do un'occhiata al contenuto delle carpette, e noto subito un nome ricorrente: Claudio Lisi.

L'uomo che ha truffato suo padre fino a portarlo al suicidio.

Che cosa ci facevano tutti questi documenti in macchina di Anna? Anzi, che ci facevano a casa sua, prima? Sono sicurissimo di averglieli visti in giro in più di un'occasione, ora che ci penso.

Continuo a controllare, ripensando a tutta la storia di Anna.

Mio padre aveva una piccola fabbrica di scarpe, e un giorno venne accusato di evasione e appropriazione indebita.

Mi torna in mente il suo sguardo distante mentre pronunciava quelle parole davanti alla mia espressione indurita.

Avevo dieci anni...

Dieci anni. Soltanto dieci anni.

C’erano anche quelli che ci chiamavano ladri.

Era solo una bambina quando la vita e l’ingiustizia si sono abbattute su di lei in tutta la loro crudeltà.

Alla fine mio padre non è più uscito di casa. Se ne stava tappato in camera a guardare fuori dalla finestra...

Come può sentirsi, una bambina, di fronte a un’immagine così? A vedere il proprio padre spegnersi giorno dopo giorno senza capirne bene il motivo, senza poter fare nulla?

Poi un giorno è uscito... e non è tornato più. Si è... si è buttato dal tetto della fabbrica.

Adesso come allora, avverto il cuore sprofondare. Sento l’anima lacerarsi di nuovo ricordando la sua espressione addolorata.

Come si fa, a compiere un gesto del genere?

È coraggio, oppure resa?

Come fanno gli altri a continuare a vivere, dopo?

Sai qual è la cosa più brutta? Era innocente! Solo che se ne sono accorti troppo tardi.

Risento la disperazione nella voce di Anna, rivedo i suoi occhi traboccanti di lacrime.

Lacrime come le mie, che minacciano di rompere gli argini da un momento all’altro.

Quelle parole, il dolore che ha provato nel raccontarmi tutto... è stato devastante, per me, vederla così fragile, sentirla così vulnerabile. Avrei voluto tentare di consolarla, ma io stesso ero paralizzato da quanto avevo appena scoperto.

Solo adesso mi rendo conto che per lei, quella storia, non si è mai conclusa.

E il solo pensiero che adesso, per lo stesso motivo, possa essere in pericolo mi strazia ancora di più.

Come si fa, a sopravvivere?

Noto di sfuggita, sul documento che ho davanti, il nome di Anna, di sua madre Elisa, e sua sorella, Chiara.

Chiara. Devo chiamare Chiara.

Ho appena preso il cellulare quando sento bussare, nonostante la porta non fosse chiusa: è Chiara.

Le faccio cenno di entrare, tentando di riprendermi e asciugare le lacrime che, nonostante l’impegno, sono scese comunque.

“Scusa se sono venuta senza avvisarti, ma ho immaginato che fossi impegnato e per questo non mi avevi chiamata... hai novità?”

Io deglutisco a vuoto, cercando di trovare un modo per spiegarle quanto scoperto, quando Cecchini entra in ufficio con un caffè in mano, che porge a Chiara. Gli rivolgo un breve sorriso: so che è qui per aiutarmi.

Con non so quale coraggio, inizio a spiegare.

Lei scoppia immediatamente a piangere quando la informiamo di aver trovato la macchina di Anna abbandonata e nessuna traccia di lei, ma io non riesco a fare nulla, nemmeno ad abbracciarla. Non riesco nemmeno a pensare in maniera lucida.

Le indico le carte che continuo a sfogliare. “Sono tutti riguardanti Claudio Lisi, questi documenti.” Spiego, senza esitare ma con voce roca.

“Cosa?!” Domanda lei, subito. È chiaro che quel nome fa male anche a lei. 

“Sì, è qui a Spoleto e lavora in un'azienda vinicola.”

Chiara mi rivolge uno sguardo stranito che non riesco a decifrare, ma mi distraggo dalla domanda che ci viene posta.

“Ma chi è questo Claudio Lisi?” chiede Cecchini, ma prima che possiamo rispondergli, la porta si apre ed entra Giovanni, teso.

“Maresciallo... dov'è Anna? È tutto il giorno che la cerco...” Fa, esitante, rendendosi subito conto che qualcosa non va.

“Purtroppo anche noi la stiamo cercando ma non siamo riusciti a trovarla,” risponde lui. Io non riesco ancora a dire nulla. “Abbiamo trovato la sua auto abbandonata.”

Lui spalanca gli occhi, girandosi verso Chiara, che ricomincia a piangere. “Cioè, che volete dire? Che è stata rapita?”

“Temiamo di sì.” Ammette Cecchini, e Giovanni si lascia cadere sulla sedia libera, una mano davanti alla bocca.

Per quanto io possa detestarlo, in questo momento posso solo provare empatia per lui. So perfettamente come si sente.

“Aveva un appuntamento con qualcuno o-”

“No no no, ufficialmente no,” rispondo io, ritrovando la voce, “però nella sua macchina abbiamo trovato questo fascicolo. Ci sono appunti, documenti, e sono tutti riguardanti... Claudio Lisi.”

Lui solleva lo sguardo, incrociando il mio per la prima volta da quando è entrato. “Claudio Lisi?”

Dalla sua espressione e dal tono capisco che sa di chi sto parlando.

Certo che lo sa. È comunque l'ex di Anna, sono stati insieme per cinque anni. È ovvio che lo sappia.

“Ma esattamente chi è questo Claudio Lisi?” torna a chiedere il Maresciallo, l'unico adesso a non capire questa connessione.

Lasciamo che sia Chiara a rispondere. “È... è l'uomo che ha causato la morte di nostro padre,” dice con voce rotta.

Cecchini spalanca gli occhi, poi li abbassa, e noto che diventano lucidi.

Io scambio uno sguardo con Giovanni, e dalla sua espressione intuisco che ha capito che anch'io so benissimo chi sia Lisi, e cosa c'entri con Anna.

“Nostro padre era proprietario di una piccola fabbrica di scarpe, e Lisi collaborava con lui, erano stati compagni di scuola e lui l’aveva assunto come contabile. Solo che... un giorno ha iniziato a non venire più al lavoro. Papà non capiva, finché una notte non è venuta la polizia per una perquisizione. Lo hanno accusato di evasione. Io e Anna eravamo piccole, ma certe esperienze non si dimenticano... Papà cercava di spiegare che non ne sapeva niente, ma non gli hanno creduto. La gente ha iniziato a parlare male, e papà si è chiuso in casa. Fino... fino a...”

Chiara non riesce più a continuare, sopraffatta dai singhiozzi.

Noto appena che Giovanni sta per intervenire, ma io lo precedo senza rendermene davvero conto.

“Fino a che non è uscito, buttandosi dal tetto della fabbrica.” mormoro. “Prima che venisse accertata la sua innocenza.”

Avverto lo sguardo di Chiara, Giovanni e del maresciallo puntato addosso, ma io non stacco gli occhi dai documenti che continuo a sfogliare incessantemente.

Devo trovare Anna.

 

Lascio che si occupi lui di Chiara, mentre io e il Maresciallo ci dirigiamo immediatamente all'azienda vinicola presso cui lavora quel... quell'uomo, se così si può definirlo. In auto, gli spiego in breve il legame di Lisi con le sorelle Olivieri, omettendo però tutti i dettagli personali che Anna mi ha raccontato.

Incontriamo i fratelli Bonetti, i proprietari, proprio all'ingresso della villa. Chiediamo dove sia Lisi, e l'uomo che sta camminando dietro di loro si ferma di colpo.

È lui. L'uomo che ha causato così tanta sofferenza ad Anna.

Claudio Lisi.

Entriamo all'interno per potergli parlare in privato, ma mentre lui e Cecchini si avvicinano al divano posto in un angolo, io preferisco appoggiarmi al bancone del bar, più distante. Meglio stare lontano, non si sa mai cosa potrebbe succedere.

Il maresciallo gli chiede subito se conosce il Capitano, usando però le sue generalità.

“Anna Olivieri. Sì, certo che la conosco. Suo padre era un mio vecchio amico.”

Mi trattengo dal fare una risata sprezzante alla sua osservazione, obbligandomi a tacere e lasciando che sia lui a fare le domande.

“Un vecchio amico... che si è suicidato quando Lei l'ha truffato e l'ha mandato in carcere.” Ribatte il Maresciallo.

Quello ha anche il coraggio di replicare. “Maresciallo, sono passati tanti anni, e se il reato c'è stato penso che oggi sia caduto in prescrizione.”

“Certo, è per questo che Lei è tornato qua in Italia!”

“E anche se fosse? Scusate, io non capisco di che cosa mi si sta accusando.”

“Il Capitano Olivieri e un mio vecchio amico sono scomparsi da stamattina, e Lei ne sa qualcosa!”

“Mh. Anna è scomparsa? No, no che non lo sapevo, perché dovevo saperlo?”

Basta. Mi ha stancato con queste storie. Deve dirmi dov'è.

“Adesso però la faccia finita,” esclamo infine, avvicinandomi a passo svelto, “perché Lei sa benissimo perché. Anna Olivieri stava conducendo un'indagine su di Lei, e io scommetto che vi siete incontrati. Vero o no?”

È per questo che Anna era così nervosa in questi giorni. Giovanni non ha mai avuto niente a che fare con questa storia.

“Sì, ci siamo incontrati l'altro ieri. Non la vedevo da più di dieci anni.” Ammette.

“Di cosa avete parlato?”

Lui esita un momento. “Del suicidio di suo padre. Sentite, che voi ci crediate o no, non mi importa.”

Al sentire questa affermazione, sento la bile risalire in gola. Lui si siede sul divano prima di continuare. “Quando ho saputo che Carlo Olivieri si era tolto la vita, ho pensato di ammazzarmi anch'io.”

Io gli lancio un'occhiata di sprezzante. “Però non l'ha fatto.”

“No, non ho avuto il coraggio.” Risponde arrogantemente, guardandomi dritto negli occhi. Avrei solo voglia di prenderlo a pugni.

“Una storia veramente straziante, sa? Mi sta colpendo un sacco.” Ribatto, sarcastico, ignorando l'occhiata di Cecchini. “Adesso mi dice dov'è Anna?” Chiedo, facendola finita con i giochetti.

Devi dirmi dov'è. Ho bisogno di sapere dov'è.

“Non lo so,” nega però lui, “vi giuro che non lo so.”

Non gliela faccio passare liscia, sta mentendo di sicuro. Lo sa. Deve saperlo.

“Dov'è stato oggi tutto il giorno?”

“Qui al casale con me, dalle nove di stamattina,” ci informa la proprietaria, entrata in quel momento nella stanza. “Sì, abbiamo lavorato tutto il giorno sui conti dell'azienda. Mio padre è morto due mesi fa e ci ha lasciati in una situazione finanziaria disastrosa, e Claudio ci sta aiutando ad evitare il fallimento.” Ci spiega, ma io non riesco a crederci, quantomeno non all'ultima parte. Non dopo quello che ha fatto al padre di Anna.

Gli lancio un'occhiata gelida. “Si tenga a disposizione.” Mi limito a dire, prima di uscire con il Maresciallo al seguito.

 

Una volta in auto, lui cerca di capire il mio comportamento.

“Quindi Lei sapeva di Lisi?” Mi domanda cautamente.

Io deglutisco. “Sì, Anna me l'ha raccontato tempo fa, del suicidio di suo padre e... tutto il resto.” Dico soltanto.

Chiudo gli occhi, massaggiandomi le tempie.

Anna sta bene. Deve stare bene. E devo trovarla.

 

Torniamo in caserma a mani vuote, giusto per verbalizzare quanto abbiamo scoperto, poi chiamo Chiara per aggiornarla e torno a casa.  

So che probabilmente dovrei stare con lei, starle accanto e consolarla, ma la verità è che non ce la faccio.

Non posso starle accanto senza perdere il controllo. Senza rendere evidente che sto come, o forse peggio, di lei. Perché lei è sua sorella, e ha tutto il diritto di esprimere la sua paura, io invece non posso. Non nel modo che sento. Non posso esternare quello che provo. L'unica cosa che vorrei è correre a cercarla, anche se non so minimamente dove andare, da dove cominciare perché non abbiamo indizi su dove possa essere. Mi sento totalmente impotente, e non poter far nulla mi fa impazzire. Vorrei urlare, vorrei prendere a pugni il muro, vorrei piangere... e invece sono paralizzato. Non so più nemmeno che ore sono. Sono seduto sul divano da un sacco di tempo, non ho trovato nemmeno la forza di salire al piano di sopra.

 

Provo a pensare a qualche indizio, qualcosa che magari mi è sfuggita, o al momento ho ignorato, qualsiasi cosa, ma niente.

Ho visto Anna con quei documenti praticamente tutti i giorni, ma non ho pensato a chiederle cosa fossero, pensavo fosse comune roba di lavoro... Non le ho chiesto perché fosse così tesa, nervosa... ho dato per scontato che fosse per il ritorno di Giovanni, ma anche lì non ho indagato, per pura gelosia.

Sì, lo ammetto, non ho domandato nulla per gelosia. Perché dopo tutto quello che è successo tra noi in questi mesi, e soprattutto nell'ultimo periodo, il fatto di ritrovarmelo tra i piedi mi ha infuriato, e il comportamento di Anna non ha fatto che alimentare le mie paure.

E adesso lei non c'è... Adesso è chissà dove, e non so se sta bene, e solo l'idea che possano averle fatto qualcosa mi fa andare fuori di testa.

Non ci posso pensare.

 

Non le ho mai detto che l'amo.

 

Forse non riuscirò mai a dirglielo.

 

Un rumore di qualcosa che si rompe mi fa tornare alla realtà, e mi accorgo di aver lasciato scivolare a terra il bicchiere d'acqua che avevo in mano senza rendermene conto. Recupero uno straccio e asciugo l'acqua, poi raccolgo i pezzi di vetro sparsi sul pavimento come un automa, prima di tornare a sedermi sul divano nel punto in cui stavo prima.

 

No. Non devo nemmeno pensarci. Anna sta bene. Deve stare bene. Deve.

E io riuscirò a dirle che l'amo.

Devo trovarla.

 

***

 

Il mattino dopo mi sforzo di andare in ufficio. Non ho praticamente chiuso occhio.

Arrivo presto, perché non vedo ragione di restare a casa e perdere tempo che potrei invece impiegare per darmi da fare.

L'atmosfera in caserma è decisamente cupa, sono tutti preoccupati per Anna e Don Matteo.

Faccio un breve cenno salutando tutti, e mi chiudo nell'ufficio di Anna, sedendomi al solito posto davanti alla sua scrivania. Abbasso lo sguardo su una foto poggiata lì: la sua, il giorno che ha ricevuto la nomina a Capitano. Mi ricordo di averle chiesto perché accidenti tenesse una foto di se stessa, e come al solito la sua risposta mi ha spiazzato: 'Per ricordarmi ogni momento chi sono. Il Capitano, ma anche la figlia di mio padre'. Sì, la sua vita gira attorno al suo ricordo, l'ho capito pian piano, e riesco a mala pena a immaginare quanto si sia concentrata su quest'indagine, quando tempo vi abbia dedicato per raccogliere tutto quel materiale. Osservo il suo sguardo fiero, e il groppo in gola torna, prepotente, a togliermi il respiro.

 

Sento la porta aprirsi e poso in fretta il portafoto al suo posto. È il Maresciallo.

“È riuscito a dormire?” Mi chiede, anche se probabilmente conosce già la risposta.

“Un'oretta, credo. Nemmeno di fila.” Biascico. Mi sono sforzato per cercare di riposare, ma ogni volta che chiudevo gli occhi il viso di Anna compariva dietro le palpebre, insieme a ogni tipo di scenario in cui poteva trovarsi in quell'istante, e allora li aprivo di scatto rifiutandomi di chiuderli di nuovo. “Lei?”

“Zero.” Poi si mette a spiegarmi che Corsi non è stato ucciso dove l'abbiamo trovato, ma nella sua officina, come risulta dal GPS. Mi alzo per andare proprio lì col Maresciallo, quando Giovanni entra in stanza.

“Ci sono novità?” Domanda dopo un breve saluto, ed è chiaro che nemmeno lui ha dormito stanotte.

“No, per il momento no, abbiamo però delimitato tutta la zona dove potrebbero essere. Quella è l'ultima cella a cui si sono attaccati i cellulare.” Spiego, indicando il plico di fogli sulla scrivania dietro di noi. “Però adesso noi dobbiamo occuparci di un altro caso.”

Lui fa un'espressione scandalizzata. “Come? E le ricerche chi le fa?”

“Tutti gli altri nostri uomini, perché dobbiamo occuparci di un caso di omicidio, che non è una cosa da poco.” Tento di mantenere la calma.

“Anna è scomparsa da ventiquattr'ore e questo per Lei è una cosa da poco?” Mi accusa.

Devo trattenermi per non insultarlo. Io vorrei fare solo quello, idiota. Ma non posso.

“Avvocato, Lei sa che stiam facendo tutto il possibile per trovarla!” Urlo quasi.

“Evidentemente da soli non ce la fate.” mi contraddice, riuscendo meglio di me a tenere a bada la rabbia. “Per favore, mi dica come posso rendermi utile.”

“Ad ognuno il suo lavoro. La ringrazio, ma-”

“No, facciamo una cosa, facciamo una cosa,” mi interrompe Cecchini, “magari lui potrebbe studiare questi documenti, magari salta fuori qualcosa che a noi ci è sfuggito. In questo momento qualsiasi cosa è utile per noi!” suggerisce, e sono costretto ad ammettere che ha ragione.

Io e Giovanni ci scambiamo uno sguardo di sfida, e per questa volta l'ha avuta vinta lui.

Mi sbrigo a uscire, non riuscendo a stare in quella stanza un minuto di più.

 

***

 

Arriviamo all'autofficina poco dopo, sequestrando il locale e fermando la gru che sistema i veicoli nella pressa per demolirli.

Troviamo la scena del crimine e la probabile arma del delitto: l'ufficio di Corsi e un cacciavite.

Spiego al maresciallo e Zappavigna che l'autofficina per me è solo una copertura, e chiedo all'appuntato di occuparsi del computer di Corsi, magari dentro c'è qualcosa di utile.

Speriamo almeno qui di riuscire a trovare qualcosa.

Mentre stiamo andando via, passando tra i vari veicoli in attesa di essere demoliti, ho come l’impressione di sentire un rumore proveniente da qualche mezzo parcheggiato qui vicino a dove mi trovo. Mi blocco, in silenzio, guardandomi attorno. Attendo qualche altro istante, ma poi mi convinco che dev’essere stata suggestione, oppure uno scricchiolio di qualche auto malconcia.

 

Una volta in caserma, noto che anche Chiara è tornata, probabilmente non ce la faceva a restare a casa senza sapere, e ha raggiunto Giovanni, ancora nell’ufficio di Anna che tenta di venire a capo dei suoi appunti. Nel frattempo, Zappavigna scopre delle mail sospette in cui vengono nominati i Bonetti, i proprietari dell'azienda vinicola.

“Che c'entrano con Corsi, questi?” Mi chiedo. “Il mittente chi è?”

“L'indirizzo è anonimo, ma posso risalire all'IP.”

In quel momento Giovanni emerge dall'ufficio di Anna con una carpetta in mano, seguito da Chiara, che si siede su una sedia davanti alla scrivania di Cecchini.

“Forse ho scoperto qualcosa.” Ci informa. “Non è stato facile perché gli appunti di Anna sono scritti con quella sua calligrafia terribile... Qui parla di un conto off-shore, cointestato tra Claudio Lisi e... un certo Dario Corsi...”

Io spalanco gli occhi. Non è possibile. Gli prendo immediatamente i documenti dalle mani. “Il rapimento e l'omicidio sono collegati, allora. Corsi e Lisi si conoscevano e scommetto che la mail arriva proprio da lui. Bene, convochiamoli subito.” Ordino al Maresciallo, che si mette subito in moto.

“Grazie Giovanni, grazie, forse ci siamo.” Mi congratulo sinceramente, dandogli una pacca sulla spalla, poi entro nell'ufficio di Anna per posare quella carpetta e dare un'occhiata al resto, adesso che abbiamo una pista magari sarà più semplice mettere insieme i pezzi.

“Sei davvero preoccupato per Anna,” commenta Giovanni, che deve avermi seguito senza che me ne accorgessi. “Non pensavo.”

Io mi volto ad osservarlo. “Beh... è una collega, è normale, no?” Cerco di giustificarmi. Devo aver mostrato molto più di quanto intendessi, se anche lui l'ha notato così tanto. Anche se Anna non è solo una collega per me.

Lui si sbottona i polsini della camicia che aveva arrotolato fino ai gomiti.

Lo vedo esitare. “Ha raccontato anche a te la storia di Lisi?” Mi chiede, guardingo.

Io mi mantengo sulla difensiva. “Sì... perché?” Fingo di non capire.

“No, niente. Pensavo fosse una cosa sua personale, e invece...”

Faccio del mio meglio per non cambiare espressione.

E invece niente. È una cosa sua personale, e me l'ha raccontata lei stessa mesi fa. Non puoi prendertela perché hai scoperto che si è confidata anche con me.

“No, beh, stiamo insieme tutto il giorno, non è che parliamo di lavoro, lavoro, lavoro...” Mi limito a dire, senza dilungarmi in dettagli. Non c'è bisogno che sappia altro.

No, decisamente non hai bisogno di sapere che, con Anna, abbiamo parlato dei nostri desideri da bambini, di come il rapporto con i nostri genitori ci abbia segnato. Di come per amore si sia disposti a fingere, di quanto faccia male soffrire in silenzio. Abbiamo riso fino alle lacrime. Abbiamo pianto fino a scoppiare a ridere. Ci siamo odiati, ma ci siamo anche amati. L'ho trattata male, ma l'ho anche baciata.

“No, certo... Non capisco perché non mi abbia mai detto che aveva continuato ad indagare. Avrei potuto aiutarla.” Mi dice in tono un po' deluso.

“Beh, sai com'è fatta lei, no? Deve risolvere sempre tutto da sola...” Mormoro soltanto.

“Sì, lo so com'è fatta.” Risponde, risentito, oltrepassandomi per prendere la giacca, che ha lasciato appesa a una sedia.

Io mi volto a guardarlo, facendogli solo un cenno quando esce.

Ho tanto cercato di nascondere il mio legame con Anna, e ho finito per tradirmi con una frase apparentemente banale, ma che è stata sufficiente a fargli capire quanto in realtà la conosca bene.

Perché so che l'ha intuito, almeno in buona parte.

Mi rendo conto di aver usato un’espressione talmente naturale, talmente... familiare da aver lasciato trasparire la nostra vicinanza.

 

Questa conversazione con Giovanni mi dà un sacco da pensare. E capisco all'improvviso quando Anna mi abbia donato di sé in così poco tempo.

Ti ha rivelato qualcosa di estremamente personale. Ti ha fatto entrare nel suo mondo privato, lasciandoti vedere ciò che vede lei.

Giovanni l'ha intuito, e se già prima tra noi c'era attrito, adesso le cose possono solo peggiorare.

 

Chiara’s pov

 

Quando Giovanni esce dall’ufficio di mia sorella dopo la conversazione con Marco, proponendomi di andare a prendere una boccata d’aria, accolgo il suo gesto con sollievo.

E non solo perché stare lì in caserma senza che ci sia mia sorella mi fa sentire un pesce fuor d’acqua o per il terrore di quanto sta succedendo, ma anche perché in poche ore mi sto rendendo conto di quanto io sia stata cieca.

Stamattina, quando ho provato a chiamare Anna senza trovarla, non ci ho fatto attenzione più di tanto, ma ho capito che qualcosa non andava non appena Marco è rientrato in caserma: aveva una strana espressione tesa, che ha tentato di mascherare.

Anche al cellulare, qualche ora più tardi, era nervoso. Mi ha quasi staccato la chiamata in faccia, liquidandomi con due parole. Ho preferito non disturbarlo ulteriormente, optando per recarmi in ufficio successivamente.

E lì ho capito che la cosa era grave.

Ho atteso qualche istante in più dietro la porta, prima di bussare: Marco era seduto al posto di mia sorella, a fissare dei fogli senza realmente vederli, lo sguardo perso, sofferente. Ho avuto paura quando ho notato qualche lacrima scendere sul suo volto.

Per un attimo ho combattuto contro l’idea di scappare. Poi mi sono fatta coraggio, e ho bussato.

Lui ha cercato di ricomporsi in fretta, prima che entrasse anche il maresciallo.

È stato Cecchini a dirmi che avevano trovato l’auto di Anna abbandonata, e nessuna traccia di mia sorella.

Non so come ho fatto a non svenire.

Mi sono aggrappata con forza al tavolo, cercando di recuperare il respiro venuto a mancare, sperando che Marco facesse qualcosa per aiutarmi, e invece no: sembrava paralizzato, incapace di fare alcunché. Poi si è cominciato a sbloccare, rivelandomi che quei fogli che continuava a rigirarsi tra le mani li avevano trovati nella sua macchina, e che riguardavano tutti Claudio Lisi.

Non sentivo quel nome da più di quindici anni.

Ho realizzato dopo qualche istante che Marco aveva usato, nel dire quelle due parole, un tono pieno di disprezzo. Pensavo di aver inteso male, e invece ho capito che lui sapeva perfettamente di chi stava parlando, perché aveva proseguito, spiegandomi che è qui a Spoleto e lavora in un’azienda vinicola.

Il maresciallo aveva allora domandato chi fosse Claudio, proprio quando io avrei voluto domandare a Marco come facesse a conoscerlo.

Ogni proposito è stato interrotto dall’arrivo di Giovanni.

Anche lui ha avuto una reazione simile alla mia quando gli abbiamo detto di Anna.

Ho percepito il suo stesso sgomento nell’intuire che Marco sapeva chi è Claudio.

Cecchini era tornato a chiedere chi fosse, e allora finalmente ho risposto.

Non ce l’ho fatta, però, a concludere il racconto, scoppiando a piangere di nuovo.

Marco lo ha terminato per me, battendo sul tempo anche Giovanni, rimasto a bocca aperta.

Per quanto drammatico fosse il momento, non ho potuto non pensare che fosse assurdo che quelle cose non gliele avessi raccontate io, ma Anna.

 

Anna, che non ha mai voluto far sapere questa storia a nessuno, perché mette in mostra la sua sofferenza.

Anna, che ci ha messo quasi due anni prima di decidersi a raccontare la sua versione a Giovanni, che i fatti li conosceva già perché era stata una notizia che aveva fatto scalpore in paese, all’epoca.

Anna, che non si fida a raccontare cosa sia accaduto a papà, perché è una storia troppo personale.

Anna, che per qualche ragione a me fino a quel momento sconosciuta, ha rivelato tutto a Marco - l’uomo che, come mi aveva detto più volte, detestava incredibilmente.

 

Ho iniziato a capire che probabilmente avevo sottovalutato le cose tra loro.

Che non si odiano più come credevo io, e in fondo ne avevo avuto la prova, trovandolo nell’appartamento di mia sorella per le lezioni di cucina.

Che forse non sono più soltanto colleghi, né conoscenti.

Forse c’è qualcosa in più.

Perché se Anna ha scelto di raccontargli tutto, significa che condivide con lui un legame profondo, una fiducia assoluta.

Mi balena in mente il pensiero che Anna gli ha raccontato anche del drive-in, a cui giocavamo da piccole, vista la festa a tema per la mia laurea.

Mi chiedo, allora, quante cose Marco sappia di lei...

Perché, poco fa, ho capito che non sono nemmeno soltanto amici.

Quando è rientrato insieme a Cecchini, pensavo sarebbe entrato in ufficio dove io facevo compagnia a Giovanni in attesa di notizie, e invece si è fermato con Zappavigna e Ghisoni alla loro scrivania, senza prestare attenzione a nient’altro.

Quando Giovanni li ha raggiunti per spiegare cos’aveva scoperto, solo allora Marco ha sollevato lo sguardo, e ho visto una scintilla di speranza sul suo volto quando ha intuito la pista da seguire. Ha continuato però a non degnarmi di uno sguardo - io mi ero seduta alla scrivania del maresciallo per seguire meglio - tornando nell’ufficio di Anna di nuovo con i documenti in mano. Giovanni l’ha seguito, e anch’io mi sono avvicinata appena per poter sentire la loro conversazione.

Non ho più avuto dubbi.

Marco era preoccupato, molto preoccupato... troppo, per considerare mia sorella una ‘collega’, come aveva detto a Giovanni.

Se non altro, anche solo per l’impegno e la dedizione nel tentare il tutto e per tutto per trovare Anna. So che nemmeno lui ha chiuso occhio, in questi due giorni.

Giovanni l’ha intuito, come me, e non ha certo nascosto la sua gelosia nel sapere che Anna aveva condiviso anche con lui una cosa tanto personale, ma si è ritrovato altrettanto spiazzato quando, con un tono più gentile davanti alla sua sorpresa nel sapere che mia sorella non gli avesse detto dell’indagine, Marco gli aveva praticamente detto in faccia che non conosceva affatto Anna, se si mostrava così deluso.

Inutile dire che Giovanni è uscito da quella stanza fumante, proponendomi di andare a fare due passi.

Penso che, comunque, l’aria fresca servisse più a lui che a me.

O per lo meno, non so a che conclusioni è arrivato Giovanni, ma io non ho più dubbi.

Marco è innamorato di mia sorella.

 

Marco’s pov

 

Quando più tardi convochiamo Lisi, il Maresciallo si siede al posto di Anna, io mi appoggio al mobile poco dietro di lui. Preferisco darmi un margine di distanza, quando c'è quell'uomo, perché temo che non potrei rispondere di me. Ma anche per trattenere Cecchini, che è già molto teso.

Quando inizio l'interrogatorio, però, faccio un passo avanti.

“Che rapporto c'è tra lei e Dario Corsi?” Domando subito, andando dritto al punto.

“E chi è?” Ha la faccia tosta di rispondere.

Io e il Maresciallo ci scambiamo un'occhiata basita.

“Quello che stato ucciso e uno con cui lei ha un conto cointestato. Sicuro che non lo conosce?” Lo provoco.

Lui nega ancora, così io continuo. “E questa mail, che Lei ha inviato a Corsi? 'Non calcare troppo la mano coi Bonetti', cosa significa?”

“Boh.”

“Boh? Allora provo io,” dico, trattenendomi dal fare cose che non vorrei, “i Bonetti avevano bisogno di liquidi, le banche non glieli concedevano, arriva Dario Corsi, il salvatore, e gli offre dei finanziamenti.”

“Sì, Corsi è uno strozzino d'accordo con Lei!” Si infiamma subito Cecchini. “E volevate rovinare i Bonetti dandogli i soldi a usura. Poi magari Lei ha cambiato idea, è successo qualcosa, avete litigato e l'ha ucciso!”

“Io? Io non ho ucciso nessuno!” Ride Lisi.

Stavolta perdo completamente la pazienza.

“Lei è nei guai fino al collo! E ha solo una possibilità di dirci dove sono Anna Olivieri e Don Matteo!” Gli urlo in faccia.

“Ancora con questa storia? Io non ne so nulla. Nulla, nulla, nulla!” Si ostina a dire quello.

Anche il Maresciallo si alza in piedi. “Senti, che cosa vorresti dire, che è un caso, che quando hanno ucciso Corsi è stato lo stesso giorno in cui è scomparsa Anna?”

È la prima volta che lo sento chiamare Anna per nome. Forse non è preoccupato solo per Don Matteo, allora... Forse ho sottovalutato la sua posizione.

“Sì, è un caso! E allora?”

Vorrei solo prendere Lisi per il bavero della giacca e togliergli quel sorrisetto dalla faccia. Come osa continuare a mentire, dopo tutto il male che ha già fatto? Non so come faccio a trattenermi.

“Dicci dov'è Don Matteo! E Anna!” Gli chiede Cecchini in tono disperato. Cerco di calmarlo mettendogli una mano sulla spalla.

Mi accorgo di un'ombra che passa sul volto di Lisi, come se si fosse reso conto solo in questo istante che le persone di cui lui dice di non sapere nulla, sono persone che noi amiamo profondamente, e che il non sapere dove siano ha fatto perdere il controllo anche a noi. Però non dice nulla.

“Portalo via, forza, portalo via... Guarda che è meglio per te se non gli succede nulla!” Lo minaccia ancora Cecchini, ma Lisi non fa niente per impedirglielo, con la stessa espressione di qualche istante fa.

Mentre lo portano fuori, dall'ingresso entrano Chiara e Giovanni, trovandosi faccia a faccia con Lisi.

Vedo Chiara fermarsi di colpo. “Mi riconosci?” Sussurra. “Sono Chiara. Eri il migliore amico di mio padre, eri il mio padrino... Almeno una volta nella tua vita dovresti fare una cosa giusta e dirmi dov'è Anna, adesso...” Lo implora con voce rotta. Lui però continua a non fiatare, prima di continuare verso l'uscita. Lei fa per seguirlo ma Giovanni la trattiene, facendola poi sedere su una sedia lì accanto e raggiungendo spedito l'ufficio del Capitano.

“Posso sapere perché l'avete lasciato andare?” Chiede.

“Perché non abbiamo nulla di concreto contro di lui, e perché ha un alibi, è stato tutto il giorno all'azienda vinicola.” Spiego, cercando di mantenere la pazienza.

“E quindi? Qualcosa sa, potevate comunque arrestarlo!” Si scalda lui.

“Sì, fai l'avvocato e ti stupisci perché non arrestiamo un uomo senza una prova?” Rispondo con lo stesso tono.

“Sì,” mi risponde, guardandomi dritto negli occhi, “se quell'uomo è coinvolto nella scomparsa della donna che amo.”

Il mio sguardo di rimando è di puro odio. Non osare. Non provocarmi.

“E allora lasciaci fare il nostro lavoro, mh? Lo stiam facendo seguire, magari ci porterà da Anna.” Rispondo, sprezzante.

Lui esce senza dire altro.

Non ci provare, Giovanni. Sto facendo di tutto, di tutto per trovarla. Perché anch'io l'amo, e il pensiero di perderla non riesco nemmeno a tollerarlo.

Cecchini si alza. “Vado a parlare coi Bonetti,” sospira.

Io mi limito a un cenno d'assenso, afferrando il telefono e ricominciando il giro di telefonate per intensificare ulteriormente le ricerche.

 

Chiara’s pov

 

Giovanni va via furioso.

Ho sentito lo scambio di battute con Marco, e non so chi tra i due esprimeva più odio verso l’altro.

Solo che questo non è un gioco, non è una sfida a chi fa meglio.

Mi duole dirlo, ma Giovanni ha sbagliato, a comportarsi come sta facendo. Invece di collaborare e aiutare, oggi non ha fatto altro che provocare Marco, dopo aver capito che anche lui prova qualcosa per Anna.

Ma non funziona così, Anna non è una principessa da salvare all’interno di una torre... è in pericolo, chissà dove, e mettersi a giocare a braccio di ferro non servirà a trovare una soluzione.

Mentre lui si indignava per un motivo senza senso, Marco aveva già pensato alla prossima mossa: far seguire Claudio, che dice di non sapere nulla, per non lasciare niente di intentato.

Giovanni parla soltanto, senza ascoltare... Marco agisce con attenzione, e il suo comportamento io lo conosco bene. Perché anche Anna fa così.

Mi rendo conto sempre di più ogni minuto che passa quanto le loro vite siano legate.

Quando anche il maresciallo va via, io entro nell’ufficio di mia sorella, aspettando che Marco termini con le telefonate, sedendomi sul divanetto nell’angolo.

“Nessuna novità?” chiedo con voce rauca quando lui mette giù il telefono.

Scuote la testa. “No...”

Ha di nuovo gli occhi lucidi.

Viene a sedersi anche lui sull’altra poltroncina di fianco alla mia, passandosi una mano sul volto stanco e provato.

Inspiro a fondo.

“Perché non mi hai detto che sei innamorato di Anna?”

Marco solleva la testa di scatto, sorpreso.

“L’ho capito da un po’... e questi due giorni mi hanno dato tutte le conferme possibili. Ami lei, lo so.”

“Mi dispiace...” mormora lui, abbassando lo sguardo.

“Non devi scusarti. Certo, non posso dire di esserne felice, però... so che mi vuoi bene, e questo mi basta. Non so perché siete finiti in questa situazione, e perché stia io con te e non lei, ma poco importa.”

“Chiara, mi dispiace, sul serio... io non volevo prenderti in giro, o...”

“Sei più cocciuto di mia sorella per certe cose! Lo so che non era questa la tua intenzione, anzi, mi hai sempre trattata meglio di tutti quelli che dicevano di amarmi. Non sono arrabbiata. Anzi, se proprio vuoi evitare di farmi arrabbiare, una cosa la puoi fare: dire la verità ad Anna quando torna... perché Anna torna, so che farai di tutto per trovarla, anche a costo di passare altre mille notti insonni chiuso qua dentro al suo ufficio.”

“... grazie.” Si limita a dirmi Marco con un leggero sorriso. So che vorrebbe dire altro e che in questo momento non ci riesce, ma non fa nulla. Il tempo chiarirà tutto. Per adesso l’importante è che salvino Anna.

 

Marco’s pov

 

Dopo la conversazione surreale con Chiara, che rientra per un po’ a casa, riprendo a lavorare, aspettando il ritorno di Cecchini che, quando arriva, mi riferisce che forse ha intuito qualcosa. Un legame diverso tra Raffaella Bonetti e Claudio Lisi, non solo lavorativo, che forse è la chiave per venire a capo di questo caos.

Chiediamo agli altri agenti di fare un controllo sui tabulati, nel frattempo noi torniamo nell'ufficio di Anna.

Si siede sul divanetto, e io faccio lo stesso.

“Secondo Lei sta bene? Il Capitano, dico.” Mi domanda a voce bassa.

“Spero di sì, Maresciallo... la conosce anche Lei, è una testa dura.” Dico, per tentare di alleggerire la tensione.

Lui fa una piccola risata. “Sì... è che...” Sospira. “Io ho già perso una figlia nella mia vita. Non ne voglio perdere un'altra.” Confessa.

Io sento risalire il groppo in gola.

“All'inizio non la potevo vedere, facevo pure gli incubi perché pensavo che non mi sopportava e che la faceva apposta a contraddirmi. E invece poi ho capito che è una furba, una capace di tenere testa pure a Don Matteo. Ma pure che è una ragazza che ha sofferto tanto nella sua vita, anche se non m'immaginavo niente di questa storia. E se le è successo qualcosa e noi non riusciamo a trovarla...” Lascia in sospeso la frase, prendendosi la testa tra le mani.

“La troveremo, Maresciallo. Vedrà che starà bene. Abbiamo tutti bisogno di lei, qui.” Aggiungo. Lui alza finalmente lo sguardo, forse capendo fino in fondo ciò che voglio dire. Annuisce soltanto, prima di darmi una pacca sulla spalla e alzarsi, andando a controllare per qualche novità.

 

Quando convochiamo Raffaella Bonetti, dopo molta esitazione lei confessa di aver ucciso Corsi perché lui non voleva restituirle i soldi del prestito. Lisi a quanto pare si era pentito di aver organizzato una nuova truffa, e le aveva confessato tutto. Poi l'aveva aiutata a portare il cadavere di Corsi davanti casa sua, dove lo abbiamo trovato, e aveva procurato un alibi per entrambi.

 

Il maresciallo parte immediatamente per l'azienda vinicola dove ci è stato segnalato si stia dirigendo Lisi, insieme a Zappavigna, sperando di trovarci anche Anna, mentre io mi occupo di tutta la parte burocratica, anche se vorrei solo andare con loro. Informo Chiara delle novità, e lei arriva poco dopo insieme a Giovanni.

Improvvisamente Zappavigna comunica che hanno avuto un guasto alla macchina perché Lisi si è accorto di loro e ha invertito la marcia.

Controlliamo il segnale GPS quando un’idea strana mi balena nella mente: quel rumore che mi è sembrato di sentir provenire da uno dei mezzi quando siamo stati all’autofficina di Corsi.

Forse non l’ho immaginato. Forse...

Non ci penso due volte, e insieme all’appuntato Barba parto immediatamente per l’autorimessa, lo stesso luogo verso cui si sta dirigendo Lisi.

Fa’ che sia lì. Fa’ che arrivi in tempo.

 

Arrivati sul posto, non aspetto nemmeno che l’auto dei carabinieri sia completamente ferma, aprendo lo sportello e fiondandomi fuori, alla ricerca dello stesso punto in cui ieri ho avvertito quel rumore.

Quando mi avvicino, noto un furgone bianco iniziare ad essere agganciato dalla gru per essere posto nella pressa, e corro più che posso, facendo segno all’operaio di rimetterlo giù. Non so perché proprio quel mezzo, visto che ce ne sono molti altri, ma qualcosa mi attira lì.

Quando la gru lo rimette a terra, cerco di aprire il portellone, trovandolo chiuso, per cui prendo la prima cosa che trovo a portata di mano - un paletto in ferro appartenente a chissà cosa - sferrando qualche colpo alla maniglia, senza prestare attenzione al fatto che quel paletto fosse tagliente, e ferendomi una mano nel processo. Avverto il cellulare vibrare in tasca per un messaggio, probabilmente da parte di Chiara, ma è l’ultimo dei miei pensieri perché il portellone finalmente si è aperto.

Non saprei descrivere l’emozione che provo nel vedere Anna, la mia Anna, sana e salva, insieme a Don Matteo.

Escono entrambi dal mezzo, con espressione sollevata. Ricambio il sorriso di Don Matteo, voltandomi poi verso Anna.

Sembra sorpresa.

“Marco...” sussurra, “come hai fatto a-”

Non la lascio continuare.

La bacio.

La bacio come se la mia vita dipendesse da questi istanti, accarezzandole una guancia.

Dopo un istante di smarrimento, lei ricambia, stringendo tra le dita il bavero della mia giacca.

Risentire le sue labbra sulle mie, dopo tutto quello che è successo, è una sensazione meravigliosa. Mi sembra quasi di essere tornato a respirare.

“Ti amo...” riesco solo a sussurrarle, quando ci separiamo.

Anna abbassa lo sguardo, arrossendo, e fa per dire qualcosa quando la sua espressione si fa preoccupata.

“Marco, la tua mano!” Esclama, prendendola tra le sue.

Solo adesso mi rendo conto del lieve bruciore della ferita.

“Non è niente...”

“Sanguina! Non mi sembra esattamente niente! Ci vuole qualcosa per fasciarla...”

“Posso darvi io un fazzoletto,” suggerisce Don Matteo.

Non che mi fossi dimenticato di lui, però...

Anna gli si avvicina, ringraziandolo con un sorriso, mentre io metto la mano in tasca ricordandomi del messaggio di poco fa.

Ma non era da parte di Chiara.

Anna.

Quello che leggo mi fa fermare il cuore per un istante.

Ho finalmente capito tutto di noi... ma forse non potrò mai dirtelo. Anche se sei l’uomo più impossibile che conosco e fai un pessimo brasato... IO TI AMO!!

Resto senza parole realizzando il significato di quelle frasi.

Quando Anna torna da me con il fazzoletto, non le do il tempo di far nulla, baciandola ancora una volta.

Il nostro momento è interrotto dalla voce di Barba che urla “Fermo!” da qualche parte vicino a noi, e all’improvviso vediamo spuntarci davanti nientemeno che Lisi, con una pistola che ci punta contro. Barba si ferma dietro di lui, incerto sul da farsi.

Anna fa un passo avanti nonostante io cerchi di bloccarla.

“Tu!”esclama. “Che vuoi farci?”

“Niente,” replica quello, “niente. Io non c’entro nulla con questa storia, ha fatto tutto Dario da solo. Io volevo solo prendere il furgone, poi quando l’ho visto ho capito che vi aveva chiusi qua dentro, e non solo io...” Aggiunge, accennando a me. Sentiamo in lontananza le sirene dell’auto dei carabinieri, probabilmente Cecchini e gli altri. “Anna... mi dispiace. Io ho provato a cambiare, sai? Non volevo farti del male...” mormora in tono sofferente. Anna ha uno sguardo perso, colmo di dolore. “Te lo giuro... Per colpa mia, Raffaella è diventata un’assassina, tuo padre si è ucciso... tutto per colpa mia. È una vita sbagliata, la mia... basta. Ti chiedo perdono.” Conclude, prima di puntarsi la pistola contro la tempia.

Anna sbarra gli occhi, terrorizzata più di noi.

“Claudio, no!” Cerca di fermarlo. “Ti perdono! Sono sincera! Abbassa la pistola,” gli dice in tono di supplica. Lui continua a fissarla, immobile. “Claudio, fermati... è te stesso che devi perdonare, ed è la cosa più difficile... dammela...” Tenta ancora tendendogli una mano, gli occhi colmi di lacrime.

Lisi sembra improvvisamente darle ascolto, sollevando l’arma e sparando un colpo in aria, per far capire agli altri agenti dove siamo di preciso, arrendendosi.

Cecchini, Zappavigna e Ghisoni arrivano di corsa e, insieme a Barba, portano via l’uomo, che si è arreso senza fare storie dopo aver rivolto un ultimo sguardo di scuse ad Anna.

“State bene! Per fortuna nessuno s’è fatto niente!” Esclama il maresciallo, sollevato.

Anna si volta verso Don Matteo.

“È tutto merito tuo... suo.” Corregge il tiro, mentre il prete le rivolge un sorriso affettuoso.

Lui e Cecchini si allontanano di qualche passo, mentre io mi avvicino ad Anna, ancora profondamente scossa.

“Come stai?” Le chiedo soltanto.

Lei solleva le spalle. “Non lo so. Devo ancora realizzare tutto quello che è successo...” Torna a rivolgere un’occhiata alla mia mano ferita. “Vediamo se finalmente riesco a fasciarla...” Mormora, annodando al meglio il fazzoletto che le aveva dato Don Matteo poco fa. Io la lascio fare, sollevato, felice di sapere che è viva e, adesso, al sicuro.

 

Torniamo in caserma, e non appena l’auto si ferma in piazza, Chiara, già in attesa sugli scalini, corre immediatamente ad abbracciarla non appena scende dalla macchina.

“Non piangere...” La consola Anna, come sempre pensando alla sorella prima di se stessa.

“Stai bene?” Le chiede comunque Chiara, accarezzandole il viso.

“Sì...”

Poi Chiara fa un cenno verso di me. “Marco ha fatto di tutto per ritrovarti... non si sarebbe dato per vinto finché non ti avesse saputa sana e salva.”

Anna sbarra gli occhi, probabilmente ripensando a quanto accaduto all’autorimessa, ancora ignara della situazione tra me e sua sorella.

Chiara, infatti, non esita un istante a rassicurarla, stringendole le mani con un sorriso.

“Sta’ tranquilla, so tutto... lo so, che vi amate... Avremo tutto il tempo per parlarne dopo, adesso non ci pensare. Sappi solo che mi dispiace per non averlo capito prima, e... beh, non ho mai avuto speranze, con lui,” dice con una breve risata, “è troppo innamorato di te. E niente l’ha dimostrato più di questi due giorni.”

Io cerco di dissimulare l’imbarazzo, notando Giovanni che è appena uscito dal portone della caserma e si sta dirigendo verso di noi, ma ogni altra osservazione che potrei fare è posticipata da Anna che, con mia enorme sorpresa, mi bacia.

Se a lei non importa di essere davanti alla caserma, davanti ai suoi sottoposti, perché dovrebbe importare a me?

La stringo in un abbraccio, sentendo appena Giovanni salutare Chiara in tono deluso per poi allontanarsi.

Quando io e Anna ci separiamo, lei mi accarezza il volto.

“Ti amo...” Mi sussurra, e nel sentirglielo dire, sento il cuore esplodere. Non penso di essere mai stato così felice come in questo momento.

“Lo so...” le rispondo con un sorriso.

Lei sembra sorpresa. “Come, lo sai?”

“Letto... il tuo messaggio, mi è arrivato quand’eravamo all’autofficina...”

“Pensavo non si fosse nemmeno inviato... il cellulare si è spento, e non prendeva neanche, lì... l’ho scritto senza nemmeno rifletterci, che probabilmente non ti sarebbe arrivato.”

“Invece è arrivato eccome,” la contraddico. “Per fortuna, è andato tutto per il meglio.”

Lei annuisce.

“Solo su una cosa vorrei fare un appunto,” preciso con un sorrisetto. “Il mio brasato non è così male... però... Ecco, visto che tu lo sai cucinare meglio, se vuoi, potremmo ricominciare con le lezioni di cucina... Magari divento più bravo, se mi dai una mano tu...”

 

 

Un saluto a tutti!

Beh, che dire? Come sempre, grazie a Martina per l’idea! Stiamo perfezionando la tecnica per tenerci pronte in attesa della dodicesima edizione, non si sa mai... Teniamo in caldo le tecniche di narrazione alternativa nel caso di tragedie!

Grazie per le letture e a presto!

 

Doux_Ange

 
   
 
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