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Autore: rebirthjourney    17/09/2019    1 recensioni
Non so cosa accadde precisamente in quel momento, ma fu come se improvvisamente avessi capito cosa stesse provando, perché la sola cosa che mi venne da fare fu arrossire vistosamente. Forse per l’intensità dei suoi occhi ambrati come il miele, forse per il movimento che il suo petto faceva a ritmo del suo respiro lento e profondo… o forse perché che eravamo soli, io e lui, in un pomeriggio d’estate, godendoci un picnic sotto le fronde verde scuro degli alberi.
Sorrise, e quello fu uno dei più bei sorrisi che gli avevo visto addosso da quando lo conoscevo.
Aishiteru”.
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Kinomoto, Syaoran Li | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CRUEL SUMMER


 
And I screamed for whatever it's worth:
“I love you, ain't that the worst thing you ever heard?”

He looks up, grinning like a devil.
 



Emisi un verso di gioia e incredulità assieme.
Mi strinsi nelle spalle, chiudendo gli occhi per assaporare lo squisito boccone in bocca, ondeggiando le mani in aria in una danza di estasi pura. Quando facevo così ero ancora l’undicenne di un tempo.
Nell’istante in cui lo osservai, ero certa che il mio viso brillasse di luce propria. Syaoran mi fissava trattenendo una risata, poggiando tutto il peso su un braccio, seduto comodamente sulla coperta rettangolare sotto di noi a quadri verde e rosa pastello.
“Com’è possibile che tutto quello che cucini tu è straordinario?!”
Si grattò la nuca con l’arto libero, chinando il capo tutto da un lato e mostrando un ghigno imbarazzato. Ritornò in posizione eretta incrociando le gambe a farfalla. Notai che un lieve tepore era spuntato silenziosamente sulle sue guance.
“Non è niente di che, anzi”, borbottò a voce bassa. “Se ti fa piacere, posso –”
Le parole gli si bloccarono in gola, di punto in bianco.
L’espressione sul suo volto divenne seria senza un motivo apparente. Gli occhi, profondi e osservatori, furono privati dalla scintilla di divertimento che li aveva posseduti fino a poco prima.
Lo ammiravo con un sorriso orgoglioso e con due occhi verdi e attenti come non mai, i palmi delle mani appoggiati sulle mie ginocchia e la schiena piegata in avanti. Non appena mi accorsi della sua serietà improvvisa, comunque, sbattei le palpebre con incertezza.
La sua bocca leggermente schiusa emise un sospiro incomprensibile. Riprese in mano il bento e le sue bacchette.
“Mmh?”. Piegai la testa a sinistra. “Syaoran-kun?”, mormorai delicatamente.
Non dette il minimo accenno di risposta.
“Va tutto bene?”
Sbatté le palpebre due volte e sembrò riacquistare la lucidità. Guardò le sue mani – una a tenere il bento, l’altra a reggere le bacchette; mi adocchiò con un accenno di confusione, rimasta intrappolata nei lineamenti del suo volto, e di nuovo osservò distrattamente il suo pranzo al sacco.
“Oh, sì, scusa…”
Alzò il capo e mi scoccò un’occhiata penetrante.
Non so cosa accadde precisamente in quel momento, ma fu come se improvvisamente avessi capito cosa stesse provando, perché la sola cosa che mi venne da fare fu arrossire vistosamente. Forse per la profondità dei suoi occhi ambrati come il miele, forse per il movimento che il suo petto faceva a ritmo del suo respiro… o forse perché che eravamo soli, io e lui, in un pomeriggio d’estate, godendoci un picnic sotto le fronde verde scuro degli alberi.
Sorrise, e quello fu uno dei più belli che gli avevo visto addosso da quando lo conoscevo.
“Aishiteru”1.
 
 
Ero un disastro. Un piccolo, deludente, seccante disastro.
Non era la prima volta che facevo quell’errore. Non era la prima volta che Syaoran mi confessava i suoi sentimenti e io rimanevo a fissarlo di rimando come uno stoccafisso senza emettere parola. Eppure una cosa così intima, personale, speciale era la prima volta che me la diceva.
Il solo pensiero mi faceva avvampare. In effetti erano giorni che arrossivo di continuo, in sua presenza e non. Mio fratello Touya aveva pensato inizialmente che avessi la febbre, ma capendo che quel rossore era dovuto a tutt’altro, a una malattia ben peggiore di un’influenza passeggera, non aveva fatto altro che linciarmi di sottecchi o emettere borbottii ed esclamazioni piene di disappunto.
Lo sguardo di Syaoran non aveva vacillato nemmeno per un secondo e io lo avevo lasciato lì, immobile, senza una risposta. Senza reagire immediatamente alla sua dichiarazione tanto amabile quanto brutale. “Brutale” non perché il suo tono o il suo modo di fare fossero stati aggressivi, tutt’altro.
Nel momento in cui aveva pronunciato quella semplice parola – aishiteru –, mi era sembrato di ricevere una badilata in testa.
Quelle sillabe, semplici e chiare, la voce sicura e la compostezza con cui le aveva sussurrate, quelle iridi scintillanti... tutto quell’insieme di cose mi avevano destabilizzato sotto ogni punto di vista, così non ero stata in grado di emettere una sola una frase di senso compiuto. Silenziosamente eravamo tornati al nostro bento, non dopo il mio patetico tentativo di spostare la conversazione su qualcos’altro – con le guance infiammate, il fumo pronto a uscirmi dalle orecchie come fossi una locomotiva impazzita e una risata nervosa e imbarazzata. E poi non ero più riuscita a riprendere l’argomento.
Erano passati i giorni e ancora niente. Nessuno dei due ne aveva più riparlato. Syaoran faceva finta di nulla, si comportava come se quel giorno non fosse mai avvenuto, ma percepivo una sorta di freddezza da parte sua. O così pensavo. E questo mi faceva sentire ancora peggio, mostrandomi un mondo pian piano sempre più grigio e silenzioso, ad eccezione dei milioni di pensieri che mi intorbidavano il cervello con il loro sussurrare continuo.
Una persona qualsiasi, vedendomi da fuori, avrebbe pensato che non ero convinta del mio amore per lui; avrebbe pensato che stessi nascondendo qualcosa, che non mi interessasse veramente, che non provassi niente per quel ragazzo dai folti capelli castani e dagli occhi dorati. Oppure, al contrario, sarei stata vista come una persona coscienziosa, che prima di confessare parole del genere preferiva andarci piano, rifletterci con cura, aspettare. Nessuna deduzione poteva essere più sbagliata di quelle.
“Aishiteru”.
Ti amo.
Due semplici parole. Non “Mi piaci”, non “sono innamorato di te”, bensì “Ti amo”. Due parole che avevano mandato in tilt ogni cosa, che mi avevano fatto sbarrare le palpebre e lasciato un cuore sul punto di esplodere.
Le voci di quelle famiglie o gruppi di amici presenti nel parco – anche loro a godersi un picnic estivo – si erano tramutate in echi lontani; tutte figure offuscate in un panorama che non ero più riuscita a distinguere. Il fruscio del vento tra le foglie, al contrario, era sembrato così rumoroso da ovattare le orecchie con il suo insistente frastuono.
Il pulsare del sangue seguiva un ritmo veloce, tuonando in petto come un temporale estivo, e la vista si appannava per un’emozione così grande da prendere tutti i miei pensieri e aggrovigliarli in un unico gomitolo di confusione.
Syaoran era la persona che amavo di più al mondo, ne ero sicura da un po’.
Aishiteru.
Scossi la testa freneticamente, a destra e a sinistra, emettendo un lamento di timidezza e incontrollabile frustrazione mentre pattinavo freneticamente di ritorno dal fare la spesa. Per poco non rischiai di schiantarmi contro un albero, così presa dai miei pensieri da dimenticare che il mondo continuava ad andare avanti con o senza di me.
Ero un disastro. Un piccolo, deludente, seccante disastro.
 
 
“Syaoran-kun…?”
Camminavamo fianco a fianco lungo il viale alberato.
Quel pomeriggio Tomoyo ci aveva chiesto di andare a trovarla per bere un tè in sua compagnia, appena tornata da un viaggio all’estero durato due settimane… e anche perché provassi un nuovo abito che stava cucendo per me.
Pur avendo smesso con la cattura delle carte, Tomoyo adorava creare ogni mio vestito, anche il più insignificante capo d’abbigliamento, affinché potessi usarlo nella vita di ogni giorno. Era la sua gioia più grande e non volevo deluderla. Le mie misure stavano cambiando, stavo crescendo come una normale studentessa del terzo anno di liceo, e questo non faceva altro che farle luccicare gli occhi con il doppio della determinazione che già fiammeggiava nelle sue iridi blu indaco.
“Mmh?”, Syaoran mi puntò con cipiglio indefinibile. “Cosa c’è, Sakura?”
Mi fermai sul posto. Syaoran non se ne accorse immediatamente. Si arrestò due o tre passi più avanti.
“Io…”, sussurrai a fior di labbra, abbassando la testa ed esaminando i miei piedi con insistenza.
Ed eccolo lì, di nuovo, il cuore che pompava come un pazzo e i brividi che serpeggiavano sulla pelle come adrenalina nel sangue. Una stretta allo stomaco, uno sfarfallio insistente, e il colore sulle mie guance che si confondeva con le sfumature rossastre del tramonto.
Ringraziai il cielo per aver convinto Kero-chan a rimanere a casa, pur sentendomi in colpa per avergli detto una bugia riguardo a dove sarei andata nel pomeriggio, lasciandolo solo soletto a godersi un videogame per la quale si era ossessionato da più due giorni a quella parte.
“Qualcosa non va?”
Non lo guardai, ma capii subito che era una domanda per cui sapeva già la risposta. Conoscevo il tono della sua voce e il senso delle sue frasi indirette, tanto quanto Syaoran conosceva me, le mie paranoie e le mie insicurezze.
Strinsi le nocche con forza, presi un respiro profondo e – spinta da un atto di coraggio – alzai il capo con un gesto secco e deciso. Le mie labbra formavano una linea dritta, gli occhi erano lucidi per l’emozione e sentivo il battito cardiaco suonare una musica altisonante nelle orecchie.
Uno sguardo ricambiato e le sue palpebre si spalancarono notevolmente.
Il Sole dava ai suoi capelli le tonalità aranciate del tramonto e ai suoi occhi una piacevole gradazione dorata. Era alto, decisamente più alto di me, con una camicia bianca perfettamente abbottonata e i pantaloni marrone scuro, un abbigliamento che slanciava la sua figura magra ma atletica.
Nel perdere un battito di fronte a quella visione, arrossii.
“Mi… mi dispiace!”, quasi urlai. La voce tremava. “Mi dispiace tanto, Syaoran-kun! Se non ti ho risposto, l’altro giorno, non l’ho fatto perché –”
“Lo so perché”.
“Uh?”
Il viso sorpreso di Syaoran si distese in un’espressione comprensiva e gentile. Le sue iridi, comunque, si dipinsero di quello che potei definire ‘un velo di tristezza’. Si pose dritto di fronte a me, lasciando che il tramonto illuminasse solo una metà del suo corpo.
“Non devi rispondere per forza, Sakura”. Il suo sguardo era lo specchio dell’amore. “Sono io che mi scuso per averti fatto sentire a disagio. Mi è venuto spontaneo…”, curvò gli occhi sul pavimento cementato ai nostri piedi. Il sorriso si congelò appena. “I miei sentimenti per te crescono giorno dopo giorno”.
Mi diede le spalle pronunciando quell’ultima frase. Nello stesso preciso istante, le mie iridi si offuscarono per le lacrime.
Non cambiare idea, ti prego.
Non erano lacrime di rabbia e mortificazione, non come quelle che avevo pianto qualche giorno prima, insultandomi per quanto fossi stata stupida e ingenua. Non erano nemmeno lacrime di delusione e inettitudine. Erano lacrime di gioia, dovute a un sentimento più intenso del dicibile e più devastante del possibile; erano gocce salate derivate dal senso di impotenza, di fronte a un’emozione che non vedeva l’ora di librarsi in aria. Ero convinta che Syaoran fosse ‘quella persona’, lo credevo da anni.
Fece qualche passo in avanti, lasciandomi indietro.
Trattenni il fiato e un singhiozzo, mentre la paura di perderlo per la mia sconsiderata codardia mi rendeva sempre più pesante.
Alzai una mano e me la posi sul cuore, spalancando la bocca prima di urlare a gran voce.
Aishiteru, Syaoran-kun!”
Il suo piede, che stava per compiere un'altra falcata in avanti, si bloccò prima che potesse essere sollevato nel vuoto. Mi diede le spalle per qualche ulteriore secondo, prima di voltarsi e fissarmi.
Una lacrima scese sulle mie guance e strinsi i polpastrelli sulla stoffa della mia camicetta. I suoi occhi si fecero ancora più grandi e lucidi, le sue labbra si spalancarono.
“Io ti amo veramente!”, esclamai a gran voce, serrando le palpebre e avvampando bruscamente. “Sono una stupida! Mi dispiace così tanto! Ti ho fatto dubitare, pensare che non ricambiassi, quando invece… invece…”
Le lacrime scendevano incontrollabilmente. Cercai più e più volte di cancellarle con i palmi delle mani, finendo soltanto per piangere ancora di più.
“M-mi spiace! Sono un disastro, ma io ti amo per davvero! Lo sento veramente!”
Avrei voluto fargli capire quanto mi sentissi in colpa, pensando di aver sprecato la mia occasione per farlo sentire importante. Perché l’affetto di Syaoran era così caldo, protettivo e sicuro che io, in confronto, mi sentivo sempre troppo piccola per ricambiarlo. Troppo insicura, troppo timida, troppo impacciata, troppo incapace di amare quanto amava lui. Troppo piccola, troppo immatura, troppo inesperta. Lui, invece, era decisamente più maturo di me, più conscio di sé. Mi mandava in crisi, scombussolava tutto, Syaoran e quel suo sconsiderato affetto nei miei confronti che mi facevano temere che quello che io provassi non potesse mai essere abbastanza.
Due braccia mi circondarono.
Inarcai la schiena, lasciando cadere un po’ la testa all’indietro, mentre le mani di Syaoran mi stringevano. Erano calde, morbide, lo percepivo fin sotto il cotone della camicetta. Il suo respiro si scontrava e affondava nei miei capelli, accarezzandoli con affetto, procurandomi un fremito nella parte bassa della nuca e proseguendo in basso, lungo la spina dorsale. Il tempo si fermò e le preoccupazioni con esso.
“Hai ragione, sei proprio una stupida”.
Quel mormorio quasi inudibile mi lambì l’orecchio coccolandomi i pensieri. Un attimo e tutte le ansie, le paranoie e le perplessità scomparvero, lasciando il posto ad una sensazione di pace assoluta. Lo strinsi forte di ricambio, sospirando di sollievo e felicità.
Lo percepii sorridere –  quasi crudelmente, inestimabilmente felice – con la testa infossata fra l’incavo del mio collo e i miei capelli corti e ramati, e quelle labbra che mi sfioravano leggermente la pelle del collo, inspirandone il profumo.

 

 

 
 

1 “Aishiteru” (= ti amo), la più rara e importante forma per esprimere il proprio amore a una persona. Solitamente i giapponesi usano “Daisuki” o “Koishiteru”, per confessare un sentimento amoroso. “Aishiteru” è un'affermazione unica, preziosa, che i giapponesi pronunciano con cura e misuratezza proprio per l’importanza legata al sentimento confessato.

Questa one-shot si ispira ad alcune frasi di una canzone, Cruel Summer, scritta e cantata da Taylor Swift: sono esattamente quelle riportate a inizio capitolo. La storia segue gli eventi narrati nell'anime e nel manga, situata cronologicamente dopo il Clear Card Act, in un ipotetico futuro dove Syaoran e Sakura frequentano il terzo anno di scuola superiore.
   
 
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