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Autore: Solitary_soul_    17/09/2019    1 recensioni
L'attore Tom Felton ha da poco condiviso sui social una foto in compagnia della sua amica ed ex collega Emma Watson. Questo ha scatenato le fantasie dei milioni di fan, (tra cui la mia) ed è proprio da questa foto che nasce la mia storia. Ho voluto dare una "spiegazione" romanzata a quel piccolo momento condiviso con noi. Spero possa piacervi.
Dal testo:
«Posso provare io?» gli chiesi indicando la chitarra, e lui acconsentì lasciandomela tenere. Cercai di fare quello che aveva fatto lui, ma non ottenni un risultato neanche lontanamente simile al dolce suono che aveva invece prodotto lui.
«Non così, devi accarezzarla dolcemente. Vieni ti faccio vedere come si fa» disse avvicinandosi e posizionando le sue dita sulle mie. divenni immediatamente bordeaux e iniziai a tremare.
«Queste due dita qui, e questo qui. ora con l'altra mano suona solo le ultime due corde. Va tutto bene? sei bollente e tremi» sussurrò a pochi centimetri da me.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Watson, Tom Felton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sembrava un giorno come un altro, quella mattina mi ero semplicemente alzata, trascinata in palestra e poi a fare un paio di provini per ottenere il ruolo in qualche nuovo film. Nulla di nuovo in somma, era la mia routine.
Tutto questo almeno fino all'ora di pranzo...
Mi ero appena seduta al mio Sushi All you can eat preferito quando il telefono ha preso a squillare all'impazzata, ho provato ad ignorare le prime due chiamate, ma non sembrava accennare a smettere. Rassegnata lasciai il mio amato Temaki nel piatto per estrarre il telefono, immaginando fosse il mio agente risposi senza nemmeno guardare sullo schermo se effettivamente si trattasse proprio di lui.
«Ma porca puttana, Alex! sai che sono a pranzo, non potevi aspettare 10 minuti?!» risposi in un misto tra rabbia e fastidio. Ero sempre stata una persona più che disponibile, ma ultimamente non mi lasciavano più il tempo nemmeno per mangiare a causa dei mille impegni che mi affidavano ogni giorno: tra le interviste, i provini, lezioni in università e le riprese; nemmeno io sapevo bene come facevo a resistere, a breve sarei sicuramente scoppiata se non mi fossi presa una pausa. Dall'altro capo del telefono sentii una risatina famigliare, per nulla simile a quella profonda ed inquietante del mio agente.
«È così che tratti i tuoi vecchi amici? Mio padre lo verrà a sapere. » esordì lui con una sciocca imitazione. Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva quando riconobbi quella voce.
«Tom! Che fine avevi fatto? Sarà un mese, se non di più, che non ti fai sentire. » risposi lasciandomi sfuggire un sorriso a trentadue denti.
«Potrei chiederti la stessa cosa, Emma. Troppo occupata sul Red Carpet per chiamarmi?» chiese con ironia, anche se si poteva chiaramente capire che c'era rimasto male per qualche assurdo motivo. Mi sentii in colpa per non essermi fatta viva, in fondo che mi ci voleva ad alzare il telefono e chiamarlo? Beh, il tempo in anzitutto. Ed io ne avevo ben poco...
«Hai ragione, scusa. Ma con tutto quello che sto facendo in questo periodo mi è proprio passato dalla testa, qui sto per esplodere!» buttai lì sincera, sapevo di potergli dire la verità su ogni cosa, lui non mi aveva mai giudicata e in tutti questi anni quando ne ho avuto bisogno c'è sempre stato.
«Allora scappiamo» propose ridendo. Sempre il solito, adoro la sua spontaneità e quel pizzico di follia che di solito gli brilla negli occhi. Ha sempre avuto la capacità di tirarmi su il morale con poche parole, fin da piccoli, questo mi aveva fatto prendere una bella sbandata per lui... E come darmi torto, aveva uno Skateboard fighissimo! Arrossì lievemente pensandoci, era passato così tanto tempo da allora, ma tra di noi invece sembrava non fosse passato nemmeno un giorno.
«Magari potessi, sto rischiando seriamente l'esaurimento nervoso» risposi sconsolata. Sentii un mugugnio di dissenso dall'altro capo del telefono e lo immaginai mentre scuoteva la testa come era solito fare quando dicevo qualche assurdità.
«Starei al telefono con te tutta la vita, Tom. Ma se non mi sbrigo mi toccherà saltare il pranzo anche oggi, sta sera finisco per le 7, ti chiamo appena arrivo a casa. Promesso» so che sarei potuta sembrare scortese, ma sapevo che lui avrebbe capito e non se la sarebbe presa. E poi, una promessa è una promessa. Ed io le mantengo sempre, lui lo sa bene ricordai pensando al passato.
«Vai tranquilla, ci vediamo dopo» senza attendere risposta attaccò il ricevitore lasciandomi di nuovo sola con il mio pasto.

Finii e tornai subito a lavoro, riprese su riprese e quel viscido con cui dovevo girare la scena del bacio non faceva altro che allungare le mani. Lo odiavo, perché la gente non può essere professionale ogni tanto? È solo un bacio cavolo, c'è bisogno di mangiarmi mezza faccia e palparmi il culo? No. Troppo intelligente per certi decelebrati.
Dopo il tredicesimo ciack, ero tentata di sputargli in un occhio ma sembrava che ormai si annoiasse pure lui e finalmente la scena venne decente, a sufficienza almeno per mandarmi a casa.
Le otto dannazione. Per colpa di quell'idiota avevamo perso un ora... Ma quando l'hanno scelto per il ruolo, hanno solo guardato la sua tartaruga o è una mia impressione?
Scossi la testa lasciandomi alle spalle quella terribile giornata ed aprii la porta di casa levandomi immediatamente quei fastidiosi tacchi e andando a buttarmi sul divano. Penso che stanca come ero, avrei potuto tranquillamente addormentarmi lì ancora vestita, ma il brontolio del mio stomaco ebbe la meglio. E rassegnata mi diressi in cucina a preparare qualcosa, per fortuna avevo scatole intere di riso già cotto in frigo, decisamente una comodità in questi momenti. Lo misi a scaldare nel microonde e in attesa giocai un po' con il telefono. Cavolo dovevo ancora chiamare Tom! Che stupida...
Tenni permuto il tasto di chiamata rapida e subito prese a squillare. Come poteva non essere tra i miei contatti preferiti? Ci siamo sempre chiamati almeno una volta a settimana, Beh... Almeno di solito, non nel periodo in cui era fidanzato con quella iena. Non potevo nemmeno parlargli alle Prime senza che lei si arrabbiasse. Davvero ridicola... Come se potessi portarglielo via, avrebbe dovuto saperlo meglio di me che a lui non sono mai interessata in quel senso.
Persa nei miei pensieri non mi ero nemmeno accorta che aveva risposto e stava ripetendo il mio nome da almeno un paio di minuti.
«Scusa, scusa, scusa! Ero tra le nuvole come sempre... E mi dispiace per oggi, ma ero proprio di fretta e scusa anche per il ritardo! Mi hanno trattenuta di più del dovuto... oddio sono un'amica terribile! Mi dispiace»
«Emma? Se hai finito di parlare a raffica, aprimi che sono sotto casa tua.» ghignò lasciandomi senza fiato. Sotto casa mia? Cosa? Corsi alla finestra sbirciando dietro la tenda, ed lo vidi... Con il suo solito berretto da baseball, gli shorts e una maglia più lunga di me che stava sorridendo nella mia direzione facendomi segno con il braccio di andare ad aprire.
«Tu sei matto...» risi attaccando e correndo alla porta. La aprii quasi tremante dalla felicità, trovandomi davanti a quei due occhi color ghiaccio che brillavano solo per me. Senza pensarci due volte gli gettai le braccia al collo rischiando persino di buttarlo a terra.
«Ti sono mancato?» chiese baciandomi sulla testa. Mi era mancato? Stupido a dirsi, ma si, come ogni volta che ero su qualche nuovo set. Mi mancava eccome averlo al mio fianco tutti i giorni, giocare insieme e ridere come due idioti fino alle lacrime. Mi mancava tormentarlo chiedendogli di insegnarmi ad andare in skateboard, o quei piccoli ma bellissimi ed indimenticabili momenti tra un cack e l'altro nei quali mi chiedeva di ballare con lui.
«Può darsi... Ma cosa ci fai qui?» feci vaga cercando di deviare il discorso, mentre mi allontano lasciandolo accomodare dentro casa.
«Sono venuto a salvare la mia principessa dal drago cattivo!» rispose imitando un finto combattimento tra spade e facendomi ridere a crepapelle.
«Quindi tu saresti il mio principe azzurro o l'impavido cavaliere?» chiesi  stando al suo gioco. Alla mia domanda parve pensarci un po', dubbioso.
«Diciamo un miscuglio dei due, quindi direi un principe impavido! L'importante è ottenere un bacio dalla principessa come ricompensa» concluse con un sorrisetto ammiccante, ed io mi sentì avvampare. Probabilmente ero diventata bordeaux dall'imbarazzo.
Come gli venivano in mente certe cose?
«Dai sono seria, Tom » lo ammonì cercando nel frattempo di ristabilire la mia normale temperatura corporea.
«Oh, ma io sono serissimo! Sono qui per portarti via. Vai a fare la valigia, ti aspetto qua» mi sollecitò buttandosi a peso morto sul divano. Lo fissai perplessa cercando di capire se fosse serio o meno.
Cavolo. Era serio.
«Non... Non posso, lo sai che lavoro. Non posso prendere le mollate tutto di punto in bianco» balbettai colta da un improvviso senso di panico. Non sapevo nemmeno io per quale motivo, ma mi sentivo più strana del solito, ero nervosa all'idea di andare con lui chissà dove.
Si voltò semplicemente a guardarmi sollevando un sopracciglio come a chiedermi se lo stessi prendendo in giro.
«Ascolta: ho già pensato a tutto io. Ho già persino avvertito quel cretino di Alex che per una o due settimane non deve chiamarti. Ora, puoi farmi il favore di andare a prepararti la valigia? Non vorrei perdere l'aereo. Ti consiglio roba leggera e comoda, veloce » mi cacciò in camera mia facendomi cenno con entrambe le mani. Come fui fuori dal suo campo visivo iniziai a tremare agitata. Perché ero così nervosa? In fondo non era il primo viaggio insieme...
Scacciai ogni pensiero e mi concentrai sulla valigia, dieci minuti dopo ero pronta davanti a lui.
Si alzò in silenzio prendendo il mio bagaglio e andando ad aprirmi la porta.
«My lady...» fece galante ed io uscii diretta alla sua auto.

Non ci mettemmo tanto ad arrivare in aeroporto, e nemmeno due ore dopo decollammo.
Destinazione: South Africa.

Come arrivammo, gettai tutte le borse sul pavimento e mi precipitai a fare il giro della casa.
Aveva davvero pensato a tutto, appena atterrati in aeroporto ci attendeva una macchina a noleggio e poi c'era la casa che aveva scelto... Beh, era a dir poco perfetta. Abbastanza intima, ma non soffocante. Le porte finestre, che davano sulla veranda coperta, facevano entrare moltissima luce. Per non parlare del paesaggio praticamente incontaminato al di fuori, che era ancora più stupefacente.
Visitaii anche le due camere da letto scegliendo ovviamente quella con il bagno annesso, per poi tornare da lui saltellando felice come una bambina.
«Grazie! Grazie! Grazie!» gli saltai di nuovo al collo abbracciandolo, cercando di trasmettergli tutta la mia felicità e il riconoscimento per ciò che aveva fatto per me.
Quando mi allontanai da lui notai che mi stava sorridendo.
«Ne avevi bisogno, piccola. Non potevo permetterti di esplodere, no?» mi prese in giro scompigliandomi i capelli, per poi dirigersi nelle camere e sistemare le nostre valigie.
Quindi era per questo che lo aveva fatto, dovevo averlo fatto preoccupare durante quella chiamata a pranzo.
Lo raggiunsi appoggiandomi semplicemente allo stipite della porta, mentre lo osservavo disfare i bagagli.
«Scusami... Non volevo ti preoccupassi per me, è molto impegnativo è vero, ma sto bene» sussurrai quasi, attirando comunque la sua attenzione.
Scosse la testa rassegnato.
«Ti conosco da quando avevi undici anni, so quando non stai bene. E tu stavi raggiungendo il limite, ti serve staccare la spina per un po'. Ora vai a riposare, il jet lag si farà sentire» nemmeno a farlo apposta, come finí di parlare, sbadigliai. Annuì sussurrando un ultimo "grazie" prima di chiudermi nella mia camera a dormire.
 
Mi svegliai quando le prime luci dell'alba iniziavano ad illuminare il cielo fuori dalla mia finestra, perdendo ogni briciola di sonno che avevo in corpo. Non facevo una dormita così rinvigorente da mesi probabilmente. Mi alzai godendomi per qualche minuto il meraviglioso panorama che si estendeva e iniziai a preparare la colazione per entrambi: uova, faina, lievito e uova si avrebbe dovuto esserci tutto per fare dei pancake. mi legai i capelli in una coda approssimata e mi misi a lavoro. Circa dieci minuti dopo l'impasto era pronto e in pentola si stavano gonfiando i primi pancake. ero talmente concentrata nella mia operazione che nemmeno mi ero accorta della presenza di Tom alle mie spalle seduto ad osservarmi. Quando finalmente ci feci caso sobbalzai presa alla sprovvista.
«Scusa, continua pure a cantare. Mi piace vederti in versione mogliettina mentre mi prepari la colazione» mi prese in giro prendendosi una ditata di impasto. non mi ero nemmeno accorta di star canticchiando.
«Giù le zampe dall'impasto! Dammi cinque minuti e sono pronti» sorrisi cercando di nascondere il rossore che mi avevano procurato le sue parole. Non eravamo arrivati da nemmeno un giorno e già ero imbarazzata al massimo. Tornai ai fornelli e impiattai, ma quando mi voltai di nuovo Tom era sparito. Posai i piatti sul tavolo appena in tempo per vederlo sbucare dalla sua camera con la chitarra in mano.
«Cosa stavi cantando poco fa? All of me?» mi chiese prima di sedersi accordando un paio di corde. Poi iniziò a muovere le dita sulla chitarra producendo la stessa melodia che prima suonava nella mia mente. Iniziai a fissarlo perplessa, sapeva quanto mi vergognassi della mia voce.
«Forza piccola, canta per me...» mi incitò lui. Si fermò solo per allungarmi la sua mano e farmi accomodare sul divano accanto a lui.
«Posso provare io?» gli chiesi indicando la chitarra, e lui acconsentì lasciandomela tenere. Cercai di fare quello che aveva fatto lui, ma non ottenni un risultato neanche lontanamente simile al dolce suono che aveva invece prodotto lui.
«Non così, devi accarezzarla dolcemente. Vieni ti faccio vedere come si fa» disse avvicinandosi e posizionando le sue dita sulle mie. divenni immediatamente bordeaux e iniziai a tremare.
«Queste due dita qui, e questo qui. ora con l'altra mano suona solo le ultime due corde. Va tutto bene? sei bollente e tremi» sussurrò a pochi centimetri da me. Alzai lo sguardo dalla chitarra incontrando il suo, era troppo vicino. Cazzo. Dopo tutti questi anni, i suoi occhi azzurri ancora mi facevano lo stesso effetto. Bruscamente mi allontanai ridandogli lo strumento.
«Sto bene, ma suona tu» e lui così fece, almeno mi ero ripresa la mia distanza. ma ora dovevo cantare
«What would I do without your smart mouth
Drawing me in, and you kicking me out
Got my head spinning, no kidding, I can't pin you down
What's going on in that beautiful mind
I'm on your magical mystery ride
And I'm so dizzy, don't know what hit me, but I'll be alright
» Iniziai sottovoce senza nemmeno guardarlo negli occhi, mi vergognavo troppo. Quelle parole erano così profonde e soprattutto così vere. Ma purtroppo era così solo per me.
«My head's under water
But I'm breathing fine
You're crazy and I'm out of my mind
» non so per quale motivo ma ebbi il coraggio di guardarlo e lui incredibilmente stava guardando me. Rimasi imbambolata a fissare quel ghiaccio sciogliermi lentamente ed imporporare le mie guance. Era diverso dal solito. Lo vidi prendere fiato e capì che avrebbe cantato con me.
«'Cause all of me
Loves all of you
Love your curves and all your edges
All your perfect imperfections
Give your all to me
I'll give my all to you
You're my end and my beginning
Even when I lose I'm winning
'Cause I give you all, all of me
And you give me all, all of you
» pronunciai ogni singola parola con tutto il sentimento che provavo, volevo che lo sapesse che purtroppo non avevo mai smesso di provare qualcosa per lui
quando finimmo la strofa si bloccò. ed io andai ufficialmente a fuoco, non ce la feci a rimanere lì. Acchiappai le chiavi al volo e corsi fuori senza guardarmi indietro, lasciandolo sul divano confuso.
Non avrei dovuto espormi così, lui era il mio migliore amico. come avevo potuto rovinare tutto così?

Guidai fino a quando non dimenticai persino che strada avevo fatto. Mi ero completamente persa, in tutti i sensi. Non sapevo dove fossi ne cosa fare. Arrivai in una città e decisi di passarci la giornata girovagando senza meta, volevo solo dimenticare quello che avevo fatto e ciò che mi aspettava al mio ritorno.
Non potevo certo tornare in America e basta, prima o poi avrei comunque dovuto affrontarlo. Ero senza soldi, senza telefono e senza documenti in una città straniera della quale non conoscevo nulla... Ci misi diverso tempo a realizzare quanto effettivamente fosse brutta la situazione in cui mi ero cacciata per fuggire da me stessa. Non avevo idea di come tornare a casa ne di come affrontare tutto. A forza di girare, trovai un centro commerciale, sicuramente in un posto del genere qualcuno che mi aiutasse potevo trovarlo...
Chiesi ad almeno una decina di persone ma nessuno sembrava capirmi quando spiegavo a modo mio dove si trovasse la casa. Beh effettivamente, dire solo che c'era il mare e molto verde non aiutava affatto. Stavo iniziando ad andare in ansia e iniziava anche a farsi tardi, presa dal panico mi sedetti su una panchina stringendomi le ginocchia al petto ed iniziai a piangere. Mi sentivo una stupida, una completa idiota ad aver agito così ed essermi messa nei guai da sola. In quel momento tutto ciò che avrei voluto era solo uno dei suoi abbracci e dimenticare il resto.
Rimasi su quella panchina per un tempo indefinito, ore probabilmente e fuori doveva essere già sera. Piansi ogni lacrima che avevo in corpo.
Sentì appoggiarsi sopra di me qualcosa di morbido e caldo, tirai su la testa dalle mie ginocchia incontrando gli occhi grigi di Tom che mi stava sistemando la sua giacca sulle spalle. Rimasi a fissarlo qualche secondo prima di scattare verso di lui ed abbracciarlo più forte che potevo. Nascosi il viso nell'incavo del suo collo e ripresi a singhiozzare.
«Io... Io...» cercavo di parlare, di dirgli quanto mi dispiacesse ma non riuscivoa dire una sola parola mentre lui mi accarezzava i capelli e la schiena cercando di calmarmi.
«Ssh piccola, va tutto bene. Andiamo a casa, parliamo dopo. Va tutto bene» mi ripeteva. Lasciai che mi condusse fino alla macchina, dove mi addormentai praticamente subito. Dovevo essere sfinita a causa di tutte quelle lacrime e le emozioni forti provate durante la giornata.

Mi risvegliai nel mio letto a notte fonda, doveva avermici portato lui facendo attenzione a svegliarmi. Tutti i ricordi della giornata mi travolsero come una secchiata di acqua fredda e sentii il bisogno di aria. Mi avvolsi nella mia vestaglia e mi diressi verso la veranda esterna.
Solo quando uscii notai di non essere sola.
Tom se ne stava seduto sui gradini guardando il cielo. Presi ogni briciola del coraggio che avevo in corpo e mi sedetti al suo fianco, volgendo anche io l'attenzione verso il cielo tempestato da milioni di piccoli pallini luminosi. Rimasi a bicca aperta, non avevo mai visto nulla di così bello, se non in qualche fotografia. Di certo a Los Angeles non avrei mai potuto godere di un cielo stellato come questo a causa dell'inquinamento luminoso della città.
«Scusa» riuscí a sussurrare. Sentì i suoi occhi addosso, ma non riuscivo a guardarlo.
«Perchè sei scappata, Emma?» mi chiese. Solo in quel momento mi dovetti arrendere alla verità.
«Ho avuto paura» Ammisi iniziando a fissare i miei piedi.
«Hai paura di me?» chiese sconvolto. Questa volta mi costrinsi a guardarlo, non potevo dire ciò che stavo per dire senza guardarlo in quelle pozze d'argento fuso che erano i suoi occhi.
«No, non di te. Ma come ti vengono in mente certe idee? Solo che...Non voglio che tutto finisca perché sono stata troppo impulsiva. Ho avuto paura di perderti» ecco la grande verità. In tutti quegli anni avevo sempre temuto un suo rifiuto, che i miei sentimenti per lui ci avrebbero allontanati, ed io non potevo permettermi di perdere una parte così importante della mia vita.
Lui incredibilmente mi sorrise scuotendo la testa, si avvicinò per spostarmi una ciocca di capelli ribelle dietro al mio orecchio ed io mi godetti ogni istante di quel piccolo contatto. La sua mano però rimase lì con il pollice ad accarrzzarmi dolcemente la guancia.
«Sai essere così sciocca a volte... Secondo te porto tutti i miei amici in vacanza dall'altra parte del mondo?» mi chiese come se la risposta fosse ovvia. Non ci avevo mai pensato, ma aveva ragione... Ero l'unica che vedeva così spesso, e soprattutto l'unica che aveva portato in vacanza o che aveva fatto salire sullo skateboard con lui, l'unica che trattava così.
«Vuoi dire che...» cercai di formulare una frase utilizzando un termine appropriato.
«...che sono innamorato di te da quando avevo undici anni, più o meno» terminò lui avvicinandosi al mio viso sorridendo. Chiusi gli occhi e lasciai che le sue labbra si appoggiassero sulle mie. Mi sentivo le guance andare a fuoco come mai prima d'ora e scariche elettriche sembravano attraversarmi il corpo. Schiusi leggermente la bocca e iniziammo ad approfondire il bacio. Sentii la sua mano spostarsi sulla nucca e l'altra scorrere verso la mia schiena. Con un gesto fulmineo mi afferrò una coscia e mi sollevò facendomi finire a cavalcioni su di lui.
Quando ci separammo fu solamente per la mancanza d'aria, ma restammo fronte contro fronte con i respiri corti.
«Non farlo mai più, capito? Non mi sono mai spaventato tanto come oggi» mi disse serio guardandomi negli occhi. Annuii e gli lasciai un altro casto bacio a fior di labbra.
«Come mi hai trovata?» chiesi curiosa. Lui ci pensò un po' e poi scoppiò a ridere.
«Diciamo che dopo quello che ho combinato, non credo mi ridaranno la cauzione per il noleggio» disse ed io capii. Lo conoscevo il Tom arrabbiato, era uno che non avresti mai voluto metterti contro. E pensando a come l'avevo fatto preoccupare, potevo solo immaginare come aveva trattato quelli del noleggio per farsi dare la posizione GPS della macchina. Risi anche io e tornai a baciarlo con più voga.
«Hai salvato la principessa ed hai avuto persino il bacio alla fine, visto?»
Le vacanze più belle di sempre.

Note***
Buooooongiorno citriolini!!! Spero  che la storia sia stata di vostro gradimento.
Scusate eventuali errori, ma non ho avuto tempo (e voglia ad essere onesti) di correggerla.
Per qualsiasi cosa non preoccupatevi di segnalarmela o scrivermi.
Fatemi sapere cosa ne pensate con un coomento o una settina se vi fa piacere.
Bacioniiii piccole verdurine 
   
 
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