Si
strinse i lacci dello stivaletto di pelle candido, acquistato solo
alcune
settimane prima in un buon negozio di articoli sportivi. La lama
lucente e
affilata era protetta da un sottile strato di stoffa color magenta.
Sindy
si tirò in piedi, osservando il costume che indossava in
occasione della sua
prima competizione ufficiale. Le spalline le ricadevano appena sopra i
bicipiti
e, nella scollatura, un dolce color ciano era incastrato in una cascata
di
strass incastonati nel tessuto, realizzando un motivo simile alle onde
del
mare, scivolando poi come la coda di una sirena fino
all’ombelico.
Aveva
terminato l’allenamento appena mezz’ora prima, e in
pochi minuti sarebbe stato il
suo turno: il ghiaccio era diventato da poco più di sei anni
il suo amico più
fidato; l’aveva sorretta quando le lame non
l’avevano tenuta in equilibrio,
l’aveva accolta con gelido calore quando i suoi muscoli
avevano ceduto.
La
pista di pattinaggio era il luogo in cui più si sentiva
potente, nonostante
fosse grande non più di venti metri.
I
suoi desideri, per la durata di una performance, divenivano reali.
«Sei
pronta? Tra poco tocca a te».
Il
suo allenatore irruppe nel camerino senza neppure bussare. Era agitato
quasi
quanto lei, ma era evidente fossero entrambi estremamente felici.
Avevano
lavorato duro per mesi e il suo sneeuwvlokje¹,
come lui usava nominarla, aveva finalmente ottenuto la
possibilità di debuttare
sulla scena nazionale, a cui avrebbe indubbiamente seguito quella
internazionale
qualche anno più tardi.
Jan
non lo dava a vedere, ma era orgoglioso di lei e dei progressi che
aveva
compiuto.
Il
suo talento poteva finalmente offrirle un futuro degno della sua
persona.
Last things last
By
the grace of the fire and the flames
You're
the face of the future, the blood in my
veins,
[…]
'Til
it broke up and it rained down
It
rained down, like…
Sindy
prese posto nella zona riservata ai partecipanti e ai propri coach, con
aria
sprezzante.
Le
lacrime le pungevano gli occhi, desideravano fluire per poter dare
libero sfogo
alla frustrazione, l’amarezza e l’estrema delusione
nel vedere tanto lavoro sfumare
in un istante.
Sentiva
il cuore martellarle nel petto e le gambe bloccate, come se
d’improvviso il cervello
avesse perso il controllo sulla parte inferiore del corpo.
Una
caviglia le doleva particolarmente, ma il tormento più
intenso era nel suo
animo, lacerato ormai in tanti minuscoli brandelli da non poterlo
più ricomporre.
Come il suo futuro.
Un
brillante avvenire da pattinatrice era andato in frantumi davanti ai
suoi
occhi, e lei non aveva potuto fare nulla per impedirlo. Era rimasta a
osservarlo
sgretolarsi assieme a quella lama, chiaramente difettosa, che le era
scivolata
via dallo stivale durante uno dei suoi meravigliosi salchow², come solo lei
sapeva eseguirli.
«Vedrai
che ci sarà un'altra occasione» le
sussurrò Jan avvicinandosi lievemente al suo
orecchio, tentando di rassicurarla. Sindy sollevò lo sguardo
furente sulla
pista di fronte a lei: avrebbe voluto lanciargli una scarpa in pieno
volto e dirgli
che doveva lasciarla in pace, che non aveva bisogno delle sue stupide
parole di
conforto in quel momento.
Si
strinse la testa tra le mani. Non voleva vedere i risultati. Desiderava
soltanto che tutto finisse il più presto possibile,
così avrebbe potuto tornare
a casa e infilarsi sotto le coperte tiepide, come faceva sempre quando
aveva
avuto una brutta giornata.
Jan
le poggiò una mano su una spalla, osservando il suo profilo
con sincera compassione.
Capiva
bene che cosa provasse in quel momento la sua allieva: lo aveva
sperimentato anche
lui, anni addietro, e poteva ancora avvertire chiaramente il retrogusto
amaro della
sconfitta della vita.
Sindy
strattonò violentemente la sua mano, alzandosi in piedi,
dirigendosi a passo
spedito verso i camerini dove la prossima atleta attendeva il proprio
turno.
Le
lacrime cominciarono a sgorgare dalle sue iridi verde giada: era stata
un
fallimento per se stessa, aveva deluso le proprie aspettative e
rovinato la sua
promettente carriera. Da quel momento in poi, avrebbe dovuto mantenere
il
pattinaggio un semplice hobby, come ribadiva assiduamente chi aveva
fatto della
propria esistenza una mera convenienza.
Una
ragazza dai capelli color avorio uscì dai camerini a passo
svelto, accompagnata
dal proprio allenatore.
«Anja!»
gridò Sindy, scagliandola contro la parete del corridoio.
«So
che sei stata tu! È colpa tua!» le
gridò a qualche centimetro dal viso,
stringendole una mano attorno alla gola.
Entrambi
gli uomini la presero per le mani in un gesto fulmineo, liberando la
ragazza,
rossa in viso, dalla stretta della giovane pattinatrice disperata.
Sindy
si divincolò, dirigendosi all’interno dello
stanzino.
«Un
giorno pagherai a buon prezzo la tua stupida invidia!»
strillò all’estremo
delle sue forze, sbattendo la porta del camerino accasciandosi sul
pavimento.
Pain!
You
made me a, you made me a believer, believer
You
break me down, you build me up, believer,
believer
[…]
«Da
quel giorno non si fermò più»
mormorò Jan, disteso su una scomoda sedia di un
anonimo ospedale della città di Rotterdam.
«Si
allenava quattro volte a settimana per almeno due ore, nonostante lo
studio e
tutto il resto» continuò, osservando i grandi
occhi bruni che lo fissavano
dalla testiera del letto.
«Pareva
nata solo per volare, come un fiocco di neve»
mormorò l’uomo, quasi rivolto a
sé stesso.
«E
poi?» lo incitò Rickard, incantato dalla sua
storia.
Aveva
ripreso conoscenza solamente da qualche ora e aveva appena terminato di
cenare con
gusto ascoltando la storia di Sindy. Sapeva molto di lei, era
consapevole di
essere a conoscenza di fatti che nessuno immaginava, ma ignorava i
particolari
riguardanti il pattinaggio.
Rickard
non sapeva dell’esistenza di Anja, il cui nome,
però, gli suonava stranamente familiare.
«Sindy
è una persona forte come poche al mondo. È grazie
a lei se ti trovi qui»
rispose Jan, osservando il viso pieno e innocente del ragazzo, che,
nonostante
l’età, rimaneva quello di un eterno fanciullo.
Lo
udì sospirare piano. «I tuoi genitori stanno
arrivando» gli sussurrò, stringendogli
affettuosamente una mano.
«Sindy
sarà felice di sapere che sei vivo» gli disse
tirandosi in piedi, ponendo la
sedia in un angolo della stanza.
Rickard
gli sorrise, immaginando le lacrime della ragazza, la sua gioia, il suo
volto gioioso.
Avrebbe voluto disperatamente stringerla tra le braccia, le mancava
come la
sorella che non aveva mai avuto.
«Dov’è
lei ora?» chiese all’uomo, ormai già
sulla porta. Si volse a osservare i fiori
che gli aveva portato. Il loro profumo penetrava fin nelle sue narici.
Jan
rimase in silenzio per un po’, prima di sussurrare in un
sospiro: «Lontano…».
My life, my love, my drive, it came
from
(Pain)
You made me a, you made me a
believer, believer
(Believer – Imagine Dragons)
¹
“Fiocco di neve” in lingua neerlandese.
²
Un salto del pattinaggio di figura, che prende il nome dal suo ideatore
Ulrich
Salchow, pattinatore svedese e primo campione olimpico nel 1908.