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Autore: Mave    17/09/2019    1 recensioni
Un pugno e l'amicizia tra Bright e Colin sembra irrimediabilmente compromessa. Dietro quel pugno però si nascondono paure, fragilità, errori, incomprensioni...E forse anche la chiave per affrontare insieme un futuro incerto.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Bright Abbott
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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È lo sguardo concreto e realista di Amy a far vacillare l’orgoglio di Bright.

Quelle iridi, di solito cangianti come un’opale, diventate lucide sfere nere come la notte.

Appena ha colto un’esitazione, la ragazzina ha puntato i piedi decisa a parlargli con schiettezza.

“Colin sta peggiorando.”

Quelle parole lo trafiggono, lasciandolo ammutolito. Resta senza fiato, avvolgendosi il corpo con le braccia.

“Io resto!”

Il tono di Amy è così risoluto che suo fratello sembra leggermente colto di sorpresa. Ammira questa eroica giovane donna che, caparbiamente, difende la fragilità del suo vero amore.

Lo prende per mano e il calore della sua pelle lo calma più di qualsiasi parola.

“Vai da lui, Bright! Non restare troppo a lungo in questo spazio d’ombra tra l’affetto e il rancore!”


La storia miracolosa di Colin Hart sembra uno di quei mandala tibetani costruiti per poi essere distrutti.

Questa verità lo colpisce come una freccia avvelenata.

Dopo aver ostentato per giorni una forza che non ha, finalmente cede ad un pianto forte e rude, al culmine della disperazione.

È una crisi di pianto così convulsa che a Sharon si stringe il cuore quando lo trova accasciato sul pavimento del bagno, con lo stomaco sottosopra, i denti che gli battono rumorosamente e gli occhi arrossati.

Sua madre gli bagna i polsi e il viso con acqua fredda, poi preme la sua fronte contro quella di Colin.

“Sono stanco. Sono così stanco!”

Quelle parole mormorate sanno di resa incondizionata agli eventi. Con le ultime energie, si avvinghia al petto di Sharon con dita tremanti e si lascia guidare da lei, come uno sbandato senza meta.

Inghiottito da un vuoto spaventoso crolla sul letto e, con un certo sollievo, dopo poco si addormenta.


Si sveglia di soprassalto ed è subito attratto da quella sagoma nera che si insidia nella panoramica del suo sguardo obliquo.

È Bright che sfoggia un sorriso a metà. Tra torto e ragione.

Nonostante un tremendo mal di testa, Colin scatta in piedi in preda ad un moto d’orgoglio.

Ma è così fiaccato che deve lasciarsi scivolare a pochi centimetri, vicino alla scrivania, sostenendosi con la schiena alla parete.

“Cosa vuoi?”

Cerca di modulare un tono sprezzante ma la sua voce si è abbassata di qualche grado dopo il pianto prolungato.

Bright sembra aver ritrovato la sua spigliatezza e non si lascia intimorire. Con decisione si avvicina allo scatolone di ricordi, nel quale sembra che l’orologio si sia fermato alle ore felici della loro infanzia: gagliardetti di diverse squadre dell’NBA, matite smozzicate, un paio di Muppet dalla bocca grande e dagli occhi sporgenti…

“Rivoglio indietro la mia gomma-pane!”

Fruga nella chincaglieria, fino ad esibire con un sorriso trionfante quel pezzo da cancelleria a forma di spugna di mare, dall’espressione felice e di surreale entusiasmo.

Anche le labbra di Colin si piegano in un sorriso appena accennato.

“Te l’ho regalata in quarta elementare. Avevi fatto un compito che era un disastro e io ti passai le risposte corrette, sottobanco. Accludendo anche la gomma di SbongeBob, l’idolo di un bambino di otto anni!”

Serra le dita e si rialza in piedi, ingoiando il magone che ha in gola.

Sono frammenti che, messi insieme, permettono ad entrambi di ritrovare il sapore di quei giorni lontani.

“La rivoglio perché se è vero che occorrono dieci anni per imparare a scrivere bene, non basta una vita a cancellare un’amicizia come la nostra!”

Sono parole dette con il cuore, profonde e non banali, per un tipo di solito spiritoso come Bright. Adesso però è estremamente serio.

“Non volevo dirti tutte quelle brutte cose. Perdonami, Colin.”

Per un momento Colin sembra sul punto di cedere, poi la somma della disperazione e dell’incertezza che gli gravita intorno ha la meglio.

“È troppo tardi. Io non ho più niente. Niente da perdonare. Niente da perdere!”

Sono di fronte e, per un attimo infinito, è solo quello scatolone foriero di passato a dividerli finché Bright allunga la mano ad afferrare il polso dell’amico.

“Hai me. Hai noi!”

Colin arretra come se avesse appena ricevuto un pugno in pieno stomaco, cercando una distanza di sicurezza.

Deve voltargli le spalle prima di pronunciare quelle parole che colpiscono come una coltellata alla schiena.

“Sto morendo, Bright!”

È come essere risucchiato in un buco nero e qualcosa, disormeggiato da una grande profondità, risale la gola di Bright in un fiotto aspro.

Non riesce a camuffare il suo terrore mentre la voce stanca di Colin scandisce quel crudele spelling.

“Sto. Morendo.”

   
 
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