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Autore: Iuccy_97    18/09/2019    1 recensioni
C'erano molti dettagli che rendevano Ben e Poe simili. I capelli neri portati lunghi, l'abitudine ad agire d'istinto, il fatto di essere figli di eroi della ribellione e di essere cresciuti, volenti o nolenti, in famiglie che non potevano dimenticare il loro passato in guerra e in politica. Figli di genitori che erano stati grandi, difficili anche solo da eguagliare.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Poe Dameron, Principessa Leia Organa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'erano molti dettagli che rendevano Ben e Poe simili. I capelli neri portati lunghi, l'abitudine ad agire d'istinto, il fatto di essere figli di eroi della ribellione e di essere cresciuti, volenti o nolenti, in famiglie che non potevano dimenticare il loro passato in guerra e in politica. Figli di genitori che erano stati grandi, difficili anche solo da eguagliare.
Prima della morte di Shara in realtà non si erano mai parlati o visti. Una volta, forse, Poe si era affacciato alla culla di un piccolo Ben ancora in fasce, ma era troppo preso dall'eccitazione per l'incontro tra i grandi generali e comandanti della ribellione per dedicare attenzioni ad un bebè.
Dopo la morte di Shara, tutto era cambiato. Non solo la vita quotidiana, i pasti silenziosi attorno ad una tavola vuota per un terzo, i giochi su un’ala A verde fermo nell'hangar. Anche le relazioni e le amicizie del padre.
Leila aveva promesso che la donna non venisse dimenticata e spesso piccoli gesti da parte della famiglia Skywalker facevano capolino nella loro casa su Yavin 4: gli auguri per il compleanno di Poe, inviti a rimpatriate per Kes, proposte, possibilità. Tutto per far dimenticare, anche solo per un attimo, il dolore della perdita.
Così, quando fu maggiorenne, Leia sembrò la persona perfetta per Poe a cui chiedere consiglio.
La andò a trovare il giorno del suo compleanno, raggiungendola su Chandrila.
Atterrando sulla piattaforma personale della donna, Poe la vide ad attenderlo sul sottile camminamento che collegava la struttura all'edificio principale. Accanto a lei, un ragazzino, che immaginò essere il figlio.
-Poe! Quanto tempo!- esclamò la donna, appena il giovane aprì il tettuccio dell'astronave.
Questo le fece un grande sorriso da sotto il casco e saltò agilmente a terra.
-Quasi due anni.- rispose, abbracciando finalmente la donna.
-Come sta tuo padre?-
-Bene. Ancora meglio quando gli dirò che sono arrivato sano e salvo.-
-Primo volo intersistema?-
-Il primo così lungo.-
Il pilota si girò poi verso il ragazzo. Era alto, ma il viso dimostrava tutta un'altra età. Calcolò che dovesse avere più o meno dieci anni.
-Ciao.- gli disse, rivolgendogli un grande sorriso.
L'altro borbottò una timida risposta.
-Vieni dentro Poe, ci penseranno gli addetti a sistemare l'ala A. Vedo che lo tratti bene. Sembra che non sia passato un giorno da quando volava sopra Endor.- disse Leia, incamminandosi verso l'interno.
-Beh, ammetto di averlo ammaccato, le prime volte che lo pilotavo. Ma me ne sono sempre preso cura, sostituendo i pezzi rotti e lavorandoci su quotidianamente. Ci tengo troppo perché si rovini.-
Entrarono negli appartamenti della donna, che fece accomodare il giovane su un divanetto. Una cameriera gli offrì da bere, e lui accettò di buon grado. Le ore di viaggio nel piccolo abitacolo disidratavano moltissimo i piloti, era fondamentale che prendesse subito qualcosa.
-Non c'è Han?- chiese gentilmente.
-No, è con Chewbecca nell'orlo esterno in missione diplomatica. Fa da scorta ad un ambasciatore. Ma dimmi.- la donna gli si sedette di fronte, arrivando direttamente al punto -Di cosa volevi parlarmi?-
Poe rimase colpito da tanta schiettezza, ma speranzoso di poter essere altrettanto diretto.
Il piccolo Ben, intanto, si sedette accanto alla madre.
-Voglio diventare un pilota.- disse, deciso.
-È una carriera interessante. Ma devi essere più specifico, ci sono mille modi in cui puoi diventare pilota: di linea, di mercantili, privato…-
-Nell'esercito. Voglio entrare a fare parte dell'esercito della nuova Repubblica.-
La donna esitò.
-Poe, io non metto in dubbio le tue capacità…-
-So pilotare benissimo. Lo so fare da quando ho otto anni. Certo, solo l'ala A, ma quanto sarà difficile un altro modello?-
-Poe, stai calmo. So quello che sai fare. E se avessi anche solo metà del talento di tua madre, supereresti sicuramente le selezioni. Voglio solo che tu lo faccia con consapevolezza.-
-Cosa significa?-
-Sei sicuro di volerlo fare? L'esercito non è uno scherzo e lo sai. Ma soprattutto, lo fai perché lo vuoi o per onorare tua madre?-
La domanda colpì il giovane come una spinta in pieno petto.
Anche Ben si accorse del disagio in cui si trovava e lo fissò direttamente negli occhi.
-Io… io so fare solo questo. Mia madre me l'ha insegnato e mia madre me l'ha fatto sognare. Lo desidero da quando avevo tre anni. Penso che la risposta sia: entrambe. Devo farlo per me, perché ne sono capace, e per mia madre.-
La donna sospirò e si portò più in avanti sul divano, inclinando la schiena in avanti.
-Io voglio solo che tu sia felice e che faccia questo passo importante senza sentirti obbligato. Tua madre dovrebbe essere come una mano sulla spalla per aiutarti, non come un fantasma che ti perseguita, lo sai vero?-
Poe annuì, chinando il capo.
-Ma se ne sei convinto, andiamo avanti.- proseguì Leia -Sei venuto fin qui solo per questo? Ne dubito.-
-No. Volevo chiederti se potevi aiutarmi a trovare un posto in cui stare fino alle selezioni, tra quattro giorni. Conosco solo te.-
-Ma certo, Poe. Puoi restare qui tutto il tempo che vuoi. Mi sembra il minimo che io possa fare.- disse la donna, allargando le braccia come per indicare tutto l'appartamento.
-Sei sicura? Io pensavo di stare…-
-Certo. Ti farò preparare la camera degli ospiti. Resta finché hai bisogno.-
-Beh, la prossima settimana verranno comunicati i risultati. Se mi prenderanno andrò a vivere in accademia.-
-Non preoccuparti ora, pensiamo al presente. Ben, accompagnalo a vedere dove si trova la sua camera. Io vado a chiedere che scarichino le sue cose e gliele portino.-
-Non c'è fretta, davvero…-
-Vai, Poe, devi riposarti dopo questo lungo viaggio. Non voglio sentire scuse.-
Così, il giovane si trovò pochi secondi dopo in uno dei lussuosi corridoi dell'edificio, con il piccolo Ben che gli camminava accanto, taciturno.
-Così tu sei Ben…- iniziò Poe, imbarazzato dal silenzio -Sai, quando ti ho conosciuto eri appena nato.-
-Come fai a conoscermi?-
-I nostri genitori erano amici. Hanno combattuto insieme nella battaglia di Endor e mia madre è stata per un periodo pilota personale della tua.-
-È lei che ti ha insegnato a pilotare?-
-Sì. E tuo papà? Ti porta mai sul Millennium Falcon? Dicono tutti che sia una bellissima nave.-
-Non tanto. È spesso fuori casa e poi a me non piace pilotare.-
Poe rabbrividì all'idea di qualcuno che non avesse la pelle d'oca ogni volta che appoggiava le mani sui comandi o sentiva il motore vibrare sotto di sé. Ma finalmente il bambino parlava e non voleva offenderlo.
-Ah, capisco. E cosa fai di bello?-
-Sono un Jedi. Sono in addestramento da mio zio Luke, ma sono tornato a fare visita ai miei per qualche settimana.-
Ascoltandolo, Poe si ricordò di aver già sentito quella storia, era famosa in tutta la galassia, ma non lo interruppe.
-Ma è fantastico. Mi farai vedere qualche trucchetto allora.-
Il ragazzo si fermò, tese il braccio sinistro e la porta di fronte a loro si socchiuse.
-Siamo arrivati.- disse con un sorriso divertito sul volto.
Poe si voltò a fissarlo, sorridente.
-È incredibile. È la prima volta che vedo una cosa simile.-
 
Più la permanenza del giovane Dameron durava, più Ben detestava l'aspirante pilota.
Detestava la sua risata, la sua capacità di dire sempre la cosa giusta al momento giusto, il suo senso dell'umorismo, come tutti erano incantati dai suoi racconti. Ma più di tutto, odiava come riusciva a monopolizzare le attenzioni di sua madre.
Glielo aveva fatto presente, il terzo giorno.
-Ben, non essere geloso.- gli aveva risposto -È nostro ospite e dobbiamo trattarlo bene.-
Lui però pensava che all'interno delle buone maniere verso gli ospiti non rientrassero le domande sulla sua vita e i continui commenti riguardo alla somiglianza fisica col padre e al coraggio ereditato dalla madre.
-Sei proprio uguale a loro.- diceva sempre -Sentir parlare te è come tornare indietro di vent'anni.-
Ben osservava la mamma richiamare i ricordi degli anni della guerra e sognare di essere ancora giovane. Ben la osservava e contava i giorni che mancavano al suo ritorno al Tempio Jedi, in cui il suo addestramento sarebbe ricominciato e non la avrebbe più rivista per alcuni mesi. Ben osservava Leia fare da mamma ad un altro ragazzo, più grande, pieno di speranze, esattamente ciò che lei voleva essere.
-Mamma.- le disse una sera, mentre lei gli rimboccava le coperte.
-Dimmi.-
-Dai la buona notte anche a Poe?-
La donna sorrise.
-Certo, quando va a dormire. Si chiama buona educazione.-
-Ma lo accompagni in camera e gli rimbocchi le coperte come fai con me?- chiese ancora, preoccupato.
-Ma no, sciocchino. Poe è grande, non ha bisogno di essere portato a letto. Gli dò la buonanotte prima che vada nella sua stanza, quando ci salutiamo. Perché queste domande adesso?-
-Perché mi sembra che tu guardi più lui che me.-
Leia sospirò.
-Non dire così, Ben. Forse sono un po' affettuosa con lui, ma sai benissimo che ti voglio bene sopra ogni cosa. Sei mio figlio, non posso amare nessuno più di quanto ami te.-
Fece una pausa, seguendo col dito la trama delle lenzuola del ragazzo.
-La mamma di Poe è morta tanti anni fa, quando tu eri appena nato. Lui è cresciuto senza la mamma, capisci? Volevo solo che ne avesse una per qualche giorno, prima del test dell'accademia militare. È un momento importante per lui e non voglio che si senta solo, è chiaro?-
Ben annuì.
-Adesso dormi tranquillo. Domani Poe sarà via tutto il giorno per gli esami e io sarò tutta tua. Sei felice?-
-Sì.-
-Buona notte allora.-
-Buona notte.-
Leia stampò un dolce bacio sulla tempia del figlio e si alzò. Rimase sulla porta un istante per guardarlo rigirarsi tra le coperte, poi spense le luci e uscì.
 
Quando Ben si era allontanato dal tempio di Luke, Leia aveva ripensato spesso alla conversazione avuta col figlio molti anni prima. Forse la colpa dello spargimento di sangue dei padawan e della fuga del fratello era sua. Non aveva amato abbastanza il figlio. Si era sentito solo e vulnerabile, fragile di fronte alle tentazioni di Snoke.
D'altra parte, ogni volta che incrociava Poe nella base, non poteva fare a meno di vederlo come un figlio. Tutto la confondeva. I capelli neri e lunghi, schiacciati e sudati per colpa del casco. L'indole avventata, che avrebbe potuto aver ereditato da Han, così come il talento con le astronavi e la battuta facile.
Lo amava come un figlio. Era severa e dolce con lui, come una madre avrebbe dovuto fare. Lo rimproverava e gli insegnava ad essere un comandante, preparandogli il posto in plancia, e allo stesso tempo era la persona seduta in prima fila alla cerimonia dell'arruolamento e quella che lo aveva invitato a cena la sera stessa della sua prima missione.
Ma Poe non era suo figlio. E forse essersi concentrata così tanto su quel ragazzo pieno di potenzialità gli aveva fatto perdere di vista ciò che aveva davvero. Aveva sempre desiderato che suo Ben diventasse così, ma non lo era. E lei forse non aveva mai accettato qualcosa di diverso dal suo sogno, da quell'immagine sbiadita di sé, Luke e Han ancora giovani che vedeva in Poe.
Sentiva di aver fallito come madre, di non essere riuscita a guidare il figlio verso il futuro che meritava e ora erano divisi dal fronte di una guerra.
Pensava a quanto aveva odiato suo padre. A quanto le era parso crudele l'uomo che avrebbe dovuto amare e ammirare.
E sperava di non essere per Ben ciò che Anakin era stato per lei.
 
Quando i due soldati gli portarono il pilota della resistenza, Kylo Ren lo riconobbe immediatamente, ma non parlò. Rimase anzi in silenzio, ad osservare l'uomo che assomigliava ogni giorno di più ad Han Solo, ma di cui non era figlio.
I capelli neri, la lingua tagliente, la sfrontatezza. Era ovvio che venissero scambiati.
Poe Dameron assomigliava a Leia e Han più di quanto Ben sarebbe mai potuto diventare. Per questo Ben era morto. Non era all'altezza delle loro aspettative.
-Portatelo via.- disse, tirandosi in piedi, immaginando cosa quell'uomo potesse sapere.
Non ne aveva più sentito parlare, non sapeva nemmeno che fosse entrato a far parte della resistenza. Ma sarebbe stato una miniera d'informazioni, di sicuro essere sotto l'ala di Leia lo aveva portato a fare carriera.
Mentre, circondato dai rumori del massacro, tornava verso la nave, rifletté sul posto che gli era stato rubato e sulla possibilità che aveva di vendicarsene.
Qualcosa lo distolse dai suoi pensieri e fissò un soldato, immobile a fissare gli abitanti del villaggio. Poi riprese a camminare. Non si sarebbe vendicato. Di quel posto in famiglia, nemmeno gliene importava.
Non si sarebbe accanito su colui che meritava di essere amato e coccolato. Il figlio perfetto, con un futuro ben chiaro, una carriera brillante e degli ideali nobili. Lui era davvero degno di avere dei genitori amorevoli.
Avrebbe ignorato l'invidia che provava verso di lui, la gelosia che lo aveva consumato per anni e che aveva scavato il passaggio per Snoke. Ma la guerra era guerra. E come Vader aveva distrutto Aldeeran e Bale Organa, lui avrebbe distrutto Poe Dameron, se fosse stato necessario.
 
 
 
 
Angolo autrice
Ciao a tutti! Prima storia sul fandom di Star Wars, non sapete quanto sono spaventata. Per quanto possa amare questo universo, è talmente ampio che ho sempre paura di perdermi un libro/fumetto/serie e scrivere delle scemenze. Ma questa storia era nella mia testa da troppo tempo perché potessi ignorarla ancora a lungo.
Ho fatto le mie ricerche, abbastanza approfondite su Poe: ho letto sia i fumetti su di lui che sui suoi genitori e mi sono studiata tutta Wookiepedia, quindi spero di essere nel giusto. Il suo personaggio mi ha sempre incuriosito. Si fa nel complesso poco tempo sullo schermo, eppure è inserito nella triade dei personaggi, quindi deve esserci qualcosa di più del pilota testa calda. Quello che più mi ispira è il suo rapporto con Leia, i loro litigi e i loro sorrisi, che fanno intravedere un bellissimo legame. Quando lei lo degrada nell’ottavo episodio, l’immagine che mi appare è quella di una madre che mette in punizione il figlio. Ha fatto una scemenza, è giusto che rifletta sulle sue azioni. Riavrà il suo ruolo quando avrà capito la lezione.
Leia conosce Poe fin da piccolo ed è lei che lo convince a passare dall’esercito della nuova Repubblica alla Resistenza, quindi immagino che ad un certo punto della loro vita i due si siano dovuti per forza avvicinare perché ci fosse sufficiente confidenza da farlo licenziare. Ho immaginato che questo momento fosse avvenuto intorno ai diciotto anni di Poe, quando si arruola (esiste la maggiore età in quella galassia lontana lontana?) perché non mi veniva in mente un buon motivo per cui il ragazzo si sarebbe dovuto allontanare da Yavin e lasciare solo il padre. Ben ha sette anni in meno di lui e si ritrova in mezzo ai piedi un ragazzone affascinante e abile proprio nel momento in cui a lui stanno spuntando i brufoli. Ormai la sua sensibilità alla forza è evidente e immagino sia già stato spedito da zio Luke per farsi addestrare. Quindi deve anche affrontare l’allontanamento da casa e l’assenza di Han (solo io ho la sensazione che lui e Leia, per quanto ancora innamorati, siano come separati in casa?). Troppe cose per la testolina di un ragazzo già fragile e difficile di suo, cresciuto all’ombra dei genitori. Poe è la goccia che fa traboccare il vaso, che lo fa sentire ancora più abbandonato di quanto sia già.
Con ciò, non volevo far apparire Leia senza cuore, ma lei è istintivamente una mamma (guardate con quanta dolcezza tratta Rey, che eppure conosce da due minuti) e vuole solamente aiutare Poe. Sa cosa significa crescere senza genitori e vuole solamente farlo sentire amato. Ma quando Ben diventa Kylo, immagina quanto sarebbe facile la sua vita se suo figlio fosse Poe. Un po’ come, perdonate il paragone, i genitori di bambini con gravi malattie che accettano a fatica la loro condizione. Non significa che non amino i loro figli, solo sono consapevoli che sarebbero molto più sereni se non fossero una loro responsabilità.
Con queste note lunghissime, passo e chiudo. Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui, se trovate qualche errore fatemelo sapere, non solo grammaticale ma anche per il contesto!
Saluti!!:)
   
 
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