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Autore: LazyBonesz_    19/09/2019    1 recensioni
Sognare è il peggior incubo di Eren Jaeger. Crearsi aspettative, immaginare un futuro impossibile - o possibile, se solo si mettesse in gioco - è il suo più grande tormento.
E ogni volta è la stessa storia. Basta trovarsi in una situazione qualunque e la sua mente inizia a progettare, immaginare, creare castelli in aria. Poi c'è l'entusiasmo, l'eccitazione che magari possa davvero capitare qualcosa. E la delusione lo coglie sempre impreparato. La sensazione di essere un illuso senza speranza è terribile e impossibile da evitare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sognare è il peggior incubo di Eren Jaeger. Crearsi aspettative, immaginare un futuro impossibile - o possibile, se solo si mettesse in gioco - è il suo più grande tormento. 
E ogni volta è la stessa storia. Basta trovarsi in una situazione qualunque e la sua mente inizia a progettare, immaginare, creare castelli in aria. Poi c'è l'entusiasmo, l'eccitazione che magari possa davvero capitare qualcosa. E la delusione lo coglie sempre impreparato. La sensazione di essere un illuso senza speranza è terribile e impossibile da evitare. 

Quando era più piccolo tutti lodavano la sua fantasia, il suo riuscire a giocare da solo, senza nessun oggetto, solo con la propria mente come compagna. E certe volte era così pieno di idee da doverle riporle da qualche parte. Disegnava, scriveva, sognava sempre di più. 
Poteva sfuggire dalla realtà semplicemente guardando fuori dalla finestra ed una gran bella cosa. 

Crescendo le cose cambiarono notevolmente. E l'inizio di ogni anno scolastico era una tortura. Non riusciva proprio a non farsi aspettative, a dispetto di quelle frasi che leggeva su internet in proposito. E si sentiva uno stupido nel dare ragione a quelle parole senza poi metterle in pratica. 
I suoi amici andavano avanti con la loro vita, facevano esperienze, conoscevano persone in brevissimo tempo. E chi non era così estroverso era pur sempre meglio di lui. Trovava il coraggio e faceva un passo alla volta mentre gli unici passi che Eren faceva erano tutti nella sua mente. 

Eppure non avrebbe dovuto lamentarsi, si ripeteva, economicamente non stava male, poteva permettersi di studiare senza lavorare, aveva degli amici, faceva sport, usciva spesso e aveva tante, troppe, passioni. Però - c'era sempre un però - spesso e volentieri desiderava qualcosa in più. Avrebbe tanto voluto che uno dei suoi sogni diventasse realtà.

Quella tarda mattina autunnale si trovava nel pullman che lo avrebbe portato a casa dalla facoltà. Ascoltava la musica, cercando di non addormentarsi sul sedile che sembrava piuttosto comodo al momento. Era il primo giorno della settimana, gli era consentito avere sonno, no?
Sollevò lo sguardo dal suo telefono. C'erano parecchie persone in quella vettura e decise di dare sfogo al suo passatempo preferito: immaginare la vita degli altri. Dove abitavano? Che lavoro facevano? Quante lingue parlavano? Quali erano le loro più grandi paure?
Essere un sognatore aveva dei lati positivi ma i confini tra il divertimento, l'eccitazione e poi la delusione erano labili e poco precisi. 
Il suo sguardo si soffermò su un ragazzo con una borsa sportiva. I loro occhi si scontrarono ed Eren iniziò a immaginare la sua vita.

Succedeva sempre così, per caso, un po' ovunque ma sopratutto nei luoghi che frequentava spesso. Gli bastava che qualcuno lo guardasse un po' più intensamente o sembrasse avere qualcosa in comune con lui. Magari leggeva un libro che lui adorava, indossava la maglietta della sua marca preferita o, come in quel caso, sembrava uno sportivo. 
E allora si immaginava di essere amico di quella persona. Si immaginava innamorato di quella persona. 

"Eren, devi renderti conto che nessuno è perfetto. Tu vuoi qualcuno che la tua mente crea, non qualcuno che esiste", gli diceva sempre il suo migliore amico Armin, la persona con cui passava la maggior parte del tempo. E lo sapeva che aveva ragione, la sua tendenza a idealizzare le persone era deleteria. 

La conseguenza era sempre la delusione. 

Le poche volte in cui riusciva a parlare con qualcuno che gli sembrava interessante, il suo castello crollava. Spesso quella persona non era per niente come la sua mente l'aveva immaginata. Ed era normale e giusto che fosse così ma proprio non riusciva a non sentirsi deluso. 

"Vedi tutto in negativo, apri un po' di più i tuoi orizzonti, le persone possono stupirti."

"Forse sono io il problema, anzi ne sono sicuro, non riesco a non crearmi aspettative e probabilmente non sono per niente interessante. Nessuno immagina qualcosa con me." 

E Armin avrebbe voluto sbattergli un libro in testa quando era così pessimista e chiuso nei suoi dubbi. Eren era la persona più particolare che avesse mai conosciuto. Divertente, sveglio, pieno di passioni, onesto, sincero. Lo stupiva sempre ed era impossibile annoiarsi al suo fianco. 
Aveva certamente altrettanti difetti come essere una dannata testa calda ed essere cieco davanti a tutte le persone che avrebbero voluto seriamente conoscerlo. 
Come quel tipo, Jean, che gli sbavava dietro da un anno e che lo aiutava in ogni esame. Ma era una partita persa. 

"Devi dare una possibilità alle persone", aveva sospirato Armin, "e spesso qualcuno che all'inizio non sopporti può diventare una parte fondamentale della tua vita."

Eren ripensò alla conversazione mentre scendeva dal pullman, raggiungendo casa propria. 
Una volta giunto davanti al cancello sentì degli schiamazzi provenire dal cortile. Doveva essere suo fratello Zeke assieme agli amici. 
Sospirò, infilando la chiave nella serratura per entrare. Salì i pochi gradini che lo separavano dal portone e finalmente si ritrovò a casa, in un posto sicuro. 

"Ciao, Eren", disse una voce familiare, proveniente dalla cucina. Il migliore amico di Zeke, Levi Ackerman, si stava versando un bicchiere d'acqua. 

Eren aveva sempre considerato suo fratello come la persona più pigra del mondo, per quanto riguardava lo studio. Aveva a malapena il diploma e lavorava in una pizzeria lì vicino. 
Il suo passatempo preferito era uscire con gli amici e invitarli a casa, almeno cinque volte a settimana. 

"Hey", rispose a quel ragazzo che conosceva da anni. Levi si era trasferito a causa della separazione dei suoi genitori e ora viveva con sua madre. Quando tornava nella sua città natale passava tutto il tempo con Zeke: era come avere un secondo fratello. 

E Levi era tutto l'opposto di Eren. Aveva una famiglia disastrata, quando era ragazzino spacciava e probabilmente aveva anche fatto uso di altre droghe oltre all'erba, non aveva un diploma e dormiva più di giorno che di notte. 
Eren lo considerava una persona con cui non poteva essere compatibile nonostante la conoscenza di lunga data. 

Levi bevve il suo bicchiere d'acqua e tornò in cortile dai suoi amici, a ridere e fumare come facevano di solito. 
Invece lui si chiuse in camera, decidendo di portarsi avanti con lo studio per dare più esami possibili durante la sessione invernale. 

***

Levi rimase a cena più di una volta ma ad Eren non dispiacque. Nonostante il carattere un po' burbero gli faceva piacere scherzare con lui. Si scambiavano delle battute e si divertivano a prendere in giro Zeke. 

Dopo aver sparecchiato, rimase da solo con l'amico di suo fratello mentre quest'ultimo era andato a cambiarsi. 

"Tu vai all'università, vero?", chiese il più grande, prendendo una sigaretta dal proprio pacchetto per accenderla. Avevano mangiato in cortile poiché, nonostante fosse autunno, faceva ancora caldo. 

"Esatto", rispose l'interpellato, decidendo di sedersi su una delle sdraio vicino al tavolo. Levi iniziò a domandargli qualcosa sugli esami e su come funzionasse tutto il sistema. 

"Hai intenzione di iscriverti? Serve il diploma, in ogni caso", commentò Eren. 

"Lo so, sto facendo le scuole serali per riuscire a prenderlo. Ho fatto troppe cazzate da ragazzino", gli raccontò Levi, portando nuovamente la sigaretta fra le labbra. 
Il più giovane schiuse le labbra sorpreso, non si sarebbe mai aspettato una rivelazione del genere. 

Zeke interruppe la loro chiacchierata piacevole, dicendo all'amico di muoversi a fumare quella dannata sigaretta. 

"Non possiamo rimanere ancora un po'?", domandò il ragazzo, buttando il mozzicone nel posacenere. Dopo quella domanda posò il suo sguardo su Eren, per vari secondi, come se fosse il motivo per cui voleva rimanere lì. 

E l'immaginazione di Eren partì in quarta, chiedendosi se, in qualche strano modo, Levi fosse interessato a lui. Magari voleva essergli amico o qualcosa che vi si avvicinava. 
Ma no, non poteva essere, erano completamente opposti. Come il nero e il bianco. 

"Gli altri ci stanno aspettando", borbottò Zeke, iniziando ad innervosirsi. 

E ancora una volta Levi guardò Eren sembrando sinceramente dispiaciuto di doverlo lasciare lì, in quel cortile. 
Si alzò dalla sedia in plastica e si avvicinò al suo migliore amico, borbottando un "ciao, ci vediamo a Natale", senza neanche voltarsi. 

Eren rispose timidamente prima di rimanere solo in cortile con sua madre che lavava i piatti in cucina. 

Era sicuro, non poteva essere interessante agli occhi di Levi. Anzi, il contrario, era noioso. Un ragazzo che studiava e non faceva mai nulla di oltraggioso, oltre i propri limiti. Al massimo fumava dell'erba ma poi, chi è che non lo faceva?

***

"Come se la passa Levi?", chiese Carla durante la cena di Natale, dopo aver saputo che sarebbe tornato il giorno dopo per passare le feste con l'altra parte della sua famiglia. 

"Bene, bene, sta meglio là che qua", commentò Zeke, versandosi un altro po' di vino nel bicchiere. Era una cena piuttosto intima per essere una cena di Natale. I partecipanti erano solo tre: Eren, Zeke e Carla. Nonostante quest'ultimi non fossero parenti consanguinei la donna si era presa carico di quel ragazzino dopo la morte di entrambi i suoi genitori. 

"Sta frequentando la scuola serale per prendersi un diploma", riprese Zeke, facendo sorridere ampiamente Carla. 

"Se ci avesse pensato prima...", borbottò Eren, girando con una forchetta la pasta presente sul suo piatto. Proprio non sopportava chi non riusciva a finire la scuola con scuse come "non era una cosa fatta per me". Beh, a nessuno piace andarci, quale novità. 
Sapeva di risultare un po' noioso e con il tempo aveva leggermente cambiato idea, affermando che la colpa era più del poco efficiente sistema scolastico che degli studenti. 

"Non fare lo sfigato", lo rimproverò Zeke. 
Eren alzò gli occhi al cielo e si morse la lingua per evitare di rispondere alla provocazione. A suo fratello piaceva chiamarlo così quando si innervosiva. 

"Ah! Ha anche una ragazza ora!", si animò all'improvviso, catturando l'attenzione degli altri due a tavola. 
Carla ne sembrò subito contenta mentre suo figlio non proprio. Avrebbe dovuto rimanere indifferente davanti a quella scoperta ma, nel profondo, si sentì deluso, come se un'altra delle sue bizzarre aspettative fosse crollata. 

Cambiarono argomento e quella sensazione fastidiosa svanì ed Eren riuscì a scherzare con la sua famiglia, parlando del più e del meno. 

"Come si chiama?", chiese all'improvviso Eren, mentre sua madre si trovava in bagno e non poteva sentire quella conversazione. 
Zeke aggrottò la fronte, non capendo di chi si stesse parlando, ma poi si illuminò. 

"Petra... Petra Ral, mi pare. Perché?", domandò curioso, incrociando le braccia sul tavolo e fissando Eren. Il giovane alzò le spalle, fingendo indifferenza. 

"Così, curiosità."

"Mi sembra che avesse una cotta per te. Oddio chiamarla cotta è troppo, però gli interessavi. Non che me lo abbia mai detto direttamente però mi chiedeva spesso di te", raccontò Zeke, sorprendo l'altro. 

Eren si mordicchiò il labbro inferiore, evitando di sorridere. Levi interessato a lui? Che storia assurda e impossibile. Erano incompatibili. Lui era uno sfigato, come ribadiva Zeke anche troppo spesso, e Levi era affascinante. Ma non era comunque il suo tipo, troppo problematico, con gusti opposti. Sarebbero entrati in conflitto ogni due secondi. 
Non sapeva neanche perché stesse immaginando una relazione con lui, come se questo fosse possibile. Levi aveva una ragazza, era lontano da casa e non era il suo tipo, assolutamente no. Eppure Armin gli aveva detto di aprire i suoi orizzonti, di non interessarsi di qualcuno solo perché adora la sua stessa musica. 

"Eren, ci sei?", ridacchiò Zeke davanti l'espressione assorta del fratello. Stava fissando il tavolo, in balia della sua forte immaginazione e dei mille scenari che la sua mente creava. 

Certo che la vita era ironica, proprio un tipo come Levi doveva interessarsi a lui. 

***

Eren aveva rivisto Levi durante le vacanze di Natale e si erano scambiati dei saluti, qualche battuta e molti sguardi. Ma la cosa finiva lì. 
Nessun strano messaggio subliminale che facesse capire ad Eren che l'altro fosse ancora interessato a lui. 

E come ogni volta Levi ripartiva, tornando in quella città lontana dalla sua ragazza, sparendo anche dai pensieri di Eren. 

Ben presto arrivò l'estate e assieme ad essa la fine delle lezioni con l'inizio degli esami. 

Eren stava studiando in cortile - di mattina c'era ancora fresco - quando Zeke aveva annunciato il ritorno di Levi e il fatto che sarebbe rimasto un mese intero. 
Carla gli aveva parlato in merito a qualcosa riguardo alle feste e ai limiti che doveva porsi. 
A quel punto Eren aveva smesso di ascoltare, cercando di studiare. 

Nei giorni seguenti vide Levi tantissime volte, come sempre. Rimaneva a casa loro quasi tutto il giorno, parlando di chissà cosa con Zeke. Poi uscivano la sera con gli altri amici. 

Una sera rimase a dormire a casa loro dopo l'ennesima festa a cui avevano partecipato. Ed Eren se ne accorse nel modo più stupido e imbarazzante del mondo. 
Faceva caldo a casa sua e preferiva dormire indossando dei boxer per non doversi rigirare fra le coperte umide di sudore. 
Quella notte faceva più caldo del solito e la pizza mangiata a cena gli aveva procurato una gran sete. 
Scese le scale, facendo piano per non svegliare sua madre che aveva un sonno piuttosto leggero, ed entrò in cucina. 

Quasi urlò nel trovarsi davanti una figura totalmente vestita di nero. 

Si portò una mano al petto, riconoscendo Levi che invece, iniziò a ridere. 

"Non sono un ladro", mormorò e poi accese la luce per permettere ad entrambi di vedere meglio nell'oscurità della cucina. 

"Dio, stavo per avere un infarto", borbottò il ragazzo, camminando verso il ripiano dei bicchieri per prenderne uno. 

"Oh, sei cresciuto." 

Il silenzio cadde fra di loro, riempito semplicemente dal ticchettio dell'orologio della cucina e da qualche macchina che passava ogni tanto per la strada. 
Quanto avrebbe desiderato, Eren, di aver indossato almeno una maglietta e non solo dei boxer che, tra l'altro, avevano una stampa tremenda e infantile. Delle tartarughe. 

Divenne completamente rosso e con le mani che tremavano si versò dell'acqua e bevve, cercando di mandar via l'imbarazzo. Dopotutto era semplicemente Levi, lo conosceva da quando era un bambino. Magari lo avrà visto pure nudo e non se lo ricordava. 
Il pensiero gli fece andare l'acqua di traverso e iniziò a tossire. 

Una mano diede piccoli colpi alla sua schiena nuda ed Eren portò lo sguardo sulla figura che lo stava mandando fuori controllo. 

"Prima un infarto e ora rischi di annegare", lo prese in giro Levi, scostando la mano dalla schiena del giovane ma senza allontanarsi. 

"Asfissiato", mormorò Eren, osservando l'abbigliamento dell'altro. Sembrava davvero un cattivo ragazzo in quel momento, con quei vestiti scuri e lo sguardo penetrante. 

"Eh?"

"Asfissiato, non annegato", si spiegò Eren, "credo sia così", continuò timidamente. 

"Uhm, non credo sia così importante."

Lo sguardo di Levi accarezzò Eren, abbassandosi sempre di più fino a poggiarsi su i boxer del ragazzo. 

"Carini, comunque, ne hai un paio anche per me?", ridacchiò, facendo diventare l'altro nuovamente rosso. 
Si coprì il viso con le mani e cercò di uscire dalla cucina per tornare a letto e morire nella sua stessa vergogna. 
Ma una mano bloccò le sue intenzioni, avvolgendo saldamente un suo avambraccio. 

"Ti va di fumare? Stavo andando a fare quello, magari mi fai compagnia. Non so se riesco a dormire dopo aver visto quei boxer", propose il più grande con un ghigno sulle sue labbra. 

Eren alzò gli occhi al cielo ma poi annuì, non c'era nulla di male nel fare compagnia alla persona che iniziava a vedere sotto un'altra prospettiva, giusto?

Uscirono in cortile e presero posto sui gradini oltre la porta. Levi prese la sigaretta che poco prima si trovava dietro al suo orecchio destro, quello pieno di piercings. 
La sistemò fra le labbra e l'accese. L'odore di fumo iniziò ad avvolgere entrambi. 

"Come vanno le cose?", domandò il più grande dopo aver fatto uscire il fumo dalla sua bocca, voltando lo sguardo sul ragazzo al suo fianco. 

"Non male, non ho una vita così movimentata", borbottò Eren. In effetti non era successo nulla di nuovo ed eclatante, dunque non aveva un granché da raccontare. 

"Sicuramente la tua sarà più interessante", continuò, incrociando lo sguardo di Levi che scrollò le spalle. 

"Un tempo credevo che fosse figo fare certe cose, sai? Ora mi sto pentendo e ti invidio un po'."

Eren ridacchiò, scuotendo la testa, e si appoggiò alla porta dietro di loro. La sensazione del vetro fresco sulla sua pelle bollente non era male. 

"Non faccio niente di che tutto il giorno", sospirò, sollevando lo sguardo verso il cielo. Si trovava a suo agio, si sentiva bene, di fianco a una persona così diversa da lui. Una persona che sembrava nascondere così tante cose che lo incuriosivano. Una persona che si stava rivelando ai suoi occhi e che non era per niente male. 

"Sarà anche così ma sai cosa vuoi fare in futuro, hai dei buoni amici che ti dicono dove sbagli, hai viaggiato spesso, sai tantissime cose e... sei interessante, Eren. Non sei una copia di qualcun altro", disse senza neanche guardarlo, forse perché quella confessione era un po' troppo imbarazzante e personale. 

"Neanche tu sei la copia di qualcuno", mormorò il ragazzo, ancora sorpreso da quelle parole. A parte Armin nessuno gli aveva mai detto di essere interessante. 

"Invece sì. Guarda i miei amici? Non siamo tutti fottutamente uguali? Crediamo di essere fighi quando usciamo di notte e non facciamo un cazzo tutto il giorno. Forse siamo solo un gruppo di sfigati e me ne sto rendendo conto troppo tardi", mormorò, incrociando lo sguardo di Eren. 

"Sarà anche così ma non siete davvero uguali fra di voi. Avete desideri, paure, aspirazioni diverse." 

Levi sorrise leggermente, alzando solo un angolo della bocca. 

"Jaeger, sei sempre così saggio. Comunque meglio tardi che mai, no? Magari mi iscrivo anche all'università, magari in qualcosa tipo... filosofia. Mi piacciono le seghe mentali dei filosofi", rise Levi, alleggerendo la situazione. 
Continuò a fumare, arrivando alla fine della sigaretta. 

"Tu sei molto interessante", ammise Eren all'improvviso, bloccando il movimento della mano del ragazzo al suo fianco. Non fece più quel tiro e non ne fece nessun altro perché spense il mozzicone e lo abbandonò per terra. Più tardi lo avrebbe raccolto. 

"Eren, tu mi piaci", sussurrò Levi, voltandosi verso quel ragazzino che conosceva da così tanti anni. Non sapeva neanche il perché lo stesse dicendo a voce alta. 

Eren schiuse le labbra sorpreso. E stavolta non c'era delusione nelle sensazioni che stava provando. Non se lo aspettava, questo era più che certo, ma gli fece piacere in qualche modo. 

"Ma tu hai una ragazza", rispose. Che frase stupida, si disse mentalmente notando lo sguardo confuso di Levi. 

"Perché non credo ci sia qualche possibilità fra di noi." 

Eren accennò un sorriso, ricordando tutte le volte in cui aveva creduto impossibile che una persona come lui potesse interessare a qualcuno come Levi. E lui stesso non riusciva ad immaginarsi mentre ricambiava. Le cose erano cambiate dalla piccola rivelazione fatta di Zeke. 
Da quel momento aveva iniziato a vedere Levi sotto un'altra luce. Un'improvvisa consapevolezza stava crescendo sempre di più dentro se stesso. 

"Non credo di piacerti, tutto qua", continuò Levi, passandosi una mano fra i suoi bei capelli scuri, liberando per un attimo la sua fronte. Era un bel ragazzo, questo non poteva essere negato. 

"Io non credevo fossi il mio tipo. Nel senso, tutte le scelte che facevi erano terribili, proprio contro il mio stile di vita."

"Mi stai dicendo che ora sono diventato il tuo tipo?", domandò, alzando un sopracciglio sottile, aspettandosi una spiegazione. 

Eren iniziò a tormentarsi le mani, sentendosi in imbarazzo nel dover dire certe cose che solitamente rimanevano chiuse nella sua testa. 

"Non lo so, forse non mi interessa più cercare qualcuno che rispetti i miei canoni che sono davvero stupidi. Tipo, beh, lo stesso genere musicale, gli stessi hobby, stessi interessi", borbottò Eren, tenendo lo sguardo basso sulle proprie mani. 

"A me piace il rap." 

"Dio, odio il rap", rise il più piccolo, mandando via un po' di imbarazzo. 

"Non siamo compatibili, allora", scherzò l'altro, allungando una mano verso un braccio nudo del ragazzo. Iniziò ad accarezzare la sua pelle, salendo sempre di più verso il suo collo. 

Ad Eren non piaceva il contatto fisico eppure quelle carezze gli fecero piacere. Per una volta si sentiva al centro dell'attenzione ed era una bella sensazione. E desiderò far sentire Levi nello stesso modo. 
Si voltò piano, incrociando il suo sguardo tempestoso. E nessuno dei due seppe chi baciò l'altro per primo. 

Si avvicinarono con le loro bocche che si assaggiavano per la prima volta, muovendosi caute come se avessero tutto il tempo del mondo e non volessero sbagliare nulla. 
I primi movimenti furono timidi, acerbi, impacciati. 

Eren schiuse le labbra e accolse la lingua dell'altro, lasciando che si intrecciasse alla propria, lasciando che prendesse il controllo della situazione. 

Avvolse le braccia attorno al collo di Levi e lo attirò a se istintivamente. Voleva sentirlo più vicino mentre passava le dita fra i suoi capelli morbidi, scoprendo che il sapore della sua labbra era bello, gli piaceva e avrebbe voluto sentirlo tante altre volte. 

"Forse posso darti una possibilità", mormorò Eren con gli occhi ancora chiusi, con il respiro dell'altro che si infrangeva caldo sulle sue labbra ancora umide. 
Le loro fronti si toccavano e le loro mani si accarezzavano ed entrambi desideravano potere conoscere meglio l'altro. 

"Forse posso concedertela", rispose Levi, facendo sorridere il ragazzo fra le sue braccia. 

***

I mesi seguenti furono carichi di novità per qualcuno come Eren la cui vita era abbastanza monotona. 
Levi aveva lasciato definitivamente Petra e messaggiava con il suo nuovo ragazzo fin troppe ore al giorno. La sera si vedevano tramite Skype ed Eren iniziava a conoscere sempre di più quella persona che fino a poco tempo fa aveva considerato decisamente fuori dalle proprie corde. 

Si era anche dovuto subire i "te lo avevo detto" di Armin. 

L'aspetto peggiore era il dover aspettare che Levi tornasse nella propria città e ogni volta attendeva il suo arrivo con ansia, litigando con Zeke su chi avrebbe passato più tempo con il ragazzo. 

"Hey, ragazzino", disse una voce a lui familiare mentre aspettava in aeroporto. Si voltò e incontrò lo sguardo corrucciato del suo ragazzo. Poi distese la fronte e sorrise, facendo combaciare le loro labbra in un veloce e casto bacio. 

Stavolta non avrebbe passato tutto il tempo con Zeke, pensò il più giovane mentre infilava la mano in quella dell'altro, camminando verso l'uscita dell'aeroporto. 

Con il tempo aveva capito che Levi era sorprendente, nascondeva così tanto e lo stupiva sempre di più. Era ossessionato dal pulito, era piuttosto emotivo ma lo nascondeva con il sarcasmo, adorava il rap e odiava la musica che piaceva ad Eren, gli piacevano i baci e le carezze fra i capelli, gli piaceva fare sesso nella doccia per potersi lavare subito, amava il the nero senza zucchero, odiava quando Eren non credeva in se stesso ed era abbastanza geloso. E aveva tanti altri lati nel suo carattere che venivano fuori con l'aumentare della loro intimità. 

E si, Armin aveva decisamente ragione, le persone più insolite e più lontane dai propri gusti erano in grado di sorprendere e stupire. 
 

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Far si che Zeke e Levi siano migliori amici ha fatto strano anche a me, credetemi

   
 
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